Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, ordinanza 05 febbraio 2025 n. 2934
PRINCIPIO DI DIRITTO
Il discrimine tra le due giurisdizioni in materia di revisione prezzi va assunto condizionato dall’esistenza di una clausola contrattuale che riconosca alla parte pubblica un potere discrezionale di apprezzamento della richiesta, nel senso che, in detta ipotesi, nella fase precedente ad un eventuale riconoscimento, la controversia appartiene al giudice amministrativo; se il contratto contempla un potere vincolato, la lite è invece devoluta al giudice ordinario.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il regolamento è ammissibile, essendo stato proposto, ai sensi dell’art. 11, comma terzo, d.lgs. 104/2010 entro la prima udienza dinanzi al giudice amministrativo dinanzi al quale il processo era stato riproposto. Non ha effetto preclusivo per l’elevazione del conflitto il fatto che la pronuncia declinatoria della giurisdizione da parte del tribunale sia stata impugnata anche dinanzi alla Corte d’appello.
- Deve dichiararsi la giurisdizione del giudice amministrativo. L’art. 133, primo comma, lettera e), n. 2 c.p.a., nella formulazione in vigore alla data di instaurazione della causa dinanzi al g.o., devolveva alla giurisdizione esclusiva le controversie “relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’articolo 133, commi 3 e 4, del d.lgs. 163/2006.
Tale ultima disposizione, nel comma quarto, ha sostituito, ma recependone il contenuto, le previsioni del comma 4 bis dell’art. 26 n. 190/1994, introdotto dall’art. 1, comma 550, L. 311/2004 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005) e poi abrogato con l’art. 256 del d.lgs. 163/2006, disposizione che prevedeva, in deroga al sistema del prezzo chiuso e al divieto di revisione ai sensi dell’art. 1664 c.c., che qualora il prezzo di singoli materiali da costruzione, per effetto di circostanze eccezionali, avesse subito variazioni in aumento o in diminuzione, superiori al 10 per cento rispetto al prezzo rilevato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell’anno di presentazione dell’offerta con il decreto di cui al comma 6, si facesse luogo a compensazione, nel limite delle risorse di cui al comma 7.
L’entità della compensazione era determinata, applicando la percentuale di variazione che eccedeva il 10 per cento al prezzo dei singoli materiali da costruzione impiegati nelle lavorazioni contabilizzate nell’anno solare precedente al decreto di cui al comma 6 nelle quantità accertate dal direttore dei lavori.
La norma si applicava, secondo l’art. 1, comma 550, L. 311/2004, ai lavori eseguiti e contabilizzati a partire dal 1º gennaio 2004.
Alla luce delle descritta evoluzione normativa e del contenuto, sostanzialmente coincidente, dell’abrogato art. 26, comma 4 bis, L. 109/1994 e dell’art. 133, comma quarto, del codice dei contratti pubblici, oltre che delle indicazioni derivanti dalla formulazione originaria dell’art. 244, comma terzo del medesimo codice, che aveva ribadito la riserva di giurisdizione esclusiva nelle materie precedentemente ricadenti nella previsione dell’art. 6 della L. 537/1993, deve ritenersi che, oltre che nella disciplina in vigore dal momento della domanda, le controversie in tema di modifiche o deroghe al prezzo chiuso nei contratti di appalti pubblici erano devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo già nel regime anteriore all’entrata in vigore dell’art. 133, lett. e), n. 2, del codice del processo amministrativo (cfr. Cass. SU 19567/2011).
Tale riparto non comporta che il giudice ammnistrativo conosca dell’intera materia della revisione prezzi: com’è noto, la giurisdizione esclusiva postula che l’amministrazione abbia agito come autorità, esercitando, anche in via indiretta, un potere amministrativo (Corte Cost. 204/2004; Corte cost. 191/2006; Corte cost. 140/2007, Corte cost. 179/2016; Cass. SU 21990/2020; Cass SU 35952/2021).
Sebbene, di norma, la revisione prezzi intervenga su un elemento del contratto e incida sull’equilibrio sinallagmatico tra parti che versano in condizione paritetica, la devoluzione di tali materie alla giurisdizione esclusiva implica, quindi, una fase in cui si assiste all’esercizio di un potere amministrativo cui si contrappone una situazione soggettiva del privato che ha natura di interesse legittimo.
2.1. E’ utile evidenziare che la revisione, oltre a soddisfare l’interesse dell’appaltatore all’adeguamento dei contenuti economici del rapporto, alterati da sopravvenienze intervenute nella fase di esecuzione, mira a “salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni (incidente sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell’offerta) e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (Consiglio di Stato 10567/2023; Consiglio di Stato 3874/2020; Consiglio di Stato 2295/2015).
L’adeguamento del corrispettivo al mutato livello del costo dei materiali – in deroga al divieto di revisione – è anche in funzione del contenimento della spesa pubblica (cfr., Corte cost. 447/2006) e rappresenta l’esito di un procedimento volto alla preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso aggiuntivo secondo un modello che sottende l’esercizio di un potere autoritativo di natura tecnico-discrezionale dell’amministrazione (cfr. Consiglio di Stato n. 4476/2024; Cass. Su 19567/2011).
2.2. Queste SU hanno affermato che il discrimine tra le due giurisdizioni in materia di revisione prezzi è, in genere, condizionato dall’esistenza di una clausola contrattuale che riconosca alla parte pubblica un potere discrezionale di apprezzamento della richiesta, nel senso che, in detta ipotesi, nella fase precedente ad un eventuale riconoscimento, la controversia appartiene al giudice amministrativo; se il contratto contempla un potere vincolato, la lite è invece devoluta al giudice ordinario (Cass. SU 35952/2021; Cass. SU 21990/2020; Cass. SU 3160/2019; Cass. SU 14559/2015).
Nel primo caso, sono attratte alla giurisdizione amministrativa anche le questioni concernenti il quantum se non sia in contestazione esclusivamente l’espletamento di una prestazione già puntualmente prevista nel contratto e disciplinata anche in ordine alla quantificazione del dovuto, giacché in tale ultima evenienza la controversia incardinata dall’appaltatore ha ad oggetto una mera pretesa di adempimento contrattuale e comporta l’accertamento dell’esistenza di un diritto soggettivo, e ricade nella giurisdizione ordinaria (Cass. SU 21990/2020; Cass.3160/2019; Cass. SU 3935/2022).
Il delineato discrimine è ulteriormente precisato nel senso che, se nulla abbia disposto il contratto, la controversia appartiene al giudice amministrativo, poiché il diritto viene a dipendere da un provvedimento dell’amministrazione che lo riconosca: prima di tale momento, il privato può vantare solo un interesse legittimo pretensivo (cfr. specificamente in tema di compensazione per aumento dei costi dei materiali Cass. S.U. 19567/2011, nonché, in tema di compenso revisionale, Cass. 9965/2017; Cass. SU 16285/2010).
2.3. Dall’esame dei contratti di appalto, che questa Corte deve esaminare per regolare la giurisdizione, risulta che le parti avevano stipulato in regime di prezzo chiuso, senza alcuna possibilità di revisione; all’epoca dell’affidamento dei lavori non erano neppure in vigore i commi 4 bis e ter dell’art. 26 L. 109/1994, che contemplavano la compensazione per l’aumento dei costi dei materiali per i lavori eseguiti e contabilizzati a far data dal 1° gennaio 2004.
Va, invero, considerato che le modifiche o deroghe al prezzo chiuso nei contratti di appalto pubblico si distinguono – di norma – dalla revisione del prezzo anche per la mancanza di una clausola contrattuale che le autorizzino. In tali ipotesi l’amministrazione, fino al riconoscimento del diritto, resta titolare di un potere discrezionale di apprezzamento della pretesa, il cui esercizio è sindacabile dinanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva (cfr. Cass. 19567/2011; Cass. 3160/2019 in tema di appalto di servizi).
Non può, quindi, ritenersi che già in virtù della sola rilevazione, da parte del Ministero competente, dell’incremento dei costi dell’acciaio oltre il limite del 10% e della loro contabilizzazione da parte della Direzione dei lavori, fosse già sorto il diritto alla revisione in capo all’appaltatore, non derivante direttamente dalla legge in presenza dei relativi presupposti giustificativi, occorrendo invece considerare che, come dedotto dall’appaltatrice, il Consorzio non aveva sottoscritto l’accordo bonario sulla revisione ed aveva versato solo il 50% di quanto richiesto per il lotto denominato Piano Paradiso per una pluralità di causali diverse, mancando un provvedimento finale, esplicito ed incondizionato, di riconoscimento della pretesa ammessa a compensazione, con la relativa quantificazione da parte del Consorzio (che, come già affermato dal Tribunale di Catania, nella nota n. 17064/2011, con riferimento ai lavori in località Torremuzza, aveva espresso solo una generica manifestazione di disponibilità, subordinata alla verifica di compatibilità finanziaria delle richieste economiche dall’appaltatrice).
In conclusione, va dichiarata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dinanzi al quale vanno rimesse le parti, con riassunzione nel termine di legge.
Spese all’esito