<p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La vocazione alla trasparenza, sempre più pressante anche quale prezioso strumento contro la corruzione, ha reso in qualche modo recessivo il tradizionale diritto di accesso agli atti previsto dalla legge 241 del 1990, che è quasi trasceso nelle nuove forme, legislativamente previste, rispettivamente dell’accesso civico e dell’accesso c.d. libero e universale. Un fenomeno nel quale, tuttavia, proprio il principio di trasparenza rischia, confondendovisi, di sovrapporsi al diverso (seppur contermine) principio di pubblicità.</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Crono-articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1948</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 01 gennaio entra in vigore la Costituzione repubblicana, che annovera tra i principi in tema di Pubblica Amministrazione quello di organizzazione dei pubblici uffici in modo da assicurarne l’imparzialità ed il buon andamento (art.97).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1957</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 10 gennaio viene varato il D.p.R. n.3 in tema di impiegati civili dello Stato, il cui art.15 consacra il principio c.d. di segretezza dell’azione amministrativa.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1966</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 4 luglio, durante il mandato del presidente Lyndon B. Johnson, vede la luce negli USA Il <em>Freedom of Information Act</em> (FOIA), ovvero "<em>l’atto per la libertà di informazione</em>", una legge sulla libertà di informazione che diventerà il punto di riferimento delle future disposizioni, anche europee, in materia di trasparenza.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1990</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 7 agosto viene varata la legge n.241 che, mutando prospettiva rispetto al passato, impronta il rapporto tra PA e cittadino, tra gli altri, al canone della pubblicità, della trasparenza e della partecipazione. Particolare importanza riveste l’art.22, il cui comma 2 individua nell’accesso ai documenti un principio generale dell’azione amministrativa, inteso a favorire la partecipazione degli amministrati ed a garantire l’imparzialità e la trasparenza della stessa Amministrazione: proprio in forza di ciò, la regola è che i documenti sono tutti accessibili, ad eccezione di quelli esplicitamente sottratti all’ostensione a norma dell’art.24 (comma 3). Quello disegnato dalla legge 241.90 è tuttavia un diritto di accesso che prevede sul crinale soggettivo dei requisiti di legittimazione (onde non tutti possono accedere) e, su quello oggettivo, dei limiti ben precisi, essendo sottratta all’accesso l’organizzazione e l’attività dell’Amministrazione (potendosene conoscere giusta accesso i soli atti e documenti).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2009</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 4 marzo entra in vigore la legge delega n.15 che prevede tra i propri principi e criteri direttivi anche una revisione della disciplina della trasparenza nell’azione pubblica.</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 ottobre esce il decreto legislativo n.150 dal cui articolo 11 affiora un rinnovato principio di trasparenza, da intendersi come accessibilità a tutto tondo e totale alle informazioni pubbliche, avvalendosi anche della pubblicazione sui siti istituzionali dei singoli plessi pubblici.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2012</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 6 novembre viene varata la legge n.190 in tema di lotta alla corruzione e all’illegalità nella Pubblica Amministrazione, nel cui contesto viene assunto di determinante efficacia lo strumento della trasparenza, con connessa delega al Governo alla relativa, ulteriore disciplina (art.1, comma 35).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2013</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 14 marzo esce il decreto legislativo n.33 che, dando attuazione alla delega conferita con la legge 190.12, implementa l’elenco degli atti e dei documenti che la PA ha l’obbligo di pubblicare e valorizza ancora di più i siti istituzionali delle singole Amministrazioni istituendo la obbligatoria sezione “<em>Amministrazione Trasparente</em>”; detta criteri in tema di qualità delle informazioni; disciplina come tecnicamente garantire in modo uniforme la facile reperibilità dei dati e organizza in un articolato normativo unico tutti gli obblighi di pubblicazione sparsi, fino ad allora, in varie disposizioni di legge. Il provvedimento si ricorda soprattutto per avere introdotto nel sistema il c.d. accesso civico, che sostanzia il riconosciuto diritto alla conoscibilità dell’azione amministrativa (e non solo dei relativi atti) in modo totale: proprio per questo viene ampliata la pletora dei possibili titolari della pretesa alla ostensione - giusta pubblicazione – dei dati pubblici cui corrispondono obblighi di pubblicazione che, ove non osservati, diventano appunto da chiunque sollecitabili azionando l’accesso civico. In sostanza, il decreto legislativo 33.13 prevede dati che la PA è obbligata a pubblicare e, a fronte di essi, un diritto di accesso civico di chiunque ad invocarne la pubblicazione, ove non attuata, attraverso un’azione giurisdizionale senza più la necessità di requisiti legittimanti (come per l’accesso c.d. classico di cui alla legge 241.90).</p> <p style="text-align: justify;">Il 21 giugno viene varato il decreto legge n.69 (c.d decreto del fare) che - nell’emendare e ad un tempo specificare l’accesso civico di cui al decreto legislativo n.33, - individua taluni dati minimi che le Pubbliche Amministrazioni hanno l’obbligo di pubblicare sui propri siti web istituzionali.</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 luglio esce la sentenza della IV sezione del Tar Lombardia n.1904 che muovendo sostanzialmente dal controllo democratico sull’attività amministrativa quale referente ultimo della introduzione nel sistema del c.d. accesso civico, assume come esso, proprio come tale, spetti a chiunque in modo gratuito ed immotivato, sul solo presupposto onde determinati atti che dovevano essere resi pubblici non sono stati pubblicati dalla pertinente PA.; esso va attivato nei confronti del responsabile della trasparenza dell’Amministrazione di riferimento.</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 agosto viene varata la legge n.98 che converte, con modificazioni, il c.d. decreto del fare n.69.</p> <p style="text-align: justify;">Il 10 ottobre esce la sentenza del Tar Abruzzo n.861 che muove dal presupposto onde – a seguito dell’entrata in vigore del c.d. accesso civico – gli amministrati non possono più considerarsi (solo) tali, dovendo piuttosto atteggiarsi a cittadini (<em>cives</em>) e potendo come tali controllare se la trasparenza della dinamica pubblica imposta dalla legge venga o meno effettivamente attuata dalle Amministrazioni, anche e soprattutto sul crinale de conti pubblici e del controllo sulla reale rispondenza delle spese pubbliche al funzionamento di uffici e servizi destinati a soddisfare i bisogni dei cittadini medesimi.</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 novembre esce la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato n.5515, che si occupa dell’ambito di applicazione del nuovo accesso “<em>civico</em>” rispetto all’accesso tradizionale disciplinato dalla legge 241.90: mentre quest’ultimo riguarda i documenti detenuti dalle Pubbliche Amministrazioni, l’accesso civico di cui al decreto legislativo 33.13 riguarda gli atti che esse sono tenute a pubblicare e che non abbiano pubblicato, e dunque non può assumersi sovrapponibile al primo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2014</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 marzo esce la sentenza della sezione III.bis del Tar Lazio n. 3014, che assume tutelabile in via giurisdizionale l’accesso civico attraverso lo strumento di tutela speciale previsto per l’accesso tradizionale dall’art.116 del codice del processo amministrativo: in tal modo è possibile in modo concreto consentire il controllo democratico dell’azione pubblica a cittadini ed enti, <em>sub specie</em> di potere di obbligare l’Amministrazione a pubblicare i documenti e i dati che avrebbe dovuto pubblicare per obbligo di legge e che non ha pubblicato. L’Amministrazione fatta destinataria dell’istanza di accesso civico – che è spiccabile da chiunque e non deve essere motivata – può opporvisi solo affermando di aver pubblicato i dati dei quali si chiede l’ostensione, dovendo tuttavia in questo caso indicare al richiedente il collegamento ipertestuale necessario per consentirgli di compiutamente conoscere il documento, l’informazione o il dato.</p> <p style="text-align: justify;">Il 30 ottobre esce la sentenza della IV sezione del Tar Lombardia n.2587 che si occupa di una fattispecie di accesso in materia di procedimento di gara di appalto, laddove l’accesso medesimo si fonda sull’interesse alla conoscenza di atti prodotti dall’Amministrazione nel corso del procedimento competitivo: in queste ipotesi, secondo il Tar, non sarebbe invocabile il c.d. accesso civico, e ciò per il motivo onde quest’ultimo si correla all’interesse alla generale conoscibilità di atti dei quali è obbligatoria la pubblicazione. Nell’accesso in materia di gare occorre dunque un requisito legittimante ed uno specifico interesse ad accedere, non potendosi invocare il diritto al c.d. accesso civico.</p> <p style="text-align: justify;">Il 5 novembre esce la sentenza della VI sezione del Tar Campania n.5671 secondo la quale le disposizioni sull’accesso civico di cui al decreto legislativo n.33.13 si applicano direttamente anche alle Regioni e agli enti locali in forza dell’art.1, comma 3, del decreto medesimo, laddove si fa riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni erogate dalle Amministrazioni a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione ex art.117, comma 2, lettera m) della Costituzione ed all’esercizio delle funzioni di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’Amministrazione statale, regionale e locale di cui all’art.117, comma 2, lett. r) della Costituzione. Il Tar si sofferma anche sui rapporti tra accesso civico ed accesso tradizionale di cui alla legge n.241.90 assumendo che anche chi è titolare dell’interesse differenziato che lo legittima all’accesso procedimentale tradizionale può decidere di avvalersi del c.d. accesso civico, con riguardo agli atti che devono essere pubblicati dalla PA e che non sono stati pubblicati. Si è al cospetto dell’inverarsi sul piano ordinamentale del <em>right to know</em>, in quanto l’accesso civico garantisce il controllo democratico sull’attività amministrativa e realizza pienamente il principio di trasparenza proprio dove consente un controllo generalizzato dell’opinione pubblica sull’attività amministrativa.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2015</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 7 agosto viene varata la legge n.124 che, all’art.7, conferisce al Governo la delega, tra l’altro, in materia di trasparenza.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 settembre esce la sentenza della III sezione del TAR Puglia n. 1253 che, in materia di accesso civico di cui al d.lgs. 33/13, afferma l’obbligo in capo al Comune di integrare la pubblicazione delle tavole grafiche di una determinata zona e sottozona del PRG per rendere trasparenti e coerenti fra loro le previsioni normative e grafiche dei vigenti strumenti urbanistici comunali.</p> <p style="text-align: justify;">Il 12 novembre esce la sentenza della II sezione del TAR Calabria n. 1671 che – accogliendo un ricorso avverso il “<em>silenzio</em>” -nel ribadire gli obblighi in capo all’Amministrazione in caso di istanza di accesso civico, afferma essere ricompresa in tale disciplina la pubblicazione dei dati concernenti gli organi di indirizzo politico dell’Ente locale; sussiste infatti, in capo al Comune, l’obbligo di pubblicare i medesimi dati e le relative informazioni, rientrando gli stessi nel novero degli atti e documenti indicati dall’art. 14 del <a href="http://www.lexitalia.it/n/2474">D.L.vo 14 marzo 2013 n. 33</a> che chiunque può chiedere siano pubblicati. Per il Tar l’accesso civico previsto dal <a href="http://www.lexitalia.it/n/2474">D.L.vo 14 marzo 2013 n. 33</a> consente ai cittadini e agli enti di controllare democraticamente se una PA abbia adempiuto agli obblighi di trasparenza previsti dalla legge, segnatamente se abbia provveduto alla pubblicazione di documenti, informazioni o dati, sicché l’Amministrazione destinataria dell’istanza di accesso civico, ai sensi dell’art. 5, comma 3, del citato <a href="http://www.lexitalia.it/n/2474">D.L.vo n. 33 del 2013</a>, entro 30 giorni, deve pubblicare il documento, informazione o dato richiesto sul sito istituzionale, trasmettendolo contestualmente all’istante, ovvero comunicando a quest’ultimo il collegamento ipertestuale per l’accesso, con la precisazione che in tale ultimo modo (indicazione del pertinente collegamento ipertestuale) la P.A. deve (può) procedere solo allorché il documento, l’informazione o il dato risulti già pubblicato nel rispetto della normativa vigente.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2016</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 24 febbraio esce il parere del Consiglio di Stato, Sezione consultiva atti normativi, n. 515 che nel pronunciarsi sullo schema di decreto legislativo in materia di trasparenza, rappresenta come occorra trascorrere da una forma di trasparenza di tipo “<em>proattivo</em>” (pubblicazione obbligatoria sui siti internet degli enti pubblici dei dati e delle notizie indicati dalla legge) ad un’altra di tipo “<em>reattivo</em>”, tale da rispondere alle pretese conoscitive ed alle pertinenti istanze degli interessati, così da sostituire il bisogno di conoscere con il diritto di conoscere, sulla scorta del F.O.I.A. (<em>Freedom of Information Act</em>) del 1966. Il Consiglio di Stato rileva peraltro come l’ampio spettro dei limiti previsti per il nuovo accesso libero e universale potrebbe vanificarne la reale portata innovativa rispetto al passato. Proprio muovendo dal F.O.I.A. che, negli USA, prevede un provvedimento di diniego espresso corredato dai relativi motivi, viene stigmatizzata la previsione, per l’accesso libero e universale, di un silenzio rigetto, che il Consiglio di Stato considera già di suo quale istituto problematico, e che si palesa vieppiù tale quando diventa un immotivato ed assai poco “<em>trasparente</em>” diniego silenzioso da giustapporre a ciò che si sostanzia in una autentica estrinsecazione proprio del principio di trasparenza.</p> <p style="text-align: justify;">Il 25 maggio vede la luce il decreto legislativo n. 97 che, in sede di esercizio della delega conferita con la legge 124.15, ridisegna la trasparenza ed il relativo canone attraverso la novellazione del decreto legislativo n.33.13 e varando il c.d. accesso civico “<em>libero</em>”: fermi restando i limiti posti a tutela di interessi giuridicamente rilevanti (ex art.5.bis), ai sensi del nuovo art.5 del decreto legislativo 33.13 chiunque si vede esplicitamente riconosciuto il diritto di accedere a dati e documenti detenuti dalle Pubbliche Amministrazioni ed ulteriori rispetto a quelli la cui pubblicazione è già prevista in detto decreto. Lo scopo è quello di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico. Trova cittadinanza nel nostro ordinamento il c.d. “<em>diritto di accesso libero e universale</em>” che tuttavia, più che al canone della trasparenza, appare maggiormente riconducibile – come già anche l’accesso civico - al canone della pubblicità dell’azione pubblica. Si tratta di un tipo di accesso che – come quello tradizionale di cui alla legge 241.90 – investe tutti i documenti detenuti dalle Pubbliche Amministrazioni (a differenza di quello civico, che invece riguarda i soli atti da pubblicarsi obbligatoriamente, ove non pubblicati), e che proprio perché esercitabile da chiunque e verso qualunque atto, impone al legislatore di dettare precisi limiti, più stringenti di quelli che l’art.24 della legge 241.90 richiede per l’accesso tradizionale il quale ultimo, del resto, non è esercitabile da chiunque ma richiede una situazione legittimante ed uno specifico interesse ad accedere: l’istanza di accesso libero e universale può allora non trovare conforto laddove occorra scongiurare un pregiudizio concreto a determinati interessi a) pubblici: sicurezza pubblica; ordine pubblico; sicurezza nazionale; difesa e questioni militari; relazioni internazionali; politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato; indagini su reati e relativo perseguimento; attività ispettive e relativo svolgimento; b) privati: protezione della privacy; libertà e segretezza della corrispondenza; interessi economici e commerciali, con particolare riguardo al diritto d’autore, ai segreti commerciali ed alla proprietà intellettuale in genere. La medesima istanza deve poi essere rigettata laddove concerna atti o documenti oggetto di segreto di Stato, ovvero la legge preveda esplicitamente un divieto di accesso e di divulgazione, comprese le ipotesi in cui tale accesso sia soggetto per legge (non già a divieto ma) al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli previsti dall’art.24, comma 1, della legge 241.90. Quando è possibile garantire i ridetti interessi attraverso il mero differimento, è sufficiente posticipare l’accesso che può peraltro, e sotto altro profilo, essere escluso solo limitatamente a taluni dati o a talune parti del documento oggetto di possibile ostensione.</p> <p style="text-align: justify;">L’8 novembre esce la sentenza della Grande Camera della Corte EDU nel caso <em>ONG Magyar Helsinki Bizottsàg v. Hungary</em> secondo cui, al fine di garantire una piena ed effettiva libertà di espressione ex art.10 CEDU, è necessario che gli Stati predispongano un regime di accesso agli atti funzionale alla ricerca delle informazioni rilevanti, dal momento che la disponibilità del patrimonio informativo delle pubbliche amministrazioni può risultare indispensabile per assicurare un esercizio effettivo del diritto individuale di esprimersi e per alimentare il dibattito pubblico su materie di interesse generale. Pertanto, pur a fronte di una eventuale difetto di norme che espressamente prevedano l’attività di “<em>ricerca</em>” delle informazioni, è necessario adottare un’interpretazione evolutiva di quelle vigenti che riconduca, in talune ipotesi, il diritto d’informarsi sotto l’egida della CEDU.</p> <p style="text-align: justify;">Il 28 dicembre l’ANAC adotta una delibera contenente le Linee guida sull’attuazione degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni contenute nel D.Lgs. n. 33/2013 come modificato dal D.Lgs. n. 97/2016. Tali Linee guida hanno la finalità di indirizzare le pubbliche amministrazioni nella lettura del D.Lgs. n. 97/2016 al fine di assicurare l’obiettivo dell’accessibilità totale delle informazioni pubbliche, la conoscenza dei dati non costituendo peraltro, né integrando di per sé, la trasparenza e ciò in quanto ciascun dato deve essere trasformato in un’informazione e divulgato attraverso precisi obblighi di pubblicazione. L’assunto di fondo è che la trasparenza e la conoscenza dei dati consentono un controllo diffuso sull’organizzazione e sull’attività amministrativa, e dunque – in ultima analisi - sull’esercizio del potere pubblico. La delibera ANAC in parola (recante il n.1309) detta anche indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art.5, comma 2, del decreto legislativo n.33 del 2013.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2017</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 30 maggio viene pubblicata la circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica della PCM n.2/2017 che disciplina l’attuazione concreta della nuove norme sull’accesso civico generalizzato, c.d. FOIA. Tale - redatta in accordo con l’Anac - mira a favorire una coerente ed uniforme attuazione delle norme in tema di accesso civico generalizzato (c.d. modello FOIA), tenendo conto dell’esperienza applicativa e delle criticità affiorate dal<a href="http://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/riforma-della-pa/02-05-2017/foia-primo-monitoraggio-del-dipartimento-della-funzione"> monitoraggio svolto dal Dipartimento</a> della PCM, nei primi mesi di attuazione della normativa FOIA ed avvalendosi delle evidenze fornite dalle organizzazioni della società civile e da una consultazione pubblica tenutasi alcuni giorni prima, dall’11 maggio 2017 al 19 maggio 2017, che ha consentito al Dipartimento di raccogliere 105 commenti da parte di 33 partecipanti (tra privati, organizzazioni della società civile, amministrazioni, istituzioni universitarie e di ricerca). Avendo la prassi applicativa evidenziato la necessità di fornire alle Amministrazioni chiarimenti operativi attinenti alla dimensione organizzativa e procedurale interna, nonché al rapporto con i cittadini, la circolare si pone l’obiettivo proprio di fornire alle ridette Amministrazioni le indicazioni necessarie per poter applicare in modo efficace la normativa FOIA in tema di accesso civico generalizzato, giusta raccomandazioni operative inerenti le modalità di presentazione della richiesta di accesso civico generalizzato, gli uffici competenti e i tempi di decisione, i controinteressati e i rifiuti non consentiti, il dialogo tra amministrazione e richiedenti ed il ruolo del c.d. Registro degli accessi. Lo stesso Dipartimento della Funzione Pubblica considera tuttavia tale circolare come uno strumento non già rigido e cristallizzato, quanto piuttosto dinamico e da migliorare ed arricchire via via con il proseguimento dell’esperienza applicativa, in sinergia con le Amministrazioni che ne sono destinatarie, i cittadini e le organizzazioni della società civile, anche sulla base delle attività di monitoraggio svolte da parte del Dipartimento in parola.</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 luglio esce la sentenza della II sezione del TAR Piemonte n. 886 che riconosce gli atti organizzativi e gestionali di una società a controllo pubblico, e i dati che vi sono contenuti, soggetti a trasparenza e, quindi, ad accesso civico.</p> <p style="text-align: justify;">Il 13 dicembre esce la sentenza della VI sezione del TAR Campania n. 5901 che afferma illegittimo il diniego di accesso civico su un’istanza tendente ad acquisire documenti ed informazioni concernenti la presenza sul luogo di lavoro di un dipendente a tempo indeterminato di una società a partecipazione pubblica, motivato con esclusivo riferimento alla opposizione del dipendente interessato; infatti, la documentazione dalla quale emergono i rilevamenti delle presenze del personale in servizio rientra proprio nell’ambito della possibilità di controllo sul perseguimento da parte di un dato ente delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo da parte di questo delle risorse pubbliche, finalizzato alla partecipazione al dibattito pubblico.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2018</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 18 gennaio esce il parere del Garante della Privacy n. 7810482 che interviene sul rapporto tra accesso civico generalizzato e tutela della <em>privacy</em>, con particolare riferimento alla diffusione del testo delle sentenze. Si deve considerare, infatti, che i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono «<em>pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell'articolo 7</em>», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali; tale aspetto dell’accesso civico va poi ponderato con la considerazione onde la natura pubblica della sentenza e del processo non implica che siano perciò solo conoscibili da chiunque le generalità degli interessati con tutti i dettagli delle loro personali vicende, spesso delicati anche quando non si riferiscano a minori, ovvero a dati giudiziari o sensibili. Alla luce di ciò, l’accesso alle sentenze può essere limitato ed oscurato al fine di tutelare i soggetti i cui dati, contenuti nelle sentenze, non interessano colui che effettua l’accesso civico per conoscere e studiare un provvedimento giurisdizionale.</p> <p style="text-align: justify;">Il 7 febbraio esce la sentenza della I sezione del Tribunale UE nella causa T-851/16 sulla domanda volta a ottenere documenti relativi alle misure di contenimento dei flussi adottate dall’UE e dai suoi Stati membri in cooperazione con la Repubblica di Turchia per fronteggiare la crisi migratoria. Secondo il Tribunale, tale domanda va rigettata in quanto l’ostensione dei documenti richiesti provocherebbe un pregiudizio ragionevolmente prevedibile alla tutela delle relazioni internazionali, al corretto svolgimento delle procedure giurisdizionali e alla possibilità di ricevere pareri giuridici franchi, obiettivi e completi. Spetta inoltre al richiedente dimostrare la presenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione dei documenti richiesti, assente nel caso di specie. È possibile, invece, accordare un accesso parziale ai documenti nella parte in cui la loro diffusione non arrechi pregiudizio agli interessi protetti.</p> <p style="text-align: justify;">Il 14 febbraio esce la sentenza della I sezione del TAR Lazio n. 1734 che nega l’autonoma impugnabilità delle linee guida sull’attuazione dell’ art. 14 del D.Lgs. n. 33 del 2013, “Obblighi di pubblicazione concernenti i titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo e i titolari di incarichi dirigenziali”, in quanto prive di contenuto lesivo diretto nei confronti dei potenziali destinatari, rappresentando un mero atto di indirizzo e supporto che può essere oggetto di impugnazione avanti al g.a. solo unitamente all’atto specifico che, in applicazione di tale indirizzo ove recepito, incida in maniera puntuale sulla posizione giuridica del destinatario.</p> <p style="text-align: justify;">Il 22 marzo esce la sentenza della VII sezione del Tribunale UE nella causa T-540/15 che afferma come nessuna presunzione generale di non divulgazione può essere ammessa in relazione ai documenti elaborati nei triloghi (le riunioni informali che i rappresentanti della Commissione, del Consiglio e del Parlamento europeo tengono nell’ambito della procedura legislativa prima caratterizzate da un elevato grado di riservatezza) che contengano proposte o accordi provvisori tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione. Sulla base dell’art. 4, par. 3, comma 1, Reg. n. 1049/2001, le istituzioni possono negare l’accesso a taluni documenti di natura legislativa soltanto qualora dimostrino che sussista il rischio di un concreto ed effettivo pregiudizio al processo decisionale e che tale rischio sia ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico. La dottrina non ha mancato di sottolineare l’importanza di tale decisone per valorizzare la trasparenza del processo legislativo europeo, avvicinandolo sotto questo profilo alle tradizionali procedure parlamentari.</p> <p style="text-align: justify;">Il 25 giugno esce la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n. 3907 onde il diritto di accesso di cui all’art. 5 <a href="http://www.lexitalia.it/n/2474">d.lgs. n. 33/2013</a> ha l’esclusiva finalità di “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”, non già di rendere pubblici colloqui privati – qual è quello svoltosi fra il Direttore generale ed un funzionario inavvertitamente fatti oggetto di registrazione – che esulano dall’esercizio di funzioni istituzionali. Inoltre l’accesso dell’accesso va bilanciato con il diritto alla protezione dei dati personali di cui è parola all’art.5 <em>bis</em>, comma 2 lett. c), <a href="http://www.lexitalia.it/n/2474">d.lgs. n. 33/2013</a>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 luglio esce la sentenza della sezione II bis del TAR Lazio n. 7326 in tema di accesso civico generalizzato, che afferma come, per quanto la legge non richieda l’esplicitazione della motivazione della richiesta di accesso, deve intendersi implicita la rispondenza della stessa al soddisfacimento di un interesse che presenti una valenza pubblica e non resti confinato ad un bisogno conoscitivo esclusivamente privato, individuale, egoistico o peggio emulativo che, lungi dal favorire la consapevole partecipazione del cittadino al dibattito pubblico, rischierebbe di compromettere le stesse istanze alla base dell’introduzione dell’istituto.</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 luglio esce la sentenza della I sezione del TAR Emilia Romagna – Parma n. 197 che chiarisce i rapporti tra le diverse discipline di accesso civico e accesso in materia di gare. L’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016 riconduce espressamente la disciplina applicabile per tutti i documenti (di gara e di esecuzione del contratto) richiesti, fatte salve le eccezioni contenute nello stesso testo normativo di riferimento, alla disciplina ordinaria in materia di accesso; tale speciale disciplina contenuta nell’art. 53 cit. (ivi ricompreso l’espresso richiamo all’applicabilità delle regole in materia di diritto di accesso ordinario) deve considerarsi come un caso di esclusione della disciplina dell’accesso civico.</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 ottobre esce la sentenza della I sezione del TAR Puglia n. 1344 che ritiene rientrare nella disciplina dell’accesso civico una richiesta di ostensione di atti volta a conoscere i requisiti considerati in relazione alla nomina dei componenti del C.d.A. attualmente in carica. Ricorda infatti il Tribunale che l’art. 5 del d.lgs. 33/2013 stabilisce che l’accesso civico generalizzato “non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente. L’istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede motivazione…”.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2019</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 gennaio esce la sentenza della IV sezione del TAR Lombardia n. 45 che riconosce illegittimo il diniego di accesso agli atti di una gara di appalto motivato con riferimento al fatto che la ditta richiedente l’accesso, pur essendo stata invitata, non ha partecipato alla gara stessa, atteso che la mancata partecipazione ad una procedura non implica di per sé l’esclusione da ogni pretesa di accesso ai documenti.</p> <p style="text-align: justify;">Il 21 febbraio esce la sentenza della Corte Costituzionale n. 20 che dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1-bis, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni pubblicano i dati di cui all’art. 14, comma 1, lettera f), dello stesso decreto legislativo anche per tutti i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, anziché solo per i titolari degli incarichi dirigenziali previsti dall’art. 19, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.</p> <p style="text-align: justify;">Secondo la Corte, in nome di rilevanti obiettivi di trasparenza dell’esercizio delle funzioni pubbliche, e in vista della trasformazione della pubblica amministrazione in una “casa di vetro”, il legislatore ben può apprestare strumenti di libero accesso di chiunque alle pertinenti informazioni, «<em>allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche</em>» (art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 33 del 2013). Resta tuttavia fermo che il perseguimento di tali finalità deve avvenire attraverso la previsione di obblighi di pubblicità di dati e informazioni, la cui conoscenza sia ragionevolmente ed effettivamente connessa all’esercizio di un controllo, sia sul corretto perseguimento delle funzioni istituzionali, sia sul corretto impiego delle risorse pubbliche.</p> <p style="text-align: justify;">Dunque, la norma che impone l’obbligo di pubblicazione, senza alcuna distinzione, a carico di tutti i titolari di incarichi dirigenziali, appare incostituzionale in quanto si tratta, in primo luogo, di dati che non necessariamente risultano in diretta connessione con l’espletamento dell’incarico affidato. Essi offrono, piuttosto, un’analitica rappresentazione della situazione economica personale dei soggetti interessati e dei loro più stretti familiari, senza che, a giustificazione di questi obblighi di trasparenza, possa essere sempre invocata, come invece per i titolari di incarichi politici, la necessità o l’opportunità di rendere conto ai cittadini di ogni aspetto della propria condizione economica e sociale, allo scopo di mantenere saldo, durante l’espletamento del mandato, il rapporto di fiducia che alimenta il consenso popolare.</p> <p style="text-align: justify;">L’onere di pubblicazione in questione , chiosa la Corte, risulta, sproporzionato rispetto alla finalità principale perseguita, quella di contrasto alla corruzione nell’ambito della pubblica amministrazione: la norma impone la pubblicazione di una massa notevolissima di dati personali, considerata la platea dei destinatari: circa centoquarantamila interessati (senza considerare coniugi e parenti entro il secondo grado).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 25 marzo esce la sentenza della I sezione del TAR Lombardia n. 630 che afferma non rientrare nella disciplina dell’accesso civico “generalizzato” i preventivi di spesa per l’affidamento dei servizi di assistenza legale per il recupero dell’evasione ed elusione tributaria, rientrando tali documenti nella disciplina di cui all’art. 53 d.lgs. 50/2016.</p> <p style="text-align: justify;">Il 28 marzo esce la sentenza della sezione I quater del TAR Lazio n. 4122 onde, in applicazione del principio di irretroattività della legge, il diritto di accesso civico non può essere esercitato relativamente ad atti, documenti e informazioni esistenti prima della data di entrata in vigore delle norme sul diritto di accesso civico.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Questioni intriganti</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali differenze intercorrono tra l’accesso civico del 2013 e l’accesso libero e universale del 2016?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>l’accesso civico <strong>non prevede requisiti legittimanti</strong>, <strong>non deve essere motivato</strong> e <strong>non presuppone un interesse qualificato</strong> essendo consentito a <strong>chiunque</strong>, ma riguarda solo i dati per i quali lo stesso decreto prevede, in capo alle Amministrazioni, un <strong>obbligo di pubblicazione</strong>; tale diritto può essere fatto valere solo nel caso in cui la PA <strong>non pubblichi i dati</strong> che deve pubblicare;</li> <li>l’accesso libero e universale <strong>non prevede requisiti legittimanti</strong>, <strong>non deve essere motivato</strong> e <strong>non presuppone un interesse qualificato</strong>, essendo consentito a <strong>chiunque</strong>, e riguarda <strong>non solo i dati che la PA doveva pubblicare e non ha pubblicato</strong>, ma <strong>anche quelli ai quali il richiedente è interessato</strong> e che, come tali, <strong>gli vanno mostrati</strong> (seppure nel rispetto dei <strong>limiti</strong> tracciati dal novellato decreto legislativo 33.13, articoli 5.bis e 5.ter).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quale differenza intercorre tra il concetto di dato e quello di informazione?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>il <strong>dato</strong> è un <strong>elemento di base</strong>, e viene conosciuto <strong>in modo oggettivo</strong> da chi ne chiede l’accesso;</li> <li>l’<strong>informazione</strong> si ricava da <strong>una aggregazione di dati</strong>, ed è connotata <strong>soggettivamente</strong> perché si atteggia in modo diverso <strong>a seconda di chi la ritrae</strong> dal detto insieme di dati.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa distingue l’accesso civico e quello libero e universale dal tradizionale accesso di cui alla legge 241.90?</strong></p> <ol style="text-align: justify;" start="241"> <li>nell’<strong>accesso tradizionale</strong> di cui alla legge sul procedimento amministrativo n.241.90, la richiesta di accesso presuppone <strong>un interesse diretto, concreto ed attuale</strong> del richiedente l’ostensione, la cui istanza <strong>va motivata</strong>; esistono <strong>specifici limiti</strong> dettati all’art.24 della legge 241.90. Si tratta di un accesso che, oltre ai <strong>costi di riproduzione</strong> del documento richiesto, sopporta anche gli <strong>oneri connessi al bollo</strong> e <strong>ai diritti di ricerca e di visura</strong>;</li> <li>nell’<strong>accesso civico</strong> (documenti obbligatoriamente da pubblicare) ed in <strong>quello libero e universale</strong> (documenti dei quali non è obbligatoria la pubblicazione) di cui al decreto legislativo 33.13, la richiesta di accesso è spiccabile <strong>da chiunque</strong> e <strong>non deve essere motivata</strong>; esistono <strong>specifici limiti</strong> dettati agli articoli 5.bis e 5.ter del decreto legislativo n.33.13. Si tratta di una forma di accesso <strong>gratuita</strong>, soggetta al solo <strong>rimborso del costo sostenuto e documentato</strong> dalla PA per la <strong>riproduzione dei supporti materiali</strong> che incorporano il documento il che, per l’accesso civico in specie, si spiega con il fatto che esso è scaturigine <strong>di un inadempimento della PA</strong> ai propri obblighi di pubblicazione.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Che natura ha l’accesso civico e quello libero e universale, esercitabili ed azionabili da “chiunque”?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta di una <strong>vera e propria azione popolare</strong>, a differenza dell’accesso tradizionale che, proprio per il relativo <strong>non poter essere orientato</strong> ad un <strong>controllo generalizzato</strong> della Pubblica Amministrazione, presuppone una <strong>situazione legittimante</strong> ed un <strong>interesse concreto ed attuale</strong> all’ostensione;</li> <li>si tratta di un “<strong><em>diritto pubblico di libertà</em></strong>”, perché consente la <strong>libera conoscenza</strong> in capo a chiunque dei <strong>modi attizi</strong> nei quali si estrinseca l’azione amministrativa con riferimento alle <strong>varie funzioni pubbliche e competenze</strong>;</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa distingue (o accomuna) i due procedimenti di accesso civico da un lato e di accesso libero e universale dall’altro?</strong></p> <ol style="text-align: justify;" start="7"> <li>accesso <strong>civico</strong>: può essere richiesto <strong>all’ufficio che detiene i dati, le informazioni o i documenti</strong> richiesti, ovvero <strong>all’ufficio relazioni con il pubblico</strong>, ovvero <strong>all’ufficio che la singola PA indica</strong> nella sezione del proprio sito istituzionale denominata “<strong><em>amministrazione trasparente</em></strong>”, ovvero ancora al <strong>responsabile della trasparenza dell’Amministrazione</strong> (coincidente con il <strong>responsabile della prevenzione della corruzione</strong>); i <strong>limiti</strong> degli obblighi di pubblicazione sul sito istituzionale sono stati <strong>individuati a priori dal legislatore</strong> (art.7.bis del decreto legislativo 33.13), onde, a fronte di dati pubblicati ed informazioni sul sito istituzionale della singola PA, <strong>non si configurano controinteressati</strong>; <strong>non</strong> viene coinvolto il <strong>Garante per la protezione dei dati personali</strong>.</li> <li>accesso <strong>libero e universale</strong>: può essere richiesto a <strong>tutti gli uffici cui può essere richiesto l’accesso civico</strong> ad esclusione del <strong>responsabile della trasparenza dell’Amministrazione</strong> (non coinvolgendo dati oggetto di obbligatoria pubblicazione); possono configurarsi dei <strong>controinteressati</strong> e in tal caso la legge prevede <strong>delle sequenze procedimentali</strong> che consentono ai controinteressati <strong>di opporsi</strong> alla richiesta di accesso e alla PA di valutare detta opposizione, determinandosi a valle di essa; <strong>può</strong> essere coinvolto il <strong>Garante per la protezione dei dati personali</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Come si sviluppa, post-istanza, il procedimento di accesso civico e di accesso libero e universale?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>la PA (o il difensore civico) ha <strong>30 giorni</strong> per concludere il procedimento;</li> <li>il procedimento si conclude con <strong>provvedimento espresso e motivato</strong>, che va <strong>comunicato</strong> al richiedente e, nel caso di accesso libero e universale, ai <strong>controinteressati</strong>;</li> <li>il provvedimento finale <strong>è positivo</strong>: si tratta di un accoglimento e in tal caso i dati o i documenti richiesti vengono <strong>trasmessi tempestivamente al richiedente</strong> (accesso libero e universale) ovvero tali dati, informazioni o documenti vengono <strong>pubblicati sul sito dell’Amministrazione</strong> e, ove già lo siano stati, viene <strong>indicato al richiedente il relativo collegamento ipertestuale</strong> (accesso civico);</li> <li>il provvedimento finale <strong>è negativo</strong>: può compendiarsi in una <strong>limitazione dell’accesso</strong>, in un <strong>differimento</strong> o in un <strong>diniego</strong> (rifiuto);</li> <li>il <strong>responsabile della prevenzione e della trasparenza</strong> può <strong>informarsi</strong> presso gli uffici sull’esito delle istanze via via presentate; e ciò anche perché è a lui che il richiedente si rivolge con <strong>istanza di riesame</strong> laddove la richiesta di ostensione sia stata rigettata in modo totale o parziale, ovvero non abbia avuto risposta (al contrario, in caso di provvedimento favorevole e ostensivo, può essere chiamato in causa dal <strong>controinteressato</strong>); laddove si tratti di <strong>Regioni o enti locali</strong>, ci si può rivolgere (da parte dell’interessato o del controinteressato, a seconda dell’esito del procedimento di accesso) al <strong>difensore civico</strong> competente per <strong>ambito territoriale</strong>, giusta apposito <strong>ricorso</strong> (rimedio giustiziale) che va notificato alla PA interessata (non essendo presentato direttamente ad essa).</li> <li>il <strong>responsabile della prevenzione e della trasparenza</strong> ha <strong>20 giorni</strong> per decidere il riesame sul provvedimento negativo; il <strong>difensore civico</strong> <strong>30 giorni</strong>;</li> <li>in caso di <strong>rigetto</strong> o <strong>differimento</strong> per <strong>motivi di tutela della sicurezza pubblica o dell’ordine pubblico</strong> (accesso libero e universale), il responsabile della prevenzione e della trasparenza deve coinvolgere nell’istruttoria anche il <strong>Garante per la protezione dei dati personali</strong>, con allungamento dei termini procedimentali (altrettanto è tenuto a fare il difensore civico, con analoghi effetti dilatori);</li> <li>avverso i <strong>provvedimenti negativi originari</strong> della PA competente, ovvero avverso le <strong>successive determinazioni adottate in sede di riesame</strong> (o dal difensore civico), si può spiccare <strong>ricorso al Tar</strong> ai sensi dell’<strong>116 c.p.a.</strong></li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p>