<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Procedimento – Accesso civico generalizzato e legittimità del relativo diniego nei casi di richieste massive e/o se il diritto è adoperato in modo distorto</strong></p> <p style="text-align: justify;">La controversia oggetto di esame da parte della Sezione VI del Consiglio di Stato prende le mosse dalla seguente vicenda.</p> <p style="text-align: justify;">FATTO</p> <p style="text-align: justify;">Il Sig. O.A., titolare in Serrara Fontana di taluni esercizi di somministrazioni di alimenti e bevande, siti in edifici soggetti a procedimenti di condono edilizio, instaurava un contenzioso col Comune di Serrara Fontana, riguardante l’improcedibilità della sua istanza di agibilità (art. 35 l. 47 del 1985) nell’immobile soggetto a sanatoria ed in ordine alla sospensione dell’attività commerciale nei locali ivi ubicati.</p> <p style="text-align: justify;">A seguito delle reiezioni dei ricorsi del Sig. A. con sentenza n. 3100 del 2018 del TAR Napoli, egli, al fine di difendersi meglio nel giudizio di appello, proponeva istanza di accesso ai sensi dell’art. 22 l. 241/1990 e degli artt. 5 e s.s. del D.lgs. n. 33/2013.</p> <p style="text-align: justify;">In particolare, l’istante chiedeva copia di tutte le licenze di natura commerciale rilasciate nel predetto comune, dei certificati di agibilità di dette attività commerciali, di tutte le domande di condono evase o a cui non era stata ancora concessa la sanatoria, e di tutte le continuità d’uso rilasciate per gli immobili sottoposti a pratica di condono.</p> <p style="text-align: justify;">Con provvedimento prot. n. 5773 del 10/07/2018, il Comune respingeva l’istanza per i seguenti motivi: a) con la sentenza di cui sopra il TAR non s’era pronunciato sulla legittimità o meno delle agibilità provvisorie per gli edifici pendente il loro condono, né sulle continuità d’uso; b) inammissibilità delle istanze di accesso rivolte ad un controllo generalizzato o ispettivo sull’operato della P.A.; c) l’accesso civico non poteva essere utilizzato in modo distorto; d) gli atti richiesti non erano soggetti a pubblicazione obbligatoria.</p> <p style="text-align: justify;">Il Sig. A. allora impugnava tale diniego innanzi al TAR Napoli, al fine di ottenere l’ostensione di quanto richiesto.</p> <p style="text-align: justify;">Detta A.G., con sentenza n. 2486 del 9/05/2019, respingeva la pretesa attorea in ordine all’accesso ex art. 22 della l. 241/1990 e accoglieva quella relativa all’accesso civico, precisando da un lato lo scopo dello stesso, mirante alla trasparenza; e dall’altro, come tale accesso non scontasse limiti di legittimazione attiva.</p> <p style="text-align: justify;">Il Comune, dolendosi della pronuncia del TAR Napoli, impugnava la sentenza suddetta sostenendo le seguenti ragioni: i) gli atti e i documenti richiesti dal Sig. A. non erano soggetti a pubblicazione obbligatoria (art. 23 del D.lgs. 33/2013); ii) il rigetto dell’istanza aveva ben distinto le ragioni sul diniego d’accesso procedimentale, rispetto a quelle dell’accesso civico; iii) il rigetto dell’accesso civico era stato correttamente motivato; iiii) l’ultrapetizione e la contraddittorietà che inficiavano la sentenza sull’omesso dialogo cooperativo tra il Comune ed il Sig. A.</p> <p style="text-align: justify;">IN DIRITTO</p> <p style="text-align: justify;">Il Consiglio di Stato riteneva l’appello manifestamente fondato per le seguenti ragioni giuridiche.</p> <p style="text-align: justify;">Il supremo consesso amministrativo si soffermava anzitutto sull’interpretazione dell’art. 35, XX co. della l. 47/1995. Su tale norma s’era formato un indirizzo del Consiglio di Stato (Cons. St., V, 28/05/2009, n. 3262) secondo cui, ai sensi dell’art. 3 co. 7 della l. 25/08/1991 n. 287, dato che le attività di somministrazione di alimenti e bevande devono essere esercitate nel rispetto delle vigenti norme in materia edilizia, urbanistica e igienico-sanitaria, nonché di quelle sulla destinazione d’uso dei locali e degli edifici, ai fini del rilascio delle prescritte autorizzazioni la P.A. deve verificare anche la conformità dei locali sia sotto il profilo edilizio-urbanistico che igienico-sanitario. Ne conseguiva che, non poteva essere mantenuto il titolo inerente a tal attività di somministrazione, ove svolta in un locale non conforme alla disciplina edilizia e urbanistica.</p> <p style="text-align: justify;">In questi termini si era espresso anche il TAR Napoli con la sentenza n. 3100 del 2018.</p> <p style="text-align: justify;">Sulla scorta di quanto sopra, il Collegio perveniva ad una prima conclusione: l’istanza d’accesso proposta dal Sig. A., al contempo difensionale ex art. 24 co. 7 della l. 241/1990 e civico ex art. del D.lgs. 33/2013 era da ritenersi emulativa.</p> <p style="text-align: justify;">A sostegno di tale impostazione ermeneutica il Consiglio di Stato citava testualmente l’art. 24 co. 7, I per. della l. 241/1990 (“deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”).</p> <p style="text-align: justify;">Sul punto, il supremo consesso amministrativo menzionava anche dei recenti indirizzi del Consiglio di Stato, secondo cui le esigenze di cura e difesa di interessi giuridici ex art. 24 co. 7 non sono tutelabili fino al punto d’ammettere istanze d’accesso di contenuto del tutto indeterminato o riferite a rapporti estranei alla sfera giuridica del richiedente (Cons. St., V, 21/08/2017 n. 4043).</p> <p style="text-align: justify;">Di seguito, veniva esposto un altro orientamento del Consiglio di Stato, a tenore del quale, il diritto all’accesso difensionale postula sempre un accertamento concreto dell’esistenza di un interesse differenziato della parte che richiede i documenti e tal accesso è solo strumentale per verificare i presupposti di fatto all’esercizio di un’azione in giudizio (Cons. St., VI, 29/04/2019 n. 2737).</p> <p style="text-align: justify;">Il Collegio riteneva che dovevano considerarsi anche le seguenti circostanze.</p> <p style="text-align: justify;">In primo luogo, al Consiglio di Stato non sfuggiva l’uso pratico dell’accesso civico perlopiù per aggirare i limiti posti dall’art. 24 della l. 241/1990. Il rapporto tra i due tipi di accesso è di scopo e non di continenza: l’accesso procedimentale è preordinato a soddisfare un interesse specifico ma strumentale; l’accesso civico generalizzato soddisfa un’esigenza di cittadinanza attiva, incentrata sui doveri inderogabili di solidarietà democratica, di controllo sul funzionamento dei pubblici poteri e di fedeltà alla Repubblica e non su libertà singolari. Ne conseguiva che, il diritto d’accesso civico non era utilizzabile come surrogato dell’altro.</p> <p style="text-align: justify;">Inoltre, tale modalità di accesso non poteva utilizzarsi in maniera disfunzionale, trasformandosi in una causa di intralcio al buon andamento della P.A., ed in ogni caso andava utilizzato secondo buona fede.</p> <p style="text-align: justify;">Il Comune, dunque, non aveva errato nel delibare il contenuto proprio dell’accesso civico spiegato dal Sig. A. Pertanto, l’ente locale aveva ben motivato le ragioni di rigetto dell’istanza.</p> <p style="text-align: justify;">In secondo luogo, il Consiglio di Stato, sempre a supporto di questa opzione ermeneutica, rammentava da un lato, la più liberale interpretazione dell’art. 5 bis D.lgs. 33/2013, e dall’altro, l’intervento del Giudice delle leggi in tema di tutela alle riservatezze, secondo cui, le esigenze di controllo democratico non possono travolgere il diritto fondamentale alla riservatezza delle persone fisiche e va sempre rispettato il principio di proporzionalità (C. cost. 21/02/2019 n. 20).</p> <p style="text-align: justify;">Peraltro, gli atti richiesti dal Sig. A. erano da ricondursi a quelli non soggetti a pubblicazione obbligatoria ai sensi dell’art. 23 del D.lgs. 33/2013, e quindi questi andavano intesi come quei dati o documenti rifiutabili ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 co. 2 (in forza dell’intervenuta abrogazione del medesimo art. 23 ad opera della novella recata dall’art. 22, co. 1, lett. a) del D.lgs. 97/2016).</p> <p style="text-align: justify;">In terzo luogo, il Collegio riteneva l’istanza d’accesso civico in questione “massiva”, quand’anche non la si volesse ritenere emulativa per le seguenti ragioni: a) il contenuto della stessa istanza; b) l’indeterminatezza della richiesta; c) la gravosità dell’istanza per il Comune.</p> <p style="text-align: justify;">Da ultimo, il Consiglio di Stato affermava la fondatezza del quarto motivo di appello con riguardo al vizio di ultrapetizione, stante la circostanza che il dialogo cooperativo tra il Comune ed il Sig. A., era una mera facoltà del Comune e non si rinveniva a guisa d’obbligo nell’art. 5 e s.s. del D.lgs. 33/2013. Ne conseguiva che, il ricorrente avrebbe dovuto denunciare l’eventuale omissione e non il Giudice accertarla d’ufficio.</p> <p style="text-align: justify;">In ogni caso, secondo il Collegio, la soluzione adottata dalla sentenza si palesava come contradditoria, dato che se si predica la specificità e la natura non massiva dell’istanza, allora il dialogo cooperativo sarebbe superfluo e viceversa.</p> <p style="text-align: justify;">Il Consiglio di Stato, in definitiva, accoglieva l’appello nei limiti sopra enunciati, ma stante la novità e la complessità della questione stabiliva l’irripetibilità delle spese del presente grado di giudizio.</p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Alessandro Piazziai</em></p>