<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>CORTE DI GIUSTIZIA U.E., SEZ. X – sentenza 5 settembre 2019 (causa C‑333/18)</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>PRINCIPIO DI DIRITTO</em></strong><em>: L’articolo 1, paragrafo 1, terzo comma, e paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un ricorso principale, proposto da un offerente che abbia interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono quest’ultimo, ed inteso ad ottenere l’esclusione di un altro offerente, venga dichiarato irricevibile in applicazione delle norme o delle prassi giurisprudenziali procedurali nazionali disciplinanti il trattamento dei ricorsi intesi alla reciproca esclusione, quali che siano il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorsi.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In via preliminare, occorre ricordare che, come risulta dal secondo considerando della direttiva 89/665, quest’ultima è intesa a rafforzare i meccanismi esistenti, sia sul piano nazionale sia sul piano dell’Unione, per garantire l’applicazione effettiva delle direttive in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, in particolare in una fase in cui le violazioni possono ancora essere corrette (sentenza del 5 aprile 2017, Marina del Mediterráneo e a., C‑391/15, EU:C:2017:268, punto 30). Risulta dalle disposizioni dell’articolo 1, paragrafo 1, terzo comma, e paragrafo 3, della direttiva 89/665 che i ricorsi contro le decisioni adottate da un’amministrazione aggiudicatrice devono, per essere considerati efficaci, essere accessibili almeno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione. Così, quando, a seguito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, due offerenti presentano ricorsi intesi alla reciproca esclusione, ciascuno di detti offerenti ha interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto, ai sensi delle disposizioni menzionate al punto precedente. Infatti, da un lato, l’esclusione di un offerente può far sì che l’altro ottenga l’appalto direttamente nell’ambito della stessa procedura. Dall’altro lato, nell’ipotesi di un’esclusione di tutti gli offerenti e dell’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione di appalto pubblico, ciascuno degli offerenti potrebbe parteciparvi e quindi ottenere indirettamente l’appalto (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2016, PFE, C‑689/13, EU:C:2016:199, punto 27). Ne consegue che il ricorso incidentale dell’aggiudicatario non può comportare il rigetto del ricorso di un offerente escluso qualora la regolarità dell’offerta di ciascuno degli operatori venga contestata nell’ambito del medesimo procedimento, dato che, in una situazione del genere, ciascuno dei concorrenti può far valere un legittimo interesse equivalente all’esclusione dell’offerta degli altri, che può portare alla constatazione dell’impossibilità, per l’amministrazione aggiudicatrice, di procedere alla scelta di un’offerta regolare (sentenze del 4 luglio 2013, Fastweb, C‑100/12, EU:C:2013:448, punto 33, e del 5 aprile 2016, PFE, C‑689/13, EU:C:2016:199, punto 24).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il principio sancito dalle sentenze menzionate, secondo cui gli interessi perseguiti nell’ambito di ricorsi intesi alla reciproca esclusione sono considerati in linea di principio equivalenti, si traduce, per i giudici investiti di tali ricorsi, nell’obbligo di non dichiarare irricevibile il ricorso per esclusione principale in applicazione delle norme procedurali nazionali che prevedono l’esame prioritario del ricorso incidentale proposto da un altro offerente. Tale principio risulta applicabile anche quando, come nella controversia di cui al procedimento principale, altri offerenti abbiano presentato offerte nell’ambito della procedura di affidamento e i ricorsi intesi alla reciproca esclusione non riguardino offerte siffatte classificate alle spalle delle offerte costituenti l’oggetto dei suddetti ricorsi per esclusione. Infatti, l’offerente che, come nel presente caso, si sia classificato in terza posizione e che abbia proposto il ricorso principale deve vedersi riconoscere un legittimo interesse all’esclusione dell’offerta dell’aggiudicatario e dell’offerente collocato in seconda posizione, in quanto non si può escludere che, anche se la relativa offerta fosse giudicata irregolare, l’amministrazione aggiudicatrice sia indotta a constatare l’impossibilità di scegliere un’altra offerta regolare e proceda di conseguenza all’organizzazione di una nuova procedura di gara. In particolare, qualora il ricorso dell’offerente non prescelto fosse giudicato fondato, l’amministrazione aggiudicatrice potrebbe prendere la decisione di annullare la procedura e di avviare una nuova procedura di affidamento a motivo del fatto che le restanti offerte regolari non corrispondono sufficientemente alle attese dell’amministrazione stessa. Alla luce di tali circostanze, la ricevibilità del ricorso principale non può – a pena di pregiudicare l’effetto utile della direttiva 89/665 – essere subordinata alla previa constatazione che tutte le offerte classificate alle spalle di quella dell’offerente autore di detto ricorso sono anch’esse irregolari. Tale ricevibilità non può neppure essere subordinata alla condizione che il suddetto offerente fornisca la prova del fatto che l’amministrazione aggiudicatrice sarà indotta a ripetere la procedura di affidamento di appalto pubblico. L’esistenza di una possibilità siffatta deve essere considerata in proposito sufficiente.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale interpretazione non viene smentita dalla circostanza che gli altri offerenti classificatisi dietro l’autore del ricorso principale non sono intervenuti nel giudizio a quo. Infatti, come la Corte ha già avuto occasione di rilevare, il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui trattasi, come pure il numero di partecipanti che hanno presentato ricorsi nonché la divergenza dei motivi dai medesimi dedotti, non sono rilevanti ai fini dell’applicazione del principio giurisprudenziale menzionato al punto 25 della presente sentenza (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2016, PFE, C‑689/13, EU:C:2016:199, punto 29). La sentenza del 21 dicembre 2016, Bietergemeinschaft Technische Gebäudebetreuung und Caverion Österreich (C‑355/15, EU:C:2016:988), menzionata dal giudice del rinvio, non costituisce un ostacolo ad un’interpretazione siffatta. Infatti, se è pur vero che, ai punti da 13 a 16, 31 e 36 di detta sentenza, la Corte ha statuito che un offerente la cui offerta era stata esclusa dall’amministrazione aggiudicatrice da una procedura di affidamento di appalto pubblico poteva vedersi rifiutare l’accesso a un ricorso contro la decisione di attribuzione dell’appalto pubblico, occorre rilevare che, nella controversia decisa da quella sentenza, la decisione di esclusione di detto offerente era stata confermata da una decisione che aveva acquistato forza di giudicato prima che il giudice investito del ricorso contro la decisione di affidamento dell’appalto si pronunciasse, sicché il suddetto offerente doveva essere considerato come definitivamente escluso dalla procedura di affidamento dell’appalto pubblico in questione (v., in tal senso, sentenza dell’11 maggio 2017, Archus e Gama, C‑131/16, EU:C:2017:358, punto 57). Orbene, nel procedimento principale, nessuno degli offerenti che hanno presentato i ricorsi intesi alla reciproca esclusione è stato definitivamente escluso dalla procedura di aggiudicazione. Pertanto, la suddetta sentenza non inficia in alcun modo il principio giurisprudenziale menzionato al punto precedente.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Per quanto riguarda il principio di autonomia processuale degli Stati membri, è sufficiente ricordare come tale principio non possa, comunque, giustificare disposizioni di diritto interno che rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (v., in tal senso, sentenza dell’11 aprile 2019, PORR Építési Kft., C‑691/17, EU:C:2019:327, punto 39 nonché la giurisprudenza ivi citata). Orbene, per le ragioni illustrate ai punti precedenti della presente sentenza, risulta dall’articolo 1, paragrafo 1, terzo comma, e paragrafo 3, della direttiva 89/665, come interpretato dalla Corte, che un offerente che abbia proposto un ricorso come quello di cui al procedimento principale non può, sulla base di norme o di prassi procedurali nazionali, quali quelle descritte dal giudice del rinvio, essere privato del proprio diritto all’esame nel merito di tale ricorso.</em></p>