Corte Costituzionale, Sentenza 10 febbraio 2025, n. 16
PRINCIPIO DI DIRITTO
E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 4, secondo comma, della legge n. 319 del 1980, per contrasto con l’art. 3, primo comma, Cost., nella parte in cui, per le vacazioni successive alla prima, dispone la liquidazione di un onorario inferiore a quello stabilito per la prima vacazione.
TESTO RILEVANTE DELLA PRONUNCIA
1.– Il Tribunale di Firenze, sezione prima penale, in composizione monocratica, censura, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, l’art. 4, secondo comma, della legge n. 319 del 1980, nella parte in cui, con riguardo alla determinazione dei compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell’autorità giudiziaria, prevede, per le vacazioni successive alla prima, un onorario inferiore a quello stabilito per la prima, anche ove si tratti di previsioni tariffarie non più adeguate al costo della vita a norma dell’art. 54 del d.P.R. n. 115 del 2002; nonché l’art. 50, comma 3, dello stesso d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui stabilisce che le tabelle relative agli onorari a tempo individuino il compenso orario, eventualmente distinguendo tra la prima e le ore successive.
Nella prospettiva del rimettente, la netta differenza operata dalla normativa censurata tra il compenso, già largamente inadeguato, relativo alla prima vacazione e quello, irrisorio, fissato per le vacazioni successive, darebbe luogo a un assetto normativo manifestamente irragionevole, tale da sacrificare il diritto all’adeguata remunerazione del professionista e ledere la garanzia dell’equo processo, non assicurando a tal fine la qualità minima della prestazione dell’ausiliare.
1.1.– In via subordinata, con specifico riferimento alla liquidazione del compenso degli interpreti per l’attività svolta nel processo penale a carico di imputato alloglotto, l’assetto normativo in esame è sospettato di violare anche gli artt. 111, terzo comma, e 117 Cost. (recte: art. 117, primo comma, Cost.), quest’ultimo in relazione agli artt. 2, 4 e 5 della direttiva 2010/64/UE e all’art. 6 CEDU. Sarebbe, infatti, leso il diritto dell’imputato che non comprenda o non parli la lingua impiegata nel processo di giovarsi della prestazione di un interprete, la cui inadeguata remunerazione determinerebbe lo scadimento della relativa attività e limiterebbe il numero dei professionisti aspiranti a renderla, compromettendo la realizzazione di quel diritto.
2.– L’esame delle questioni sollevate richiede, preliminarmente, la ricostruzione della evoluzione della normativa che disciplina gli onorari a tempo, spettanti agli ausiliari del giudice per l’attività spiegata nel processo.
2.1.– La originaria regolamentazione legislativa di detti compensi risale al regio decreto 23 dicembre 1865, n. 2700 (Che approva la tariffa in materia civile) e al coevo regio decreto 23 dicembre 1865, n. 2701 (Che approva la tariffa in materia penale).
Tali leggi prevedevano, in particolare, per gli ausiliari del giudice, una distinzione dell’onorario contemplato per ciascuna vacazione, pari a due ore, a seconda della natura della prestazione e avendo riguardo al titolo di studio del consulente tecnico, del perito e dell’interprete, contemplando compensi più elevati per i laureati e inferiori, via via, per i diplomati e per i non diplomati.
Nella vigenza di tale assetto normativo nessuna distinzione era effettuata rispetto alla misura della prima vacazione e di quelle successive quanto all’entità del relativo compenso, sol prevedendosi che le vacazioni successive dovessero essere oggetto di un più puntuale vaglio da parte dell’autorità giudiziaria.
Il successivo regio decreto 3 maggio 1923, n. 1043 (Che stabilisce le competenze dovute ai testimoni, periti, giurati e ufficiali giudiziari e le indennità spettanti ai magistrati e cancellieri per le trasferte) ha introdotto due innovazioni di rilievo.
Per un verso, ha individuato un onorario specifico per determinate attività svolte dagli ausiliari, onorario dunque collegato allo svolgimento della prestazione in sé e per sé considerata, e, per un altro, ha introdotto una distinzione nell’ambito dell’art. 13 – peraltro non estesa agli ausiliari in possesso di laurea ma soltanto a quelli diplomati e a quelli privi di diploma – tra la misura della prima vacazione e quella delle vacazioni successive (fissandole, rispettivamente, negli importi di lire 8 e di lire 4).
La successiva legge 1° dicembre 1956, n. 1426 (Compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell’autorità giudiziaria), ha continuato a distinguere tra compensi fissi e a tempo (art. 1), individuando gli importi “fissi” maturati dall’ausiliare per prestazioni predeterminate rese in materia sanitaria (art. 2), e prevedendo, per le prestazioni diverse, che gli onorari a vacazione dovessero essere liquidati in proporzione al tempo impiegato (art. 3).
Tale normativa ha confermato, inoltre, la durata di ciascuna vacazione, pari a due ore, dettando le relative modalità di computo, e ha individuato, come già in precedenza, il limite massimo giornaliero di quattro vacazioni (salvo che per gli incarichi svolti alla presenza del giudice).
Per quel che maggiormente rileva in questa sede, anche la legge n. 1426 del 1956 contemplava una distinzione della misura degli onorari “a tempo” per la prima vacazione e per quelle successive, prevedendo, peraltro, fasce crescenti in considerazione del titolo di studio dell’ausiliare (art. 4, primo comma). Era inoltre contemplata la possibilità di aumentare di un quarto il compenso per le vacazioni relative alle consulenze tecniche disposte dal giudice civile (art. 4, secondo comma).
Era altresì prevista una disciplina delle indennità di trasferta e delle spese (artt. 5 e 6), ma non era stabilito l’aggiornamento degli onorari.
La cornice normativa di riferimento comprendeva anche l’art. 24 del regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368 (Disposizioni per l’attuazione del Codice di procedura civile e disposizioni transitorie), il quale, dopo aver stabilito che la liquidazione del compenso al consulente tecnico dovesse essere effettuata con decreto dal giudice che lo aveva nominato, costituente titolo esecutivo, prevedeva altresì che «[i]l compenso è commisurato alle difficoltà delle indagini e alla durata di esse, tenuto conto della partecipazione del consulente alle udienze e dell’entità della materia controversa, e osservate le tariffe esistenti approvate dalla legge».
2.2.– La successiva legge n. 319 del 1980 ha riordinato in modo organico la materia, introducendo una più articolata classificazione degli onorari, distinti in «fissi, variabili o commisurati al tempo» (art. 1, secondo comma).
La citata legge n. 319 del 1980, all’art. 2, comma primo, ha disegnato, quanto alla determinazione degli onorari fissi e di quelli variabili, un sistema di tabelle, redatto con riferimento alle tariffe professionali, eventualmente relative a materie analoghe, «contemperate dalla natura pubblicistica dell’incarico e approvate con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro di grazia e giustizia di concerto con il Ministro del tesoro».
Nel sistema così definito, la legge distingueva dunque: a) prestazioni tabellate, remunerabili secondo tariffe fisse, o a previsione unica, ovvero secondo tariffe variabili, in quanto modulabili in base a fasce prefissate comprese tra un minimo e un massimo del valore percentuale dell’incarico; b) prestazioni non tabellate, compensabili “a vacazione”, secondo il tempo impiegato dall’ausiliare nell’espletamento dell’incarico. I relativi importi potevano essere raddoppiati per le prestazioni di eccezionale importanza, complessità e difficoltà.
Il criterio della liquidazione in base alle vacazioni assumeva carattere, almeno formalmente, residuale. Il valore della prima vacazione era stabilito, nell’art. 4, secondo comma, in lire 10.000, quello di ciascuna vacazione successiva alla prima in lire 5.000, incrementabili in rapporto all’urgenza dell’incarico. Era tuttavia previsto, con l’art. 10, l’aggiornamento periodico triennale degli importi, raccordato agli incrementi ISTAT, rimesso a fonti di natura regolamentare.
L’ultimo aggiornamento è quello sancito dal d.m. 30 maggio 2002, il cui art. 1, comma 1, ancora in vigore, ha rideterminato gli importi per la prima e le successive vacazioni, rispettivamente, in euro 14,68 e in euro 8,15.
2.3.– Il descritto sistema ha conosciuto un ulteriore riordino a seguito dell’entrata in vigore, il 1° luglio 2002, del d.P.R. n. 115 del 2002.
Il Titolo VII di tale Testo Unico, intitolato «Ausiliari del magistrato nel processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario», riclassifica gli onorari in «fissi, variabili e a tempo» (art. 49, comma 2), dettando poi la disciplina per la loro prima determinazione e per il successivo adeguamento.
L’art. 50, rubricato «Misura degli onorari», prevede, al comma 1, che l’entità dei compensi, di qualunque genere, sia stabilita mediante tabelle, approvate con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’art. 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri). Le tabelle, ai sensi del comma 2, devono essere redatte con riferimento alle tariffe professionali esistenti, eventualmente concernenti materie analoghe, contemperate con la natura pubblicistica dell’incarico.
Per gli onorari a tempo, secondo il disposto dell’art. 50, comma 3, le tabelle individuano il compenso orario, eventualmente distinguendo tra la prima ora e le ore successive, e stabiliscono altresì la percentuale di aumento per l’urgenza, il numero massimo di ore giornaliere e l’eventuale superamento di tale limite per le attività espletate alla presenza dell’autorità giudiziaria.
Ferma la facoltà di raddoppio per le prestazioni di eccezionale importanza, complessità e difficoltà (art. 52, comma 1), l’art. 54 stabilisce che la misura degli onorari fissi, variabili e a tempo sia adeguata ogni tre anni, in relazione alla variazione accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, verificatasi nel triennio precedente, con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, finora non emanato.
La novità di maggiore rilievo dell’intervento riformatore è l’attrazione anche della determinazione degli onorari a tempo, come già di quelli fissi e variabili, nel sistema tabellare, al quale è rimessa la commisurazione iniziale degli importi, così come il successivo aggiornamento degli stessi. Tale sistema, tuttavia, non risulta ancora adottato. Al fine di dare ad esso impulso, ad oltre venti anni dalla sua previsione, è stata istituita, presso il Ministero della giustizia, con decreto ministeriale 4 dicembre 2023, la Commissione per la rideterminazione della misura degli onorari fissi, variabili e a tempo, degli ausiliari del magistrato nel processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario.
2.4.– L’art. 275 del d.P.R. n. 115 del 2002, rubricato «Onorari degli ausiliari del magistrato» e collocato nella Parte IX, titolata «Norme transitorie», stabilisce che «[s]ino all’emanazione del regolamento previsto dall’articolo 50, la misura degli onorari è disciplinata dalle tabelle» adottate sotto il vigore della disciplina abrogata, nonché dall’art. 4 della legge n. 319 del 1980 (espressamente preservato nella sua vigenza), come modificato, per gli importi, dai successivi decreti ministeriali di adeguamento.
Abrogato, con effetto dal 1° luglio 2002, l’art. 10 della legge n. 319 del 1980, l’eventuale adeguamento degli onorari a tempo, transitoriamente disciplinati dall’art. 4 della stessa legge, mette dunque capo al meccanismo delineato dall’art. 54 del d.P.R. n. 115 del 2002 e all’emanazione dei decreti dirigenziali ivi contemplati, allo stato peraltro mai intervenuta. Tale sistema è confermato dalla previsione dell’art. 296 del d.P.R. n. 115 del 2002, che espressamente, al comma 1, stabilisce che i rinvii a disposizioni previgenti, primarie e secondarie, «si intendono riferiti alle modificazioni delle medesime, anche successive all’entrata in vigore del testo unico, salvo espressa esclusione del legislatore».
2.5.– La ratio della distinzione dell’entità del compenso contemplato per gli onorari “a tempo” tra prima vacazione e vacazioni successive non si individua nei lavori preparatori delle leggi che si sono succedute nel tempo.
La stessa Corte di cassazione, nell’unico lontano precedente che si è occupato della questione, senza chiarire il significato da attribuirsi alla distinzione tra prima vacazione e successive, si limitava a rimarcarne il fine precipuo di contenimento dei costi (Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 15 marzo 1968, n. 847).
3.‒ Così ricostruito, anche in senso diacronico, il quadro normativo di riferimento, può passarsi all’esame delle questioni sollevate.
3.1.‒ La questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 50, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, è inammissibile per difetto di rilevanza.
Il giudice a quo non è infatti chiamato a fare applicazione di tale disposizione, che, pur formalmente in vigore, disciplinerà in concreto la materia solo a partire dall’adozione del regolamento ministeriale introduttivo del nuovo sistema tabellare, non ancora intervenuta, come sopra precisato.
Sino a quel momento, la liquidazione dei compensi agli ausiliari del giudice resta governata dall’art. 4 della legge n. 319 del 1980, in combinato disposto con il d.m. 30 maggio 2002, che ha sancito, come riferito, l’ultimo adeguamento dei relativi importi.
3.2.– La questione relativa all’art. 4, secondo comma, della legge n. 319 del 1980, è fondata in riferimento all’art. 3, primo comma, Cost.
3.2.1.– Questa Corte ha avuto ripetutamente occasione di pronunciarsi sull’adeguatezza dei compensi degli ausiliari del giudice per l’attività svolta nel processo.
Nello scrutinio di legittimità costituzionale la materia degli onorari non è stata mai disgiunta dalla connotazione pubblicistica del servizio reso, in considerazione della «relazione funzionale che, attraverso l’atto di designazione, si instaura tra l’ausiliario del magistrato e l’ufficio giudiziario [e che] costituisce un munus publicum (sentenze n. 102 del 2021 e n. 88 del 1970), dal cui utile svolgimento sorge un diritto al compenso» (sentenza n. 166 del 2022, punto 2.1. del Considerato in diritto).
In questo ambito, è stata purtuttavia avvertita l’esigenza di garantire un rapporto di proporzionalità tra i valori tabellari dei compensi e le corrispondenti tariffe libero-professionali, in modo da scongiurare l’esito per cui la riduzione, applicata in ragione dell’indole pubblicistica dell’istituto, finisse per svilire il valore dell’impegno assicurato dal professionista incaricato (sentenza n. 192 del 2015).
3.2.2.‒ È stato così gradualmente rilevato l’aspetto critico della decurtazione degli onorari dell’ausiliare, in una misura tale da sacrificare oltremodo, alle esigenze pubblicistiche del processo e alla necessità di ridurne i costi, l’entità dei compensi spettanti al perito, consulente tecnico, interprete e traduttore.
Quello che veniva definito, nelle più risalenti affermazioni della giurisprudenza costituzionale, come il «deplorevole inadempimento» (sentenza n. 41 del 1996, punto 5 del Considerato in diritto) delle pubbliche autorità preposte all’aggiornamento dei compensi degli ausiliari è divenuto, nel tempo, «dato caratterizzante della materia» (sentenza n. 192 del 2015, punto 5.1. del Considerato in diritto), entrando nell’ambito di valutazione proprio del giudizio di legittimità costituzionale alla luce del canone della ragionevolezza (salve le ipotesi nelle quali ad essere denunciata sia stata, piuttosto che la norma che prevedeva i compensi, l’inerzia dell’amministrazione nell’aggiornamento degli stessi, sanzionabile in altra sede: sentenza n. 89 del 2020).
Inizialmente, questa Corte si era limitata, infatti, a formulare un ampio auspicio al legislatore perché desse ingresso a «norme migliori» (sentenza n. 41 del 1996, punto 7 del Considerato in diritto), nel rilievo della insufficienza di una disciplina chiamata ad assicurare la congruenza dei livelli di remunerazione degli ausiliari del giudice rispetto al costo della vita.
Successivamente, in un quadro ordinamentale di ormai sistematica omissione, ad opera dell’autorità preposta, dell’onere di adeguamento triennale dei compensi degli ausiliari, pur introdotto proprio tenendo conto degli auspici formulati nella precedente giurisprudenza costituzionale dalla legge n. 319 del 1980 (sentenza n. 88 del 1970; ordinanze n. 102 del 1980 e n. 69 del 1979), questa Corte è intervenuta, nei termini propri del sindacato che ad essa compete, per contrastare il progressivo e ingiustificato impoverimento della remunerazione degli ausiliari del giudice.
3.2.3.– È stata, così, ritenuta la manifesta irragionevolezza della scelta legislativa che, nel processo penale, ove sia intervenuta l’ammissione dell’imputato al patrocinio a spese dello Stato, non esclude che sia operata la diminuzione di un terzo degli importi spettanti all’ausiliario del magistrato, sancita dall’art. 106-bis d.P.R. n. 115 del 2002, in caso di applicazione di previsioni tariffarie non adeguate a norma dell’art. 54 dello stesso d.P.R. n. 115 del 2002 (sentenza n. 192 del 2015).
Con la successiva sentenza n. 178 del 2017, gli effetti della precedente pronuncia sono stati estesi alla fattispecie relativa alla liquidazione, a carico dell’erario, degli onorari al consulente tecnico di parte nel processo penale.
Quindi, con la sentenza n. 166 del 2022, questa Corte ha ravvisato i medesimi profili di manifesta irragionevolezza sul fronte del processo civile, e ha pertanto dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui non esclude che sia operata la riduzione della metà degli importi spettanti all’ausiliario del magistrato, prevista nei procedimenti in cui vi sia ammissione al patrocinio dello Stato, in caso di applicazione di previsioni tariffarie non adeguate a norma dell’art. 54 dello stesso d.P.R. n. 115 del 2002.
La ratio che sorregge le indicate pronunce è quella di impedire il definitivo consolidamento di un sistema che suggelli l’assoluta e definitiva sproporzione tra onorari liquidabili all’ausiliare e principi di equa remunerazione del suo lavoro, nella necessità di preservare l’«elementare consistenza in rapporto alle variazioni del costo della vita» (sentenza n. 192 del 2015, punto del 5.1. del Considerato in diritto) della base tariffaria dei compensi degli ausiliari.
Come testualmente affermato nella sentenza n. 166 del 2022, «[i]l dispositivo delle sentenze n. 192 del 2015 e n. 178 del 2017 sottende un’enunciazione di portata generale che […] trascende la ragione contingente che ha dato occasione allo scrutinio di irragionevolezza [e che è] identificabile nella obsolescenza degli importi tabellari» (punto 3.2. del Considerato in diritto).
3.2.4.– I principi affermati, trasposti dal sistema tabellare, all’interno del quale si è formato il richiamato indirizzo, alla materia delle prestazioni remunerate “a tempo”, inducono alla medesima affermazione di manifesta irragionevolezza del censurato art. 4 della legge n. 319 del 1980, nella parte in cui, al secondo comma, impone una rilevante diversificazione dei compensi legati al susseguirsi delle vacazioni, peraltro già scarsamente remunerate.
Ciò è accaduto, nonostante gli stessi, ormai risalenti, lavori preparatori sull’art. 4 della legge n. 319 del 1980 rivelassero la volontà del legislatore di approntare un più efficace meccanismo di remunerazione degli ausiliari del giudice, nell’avvertita insufficienza di quello previgente, ancorato esso stesso «alle cosiddette vacazioni mantenute in limiti che oggi [si era nell’anno 1980] appaiono meramente risibili ed agli onorari pur essi limitati a misura quasi simbolica» (Senato della Repubblica, VIII legislatura, 131ª seduta pubblica, resoconto stenografico 15 maggio 1980, pag. 6988).
Lo “scarto significativo” tra la prima vacazione e le successive – quale che ne fosse, in origine, il fondamento – accentua, nel descritto contesto, l’assoluta sproporzione tra l’entità del compenso da riconoscersi all’ausiliare e il valore della sua prestazione.
Questa assoluta sproporzione finisce con il ridondare in manifesta irragionevolezza rispetto al pur legittimo scopo perseguito di contenimento dei costi del processo, in quanto trascura l’esigenza primaria – che, invece, ha caratterizzato la legislazione di riferimento sino alla legge n. 1426 del 1956, la quale ancora distingueva gli onorari “a tempo” avendo riguardo al titolo di studio dell’ausiliare del magistrato – di una prestazione qualitativamente adeguata rispetto all’importanza del munus publicum conferito.
3.2.5.– L’istituto della vacazione, in realtà, non è più normato nella novellata disciplina degli onorari a tempo, ormai, come si è visto, interamente affidata, insieme a quella degli onorari fissi e variabili, alla previsione tabellare.
L’intervenuta costituzione presso il Ministero della giustizia, in data 4 dicembre 2023, della predetta Commissione per la rideterminazione della misura degli onorari fissi, variabili e a tempo, degli ausiliari del magistrato nel processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario, e la pendenza dei lavori della stessa, costituiscono un’occasione per riflettere sull’utilità di una distinzione, all’interno delle riordinate tabelle di liquidazione dei compensi, «tra la prima e le ore successive» (art. 50, comma 3, d.P.R. n. 115 del 2002), che, prevista dal legislatore come “solo eventuale”, rischia di riproporre, in caso di mancato tempestivo aggiornamento dei valori tabellari ai mutamenti del costo della vita, le deviazioni applicative in questa sede stigmatizzate.
4.– L’art. 4, secondo comma, della legge n. 319 del 1980, va pertanto dichiarato costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 3, primo comma, Cost., nella parte in cui, per le vacazioni successive alla prima, dispone la liquidazione di un onorario inferiore a quello stabilito per la prima vacazione.
5.– Restano assorbite le ulteriori questioni sollevate.