Cassazione Civile, III, ord., 06.02.2025, n. 2967
PRINCIPIO DI DIRITTO
Nell’ipotesi in cui le parti di un contratto preliminare escludano convenzionalmente il diritto di recesso del promissario acquirente, e questi, con successiva scrittura privata sottoscritta da due soltanto dei tre promittenti venditori, dichiari di recedere dal contratto prima della scadenza del termine previsto per la stipula del definitivo, riconoscendo, con l’accordo delle altre due parti firmatarie, di non avere altro a pretendere nei confronti della società e degli altri soci salva la restituzione delle somme da lui anticipatamente versate a titolo di prezzo per l’acquisto delle quote sociali, si è in presenza, ad un tempo, di una dichiarazione espressa e di una manifestazione tacita di volontà: la prima, volta a recedere dal preliminare, la seconda (prioritaria sul piano logico), funzionale alla revoca del divieto di recesso previsto nel preliminare stesso.
TESTO RILEVANTE DELLA PRONUNCIA
- . Il 25 gennaio 2007 G.P., S.F. e D.F. si obbligarono a cedere a R.C., verso un corrispettivo di 60 mila euro, il 25% delle quote della s.r.l. (OMISSIS), delle quali erano interamente titolari. Con il medesimo preliminare, tutte le parti convennero che, all’esito della formalizzazione della cessione, sarebbero state ancora versati, complessivamente, 80mila euro, in proporzione alle rispettive quote di partecipazione sociale, a titolo di finanziamento soci.
- Il compromesso conteneva una clausola con la quale si prevedeva esplicitamente che, sino alla stipula del definitivo (in data 12.12.2007) “non era ammessa alcuna possibilità di recedere dal preliminare” per il promissario acquirente.
- Il 25 settembre del 2007 il R.C. recederà dal contratto con scrittura privata, riconoscendo di non avere altro a pretendere nei confronti della società e degli altri soci, salva la restituzione di 90 mila euro, da lui versati sia a titolo di prezzo per l’acquisto del 25% delle quote sociali, sia a titolo di rimborso degli ulteriori versamenti di cui al preliminare del gennaio 2007.
- La scrittura privata venne sottoscritta soltanto da due dei tre soci (e cioè dai F., S.F. e D.F.), che si obbligarono verso il R.C. ad un pagamento rateale della somma pattuita nell’arco di 36 mesi.
- Il 23 gennaio del 2009 R.C., premesso di aver riscosso la sola somma di 22.500 euro sino al 20 maggio 2008 (quando tutti i pagamenti erano stati sospesi); preso atto della morte di S.F.; individuatine gli eredi (oltre al consocio D.F., l’altra figlia V.F. e la moglie, M.G.L.), chiese a tutti loro il pagamento della residua somma di 67.500 con ricorso per decreto ingiuntivo.
- Il 16 marzo 2009 il Tribunale di Napoli accolse la domanda, ingiungendo a D.F. il pagamento dell’intera somma di 67.500 euro, ed alle altre due parti debitrici quella, ulteriore, di 22.500 euro ciascuna.
- Gli ingiunti si rivolsero agli avvocati F.P. e S.C. esponendo loro la situazione, e i due legali, ritenendo infondata la pretesa del R.C., proposero opposizione dinanzi al Tribunale di Napoli, ove il contraddittorio si instaurò ritualmente all’esito della costituzione dell’opposto.
- Il Tribunale, con ordinanza del 13 marzo 2011, premesso che, a seguito del mutamento del rito, gli opponenti non avevano notificato la memoria di cui all’art. 6 del D.lgs. 5/2003, che l’opposto non aveva a sua volta notificato memoria ex art. 7 del medesimo decreto, e che nessuna delle parti aveva notificato istanza di fissazione dell’udienza, dichiarò estinto il procedimento ex art. 8 comma 4 del citato D.lgs., con conseguente esecutività del decreto opposto.
- Al fine di sentirne accertare la responsabilità professionale, gli eredi F., nell’aprile del 2013, convennero in giudizio i due legali dinanzi al Tribunale di Napoli per essere risarciti dei danni subiti per effetto della loro documentata imperizia.
Il giudizio di primo grado
- Nel costituirsi in giudizio, i due avvocati spiegarono domanda riconvenzionale volta al pagamento delle prestazioni professionali eseguite per complessi 12.200 euro, oltre ad un ulteriore somma da liquidarsi equitativamente a titolo di immagine ed alla reputazione professionale.
- Previa chiamata in causa delle (OMISSIS), compagnia assicurativa di entrambi i legali, il Tribunale, con sentenza del marzo 2018, accolse la sola domanda di V.F. e di M.G.L., condannando i due avvocati in solido al pagamento, in loro favore, della somma di 20 mila euro, rigettando quella proposta da D.F. e condannando la compagnia assicuratrice a rivalere il solo avv. F.P. delle somme da lui dovute in esecuzione della sentenza.
- Quanto alla posizione delle due condebitrici, ritenne il tribunale che il giudizio prognostico circa l’esito del giudizio di opposizione – alla cui estinzione avevano colpevolmente dato causa i due legali – appariva a loro favorevole, non avendone il creditore opposto in alcun modo dimostrato la qualità di eredi del de cuius S.F..
- Quanto alla posizione di D.F., ritenne invece il tribunale partenopeo, da un canto, che il motivo di opposizione proposto dalla sua difesa in ordine alla pretesa inefficacia della seconda scrittura privata del 25.9.2007, non sottoscritta dal terzo socio G.P., fosse del tutto infondato (con conseguente, sfavorevole giudizio prognostico sull’esito della lite); dall’altro, che, anche in ipotesi di accoglimento dell’opposizione al decreto con il quale era stato ingiunto al F. il pagamento della somma di 67.500 euro sebbene il creditore avesse già ricevuto, in adempimento della concordata obbligazione rateale mensile (supra, in narrativa, sub 3), la somma di 22.500 euro, alcun pregiudizio sarebbe potuto derivarne all’opponente, volta che il difensore del creditore R.C., sentito come teste, aveva dichiarato di aver proseguito l’azione di recupero credito nei confronti di D.F. per la sola, residua differenza di 47.500 euro, avendo già riscosso la somma di 20 mila euro, in via transattiva, dalle condebitrici F. e M.G.L..
Le spese di giudizio vennero integralmente compensate tra tutte le parti.
Il giudizio di secondo grado
- D.F. impugnò la sentenza dinanzi alla Corte d’appello partenopea con due motivi di censura.
- La Corte li respinse entrambi.
- Venne respinto il primo motivo di impugnazione, avendo il giudice del gravame ritenuto che, tra il preliminare di vendita delle quote societarie del 25 gennaio 2007 e la scrittura privata del successivo 25 settembre, esistesse un evidente collegamento funzionale, nel senso che il secondo regolava gli effetti risolutori del primo, onde l’impredicabilità di qualsivoglia ipotesi di inefficacia dell’atto, benché carente della sottoscrizione del terzo socio, volta che l’adesione, da parte di due dei tre promittenti venditori, alla dichiarazione di recesso operata dal promissario acquirente delle quote sociali nella misura del 25% con la scrittura del settembre 2007 risultava del tutto ostativa alla stipula del contratto definitivo di cessione. Pur vero che il preliminare del gennaio 2007 prevedeva l’inammissibilità del recesso del promissario acquirente, rientrava pur sempre nella sfera della libera determinazione della volontà negoziale dei promittenti venditori riconoscerne successivamente la validità del relativo esercizio.
- Venne respinto il secondo motivo di appello e confermata la sentenza impugnata anche nella parte in cui era stata esclusa l’esistenza di un qualsivoglia danno patito dal F., come accertato all’esito della testimonianza dell’avv. M.I., che chiarì come l’azione in executiviis coltivata nei confronti dell’appellante aveva avuto ad oggetto la sola residua somma (da lui dovuta) di 47.500 euro, previa detrazione di quella ricevuta in via transattiva dalle altre due debitrici.
Il ricorso per cassazione
Con il primo motivo, la difesa di D.F. lamenta la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1362-1363-1371 c.c. in relazione sia alla scrittura privata del 25.9.2007 che alla scrittura “contratto preliminare di compravendita di quote di srl” del 25.1.2007.
Con il secondo motivo, si lamenta la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1321 e 1372 c.c.: risoluzione consensuale e necessaria sottoscrizione di tutte le parti del primo contratto da risolvere.
Con il terzo motivo, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1292,1967 e 2697 c.c.
La decisione
- Il ricorso non merita accoglimento.
- Il primo e il secondo motivo – che costituiscono la pedissequa reiterazione delle censure svolte in appello, e già respinte dalla Corte territoriale, sono infondati, anche se la motivazione della sentenza impugnata va corretta.
- Al di là della erronea sovrapposizione concettuale dei (diversi) istituti del recesso unilaterale (art. 1373 c.c.) e della risoluzione contrattuale per mutuo dissenso, difatti, non hanno pregio le censure che il ricorrente muove alla pronuncia impugnata sotto il profilo della pretesa inefficacia della seconda scrittura, con la quale, nella sostanza, S.F. e D.F. rinunciavano ad opporre al R.C. la pattuizione con la quale, nella prima scrittura, si conveniva “non essere ammessa alcuna possibilità di recesso” per lo stesso R.C..
- Va, pertanto, corretta la motivazione adottata dalla Corte di appello – il cui decisum risulta, peraltro, conforme a diritto – volta che la seconda scrittura, inidonea a produrre alcun effetto risolutorio del preliminare di acquisto delle azioni, per la concretizzazione del quale sarebbe stato necessario il consenso di tutte le parti promittenti venditrici, aveva la più limitata (e legittima) funzione di consentire al R.C., con effetti limitati alle sole parti firmatarie, il recesso dal preliminare, il cui oggetto, e cioè l’obbligo di prestare il futuro consenso entro il termine del 31.12.2007, consentiva di affermare che il recesso era legittimamente intervenuto prima della scadenza del termine per la stipula del contatto definitivo di cessione.
- In realtà, la scrittura privata del 25 settembre 2007 conteneva, ad un tempo, una dichiarazione espressa ed una manifestazione tacita di volontà: la prima, volta a recedere dal preliminare, come espressamente si legge nell’incipit della scrittura; la seconda (prioritaria sul piano logico), funzionale alla revoca del divieto di recesso previsto nel preliminare stesso (rectius, alla rinuncia, da parte dei promittenti venditori, ad avvalersi di tale clausola). Senza la revoca di quel divieto, difatti, non sarebbe stato possibile alcun accordo circa il successivo recesso del promissario acquirente, che venne, di converso, validamente concluso tra i firmatari dell’accordo, sia pur in parte qua, con conseguente produzione di effetti negoziali e finali nei confronti dei tre stipulanti, S.F. e D.F. da un lato, R.C. dall’altro.
- La mancata partecipazione all’accordo (desunta in via presuntiva dalla mancata apposizione della propria firma) da parte di L.P.G., se, da un canto, risulterà ostativa al perfezionarsi dell’effetto risolutivo del contratto preliminare, non si pone, di converso, come impeditiva del recesso (e della sottostante revoca tacita) del R.C., sia pur con effetto limitato alle sole parti dell’accordo stesso, S.F. e D.F., conseguentemente tenuti ad adempiere alle obbligazioni assunte in quella sede, salva la patente violazione del principio di correttezza sub specie della effettività della tutela del contraente in buona fede, rispetto alla posizione del quale non è consentito alle controparti un inammissibile venire contra factum proprium.
- Non è oggetto di censura, né risulta mai discussa in sede di merito, la posizione del terzo firmatario del contratto preliminare, ma non del successivo accordo di recesso. Basti qui considerare, ai fini della correzione della motivazione, che, come già osservato, la mancata partecipazione a tale accordo risultava ostativa alla risoluzione del preliminare – del quale, in astratta ipotesi, se non fossero ampiamente trascorsi i relativi termini di prescrizione, quegli avrebbe potuto chiedere l’adempimento dell’obbligo a contrarre, ovvero una sentenza costitutiva del contratto non concluso – stante l’inopponibilità in parte qua dell’accordo di recesso nei suoi (soli) confronti.
- Alla luce delle considerazioni che precedono, perdono definitivamente consistenza le argomentazioni difensive contenute nel primo e nel secondo motivo circa una pretesa quanto impredicabile inefficacia della scrittura privata, stante la inopponibilità al recedente della mancata sottoscrizione dell’accordo di recesso da parte del terzo socio, e la conseguente validità ed efficacia dell’obbligazione restitutoria assunta dagli altri due firmatari.
- E’ infondato anche il terzo motivo di censura, volta che il Tribunale prima, la Corte di appello poi hanno condivisibilmente escluso che l’eventuale accoglimento dell’opposizione al decreto ingiuntivo azionato dal R.C. (duplicando effettivamente il credito a carico degli eredi F.) avrebbe comportato una parziale riduzione del danno, poiché lo stesso legale del creditore in ingiunzione, avv. M.I., sentito come teste, ha confermato di aver proceduto in executiviis nei confronti del F. per la (sola) minor somma residua di 47.500 euro – avendo preventivamente detratto le somme già corrisposte al R.C. dalle altre due coeredi del de cuius – e cioè per l’importo esattamente dovuto dall’odierno ricorrente (che lamenta, del tutto inammissibilmente, un fantomatico danno potenziale, e come tale irrilevante, rappresentato dalla –irrealizzabile- possibilità che la controparte, contrariamente a quanto poc’anzi rilevato, agisca per l’intero credito portato dal decreto ingiuntivo).
I principi di diritto
Ai sensi dell’art. 384, primo comma, c.p.c., vanno pertanto enunciati i principi di diritto che seguono:
1.Nell’ipotesi in cui le parti di un contratto preliminare escludano convenzionalmente il diritto di recesso del promissario acquirente, e questi, con successiva scrittura privata sottoscritta da due soltanto dei tre promittenti venditori, dichiari di recedere dal contratto prima della scadenza del termine previsto per la stipula del definitivo, riconoscendo, con l’accordo delle altre due parti firmatarie, di non avere altro a pretendere nei confronti della società e degli altri soci salva la restituzione delle somme da lui anticipatamente versate a titolo di prezzo per l’acquisto delle quote sociali, la mancata partecipazione all’accordo della parte non firmataria, se, da un canto, risulta ostativa al perfezionarsi dell’effetto risolutivo del contratto preliminare, non si pone, di converso, come impeditiva del recesso (e della sottostante revoca tacita) del promissario acquirente, sia pur con effetto limitato alle sole parti firmatarie dell’accordo, conseguentemente tenute ad adempiere alle obbligazioni assunte in quella sede, salva la patente violazione del principio di correttezza sub specie della effettività della tutela del contraente in buona fede, rispetto alla posizione del quale non è consentito alle controparti un’inammissibile venire contra factum proprium.