Corte di Cassazione, Sez. IV Penale, ud. dep., 17 febbraio 2025 n.6266
PRINCIPIO DI DIRITTO
Con valutazione ex ante, il giudice deve dunque stabilire se, nel momento in cui il soggetto leso ha posto in essere una condotta che ha messo a repentaglio la sua incolumità, fosse debitamente informato del pericolo; non si può parlare di libera autodeterminazione né di esclusione della colpa del garante qualora non si possa imputare alla vittima la violazione di un espresso divieto né la disattenzione in relazione a un pericolo debitamente segnalato.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il tema sottoposto dal ricorso all’esame del Collegio non riguarda tanto la posizione di garanzia degli imputati né la violazione di regole cautelari funzionali a evitare il rischio concretizzatosi, sulle quali si sono soffermati le difese e lo stesso Procuratore generale, quanto piuttosto la correttezza del ragionamento svolto dal giudice di appello circa il rapporto tra il cosiddetto rischio elettivo e il nesso causale tra la violazione delle predette regole cautelari e l’evento.
- Giova, in primo luogo, considerare che sussistono regole cautelari in materia di sicurezza della circolazione stradale che indicano anche a soggetti diversi dagli utenti della strada il comportamento da tenere per prevenire eventi lesivi (Sez. 4, n. 45576 del 28/10/2021, Fusini, Rv. 282546 – 01, Fattispecie in cui è stata configurata l’indicata aggravante nei confronti di imputati che, nella rispettiva qualità di responsabile dell’ufficio tecnico comunale e di esecutore materiale, avevano realizzato un dissuasore di velocità non conforme alle previsioni dell’art. 179, comma 9, del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, in quanto non adeguatamente segnalato e di profilo errato, cagionando la caduta in terra di un motociclista che, non avvedutosi di tale dosso, aveva violentemente urtato contro un muretto in cemento, riportando lesioni che ne avevano immediatamente causato il decesso; Sez. 4, n. 44811 del 03/10/2014, Salvadori, Rv. 260643 – 01, Fattispecie in cui è stata ritenuta configurabile l’aggravante nei confronti del caposquadra incaricato di dirigere i lavori di manutenzione della strada, il quale, omettendo di apporre idonea segnaletica temporanea, determinava l’insorgenza di una situazione di pericolo, costituita dalla presenza di un dosso non visibile, a causa del quale si verificava il sinistro stradale in cui perdeva la vita un motociclista).
I giudici di merito hanno diffusamente descritto la pericolosità del punto di accesso dalla via (OMISSIS) al tratto di strada che conduceva all’alveo del torrente come ben nota all’amministrazione comunale.
Nella sentenza di primo grado si legge: che sin dal 1992 erano stati apposti da parte del Comune, ai punti di imbocco della via (OMISSIS), cartelli di divieto di circolazione su quella strada in caso di pioggia e tale divieto precludeva, di fatto, anche l’accesso alla via (OMISSIS); che la pericolosità del luogo non era migliorata all’esito degli incompleti lavori di sistemazione idraulica del percorso del torrente eseguiti dal Genio Civile; che tale situazione era nota al Comune, che nel 1999 aveva, comunque, segnalato al Genio Civile il pericolo derivante dall’aumento della portata idrica conseguente alle opere in corso di esecuzione, mostrando consapevolezza di possibili impatti negativi della sistemazione del torrente sul territorio.
La pericolosità del sito era, come accertato, nota al Comune di Acireale e l’alveo del torrente, per quanto oggetto di opere di rinaturalizzazione da parte del Genio Civile, era rimasto, di fatto, accessibile mediante un percorso carrabile.
Le sentenze spiegano inoltre che, lungo la strada comunale denominata via (OMISSIS), non v’era alcuna segnalazione che limitasse l’accesso al percorso già denominato via (OMISSIS), né vi erano indicazioni dalle quali risultasse che, da quel punto in poi, la strada non era percorribile.
Giova richiamare, sul punto, alcuni criteri interpretativi della normativa che regola l’uso delle strade.
In primo luogo, non rileva che la via (OMISSIS) non fosse più inclusa nella toponomastica del Comune, essendovi comunque pacificamente inclusa la via (OMISSIS); si sarebbe, in ogni caso, dovuto valorizzare il dato, acquisito, che la via (OMISSIS) fosse assoggettata all’uso della collettività. I giudici di merito hanno accennato all’uso del percorso per raggiungere alcuni capannoni ivi ubicati o all’uso del luogo da parte di taluno «per appartarsi», senza adeguatamente valorizzare tale dato.
Ma questa Corte di legittimità, ha ripetutamente affermato che «una strada deve considerarsi pubblica quando, indipendentemente dalla denominazione, dalla inclusione nell’elenco delle strade comunali, dalla concreta configurazione o dalla specifica manutenzione, sia assoggettata di fatto all’uso della collettività, i cui componenti ne usufruiscono uti cives» (Sez. 4, n. 2759 del 01/12/1981, dep. 1982, Viola, Rv. 152757 – 01; Sez. 4, n. 4068 del 19/01/1979, Morosetti, Rv. 141882 – 01; Sez. 4, n. 8177 del 29/03/1976, Irti, Rv. 134238 – 01; Sez. 4, Ordinanza n. 4322 del 07/12/1971, dep. 1972, Melgani, Rv. 120142 – 01).
La fonte prima dell’obbligo di segnalazione del pericolo si sarebbe, dunque, dovuta individuare, alla luce della normativa dettata dal d.lgs. 30 aprile 1992, n.285, nella situazione di fatto accertata. Come questa Corte di legittimità ha già avuto modo di sottolineare, inoltre, gli organi delle amministrazioni comunali hanno l’obbligo di vigilare, nell’ambito delle rispettive competenze, sull’incolumità dei cittadini; e la conseguente posizione di garanzia non ha ad oggetto solo l’adeguata manutenzione, ma anche il controllo dello stato delle strade (Sez. 4, n. 13775 del 16/02/2011, Oddone, Rv. 250130).
Conforta in tal senso l’esame delle numerose norme contenute nel codice della strada e nel relativo regolamento di esecuzione e di attuazione (d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495) con le quali il legislatore ha imposto ai soggetti obbligati alla manutenzione delle strade e all’apposizione della segnaletica precise regole di comportamento, il cui scopo è quello di rendere nota agli utenti l’esistenza di situazioni di pericolo. Queste norme individuano le modalità di assolvimento degli obblighi di sicurezza assunti dai manutentori nei confronti degli utenti della strada e contengono regole cautelari che approfondiscono, precisandolo, il contenuto dell’obbligo di segnalazione.
- Seguendo la prospettazione difensiva, proprio perché il percorso non aveva funzione di transito aperto al pubblico, e tuttavia era agevolmente accessibile e presentava il fondo carrabile, la segnalazione della situazione di pericolo sarebbe stata doverosa.
I giudici di merito hanno trascurato di valutare che la corretta segnalazione del pericolo o del divieto di avventurarsi lungo tale percorso avrebbe avuto l’obiettivo di evitare, per chi transitava lungo la via (OMISSIS), il rischio di ritrovarsi nell’alveo del torrente; tale essendo la funzione della regola cautelare la cui violazione era contestata, ciò avrebbe escluso in radice, in base al principio dettato dall’art. 40, comma 2, cod. pen., la possibilità di individuare nella condotta del C.G. una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento.
La natura palese, ovvero occulta del pericolo non incide, infatti, sulla sussistenza dell’obbligo di segnalarlo, per cui è errato in diritto il ragionamento secondo il quale la particolare conoscenza che il soggetto leso abbia della pericolosità di un determinato sito esclude la violazione della regola cautelare che, in astratto, ne impone la segnalazione. A monte di tale valutazione va, infatti, considerato che il precetto cautelare ha portata generale e che l’accertamento del nesso causale tra la condotta e l’evento non dipende dalla specifica conoscenza o esperienza del soggetto leso. Non esiste, in altre parole, un modello di vittima alla quale è riservata la tutela penale.
- Con riguardo al giudizio controfattuale, l’affermazione che la vittima non avrebbe comunque rispettato la segnaletica non è conforme al principio secondo il quale il giudizio circa l’efficacia o l’inefficacia del comportamento alternativo corretto deve essere effettuato con valutazione ex ante sulla base dei poteri impeditivi concretamente riconducibili all’agente.
Va, in particolare, evidenziato che il pericolo da segnalare appartiene alla categoria del generale rischio idrico correlato a un percorso carrabile che termina nel letto di un torrente. La presenza di una situazione di pericolo impone di intervenire per eliminarlo o, almeno, per ridurlo, e il carattere occulto o meno di tale pericolo non incide sulla rilevanza causale dell’omissione; in assenza di segnalazione del pericolo da parte di coloro che avrebbero avuto l’obbligo di segnalarlo, la decisione che ha escluso il nesso causale tra l’omissione ascritta agli imputati e l’evento sul presupposto che la vittima, con valutazione ex post, non ha tenuto conto della evidente pericolosità del luogo, viola il disposto dell’art. 41 cod. pen.
La Corte territoriale non ha, in particolare, tenuto conto del fatto che il comportamento imprudente del soggetto leso si è inserito nel medesimo percorso causale innescato dall’omessa segnalazione del pericolo senza in alcun modo innescare un rischio nuovo e imprevedibile.
- Ulteriore vizio della decisione impugnata consiste nell’aver qualificato il cosiddetto rischio elettivo quale causa sopravvenuta idonea a escludere il rapporto di causalità ai sensi dell’art. 41, comma 2, cod. pen.senza considerare che si tratta di una fattispecie che semmai esclude la colpa in quanto, riconducendo l’evento alla scelta consapevole e volontaria dello stesso soggetto leso, preclude, a seconda dei casi, la prevedibilità o l’evitabilità dell’evento indipendentemente dal rispetto della regola cautelare violata.
Con specifico riguardo alla sicurezza stradale, è compito precipuo dei soggetti preposti all’amministrazione di beni di uso pubblico, come le strade, tutelare l’incolumità degli utenti, non solo provvedendo alla manutenzione di esse ma anche segnalando i pericoli nei quali possono incorrere durante la circolazione. Si tratta di attività preventiva che concerne, piuttosto che un determinato accadimento nelle sue specifiche articolazioni, inevitabilmente unico e, come tale, irripetibile e imprevedibile, “classi di eventi”, sistematizzati in categorie (Sez. 4, n. 35016 del 17/06/2024, Appendino, Rv. 286987 – 02; Sez. 4, n. 39606 del 28/06/2007, Marchesini, Rv. 237880 – 01).
Spetta ai garanti il compito di prevedere il rischio, purché conoscibile (Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo, Rv. 281997 – 15) a prescindere dalle contingenze del caso concreto, anche avvalendosi di esperienze passate. Ai fini del giudizio di prevedibilità, deve aversi riguardo alla potenziale idoneità della condotta a dar vita a una situazione di danno e non anche alla specifica rappresentazione ex ante dell’evento dannoso, quale si è concretamente verificato in tutta la sua gravità ed estensione (Sez.4, n.4793 del 6/12/1990,’Bonetti, Rv. 191788 – 05). L’utente della strada deve essere debitamente informato dei pericoli ivi esistenti, la cui previsione è compito del garante.
Con valutazione ex ante, il giudice deve dunque stabilire se, nel momento in cui il soggetto leso ha posto in essere una condotta che ha messo a repentaglio la sua incolumità, fosse debitamente informato del pericolo; non si può parlare di libera autodeterminazione né di esclusione della colpa del garante qualora non si possa imputare alla vittima la violazione di un espresso divieto né la disattenzione in relazione a un pericolo debitamente segnalato.
Con riguardo alla possibilità che la condotta negligente del soggetto leso escluda la colpa del garante, al giudice spetta in primo luogo il compito di valutare l’ambito della condotta doverosa gravante su quest’ultimo. Tale ambito, nel settore della segnaletica stradale, è delineato dalla conoscibilità e dalla concreta possibilità di controllo del rischio da parte dei soggetti gestori della circolazione nel territorio; ciò comporta a loro carico il dovere di prevedere il pericolo noto o conoscibile e di comunicarlo al pubblico, ponendosi altrimenti la violazione di tale dovere quale presupposto delle altrui imprudenze, inidoneo a esonerare il garante da responsabilità.
- Le considerazioni che precedono impongono l’annullamento ai soli effetti civili della sentenza impugnata con rinvio, ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen., al giudice civile competente per valore in grado di appello, che valuterà anche le argomentazioni difensive inerenti ai temi non sviluppati nelle precedenti fasi di merito; il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente grado.