<p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>A metà strada tra le norme sovranazionali, costituzionali e primarie che disciplinano come individuare per l’Amministrazione un interlocutore contrattuale privato nel pieno rispetto della disciplina sulla concorrenza, e le clausole del contratto di appalto (o assimilato) alfine specificamente sottoscritto, si collocano la decisione dell’Amministrazione di contrarre e le prescrizioni del bando di gara, queste ultime sempre oscillanti – quanto a natura giuridica – tra la norma pura e l’atto amministrativo e, sul crinale processuale, tra la disapplicazione e l’impugnazione nel tradizionale termine di decadenza. </em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Crono-articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1923</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 18 novembre viene varato il R.D. n.2440, c.d. <strong>legge di contabilità dello Stato</strong>, che individua quali <strong>forme di scelta del contraente</strong> l’asta pubblica, la licitazione privata, la trattativa privata, l’appalto-concorso. Si tratta di norme orientate a garantire all’Amministrazione la selezione del <strong>miglior interlocutore privato</strong>, nell’ottica del <strong>perseguimento dell’interesse pubblico</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1924</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 23 maggio viene varato il R.D. n.827 che disciplina le <strong>varie forme di scelta del contraente privato</strong>, ovvero l’asta pubblica, la licitazione privata, la trattativa privata, l’appalto-concorso</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1942</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il codice civile , nel disciplinare il <strong>contratto</strong>, regola anche la fase delle <strong>trattative c.d. pre-contrattuali</strong>, con particolare riferimento alle ipotesi di <strong>recesso ingiustificato</strong> e di connessa responsabilità precontrattuale (art.1337), oltre che di <strong>consapevolezza della invalidità del contratto</strong> della cui stipula si tratta (art.1338). Gli art.1362 e seguenti disciplinano <strong>l’interpretazione del contratto</strong> e si applicano, nei limiti della compatibilità, anche agli <strong>atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale</strong> (art.1324 c.c.). I contratti possono essere <strong>etero-integrati</strong> dalla legge in determinati casi in cui <strong>clausole nulle</strong> vengono <strong>sostituite automaticamente</strong> da corrispondenti clausole valide (art.1339 c.c.).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1948</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 01 gennaio entra in vigore la <strong>Costituzione</strong> repubblicana, che prevede all’<strong>art.97 </strong>il principio di <strong>imparzialità</strong>, posto accanto a quello di <strong>buon andamento</strong>, come canone che deve guidare la legge laddove essa organizza la Pubblica Amministrazione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1991</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 17 dicembre esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.1369 alla stregua della quale, sulla scorta del <strong>principio di immodificabilità del bando</strong>, esso <strong>non subisce gli effetti della normativa sopravvenuta</strong>, continuando a disciplinare la singola gara secondo le proprie <strong>clausole originarie</strong>: esso <strong>non può essere disapplicato</strong> <strong>dall’Amministrazione</strong> al fine di favorire l’applicazione della nuova disciplina, potendo la PA aggiudicatrice intervenire <strong>solo</strong> <strong>con l’autotutela</strong>, in presenza dei relativi presupposti. Il richiamo da parte del bando di gara ad una <strong>determinata disposizione di legge</strong> deve allora assumersi <strong>materiale</strong>, e <strong>non dinamico</strong>, onde gli eventuali mutamenti subiti da detta disposizione a titolo di <strong><em>ius superveniens</em></strong> non rifluiscono nel bando.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1994</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 febbraio viene varata la <strong>legge n.109</strong>, legge quadro in materia di lavori pubblici, il cui articolo 1, comma 1, dichiara significativamente che in attuazione dell'<a href="http://www.bosettiegatti.eu/info/norme/statali/costituzione.htm#97">articolo 97 della Costituzione</a> l'attività amministrativa in materia di <strong>opere e lavori pubblici</strong> deve garantirne <strong>la qualità</strong> ed uniformarsi a <strong>criteri di efficienza e di efficacia</strong>, secondo procedure improntate a <strong>tempestività, trasparenza e correttezza</strong>, nel rispetto del <strong>diritto comunitario</strong> e della <strong>libera concorrenza</strong> tra gli operatori. In sostanza, la scelta del contraente inizia ad essere ispirata <strong>più dall’esigenza di garantire la concorrenza tra gli operatori privati</strong>, sotto l’egida del diritto sovranazionale, che dalla tradizionale <strong>esigenza di garantire il miglior perseguimento dell’interesse pubblico</strong> attraverso la selezione dell’interlocutore privato <strong>più vantaggioso per la PA</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1997</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 2 aprile esce la sentenza della III sezione del Tar Lombardia n.354 onde il <strong>bando di gara</strong> deve essere qualificato come <strong>atto avente natura normativa</strong>, sebbene la relativa rilevanza ed i relativi effetti siano limitati al <strong>solo ordinamento interno della PA</strong> che lo ha emanato. Ne discende che il GA può secondo il Tar <strong>disapplicare</strong> la disposizione del bando di gara <strong>contrastante con norme sovraordinate</strong>. Del resto, il bando è <strong><em>lex specialis</em></strong> della gara, compendiando delle norme che si rivolgono alla <strong>generalità dei concorrenti</strong>, non individualmente determinati.</p> <p style="text-align: justify;">Il 5 giugno esce la sentenza della III sezione del Tar Lombardia Milano, n.900 che ribadisce come il bando di gara debba essere qualificato come <strong>atto avente natura normativa</strong>, sebbene la relativa rilevanza ed i relativi effetti siano limitati al <strong>solo ordinamento interno della PA </strong>che lo ha emanato. Ne discende che il GA può secondo il Tar <strong>disapplicare</strong> la disposizione del bando di gara contrastante con norme sovraordinate</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1998</strong></p> <p style="text-align: justify;">*L’11 maggio esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.244 che ribadisce come, sulla scorta del <strong>principio di immodificabilità del bando</strong>, esso <strong>non subisce gli effetti della normativa sopravvenuta</strong>, continuando a disciplinare la singola gara secondo le proprie <strong>clausole originarie</strong>: esso <strong>non può essere disapplicato dall’Amministrazione</strong> al fine di favorire l’applicazione della nuova disciplina, potendo la PA aggiudicatrice intervenire <strong>solo con l’autotutela</strong>, in presenza dei relativi presupposti. Il richiamo da parte del bando di gara ad una determinata disposizione di legge deve allora assumersi <strong>materiale</strong>, <strong>e non dinamico</strong>, onde gli eventuali mutamenti subiti da detta disposizione a titolo di <em>ius superveniens</em> <strong>non rifluiscono nel bando</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 27 agosto esce la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato n.568 onde il bando di gara ha <strong>natura provvedimentale</strong> (e <strong>non normativa</strong>), <strong>non potendo dunque essere disapplicato dal GA</strong> e dovendo essere <strong>impugnato nei termini decadenziali</strong> dal privato che se ne assuma <strong>immediatamente leso</strong>. Per il Consiglio di Stato, che sconfessa sul punto il Tar Lombardia, le prescrizioni di un bando di gara pubblica, ancorché <strong>illegittime</strong>, <strong>non sono disapplicabili</strong> dal giudice amministrativo, rilevato che si tratta di <strong>manifestazioni di volontà provvedimentale</strong>, non riconducibili ad atto regolamentare o comunque normativo, e come tali <strong>immediatamente impugnabili</strong> qualora contengano <strong>prescrizioni suscettibili di arrecare una lesione diretta e immediata</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 29 dicembre esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.1605 che ribadisce come, sulla scorta del principio di <strong>immodificabilità del bando</strong>, esso non subisce gli effetti della <strong>normativa sopravvenuta</strong>, continuando a disciplinare la singola gara secondo le <strong>proprie clausole originarie</strong>: esso <strong>non può essere disapplicato</strong> dall’Amministrazione al fine di favorire l’applicazione della nuova disciplina, potendo la PA aggiudicatrice intervenire <strong>solo con l’autotutela</strong>, in presenza dei relativi presupposti. Il richiamo da parte del bando di gara ad una determinata <strong>disposizione di legge</strong> deve allora assumersi <strong>materiale</strong>, e non dinamico, onde gli eventuali mutamenti subiti da detta disposizione a titolo di <em>ius superveniens</em> non rifluiscono nel bando.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2000</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 22 marzo esce la sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana n.128 che ribadisce come, sulla scorta del principio di <strong>immodificabilità del bando</strong>, esso non subisce gli effetti della <strong>normativa sopravvenuta</strong>, continuando a disciplinare la singola gara secondo le <strong>proprie clausole originarie</strong>: esso <strong>non può essere disapplicato</strong> dall’Amministrazione al fine di favorire l’applicazione della <strong>nuova disciplina</strong>, potendo la PA aggiudicatrice intervenire <strong>solo con l’autotutela</strong>, in presenza dei relativi presupposti. Il richiamo da parte del bando di gara ad una determinata <strong>disposizione di legge</strong> deve allora assumersi <strong>materiale</strong>, e <strong>non dinamico</strong>, onde gli eventuali mutamenti subiti da detta disposizione a titolo di <em>ius superveniens</em> non rifluiscono nel bando.</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 agosto viene varato il <strong>decreto legislativo n.267</strong>, c.d. testo unico degli enti locali (TUEL), il cui art.192, comma 1, prevede – limitatamente appunto agli <strong>enti locali</strong> – <strong>l’obbligatorietà della determina a contrarre</strong> come <strong>atto prodromico</strong> inteso a manifestare l’interesse pubblico che l’Ente intende perseguire giusta stipula del divisato contratto.</p> <p style="text-align: justify;">L’8 agosto esce l’ordinanza della III sezione del Tar Lombardia n.234 che rimette <strong>in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia</strong> europea la questione se – stante il tradizionale orientamento del Consiglio di Stato <strong>contrario</strong> ad assumere <strong>disapplicabile</strong> un bando di gara laddove sia <strong>scaduto il relativo termine di impugnazione</strong> per immediata lesività – sia predicabile in ogni caso la <strong>disapplicabilità <em>sine die</em></strong> delle clausole del detto bando che si rivelino <strong>in contrasto con il diritto comunitario</strong>, trattandosi di “<strong><em>normativa di gara</em></strong>” che come tale <strong>andrebbe disapplicata</strong> laddove in contrasto con la normativa comunitaria.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2002</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 3 aprile esce la sentenza della III sezione del Tar Lazio n.2693 che assume come – anche in caso di <strong>immediata impugnabilità delle clausole</strong> del bando di gara – per poter procedere in concreto alla ridetta impugnativa immediata <strong>non occorra</strong> avere presentato <strong>domanda di partecipazione alla gara</strong>, così palesando in modo specifico l’interesse alla pertinente aggiudicazione. Richiedere la presentazione della domanda di partecipazione <strong>a chi contesta le clausole del bando c.d. escludenti</strong>, che non ne consentono proprio la partecipazione, significa violare la <strong>libertà di iniziativa economica</strong> di cui all’art.41 Cost., il <strong>diritto inviolabile di difesa</strong> di cui all’art.24 Cost. e lo stesso fondamentale <strong>principio di non aggravabilità del procedimento amministrativo</strong> sancito all’art.1 della Costituzione e che ha referenti costituzionali ovvi all’art.97 Cost..</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2003</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 10 gennaio esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.35, stando alla quale il <strong>potere del GA di disapplicare atti non ritualmente impugnati</strong> è ammesso nelle <strong>sole ipotesi di giurisdizione esclusiva</strong>, concernenti controversie relative a <strong>diritti soggettivi</strong>, nonché nei riguardi di <strong>regolamenti illegittimi</strong>, dovendosi invece <strong>escludere</strong> – per essere al di fuori delle ipotesi indicate - la <strong>disapplicazione di provvedimenti amministrativi non ritualmente impugnati</strong>, e, in particolare, di quelli che, ancorché connotati da una <strong>valenza generale</strong>, risultino <strong>privi di natura normativa</strong>, come in particolare i bandi di gara. Per il Consiglio di Stato va infatti <strong>negato ogni carattere normativo</strong> agli atti di disciplina della gara - bando e capitolato speciale - che quindi <strong>non sono disapplicabili da parte del g.a.</strong>,</p> <p style="text-align: justify;">Il 19 gennaio esce l’importante sentenza dell’<strong>Adunanza Plenaria</strong> del Consiglio di Stato <strong>n.1</strong> che si occupa della possibilità di assumere <strong>immediatamente impugnabili</strong> le clausole del bando di gara, al cospetto di due indirizzi giurisprudenziali discordi, l’uno inteso a <strong>negare recisamente l’interesse del concorrente ad impugnare</strong> il bando <strong>prima del relativo atto applicativo</strong> (assunto concretamente lesivo delle relative ragioni), peraltro con il rischio di trasformare <strong><em>ratione materiae</em></strong> la giurisdizione amministrativa in <strong>giurisdizione di tipo oggettivo</strong> (afferente alla legittimità dell’atto gravato) e <strong>non soggettivo</strong> (orientata a tutelare una situazione giuridica soggettiva); l’altro volto – in specifiche fattispecie – ad <strong>ammettere la immediata lesività del bando</strong> e, con esso, la pertinente <strong>immediata impugnabilità</strong> delle clausole assunte già lesive. La Plenaria muove dalla qualificazione del bando di gara come <strong>atto amministrativo generale</strong>, e dal principio processuale onde – per agire – occorre che si riscontri un <strong>interesse sostanziale del ricorrente</strong> che si assuma <strong>leso in modo immediato, attuale e concreto</strong>, circostanza quest’ultima tale da far luogo ad un <strong>interesse a ricorrere</strong>. Da questo punto di vista, se <strong>va esclusa in genere</strong> la configurabilità di un <strong>onere di immediata impugnazione</strong> del bando dinanzi a clausole che si rivelano <strong>non immediatamente lesive</strong>, sussistono <strong>due specifiche eccezioni</strong> che autorizzano (e, anzi, impongono) <strong>l’impugnazione immediata</strong> del bando di gara: a) le clausole che, col prevedere determinati <strong>requisiti di partecipazione</strong>, precludono l’accesso alla procedura; b) le clausole che, rispetto ai <strong>contenuti</strong> della gara o della procedura, pur non precludendo l’accesso alla medesima, prevedono tuttavia <strong>degli oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati</strong>. Quello che conta per la Plenaria è la <strong>idoneità</strong> della clausola del bando a <strong>palesare immediatamente la propria attitudine lesiva</strong>, così incidendo <strong>sull’interesse attuale del potenziale concorrente</strong> alla partecipazione alla gara e non già sul (diverso, e più generico) <strong>interesse alla mera legittimità</strong> delle regole e delle operazioni di gara. Laddove la clausola del bando sia <strong>immediatamente lesiva</strong>, essa va impugnata <strong>nel termine di decadenza</strong>, in quanto il successivo <strong>provvedimento di esclusione dalla gara</strong> si palesa <strong>meramente ricognitivo di un effetto lesivo già verificatosi</strong> con la pubblicazione della clausola del bando che quella esclusione fonda.</p> <p style="text-align: justify;">Il 27 febbraio esce la sentenza della VI sezione della <strong>Corte di Giustizia della Comunità europea</strong>, C-327-00, <strong>caso Santex</strong> con la quale la Corte risponde all’ordinanza di rinvio pregiudiziale del Tar Lombardia del 2000 in tema di possibilità per il GA di <strong>disapplicare</strong> – anche <strong>oltre il termine di decadenza</strong> – clausole di un <strong>bando di gara</strong> non impugnate ma in contrasto con il diritto comunitario: secondo la Corte, anche quando una norma europea ha <strong>effetto diretto</strong> e garantisce ai singoli <strong>un diritto</strong>, spetta comunque – in mancanza di una disciplina comunitaria procedurale <em>ad hoc</em> – <strong>ai singoli Stati membri</strong> designare il <strong>giudice competente</strong> e stabilire <strong>con quali modalità procedurali</strong> può essere spiccato il ricorso giurisdizionale inteso a tutelare il detto diritto, se del caso fissando anche <strong>un termine di decadenza</strong> per l’impugnativa, che non può assumersi <strong>ex se</strong> costituire un ostacolo all’applicazione del diritto europeo. A differenza di quanto affermato in precedenza sul punto, la Corte di Giustizia appare tuttavia <strong>più rigorosa</strong>, richiedendo in ogni caso l’applicazione da parte dell’ordinamento processuale interno dei <strong>principi comunitari di equivalenza</strong> (le <strong>modalità procedurali</strong> intese a garantire i diritti di ascendenza europea non devono essere più gravose di quelle intese a garantire i diritti interni) e di <strong>effettività della tutela</strong> (il ricorso non deve rendere <strong>praticamente impossibile</strong> ovvero comunque <strong>eccessivamente difficile</strong> l’esercizio del diritto europeo sottostante), specie nei confronti delle PA aggiudicatrici. Proprio valorizzando il principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti di ascendenza sovranazionale, la Corte giunge ad affermare che – nel <strong>singolo caso concreto</strong> – l’applicazione delle regole procedurali interne potrebbe conculcare detti diritti e dunque, in <strong>casi peculiari e specifici</strong>, non può negarsi al <strong>potere di disapplicazione dell’atto amministrativo</strong> da parte del GA (anche oltre il termine di decadenza) il ruolo di <strong>ultimo baluardo</strong> e sorta di “<strong><em>contro-limite</em></strong>” <strong>europeo</strong> al potere statale di disciplinare il dipanarsi del processo innanzi ai propri giudici (amministrativi). Va specificato che non si tratta di disapplicare dunque <strong>il bando di gara anticomunitario</strong> quanto piuttosto di <strong>disapplicare</strong>, nel caso, la <strong>norma interna di natura sostanziale/processuale</strong> che subordina <strong>sempre e comunque</strong> il gravame avverso un atto amministrativo <strong>al mancato decorso di un determinato termine di decadenza</strong>: il termine decadenziale non è di per sé in contrasto con il diritto comunitario, ma <strong>in peculiari situazioni</strong> in cui viene gravemente conculcato l’interesse del privato ricorrente, va ammessa la <strong>disapplicazione della norma che prevede il termine decadenziale</strong>, così dichiarando tempestivi (e ricevibili) i pertinenti ricorsi. Si tratta di un orientamento giurisprudenziale sovranazionale che in parte coincide con le acquisizioni della <strong>giurisprudenza nazionale</strong>, se si considera la giurisprudenza amministrativa sulle <strong>c.d. clausole ambigue o plurivoche</strong>: la lesività di queste clausole viene realmente percepita solo al momento della <strong>esclusione dalla gara</strong>, con conseguente spostamento in avanti del termine decadenziale per la relativa impugnazione (con <strong>effetto <em>in bonam partem</em></strong> molto vicino a quello della <strong>disapplicabilità</strong>, seppure non <em>sine die</em>).</p> <p style="text-align: justify;">Il 3 novembre esce la sentenza della I sezione del Tar Veneto n.5439 che si sofferma sul principio di <strong>immodificabilità del bando</strong>, quale corollario del <strong>principio di imparzialità e di trasparenza</strong> dell’<em>agere</em> pubblico: così come <strong>non è modificabile l’oggetto del contratto</strong> dopo la relativa stipula, del pari (ed <em>a fortiori</em>) la PA non può modificare <strong>in corso di gara</strong> la <strong>prestazione richiesta</strong> <strong>e consacrata</strong> nel bando o nella lettera di invito, che è il punto di riferimento al cospetto del quale i concorrenti formulano la loro offerta e che compendia i <strong>parametri predeterminati del bene o servizio</strong> che l’Amministrazione intende acquisire.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2005</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 7 marzo esce la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato n.917 che afferma come il bando di gara abbia <strong>natura normativa</strong>, compendiando la <strong><em>lex specialis</em></strong> della procedura di evidenza pubblica alla quale esso dà l’abbrivio. Proprio per questa sua <strong>intrinseca normatività</strong>, le relative prescrizioni <strong>vincolano</strong> tanto i <strong>privati</strong> concorrenti quanto <strong>la PA</strong> che bandisce, la quale deve attuarle <strong>senza disporre della discrezionalità</strong> per <strong>disattenderle</strong>, e <strong>non può disapplicarle</strong>, potendo al più procedere ad <strong>annullare il bando</strong> in via di autotutela laddove se ne ravvisino i presupposti.</p> <p style="text-align: justify;">Il 14 giugno esce la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n.3113 che assume come – anche in caso di <strong>immediata impugnabilità</strong> delle clausole del bando di gara sulla scorta <strong>dell’insegnamento dell’Adunanza Plenaria</strong> (sentenza 1.03) – per poter procedere in concreto alla ridetta impugnativa immediata <strong>non occorre avere presentato domanda di partecipazione alla gara</strong>, così palesando in modo specifico l’interesse alla pertinente aggiudicazione. Richiedere la presentazione della domanda di partecipazione a chi <strong>contesta le clausole del bando c.d. escludenti</strong>, che non ne consentono <strong>proprio la partecipazione</strong>, significa violare la <strong>libertà di iniziativa economica</strong> di cui all’art.41 Cost., il <strong>diritto inviolabile di difesa</strong> di cui all’art.24 Cost. e lo stesso <strong>fondamentale principio di non aggravabilità del procedimento amministrativo</strong> sancito all’art.1 della legge 241.90, e che ha referenti costituzionali ovvi all’art.97 Cost..</p> <p style="text-align: justify;">Il 22 settembre esce la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato n.5005 onde il bando di gara ha <strong>natura provvedimentale</strong> (e non normativa), <strong>non potendo dunque essere disapplicato dal GA</strong> e dovendo essere <strong>impugnato nei termini decadenziali</strong> dal privato che se ne assuma immediatamente leso.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2006</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 aprile viene varato il <strong>decreto legislativo n.163</strong>, recante <strong>codice dei contratti pubblici</strong> relativi a lavori, servizi e forniture, in attuazione delle Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE. Il relativo art.11, comma 2, provvede a <strong>rendere generale l’obbligo della determina a contrarre per tutte le PPAA</strong> (anche non locali) che decidano di addivenire alla stipula di un contratto, palesando attraverso la ridetta determina <strong>l’interesse pubblico</strong> che con il contratto esse <strong>intendono perseguire</strong>. Importante anche il comma 7 dell’art.11, laddove afferma che <strong>l’aggiudicazione definitiva non equivale ad accettazione dell’offerta</strong> del concorrente privato, sortendo il solo effetto negoziale di <strong>rendere irrevocabile la proposta</strong> fino al termine in essa indicato per la stipula del contratto. L’art.256 <strong>abroga la legge n.109</strong> del 1994.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2008</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 23 gennaio esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.170 che si occupa dei rapporti tra <strong>interesse all’aggiudicazione</strong> ed <strong>interesse alla legittimità della procedura di gara</strong>: è <strong>il primo che fonda il secondo</strong>, dovendosi l’interesse alla legittimità della procedura di gara assumersi <strong>quale mero riflesso dell’interesse all’aggiudicazione</strong>: solo se il mancato rispetto delle regole della gara reca seco il <strong>diniego di aggiudicazione</strong>, esso diviene <strong>realmente ed attualmente lesivo</strong> della posizione del privato.</p> <p style="text-align: justify;">Il 29 gennaio esce la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato n.263 che ribadisce come il bando di gara abbia <strong>natura normativa</strong>, compendiano <strong>la <em>lex specialis</em> della procedura</strong> di evidenza pubblica alla quale esso dà l’abbrivio. Proprio per questa sua <strong>intrinseca normatività</strong>, le relative prescrizioni <strong>vincolano tanto i privati concorrenti quanto la PA che bandisce</strong>, la quale deve attuarle <strong>senza disporre della discrezionalità per disattenderle</strong>, e <strong>non può disapplicarle</strong>, potendo al più procedere ad annullare il bando <strong>in via di autotutela</strong> laddove se ne ravvisino i presupposti.</p> <p style="text-align: justify;">Il 4 marzo esce la sentenza della III sezione del Tar Sicilia n.290 che assume come – anche in caso di <strong>immediata impugnabilità</strong> delle clausole del bando di gara sulla scorta dell’insegnamento dell’Adunanza Plenaria (sentenza 1.03) – per poter procedere <strong>in concreto</strong> alla ridetta impugnativa immediata occorre avere presentato <strong>domanda di partecipazione alla gara</strong>, così palesando <strong>l’interesse alla pertinente aggiudicazione</strong>. La domanda di partecipazione pone il concorrente (ricorrente) in una <strong>situazione differenziata</strong> rispetto al <em>quisque de populo</em>, radicandone <strong>la legittimazione e l’interesse ad impugnare</strong> il bando nelle relative clausole escludenti o manifestamente sproporzionate.</p> <p style="text-align: justify;">Il 25 agosto esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.4059 che si pronuncia sul tema della <strong>necessità o meno</strong>, al fine di <strong>impugnare immediatamente</strong> le clausole di un bando di gara, della <strong>domanda di partecipazione</strong> alla gara medesima. Mentre per quanto riguarda gli <strong>atti conclusivi della procedura di gara</strong>, e segnatamente <strong>per l’aggiudicazione</strong>, l’impugnativa non può che essere <strong>condizionata alla previa presentazione della domanda di partecipazione</strong> alla gara medesima (difettando in caso contrario l’interesse al gravame), discorso diverso può essere fatto <strong>in ipotesi eccezionali e derogatorie</strong> a questo principio, laddove il ricorrente (che non ha presentato domanda di partecipazione) <strong>contesti la violazione delle regole di pubblicità</strong> del bando, che ne hanno <strong>impedito la partecipazione</strong>; si dolga, ancora più a monte, <strong>della stessa decisione della PA di far luogo ad una gara</strong> (o ad un concorso), ipotesi rispetto alla quale apparirebbe <strong>contraddittorio presentare domanda di partecipazione</strong>; lamenti che si tratta di <strong>clausola escludente</strong>, che dunque <strong>non gli consente neppure di presentare la domanda</strong> di partecipazione (in quanto soggetto escluso dalla gara <em>a priori</em>). In queste peculiari ipotesi, la clausola del bando va impugnata <strong>immediatamente</strong> nel <strong>termine di decadenza</strong>, senza attendere l’aggiudicazione (o, nel caso del concorso, la graduatoria).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2009</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 novembre esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.6972 che ribadisce come – anche in caso di <strong>immediata impugnabilità</strong> delle clausole del bando di gara sulla scorta dell’insegnamento dell’Adunanza Plenaria (sentenza 1.03) – per poter procedere in concreto alla ridetta impugnativa immediata occorre <strong>avere presentato domanda di partecipazione alla gara</strong>, così palesando l’interesse alla pertinente aggiudicazione. La domanda di partecipazione pone il concorrente (ricorrente) in una <strong>situazione differenziata</strong> rispetto al <em>quisque de populo</em>, radicandone <strong>la legittimazione e l’interesse ad impugnare</strong> il bando nelle relative clausole escludenti o manifestamente sproporzionate.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2010</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 23 giugno esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.3964 che si occupa del <strong>principio di immodificabilità del bando</strong> di gara sul crinale del canone “<strong><em>tempus regit actum</em></strong>”: in sostanza, anche se sopravviene una <strong>nuova disciplina normativa</strong>, la gara <strong>continua ad essere disciplinata dal bando originario</strong>, che non subisce gli effetti dello <em>ius superveniens</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 luglio viene varato il <strong>decreto legislativo n.104</strong>, <strong>codice del processo amministrativo</strong>, il cui <strong>art.120, comma 5</strong>, prevede – <em>expressis verbis</em> – che i <strong>bandi</strong> e gli <strong>avvisi di gara</strong> sono <strong>impugnabili solo</strong> laddove “<strong><em>autonomamente lesivi</em></strong>”.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2011</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 7 aprile esce la sentenza dell’<strong>Adunanza Plenaria</strong> del Consiglio di Stato <strong>n.4 </strong>che si occupa dei rapporti tra <strong>ricorso principale e ricorso incidentale</strong> con riguardo alle impugnative incrociate in sede di gara. La sentenza si sofferma tuttavia, facendo chiarezza, anche sul punto della <strong>necessità o meno di una domanda di partecipazione</strong> alla gara al fine di poterne <strong>impugnare le clausole immediatamente lesive</strong>. Secondo l’Adunanza Plenaria la regola è che in tema di gare <strong>la legittimazione a ricorrere</strong> spetta <strong>a chi ha presentato domanda di partecipazione</strong>; si tratta di una regola che tuttavia soffre delle <strong>specifiche e tassative eccezioni</strong>, elencabili come segue: a) si contesta <strong>la stessa decisione della PA di far luogo alla procedura di gara</strong>: in questo caso non occorre la previa domanda di partecipazione; b) si contesta <strong>la determinazione della PA di affidare in via diretta e senza gara</strong> un appalto: in questo caso non occorre che l’operatore economico di settore abbia fatto domanda di partecipazione alla gara, non configurandosi in radice la gara; c) si contesta <strong>la presenza di una clausola escludente</strong>, assunta illegittima, che prevede requisiti tali da lasciare fuori dalla competizione l’operatore economico che ricorre: in questa ipotesi, trattandosi di <strong>soggetto “<em>escluso</em>” a priori</strong>, il ricorrente non è neppure nella possibilità di presentare una domanda di partecipazione.</p> <p style="text-align: justify;">Il 13 maggio viene varato il <strong>decreto legge n.70</strong> che introduce nell’art.64 del codice dei contratti pubblici n.163.06 un <strong>comma 4 bis</strong>, importante perché individua una <strong>nuova ipotesi di <em>soft law</em></strong> in materia di appalti, prevedendo che i <strong>bandi di gara</strong> siano predisposti dalle stazioni appaltanti sulla base di <strong>modelli</strong> (bandi-tipo) <strong>approvati dall'Autorità compente (Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici: AVCP)</strong>, previo parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sentite le categorie professionali interessate, con l'indicazione delle <strong>cause tassative di esclusione</strong> di cui all'articolo 46, comma 1-bis. I bandi-tipo contengono <strong>indicazioni per l’integrazione del bando</strong> per quanto concerne i <strong>criteri ambientali minimi</strong> e le stazioni appaltanti - nella delibera a contrarre – devono <strong>motivare espressamente</strong> in ordine alle <strong>deroghe</strong> rispetto al <strong>bando-tipo</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 12 luglio viene varata la <strong>legge n.106</strong> che converte con modificazioni il decreto legge 70.11.</p> <p style="text-align: justify;">Il 5 settembre esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.4980 onde <strong>l'interpretazione degli atti amministrativi</strong>, compreso il bando di gara pubblica, soggiace alle <strong>stesse regole dettate dall'art. 1362 e ss. c.c.</strong> per l'interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all'<strong>interpretazione letterale</strong> in quanto compatibile con il <strong>provvedimento amministrativo</strong>, dovendo in ogni caso il giudice ricostruire <strong>l'intento dell'Amministrazione</strong>, ed il potere che essa ha inteso esercitare, in base al <strong>contenuto complessivo dell'atto</strong> (cd. <strong>interpretazione sistematica</strong>), tenendo conto del rapporto tra le premesse ed il suo dispositivo e del fatto che, secondo il <strong>criterio di interpretazione di buona fede</strong> ex art. 1366 c.c., gli <strong>effetti degli atti amministrativi</strong> devono essere individuati <strong>solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere</strong>, anche in ragione del principio costituzionale di <strong>buon andamento</strong>, che impone alla P.A. di operare <strong>in modo chiaro e lineare</strong>, tale da fornire ai cittadini <strong>regole di condotte certe e sicure</strong>, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2012</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 7 novembre esce la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato n.5671 che conferma le acquisizioni cui è giunta l’Adunanza Plenaria n.1 del 2003 in termini di <strong>impugnabilità delle clausole del bando di gara</strong>, normalmente <strong>differita</strong> all’atto applicativo e <strong>talvolta immediata</strong> (nel termine decadenziale) quando si tratti di <strong>requisiti di partecipazione escludenti</strong>, <strong>incomprensibili</strong> o <strong>manifestamente sproporzionati</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2013</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 16 gennaio esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n. 238 onde, sulla scorta di conforme giurisprudenza, <strong>l'interpretazione degli atti amministrativi</strong>, compreso il <strong>bando di gara pubblica</strong>, soggiace alle <strong>stesse regole dettate dall'art. 1362 e ss. c.c.</strong> per l'interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata <strong>all'interpretazione letterale</strong> in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, dovendo in ogni caso il giudice <strong>ricostruire l'intento dell'Amministrazione</strong>, ed il potere che essa ha inteso esercitare, in base al <strong>contenuto complessivo dell'atto</strong> (cd. <strong>interpretazione sistematica</strong>), tenendo conto del rapporto tra le premesse ed il suo dispositivo e del fatto che, secondo il <strong>criterio di interpretazione di buona fede</strong> ex art. 1366 c.c., gli <strong>effetti</strong> degli atti amministrativi devono essere individuati <strong>solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere</strong>, anche in forza del principio costituzionale di <strong>buon andamento</strong>, che impone alla P.A. di operare <strong>in modo chiaro e lineare</strong>, tale da fornire ai cittadini <strong>regole di condotte certe e sicure</strong>, soprattutto quando da esse possano derivare <strong>conseguenze negative</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 28 febbraio esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n.1221 che si adegua alle conclusioni raggiunte dall’Adunanza Plenaria con la sentenza n.4.11 in tema di <strong>necessità o meno di una domanda di partecipazione alla gara</strong> al fine di poterne <strong>impugnare le clausole immediatamente lesive</strong>. In tema di gare la legittimazione a ricorrere spetta <strong>a chi ha presentato domanda di partecipazione</strong>; si tratta di una regola che tuttavia soffre delle <strong>specifiche e tassative eccezioni</strong>, elencabili come segue: a) si contesta <strong>la stessa decisione della PA di far luogo alla procedura di gara</strong>: in questo caso non occorre la previa domanda di partecipazione; b) si contesta <strong>la determinazione della PA di affidare in via diretta e senza gara</strong> un appalto: in questo caso non occorre che <strong>l’operatore economico di settore</strong> abbia fatto domanda di partecipazione alla gara, non configurandosi in radice la gara; c) si contesta la <strong>presenza di una clausola escludente</strong>, assunta illegittima, che prevede requisiti tali da lasciare fuori dalla competizione l’operatore economico che ricorre: in questa ipotesi, trattandosi di <strong>soggetto “<em>escluso</em>” a priori</strong>, il ricorrente non è neppure nella possibilità di presentare una domanda di partecipazione.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 6 marzo esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.1373 che si adegua alle conclusioni raggiunte dall’Adunanza Plenaria con la sentenza n.4.11 in tema di <strong>necessità o meno di una domanda di partecipazione alla gara</strong> al fine di poterne <strong>impugnare le clausole immediatamente lesive</strong>. In tema di gare la legittimazione a ricorrere spetta <strong>a chi ha presentato domanda di partecipazione</strong>; si tratta di una regola che tuttavia soffre delle <strong>specifiche e tassative eccezioni</strong>, elencabili come segue: a) si contesta la stessa <strong>decisione della PA di far luogo alla procedura di gara</strong>: in questo caso non occorre la previa domanda di partecipazione; b) si contesta <strong>la determinazione della PA di affidare in via diretta e senza gara un appalto</strong>: in questo caso non occorre che l’operatore economico di settore abbia fatto <strong>domanda di partecipazione alla gara</strong>, non configurandosi in radice la gara; c) si contesta la presenza di una <strong>clausola escludente</strong>, assunta illegittima, che prevede requisiti tali da <strong>lasciare fuori dalla competizione l’operatore economico</strong> che ricorre: in questa ipotesi, trattandosi di <strong>soggetto “<em>escluso</em>” a priori</strong>, il ricorrente non è neppure nella possibilità di presentare una domanda di partecipazione.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 21 maggio esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n.2746 che conferma le acquisizioni cui è giunta <strong>l’Adunanza Plenaria n.1 del 2003 in termini di impugnabilità delle clausole del bando di gara</strong>, normalmente <strong>differita</strong> all’atto applicativo e <strong>talvolta immediata</strong> (nel termine decadenziale) quando si tratti di <strong>requisiti di partecipazione escludenti, incomprensibili o manifestamente sproporzionati</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 24 maggio esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n.2841 che conferma le acquisizioni cui è giunta l’Adunanza Plenaria n.1 del 2003 in termini di <strong>impugnabilità</strong> delle clausole del bando di gara, <strong>normalmente differita all’atto applicativo</strong> e <strong>talvolta immediata</strong> (nel termine decadenziale) quando si tratti di <strong>requisiti di partecipazione escludenti, incomprensibili o manifestamente sproporzionati</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 settembre esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n.4364 che dichiara il bando di gara <strong>interpretabile</strong> alla stregua dei <strong>medesimi canoni</strong> che presidiano <strong>all’interpretazione del contratto</strong>, e dunque <strong>agli articoli 1362 e seguenti</strong> del codice civile. L’interpretazione <strong>letterale</strong> deve avere carattere preminente, nei limiti della <strong>compatibilità con l’atto amministrativo</strong> (che è atto unilaterale), in quanto il giudice deve ricostruire <strong>l’intento perseguito</strong> dall’Amministrazione ed <strong>il potere</strong> che essa ha inteso esercitare; un ruolo importante riveste anche <strong>l’interpretazione sistematica</strong>, legata al <strong>contenuto complessivo dell’atto</strong> (bando), dovendosi anche tenere conto della circostanza onde, alla stregua del <strong>canone interpretativo di buona fede</strong> ex art.1366 c.c., va fatto esclusivo riferimento a <strong>ciò che il destinatario dell’atto amministrativo può ragionevolmente attendersi</strong> dal contenuto dello stesso. Di non minore (e connessa) importanza il <strong>principio di buon andamento</strong> di cui all’art.97 Cost., che impone alla PA di <strong>agire in modo chiaro e lineare</strong>, in modo da fornire ai cittadini <strong>indicazioni e regole di condotta certe e sicure</strong>, specie laddove possano derivarne <strong>conseguenze negative</strong> (come ad esempio l’esclusione dalla gara). In caso di dubbio sulle espressioni utilizzate nel contesto letterale del bando, va privilegiato il <strong>senso maggiormente aderente alla natura ed all’oggetto</strong> del contratto alla stipula del quale il bando è orientato, ai sensi dell’art.1369 c.c., oltreché <strong>maggiormente conforme alla legge</strong> ed al principio di <strong>massima partecipazione alla gara</strong>. La sentenza si occupa anche del diverso problema della <strong>etero-integrazione normativa</strong> del bando di gara, sul modello della <strong>inserzione automatica di clausole</strong> di cui all’art.1339 c.c., escludendola: si tratta di una etero integrazione che concerne <strong>contratti già conclusi</strong>, laddove – in presenza di un accordo già raggiunto – va garantita da un lato <strong>la validità e l’efficacia</strong> di quest’ultimo, e dall’altro <strong>l’applicazione al relativo contenuto</strong> delle <strong>norme inderogabili previste dalla legge</strong>; nel caso del bando si sta invece <strong>ancora procedendo alla selezione</strong> dell’interlocutore privato.</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 dicembre esce la sentenza del Tar Lombardia, sezione IV, n.2863 che si occupa del caso in cui il bando, ovvero <strong>la <em>lex specialis</em> della gara</strong>, si presenti <strong>oscuro ed equivoco</strong>: in queste evenienze, occorre guardare all’esigenza di un <strong>corretto rapporto tra PA e privato</strong> alla luce tanto dei principi generali (pubblicistici) <strong>di buon andamento e di imparzialità</strong> della PA quanto del principio (privatistico) della <strong>buona fede nelle trattative</strong> di cui all’art.1337 c.c.: <strong>l’affidamento</strong> degli interessati in buona fede va dunque tutelato, onde la <strong>clausola oscura o equivoca</strong> va interpretata <strong>per quello che essa espressamente dice</strong>, non potendosi pretendere dal privato concorrente alla gara <strong>una ricostruzione ermeneutica</strong> rivolta a <strong>significati ulteriori ed inespressi</strong>, dovendosi comunque nel dubbio preferire l’interpretazione che favorisce <strong>la più ampia partecipazione alla gara</strong> e che risulti <strong>meno favorevole ad inutili formalità</strong>, sia nell’ottica della <strong>più ampia concorrenza</strong> (dal lato del soggetto privato) che in quella della <strong>più ampia convenienza</strong> (dalla parte della PA cui il bando va ricondotto).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2014</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 5 febbraio esce la sentenza della sezione II.ter del Tar Lazio n.1432 che conferma le acquisizioni cui è giunta l’Adunanza Plenaria n.1 del 2003 in termini di <strong>impugnabilità delle clausole del bando</strong> di gara, normalmente <strong>differita</strong> all’atto applicativo e <strong>talvolta immediata</strong> (nel termine decadenziale) quando si tratti di <strong>requisiti di partecipazione escludenti, incomprensibili o manifestamente sproporzionati</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 17 febbraio esce la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato n.744 che conferma le acquisizioni cui è giunta l’Adunanza Plenaria n.1 del 2003 in termini di <strong>impugnabilità delle clausole del bando di gara</strong>, normalmente <strong>differita</strong> all’atto applicativo e <strong>talvolta immediata</strong> (nel termine decadenziale) quando si tratti di <strong>requisiti di partecipazione escludenti, incomprensibili o manifestamente sproporzionati</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 13 marzo esce la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato n.1243 che conferma le acquisizioni cui è giunta l’Adunanza Plenaria n.1 del 2003 in termini di <strong>impugnabilità delle clausole del bando di gara</strong>, normalmente <strong>differita all’atto applicativo</strong> e <strong>talvolta immediata</strong> (nel termine decadenziale) quando si tratti di <strong>requisiti di partecipazione escludenti, incomprensibili o manifestamente sproporzionati</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 13 maggio esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n.2448 che, in particolare caso, ammette <strong>una deroga al principio che esclude la etero-integrazione normativa</strong> del bando secondo il modello di cui all’art.1339 c.c.: si tratta della ipotesi in cui l’ordinamento <strong>preveda l’inserimento nel bando di elementi obbligatori</strong> e questi <strong>non vi siano stati inseriti dalla PA</strong>. In questa fattispecie scatta un <strong>meccanismo di integrazione automatica</strong> delle clausole del bando sul modello di quanto avviene nel diritto privato attraverso <strong>gli articoli 1339 e 1374 c.c.</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 giugno esce la sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trento n.226 che conferma come, in caso di <strong>lacune nella legge di gara</strong>, e dunque nel bando, tali lacune <strong>possono essere colmate attraverso il meccanismo della etero-integrazione normativa</strong> previsto in sede civilistica dagli <strong>articoli 1339 e 1374 c.c.</strong> Il canone viene tuttavia applicato ad una fattispecie in cui la PA <strong>ha disposto l’esclusione automatica</strong> di un concorrente che <strong>non ha presentato una dichiarazione</strong> da un lato <strong>prevista</strong> dalla legge, e dall’altro <strong>ambiguamente disciplinata</strong> nel bando: nel caso di specie non si è dunque al cospetto di una <strong>previsione legislativa non inserita nel bando</strong>, quanto piuttosto di una <strong>previsione legislativa chiara</strong> (di cui al codice dei contratti pubblici) e di un <strong>bando formulato sul punto in maniera non univoca</strong>, ditalché l’esclusione del concorrente finisce col violare i principi di <strong>lealtà</strong>, <strong>buona fede soggettiva</strong>, <strong>certezza e affidamento</strong> del concorrente.</p> <p style="text-align: justify;">Il 23 giugno esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.3150 che – muovendo dalla natura di <strong>atto amministrativo generale</strong>, e <strong>non già di atto normativo</strong>, del bando di gara – ritiene lo stesso <strong>non disapplicabile dal GA</strong>, dovendo piuttosto esso essere impugnato nei termini laddove <strong>le relative clausole si palesino immediatamente lesive</strong>. Il bando (di gara o di concorso) <strong>non può essere assimilato ad un regolamento</strong>, questo sì disapplicabile <em>sine die</em> (ove in frizione con la normativa primaria) perché atto <strong>normativo</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2015</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 16 aprile esce la sentenza della <strong>Corte di Giustizia UE</strong>, sezione V, C-278/14, che assume come – <strong>dopo la pubblicazione del bando di gara</strong> (nel caso di specie, appalto di fornitura) – la PA aggiudicatrice <strong>non può procedere a una modifica</strong> della specifica tecnica relativa ad un elemento dell’appalto, perché ciò implica <strong>frizione con i principi di parità di trattamento e di non discriminazione</strong> e dell’<strong>obbligo di trasparenza</strong>. Questo principio viene affermato valere financo quando l’elemento di che trattasi <strong>non è più disponibile in commercio</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 26 maggio esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.2637 che conferma le acquisizioni cui è giunta <strong>l’Adunanza Plenaria n.1 del 2003 in termini di impugnabilità delle clausole del bando di gara</strong>, normalmente <strong>differita</strong> all’atto applicativo e <strong>talvolta immediata</strong> (nel termine decadenziale) quando si tratti di <strong>requisiti di partecipazione escludenti, incomprensibili o manifestamente sproporzionati</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 giugno esce la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato n.2988 che – muovendo dalla natura di <strong>atto amministrativo generale</strong>, e <strong>non già di atto normativo</strong>, del bando di gara – ritiene lo stesso <strong>non disapplicabile dal GA</strong>, dovendo piuttosto esso essere impugnato nei termini laddove le relative clausole <strong>si palesino immediatamente lesive</strong>. Il bando (di gara o di concorso) <strong>non può</strong> essere assimilato ad un <strong>regolamento</strong>, questi sì disapplicabile <em>sine die</em> (ove in frizione con la normativa primaria) perché atto normativo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2016</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 18 aprile viene varato il <strong>decreto legislativo n.50</strong>, recante il <strong>nuovo codice dei contratti pubblici </strong>e, segnatamente, attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Il relativo <strong>art.30, comma 2</strong>, conferma la <strong>necessità</strong> che il procedimento inteso alla selezione dell’interlocutore privato della PA <strong>sia preceduto da una determina a contrarre</strong> la quale deve indicare gli <strong>elementi essenziali del contratto</strong> ed i <strong>criteri di selezione degli operatori economici e delle offerte</strong>; il tutto in conformità all’ordinamento della singola PA aggiudicatrice e soprattutto ai relativi <strong>atti di programmazione</strong>. L’art.72 (settori ordinari) e l’art.129 (settori speciali) dettano invece i requisiti che deve possedere il <strong>bando di gara</strong>, quale <strong>atto di attuazione della delibera a contrarre</strong> e, dunque, quale <strong>strumento</strong> giusta il quale la PA <strong>rende nota a tutti la propria intenzione di contrarre già formalizzata</strong>, a livello interno, nella determina a contrarre. Importante l’affermazione di cui <strong>all’art.71</strong> che impone, per tutte le procedure di scelta del contraente (salvo talune eccezioni) la <strong>indizione di una gara giusta apposito bando</strong>: viene prevista l’adozione da parte dell’Anac di <strong>bandi-tipo</strong>, in conformità ai quali le singole PPAA <strong>debbono elaborare e pubblicare i propri bandi</strong>, dovendo motivare espressamente nel caso in cui si decidano delle <strong>deroghe</strong> rispetto alle clausole previste nei bandi-tipo. Importante anche <strong>il comma 6</strong> <strong>dell’art.32</strong>, laddove conferma come <strong>l’aggiudicazione definitiva</strong> della gara <strong>non equivalga ad accettazione dell’offerta</strong> del concorrente privato, sortendo il solo effetto negoziale di <strong>rendere irrevocabile la proposta</strong> fino al termine in essa indicato per la stipula del contratto.</p> <p style="text-align: justify;">Il 22 novembre esce la sentenza della <strong>Corte costituzionale n.245</strong> che – nel dichiarare la pertinente questione inammissibile per difetto di rilevanza (essendo stato nel caso di specie il ricorso spiccato da <strong>chi non ha partecipato alla gara</strong>, il giudizio a quo palesandosi dunque destinato a chiudersi con una <strong>pronuncia di inammissibilità</strong> del <strong>ricorso</strong> per <strong>difetto di interesse</strong>), rappresenta come appunto le ricorrenti nel giudizio <em>a quo</em> (imprese già <strong>affidatarie di servizi di trasporto pubblico</strong> su scala provinciale), <strong>non abbiano preso parte</strong> alla <strong>gara informale</strong> bandita dall’amministrazione regionale ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. n. 163 del 2006, limitandosi ad impugnare <strong>l’avviso per l’individuazione degli operatori economici</strong> recante <strong>l’invito a presentare le manifestazioni d’interesse</strong>, nella parte in cui dispone <strong>l’affidamento su base regionale</strong> e <strong>in un lotto unico</strong>. La giurisprudenza amministrativa – rammenta la Corte - è <strong>consolidata</strong> nel ritenere che l’impresa che <strong>non partecipi</strong> alla gara <strong>non può contestare la relativa procedura</strong> <strong>e l’aggiudicazione</strong> in favore di <strong>imprese terze</strong>, perché la relativa posizione giuridica sostanziale <strong>non è sufficientemente differenziata</strong> ma riconducibile piuttosto ad un <strong>mero interesse di fatto</strong> (si richiamano Consiglio di Stato, sezione III, 10 giugno 2016, n. 2507; Consiglio di Stato, sezione III, 2 febbraio 2015, n. 491; Consiglio di Stato, sezione VI, 10 dicembre 2014, n. 6048; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4). È anche acquisizione consolidata – prosegue la Corte - che «<em>i <strong>bandi di gara e di concorso</strong> e le <strong>lettere di invito</strong> vanno normalmente <strong>impugnati unitamente agli atti</strong> che di essi <strong>fanno applicazione</strong>, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento, ed a <strong>rendere attuale e concreta la lesione</strong> della situazione soggettiva dell’interessato</em>» (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 29 gennaio <strong>2003, n. 1</strong>). A queste regole, che discendono dalla piana applicazione alle procedure di gara dei <strong>principi generali</strong> in materia di <strong>legittimazione e interesse a ricorrere</strong>, fanno <strong>eccezione</strong> le ipotesi in cui si contesti che <strong>la gara sia mancata</strong> o, specularmente, che <strong>sia stata indetta</strong> o, ancora, si impugnino <strong>clausole del bando immediatamente escludenti</strong>, o, infine, clausole che <strong>impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati</strong> o che <strong>rendano impossibile la stessa formulazione dell’offerta</strong> (vengono richiamate Consiglio di Stato, sezione III, 10 giugno 2016, n. 2507; Consiglio di Stato, sezione V, 30 dicembre 2015, n. 5862; Consiglio di Stato, sezione V, 12 novembre 2015, n. 5181; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4), in tali eccezionali casi la <strong>previa domanda di partecipazione</strong> alla procedura <strong>non rilevando</strong> ai fini dell’impugnazione, o perché <strong>è la stessa gara a mancare</strong>, o perché la relativa <strong>contestazione in radice</strong> ovvero <strong>l’impossibilità di parteciparvi</strong> fanno emergere <em>ex se</em> una <strong>situazione giuridica differenziata</strong> in capo, rispettivamente, all’impresa titolare di un rapporto giuridico incompatibile con l’indizione della nuova procedura e all’impresa di settore cui è impedita la partecipazione) e una sua lesione attuale e concreta (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4). Che il <strong>caso all’esame del giudice <em>a quo</em></strong> <strong>non rientri</strong> in queste ipotesi eccezionali emerge dalla stessa <strong>motivazione dell’ordinanza di rimessione</strong>, laddove si afferma che le <strong>clausole impugnate</strong> inciderebbero sulle <strong><em>chanches</em> di aggiudicazione</strong> delle ricorrenti che «<em>si ridurrebbero fin quasi ad azzerarsi</em>», mentre, in presenza di una <strong>gara dimensionata su base provinciale</strong> e suddivisa <strong>in lotti</strong>, esse «<em>avrebbero moltissime probabilità di aggiudicarsi il servizio, non foss’altro per effetto del vantaggio di essere state le precedenti gestrici dello stesso</em>». Da tale motivazione – conclude la Corte - <strong>non si ricava alcun impedimento certo e attuale</strong> alla <strong>partecipazione alla gara</strong>, bensì la prospettazione di una <strong>lesione solo eventuale</strong>, denunziabile da parte di chi <strong>abbia partecipato</strong> alla procedura ed <strong>esclusivamente all’esito della stessa</strong>, in caso di <strong>mancata aggiudicazione</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2017</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 4 gennaio esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.9, alla cui stregua deve intendersi ribadito il <strong>principio generale</strong>, pacifico in giurisprudenza, secondo cui i <strong>bandi di gara</strong> possono prevedere <strong>requisiti di capacità particolarmente rigorosi</strong>, purché non siano <strong>discriminanti e abnormi</strong> rispetto alle <strong>regole proprie del settore</strong>, e questo perché in linea di massima <strong>rientra nella discrezionalità dell'Amministrazione aggiudicatrice</strong> di fissare <strong>requisiti di partecipazione</strong> ad una singola gara <strong>anche molto rigorosi</strong> e superiori a quelli previsti dalla legge. Il tutto, in termini di <strong>adeguatezza,</strong> corrisponde per il Consiglio di Stato ad un <strong>corretto uso del principio di proporzionalità nell’azione amministrativa,</strong> le <strong>credenziali</strong> e le <strong>qualificazioni pregresse</strong> dovendo infatti – ai fini dell’<strong>efficiente risultato del contratto</strong> e dunque dell’<strong>interesse alla buona amministrazione</strong> mediante tale <strong>esternalizzazione</strong> – essere <strong>attentamente congrue</strong> rispetto all’<strong>oggetto del contratto</strong>, onde tanto più questo <strong>è particolare</strong>, tanto più il <strong>livello dei requisiti da richiedere</strong> in concreto deve essere <strong>particolare</strong>. Per il Collegio <strong>errerebbe la PA </strong>che, non facendosi carico di un tale <strong>criterio di corrispondenza</strong>, <strong>aprisse incautamente</strong> la via dell’aggiudicazione a chi <strong>non dimostri inerenti particolari esperienze e capacità</strong>. Naturalmente, aggiunge il Collegio, sempre in ragione del <strong>criterio dell’adeguatezza</strong>, stavolta congiunto a quello della <strong>necessarietà</strong>, tali <strong>particolari requisiti</strong> vanno <strong>parametrati all'oggetto complessivo del contratto</strong> di appalto ed essere riferiti alle relative <strong>specifiche peculiarità</strong>, al fine di valutarne la <strong>corrispondenza effettiva e concreta alla gara medesima</strong>, specie con riferimento a <strong>quei requisiti</strong> che esprimono la <strong>capacità tecnica</strong> dei concorrenti.</p> <p style="text-align: justify;">Il 29 marzo esce la ordinanza della II sezione del <strong>Tar Liguria n. 263</strong> che <strong>rimette alla Corte di Giustizia UE</strong> la questione se gli <strong>articoli 1, paragrafi 1-2-3, e 2, paragrafo 1, lettera b) della Direttiva 89/665/CEE</strong> avente ad oggetto il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative all’applicazione delle <strong>procedure di ricorso</strong> in materia di aggiudicazione degli <strong>appalti pubblici di forniture e di lavori</strong> ostino ad una <strong>normativa nazionale</strong> che riconosca la <strong>possibilità di impugnare gli atti di una procedura di gara</strong> ai <strong>soli operatori economici che abbiano presentato domanda di partecipazione</strong> alla gara stessa, anche qualora la <strong>domanda giudiziale</strong> sia volta a <strong>sindacare in radice la procedura</strong>, derivando <strong>dalla disciplina della gara</strong> un’<strong>altissima probabilità di non conseguire l’aggiudicazione</strong>: nella sostanza, si chiede alla Corte europea di <strong>dichiarare legittimato ed interessato ad impugnare</strong> la procedura di gara anche chi <strong>non abbia presentato domanda di partecipazione</strong> assumendo quest’ultima <strong>sostanzialmente inutile</strong> vista la <strong>sostanziale impossibilità</strong> di aggiudicarsi la gara stessa, atteso come essa è stata in concreto <strong>disciplinata dalla pertinente <em>lex specialis</em></strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 aprile esce il <strong>decreto legge n.50</strong> che incide, inserendovi tra gli altri un <strong>comma 1.bis</strong>, sul disposto di cui <strong>all’art. 211 del d.Lgs. 18 aprile 2016 n. 50</strong> (in tema, controverso, di <strong>raccomandazioni vincolanti dell’Autorità Nazionale Anticorruzione</strong> previsto dall’<strong>art. 211, comma 2</strong> del d. Lgs. 50/2016, poi abrogato), prevedendo la <strong>legittimazione dell’ANAC</strong> all’<strong>impugnazione dei bandi</strong>, degli <strong>altri atti generali</strong> e dei <strong>provvedimenti</strong> relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da <strong>qualsiasi stazione appaltante</strong>, qualora ritenga che essi <strong>violino le norme in materia di contratti pubblici</strong> relativi a <strong>lavori, servizi e forniture</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 maggio esce la importante sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n. 2014 che risolve in senso positivo la questione dell’<strong>ammissibilità dell’impugnazione immediata del bando</strong> da parte di una impresa che si dolga <strong>dell’adozione di un criterio di aggiudicazione erroneo</strong> e quindi <strong>illegittimo</strong>. Il Collegio rappresenta in primis come il Tar l’abbia risolta nel caso di specie con l’ausilio delle <strong>chiavi esegetiche</strong> fornite <strong>dall’Adunanza Plenaria n. 1/2003</strong>, affermando che “<em>il criterio del prezzo più basso <strong>non preclude la partecipazione alla gara</strong> dell’impresa ricorrente, né le impedisce di formulare un’offerta concorrenziale, incidendo esclusivamente sullo spettro operativo del meccanismo concorrenziale e quindi, di riflesso, sui contenuti dell’offerta</em>”, affermazione <strong>pienamente conforme</strong> al <strong>principio</strong> elaborato appunto dalla <strong>Plenaria nel 2003</strong> ed ai successivi sviluppi giurisprudenziali registratisi durante la vigenza del vecchio codice, onde – riprendendo le <strong>parole efficacemente utilizzate dalla Corte costituzionale</strong> nella sintetica ricostruzione delle posizioni giurisprudenziali sul punto in seno alla sentenza <strong>245.16</strong>- può dirsi <strong>acquisizione consolidata</strong> che i <strong>bandi di gara e di concorso</strong> e le <strong>lettere di invito</strong> vanno <strong>normalmente impugnati unitamente agli atti</strong> che di essi fanno <strong>applicazione</strong>, dal momento che <strong>sono questi ultimi</strong> ad identificare <strong>in concreto</strong> il <strong>soggetto leso</strong> dal provvedimento, ed a rendere <strong>attuale e concreta la lesione</strong> della situazione soggettiva dell'interessato» (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 29 gennaio 2003, n. 1). A queste regole, che discendono dalla <strong>piana applicazione alle procedure di gara</strong> dei <strong>principi generali</strong> in materia di <strong>legittimazione e interesse a ricorrere</strong>, fanno <strong>eccezione</strong> le ipotesi in cui si contesti che <strong>la gara sia mancata</strong> o, specularmente, <strong>che sia stata indetta</strong> o, ancora, si impugnino <strong>clausole del bando immediatamente escludenti</strong>, o, infine, <strong>clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili</strong> o <strong>del tutto sproporzionati</strong> o che <strong>rendano impossibile la stessa formulazione dell'offerta</strong> (Consiglio di Stato, sezione III, 10 giugno 2016, n. 2507; Consiglio di Stato, sezione V, 30 dicembre 2015, n. 5862; Consiglio di Stato, sezione V, 12 novembre 2015, n. 5181; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4). Quanto all’esatto perimetro dell’eccezione da ultimo menzionata (<strong>clausole non escludenti</strong> ma che impongano <strong>oneri manifestamente incomprensibili</strong> o <strong>del tutto sproporzionati</strong> o che rendano <strong>impossibile la stessa formulazione dell'offerta</strong>), il Collegio rammenta come la <strong>Plenaria n. 1/2003</strong> sia perentoria con specifico riguardo proprio ai <strong>criteri di aggiudicazione</strong>, affermando che: “<strong><em>Non può essere condiviso</em></strong><em> quell'indirizzo interpretativo che è volto ad <strong>estendere l'onere di impugnazione</strong> alle prescrizioni del bando che condizionano, anche indirettamente, <strong>la formulazione dell'offerta economica</strong> tra le quali anche quelle riguardanti <strong>il metodo di gara</strong> e la <strong>valutazione dell'anomalia</strong>. Anche con riferimento a tali clausole, infatti, <strong>l'effetto lesivo</strong> per la situazione del partecipante al procedimento concorsuale si verifica <strong>con l'esito negativo</strong> della procedura concorsuale o con la <strong>dichiarazione di anomalia dell'offerta</strong>. L'effetto lesivo è, infatti, <strong>conseguenza delle operazioni di gara</strong>, e delle <strong>valutazioni con essa effettuate</strong>, dal momento che è <strong>solo il concreto procedimento negativo</strong> a rendere <strong>certa la lesione</strong> ed a trasformare l'astratta potenzialità lesiva delle clausole del bando in una <strong>ragione di illegittimità concreta</strong> ed <strong>effettivamente rilevante</strong> per l'interessato: devono pertanto ritenersi <strong>impugnabili unitamente all'atto applicativo</strong>, le clausole riguardanti i <strong>criteri di aggiudicazione</strong>, anche se gli stessi sono <strong>idonei ad influire sulla determinazione dell'impresa</strong> relative alla <strong>predisposizione della proposta economica o tecnica</strong>, ed in genere sulla <strong>formulazione dell'offerta</strong>, i <strong>criteri di valutazione</strong> delle prove concorsuali, i <strong>criteri di determinazione delle soglie di anomalie</strong> dell'offerta, nonché le clausole che precisano l'esclusione automatica dell'offerta anomala</em>”. La conclusione cui giunge l’Adunanza Plenaria è – per il Collegio - evidentemente <strong>influenzata dalla qualificazione dell’interesse sostanziale</strong> <strong>di base</strong> della cui tutela trattasi, quale <strong>interesse all’aggiudicazione,</strong> dacché secondo l’Adunanza medesima la “<strong><em>condizione di concorrenti</em></strong>” dei <strong>partecipanti</strong> alla gara “<em>può essere <strong>apprezzata e valutata esclusivamente</strong> con riferimento <strong>all’unico interesse sostanziale</strong> di cui essi sono titolari, che è <strong>quello all’aggiudicazione</strong> e, comunque, <strong>all’esito positivo della procedura concorsuale</strong>, sicché l’eventuale <strong>incidenza di clausole</strong> che conformino illegittimamente la condizione di concorrenti dei singoli partecipanti, <strong>può acquistare rilievo esclusivamente se si traduce</strong> in un <strong>diniego di aggiudicazione</strong> o, comunque, in un <strong>arresto procedimentale</strong> con riferimento al medesimo obiettivo; dall’altra <strong>non appare configurabile un interesse autonomo </strong>alla<strong> legittimità</strong> delle <strong>regole</strong> e delle <strong>operazioni di gara</strong>, distinto dalla pretesa all’aggiudicazione o alla stipula del contratto</em>”, curando l’Adunanza di precisare altresì che “<strong><em>l’interesse alla legittimità della procedura</em></strong><em> costituisce un aspetto ed un <strong>riflesso</strong> dell’<strong>interesse all’aggiudicazione</strong>, ed è anzi quest’ultimo che può fondare e sostenere il primo, sicché l’eventuale <strong>illegittimità della procedura</strong> acquista <strong>significato e rilievo soltanto</strong> se comporta il <strong>diniego di aggiudicazione</strong>, in tal modo ledendo effettivamente l’interesse protetto, di cui è titolare il soggetto che ha preso parte alla gara</em>”. Trattasi di pronuncia che, per il Collegio, costituisce una <strong>pietra miliare</strong> nell’applicazione, alle <strong>procedure concorsuali</strong>, della <strong>teoria della dimensione sostanziale dell’interesse legittimo</strong> e della relativa, <strong>conseguente tutela</strong>, ma in quanto <strong>diritto vivente</strong> essa necessita <strong>di interpretazione evolutiva idonea</strong> a conservarne la <strong>coerenza</strong> rispetto alle <strong>profonde trasformazioni</strong> che hanno investito il <strong>diritto degli appalti</strong> mutandone impostazione e prospettive. La prima innovazione di rilievo è per il Collegio <strong>l’espressa comminazione di nullità</strong> delle <strong>clausole espulsive autonomamente previste</strong> dalla stazione appaltante. Il riferimento è al <strong>vecchio comma 1 bis</strong> dell'<strong>art. 46</strong> del codice dei contratti pubblici ed all’<strong>art. 83 comma 8</strong> del nuovo codice che <strong>ne reitera la previsione</strong>, il quale, nel delineare una <strong>fattispecie di nullità</strong>, prescrive che “<em>I bandi e le lettere di invito <strong>non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione</strong> rispetto a quelle <strong>previste</strong> dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono <strong>comunque nulle</strong></em>”: l'aver dunque inquadrato il vizio nelle <strong>cause di nullità, ex art. 21 septies legge n. 241/1990</strong>, costituisce un <strong>indizio della vocazione generale ed autonoma</strong> dell’<strong>interesse <em>partecipationis</em></strong> il legislatore avendo ritenuto nel caso di specie di <strong>abdicare</strong> all’<strong>ordinario schema dell’annullabilità</strong> – in cui <strong>l’effetto di ripristino della legittimità</strong> è realizzato attraverso la <strong>cooperazione</strong> e sulla base della <strong>dimensione esclusivamente individuale</strong> dell’interesse privato leso - a favore dello <strong>schema della nullità</strong>, in cui invece <strong>l’interesse trascende la dimensione meramente individuale</strong> sino a giustificare <strong>il rilievo d’ufficio</strong> da parte del giudice e <strong>l’opposizione senza limiti di tempo</strong> della parte del resistente. L’altra <strong>significativa ed innovativa previsione</strong> a fini di interpretazione evolutiva – prosegue il Collegio - è contemplata dall’<strong>art. 211 comma 2</strong> del nuovo codice, quale fattispecie di <strong>autotutela “<em>doverosa</em>”</strong> (così il <strong>parere della Commissione speciale</strong> del Consiglio di Stato, n.2777 del 28 dicembre 2016) attivabile <strong>dalla stazione appaltante</strong>, su impulso dell’<strong>Autorità di vigilanza</strong>, al fine del <strong>ripristino della legalità procedurale</strong>, che <strong>prescinde</strong> dall’<strong>interesse del singolo partecipante all’aggiudicazione</strong> e mira invece al <strong>corretto svolgimento delle procedure di appalto</strong> nell’interesse di tutti i partecipanti e finanche di <strong>quello collettivo dei cittadini</strong>, interesse quest’ultimo che <strong>và via via emancipandosi</strong> dallo schema del <strong>mero interesse di fatto</strong> (viene richiamato sul punto il considerando 122 della direttiva 24/2014). Vieppiù rilevante rispetto al <strong><em>thema decidendum</em></strong> è la previsione <strong>dell’onere di impugnazione</strong> dell’<strong>altrui ammissione alla procedura di gara</strong> (art. <strong>120</strong> c.p.a., così come modificato dall’art. 204, comma 1 lett. b del nuovo codice appalti): a fronte di un sistema che <strong>in precedenza precludeva l’impugnazione delle ammissioni</strong>, sull’implicito e pacifico presupposto che il concorrente avesse <strong>un interesse concreto ed attuale</strong> a contestare <strong>l’ammissione altrui solo</strong> all’<strong>esito</strong> della procedura selettiva, si è previsto <strong>l’onere di impugnazione immediata</strong>, con ciò dando evidentemente <strong>sostanza e tutela</strong> ad un <strong>interesse al corretto svolgimento della gara</strong> scisso ed <strong>autonomo</strong>, sebbene <strong>strumentale</strong>, rispetto a <strong>quello all’aggiudicazione</strong>. Un’altra delle <strong>principali novità</strong> portate dal <strong>Dlgs. n. 50/16</strong>, ed in particolare <strong>dall’art. 95</strong> – assunta dal Collegio <strong>dirimente</strong> per la decisione dello specifico caso oggetto dell’odierno giudizio - è la creazione di una <strong>vera e propria gerarchia</strong> fra i <strong>due tipici metodi di aggiudicazione</strong> di un appalto, ovvero <strong>l’offerta economicamente più vantaggiosa</strong> e il <strong>massimo ribasso: </strong>se infatti nell’art. 83 del vecchio <strong>Dlgs. n. 163/06</strong> tali criteri erano posti su una <strong>posizione di parità</strong>, e spettava <strong>unicamente all’Amministrazione</strong> nella relativa <strong>discrezionalità</strong> optare per l’uno per l’altro, <strong>l’art. 95</strong> del nuovo codice, dopo avere affermato che “<em>I <strong>criteri di aggiudicazione</strong> non conferiscono alla stazione appaltante un <strong>potere di scelta illimitata</strong> dell'offerta</em>” e che “<em>essi garantiscono la possibilita' di una <strong>concorrenza effettiva</strong> e sono accompagnati da specifiche che consentono <strong>l'efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti</strong> al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte</em>”, ha imposto <strong>l’offerta economicamente più vantaggiosa</strong> come <strong>criterio “<em>principale</em>”</strong>, e il <strong>massimo ribasso</strong> come <strong>criterio del tutto “<em>residuale</em>”</strong> utilizzabile <strong>solo in alcuni e tassativi casi</strong>, e comunque previa <strong>specifica ed adeguata motivazione</strong>. Trattasi per il Consiglio di Stato di elementi che profilano una <strong>nozione di “<em>bene della vita</em>”</strong> meritevole di protezione <strong>più ampia</strong> di quella tradizionalmente riferita <strong>all’aggiudicazione</strong>, che sebbene <strong>non coincidente</strong> con il <strong>generale interesse alla mera legittimità dell’azione amministrativa</strong>, è nondimeno comprensiva del <strong>“<em>diritto</em>” dell’operatore economico a competere</strong> secondo i <strong>criteri predefiniti dal legislatore</strong>, nonché a <strong>formulare un’offerta</strong> che possa <strong>validamente rappresentare</strong> la qualità delle soluzioni elaborate, e coerentemente aspirare ad essere giudicata <strong>in relazione anche a tali aspetti</strong>, oltre che sulla <strong>limitativa e limitante</strong> (se isolatamente considerata) prospettiva dello “<strong><em>sconto</em></strong>”. Si è dunque al cospetto di un “<strong><em>blocco normativo</em></strong>”, quale quello rapidamente passato in rassegna dal Collegio, caratterizzato da <strong>norme sia sostanziali che processuali</strong>, capace di illuminare sul fatto onde vi sono <strong>elementi fisiologicamente disciplinati dal bando</strong> o dagli altri atti di avvio della procedura che <strong>assumono rilievo</strong> sia nell’ottica del <strong>corretto esercizio del potere di regolazione</strong> della gara, sia in quella <strong>dell’interesse del singolo operatore economico</strong> ad <strong>illustrare ed a far apprezzare</strong> il prodotto e la qualità della <strong>propria organizzazione</strong> e dei <strong>propri servizi</strong>, così assicurando, nella logica propria dell’<strong>interesse legittimo</strong> (figlio della <strong>sintesi di potere e necessità</strong>) la <strong>protezione di un bene della vita</strong> che è quello della <strong>competizione secondo il miglior rapporto qualità prezzo</strong>; un bene, cioè, <strong>diverso</strong>, e dotato di <strong>autonoma rilevanza</strong> rispetto all’<strong>interesse finale all’aggiudicazione</strong>. Ciò per il Collegio <strong>non può che condurre</strong>, sul versante delle <strong>condizioni</strong> e dei <strong>tempi di esperibilità</strong> dell’azione di annullamento, alla conclusione dell’<strong>onere dell’immediata impugnazione</strong> dell’<strong>illegittima adozione del criterio del massimo ribasso</strong>, palesandosene sussistenti <strong>tutti i presupposti</strong> ovvero: a) la <strong>posizione giuridica legittimante</strong> avente a base, quale <strong>interesse sostanziale</strong>, la <strong>competizione secondo meritocratiche opzioni di qualità</strong> oltre che di prezzo; b) la <strong>lesione attuale e concreta</strong>, generata dalla previsione del <strong>massimo ribasso</strong> in difetto dei <strong>presupposti di legge</strong>; c) <strong>l’interesse a ricorrere</strong> in relazione <strong>all’utilità concretamente ritraibile</strong> da una pronuncia demolitoria che costringa la stazione appaltante <strong>all’adozione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa</strong>, ritenuto dalle norme del nuovo codice quale <strong>criterio “<em>ordinario</em>”</strong> e generale. Una diversa soluzione - più aderente alla <strong>lettera</strong> che alla <strong>ratio</strong> dell’Adunanza Plenaria del 2003 ed all’esigenza della relativa <strong>interpretazione in chiave evolutiva</strong> – finirebbe per il Collegio con lo <strong>svilire e depontenziare</strong> le <strong>due architravi</strong> del nuovo impianto normativo: a) da un lato il criterio dell’<strong>offerta economicamente più vantaggiosa</strong> - assunto da legislatore ad <strong>elemento di rilancio di una discrezionalità “<em>sana e vigilata</em>”</strong> da porre a disposizione di <strong>amministrazioni qualificate</strong> sì da renderle <strong>capaci di selezionare le offerte</strong> con <strong>razionalità</strong> ed attenzione ai <strong>profili qualitativi</strong> – sarebbe destinato a <strong>rimanere privo di garanzie di effettività</strong>, posto che la relativa <strong>correzione</strong> si avrebbe solo <strong>all’esito della procedura concorsuale</strong> e della relativa <strong>appendice giurisdizionale</strong>, in presenza di un operatore (quello offerente il massimo ribasso) in capo al quale si sono tra l’altro <strong>già ingenerate aspettative</strong>; b) dall’altro sarebbe <strong>irragionevolmente derogata</strong> la <strong>logica bifasica</strong> (ammissioni/esclusioni prima fase; aggiudicazione seconda fase) che ha <strong>caratterizzato il nuovo approccio processuale</strong> in tema di <strong>tutela</strong>, poiché è evidente che <strong>l’illegittimità del bando</strong>, sub specie del <strong>criterio di aggiudicazione prescelto</strong>, costituisce un <strong><em>prius</em> logico</strong> <strong>giuridico</strong> rispetto alle <strong>ammissioni</strong>, condizionandole e rendendole <strong>illegittime in via derivata,</strong> con il risultato che <strong>l’intento di affrancare il contenzioso sull’aggiudicazione</strong> da <strong>tutte le questioni sollevabili in via incidentale</strong> dal controinteressato (e fra queste anche quelle relative all’<strong>illegittimità del bando</strong>, strumentali all’<strong><em>utilitas</em></strong> della riedizione della gara) che ha <strong>ispirato la formulazione delle nuove norme processuali</strong>, risulterebbe <strong>tradito proprio</strong> in relazione ad aspetti basilari della prima fase. A ciò si aggiunga, prosegue il Collegio, anche a riprova <strong>dell’irrazionalità della tesi dell’impugnazione postergata</strong> del criterio di aggiudicazione, che il ricorrente, costretto ad <strong>attendere</strong>, quale <strong><em>dies a quo</em></strong> per l’impugnativa, il <strong>momento dell’aggiudicazione ad altri</strong>, <strong>non è vincolato</strong> dalla <strong>correlazione</strong> tra <strong>criterio del massimo ribasso</strong> e la <strong>mancata aggiudicazione</strong>, <strong>non</strong> dovendo egli dimostrare un <strong>rapporto di causalità</strong> tra <strong>effetto lesivo del bene “<em>aggiudicazione</em>”</strong> e <strong><em>lex</em> della gara</strong>: la lesione, nell’orientamento giurisprudenziale tradizionale varato dall’Adunanza Plenaria nel 2003 , è infatti solo l’elemento che <strong>integrando una delle condizioni dell'azione</strong>, abilita alla <strong>tutela dell'interesse legittimo</strong> attraverso l'esperimento <strong>dell'azione demolitoria</strong>. Una volta realizzatasi la <strong>condizione dell'azione</strong>, il ricorrente è <strong>ammesso a far valere</strong> la violazione dell’<strong>obbligo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa</strong> insieme a <strong>tutti gli altri vizi di legittimità del bando</strong> che non attengano a clausole escludenti, a prescindere se la <strong>mancata aggiudicazione</strong> sia riferita, o meno, proprio <strong>all'operare di quella o di quelle clausola</strong> (si pensi, oltre che al criterio di aggiudicazione, alla <strong>difettosa composizione del seggio di gara</strong> o alle previsioni sulle <strong>modalità di apertura delle buste</strong> o, in generale, alle <strong>norme sul <em>modus procedendi</em></strong>). In questi casi non è cioè necessaria la dimostrazione che, in assenza del vizio, l'aggiudicazione sarebbe stata senz'altro riconosciuta al ricorrente, costituendo, la violazione delle norme di legge, un <strong>sintomo della cattiva organizzazione e gestione della gara</strong> e conseguentemente dell'erroneità dei pertinenti esiti. Se così è, conclude il Collegio, allora <strong>non v’è ragione alcuna per attendere</strong>, al fine di invocare tutela, che la procedura <strong>si concluda con l’aggiudicazione a terzi,</strong> tale soluzione non rispondendo a <strong>finalità deflattive</strong> ed anzi inficiando quelle legate al pur contemplato <strong>onere di impugnazione delle ammissioni</strong>; non risponde del resto a finalità di coerenza giuridica o dogmatica, poiché il <strong>postergare l'impugnazione</strong> della <em>lex</em> della gara finanche quando la <strong>violazione è già conclamata</strong> può avere <strong>un senso solo</strong> in relazione a clausole che <strong>non violino immediatamente l’interesse del singolo imprenditore</strong>, è così certamente non è per quelle che <strong>gli impediscono di concorrere sulla qualità</strong>; è inoltre <strong>contraria</strong> al dovere di <strong>leale collaborazione</strong> ed al rispetto del <strong>principio di legittimo affidamento</strong>, immanenti anche nell’ordinamento amministrativo. Il ricorso introduttivo viene dunque assunto dal Collegio <strong>ammissibile</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">L’8 giugno esce la sentenza della III sezione del Tar Toscana n.783 alla cui stregua <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=3%3dHXERL%26E%3d9Y%265%3dTDQJa%26w%3dQHXAUO%26N%3dpJAI_zqjs_A1_9tap_I9_zqjs_06DP5.4zKqJAHm7zN1JzSq1.zM_zqjs_06585I_9tap_I99V_9tap_I9HZQcHXKb0S_9tap_I9T1_tEiK0Ht1_uB_i4vLqE58_vE5_OiBv_6wCv_6t1BLwBr_7q_53N196Gm_4vEt1_5HzCrMqLr.A2C3_KYsg_VnKAF_1EBKk5_9tap_J7L5X_GmM0EmJA8z_HhvX_RMN2C_48l9BF_zqjs_A4vFi93_KYsg_UDKAF_k14Ii9xG_zqjs_A4U1r4i8O%264%3d%26zL%3d0SOaC"><strong>l'adesione da parte di una PA</strong>, in forza di <strong>specifica clausola</strong>, ad un <strong>contratto stipulato da altra amministrazione aggiudicatrice</strong> deve avere come presupposto <strong>l'identità dell'oggetto</strong> o la relativa <strong>analogia</strong>, oltre che la <strong>previsione dell’eventuale estensione</strong> ad <strong>amministrazioni diverse</strong> da quella che ha indetto la gara, siccome <strong>individuate o individuabili</strong> dalla stessa <em>lex specialis</em>, palesandosi dunque <strong>illegittima</strong> l’estensione del contratto <strong>ad altra Amministrazione</strong> se il bando <strong>non la prevede</strong> oppure, come nella concreta vicenda scandagliata, si sia in presenza di <strong>prestazioni aggiuntive</strong> <strong>non enunciate</strong> dalla <strong><em>lex specialis</em></strong>.</a></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 giugno esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.2852 onde nel sistema degli <strong>appalti pubblici</strong> nessuna <strong>norma di carattere generale</strong> impone, per le <strong>gare</strong> da aggiudicare con il <strong>criterio dell’offerta più vantaggiosa</strong>, l’obbligo della stazione appaltante di attribuire alla <strong>migliore offerta tecnica</strong> in gara il <strong>punteggio massimo</strong> previsto dalla <em>lex specialis</em> mediante il <strong>criterio della c.d. doppia riparametrazione</strong>, atteso come - nelle gare da aggiudicarsi con detto criterio - la <strong>riparametrazione</strong> abbia la funzione di ristabilire <strong>l’equilibrio</strong> fra i <strong>diversi elementi qualitativi e quantitativi</strong> previsti per la <strong>valutazione dell’offerta</strong> solo <strong>se</strong> e <strong>secondo quanto voluto e disposto</strong> dalla stazione appaltante <strong>con il bando</strong>, con la conseguenza onde l’operazione di riparametrazione <strong>deve essere espressamente prevista dalla legge di gara</strong> per poter essere applicata e <strong>non può tradursi</strong> in una <strong>modalità di apprezzamento delle offerte</strong> <strong>facoltativamente</strong> introdotta dalla <strong>commissione giudicatrice</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 giugno esce la sentenza della IV sezione del Tar Sicilia, Catania, n.1454, alla cui stregua nel caso in cui in una <strong>gara di appalto</strong> due o più <strong>offerte identiche</strong> siano risultate <strong>aggiudicatarie</strong>, occorre far luogo all’<strong>esperimento di miglioria</strong> <em>ex</em> art. 77 del R.D. 23 maggio 1924 n. 827, applicabile mediante il <strong>meccanismo di eterointegrazione</strong> previsto <strong>dall’art. 1339</strong> c.c., in difetto di <strong>espressa previsione della <em>lex specialis</em></strong>. Per il Tar è dunque <strong>legittimo l’annullamento in autotutela</strong> dell’aggiudicazione provvisoria di una gara di appalto, <strong>originariamente disposta</strong> a seguito di <strong>sorteggio</strong> effettuato tra <strong>offerte con parità di punteggio</strong>, che sia <strong>motivato</strong> con riferimento al fatto che un’altra ditta, presente alla originaria seduta di gara, ha dichiarato di <strong>voler proporre una offerta migliorativa</strong> ed alla contestuale necessità, per <strong>tale ragione</strong>, di <strong>disporre l’aggiudicazione</strong> ai sensi dell’<strong>art. 77</strong> del R.D. 23 maggio 1924 n. 827, nella parte in cui stabilisce che <strong>non si fa luogo al sorteggio</strong> allorquando i concorrenti presenti alla seduta dichiarino di <strong>voler proporre un’offerta migliorativa</strong>, a nulla rilevando la <strong>mancata previsione</strong> nella <strong>lettera di invito</strong> dell’esperimento della <strong>procedura di “<em>miglioramento</em>”</strong> delle offerte prevista dal summenzionato art. 77 del R.D. 827/1924, che <strong>va colmata</strong> attraverso il <strong>meccanismo di eterointegrazione della <em>lex specialis</em></strong> previsto dall’<strong>art. 1339</strong> c.c.</p> <p style="text-align: justify;">Il 19 giugno esce la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n. 2973 alla cui stregua <strong>non può assumersi automaticamente illegittima</strong> l’aggiudicazione di una gara di appalto, esperita per <strong>l’affidamento triennale</strong> della gestione di un <strong>bar</strong> ubicato presso un Istituto scolastico, per il solo fatto che la <strong>società aggiudicataria</strong>, con riferimento ad <strong>un solo prodotto</strong>, abbia offerto <strong>un prezzo inferiore a quello minimo</strong> previsto dalla <strong><em>lex specialis,</em></strong> in tal caso il discostamento del prezzo riguardando <strong>un singolo prodotto</strong>, senza estendersi <strong>all’offerta economica complessivamente considerata</strong> cui fa invece perspicuo riferimento la lettera della legge. Nel caso di specie, per il Collegio va infatti <strong>valorizzata in via ermeneutica</strong> l’applicazione del <strong>principio di proporzionalità</strong>, sì da assumere che <strong>il discostamento</strong> (oltretutto <em>in minus</em>) del <strong>singolo prezzo offerto</strong> rispetto a quello minimo prescritto dal bando non può comportare <strong>l’automatica esclusione</strong> dell’offerente.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 19 giugno esce la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n. 2977 alla cui stregua l’onere di <strong>immediata impugnazione delle clausole di un bando di gara</strong> sussiste in <strong>tutti i casi</strong> in cui le stesse <strong>impediscono</strong> per i concorrenti la <strong>partecipazione alla gara</strong> e siano <strong>lesive dei principi essenziali della evidenza pubblica</strong>, tra cui <strong>l’alterazione della concorrenza</strong> e della <strong><em>par condicio</em></strong>, la fissazione di <strong>indebiti requisiti d’ammissione</strong> (la cui carenza impedisca <em>ab origine</em> la partecipazione) o la determinazione di <strong>oneri manifestamente incomprensibili</strong> o <strong>del tutto sproporzionati</strong> o tali da <strong>impedire la stessa formulazione dell’offerta</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 21 giugno viene varata la <strong>legge n.96</strong> converte in legge con modificazioni il <strong>decreto legge n.50</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 26 giugno esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n. 3110 onde sussiste <strong>l’onere d’immediata impugnazione</strong> del bando di una gara pubblica per contestare <strong>clausole impeditive dell’ammissione</strong> dell’interessato alla gara, o anche <strong>solo impositive</strong>, ai fini della partecipazione, di <strong>oneri manifestamente incomprensibili</strong> o <strong>del tutto sproporzionati per eccesso</strong> rispetto ai contenuti della procedura concorsuale, ovvero che rendano <strong>ingiustificatamente più difficoltosa</strong> per i concorrenti la <strong>partecipazione alla gara,</strong> in tali casi <strong>già la pubblicazione</strong> <strong>del bando</strong> generando una <strong>lesione della situazione giuridica</strong> per chi intenderebbe <strong>partecipare alla competizione</strong> e non può farlo a causa della <strong>barriera all’ingresso</strong> a quello <strong>specifico mercato</strong> provocata da <strong>clausole del bando per lui insuperabili</strong> perché <strong>immediatamente escludenti</strong> o che assume <strong>irragionevoli o sproporzionate per eccesso</strong>, con connesso <strong>arresto procedimentale</strong> rendendoglisi <strong>inconfigurabili successivi atti applicativi utili</strong>. In tal caso, precisa peraltro il Collegio, <strong>non è richiesta</strong> – ai fini dell’<strong>ammissibilità del ricorso</strong> – la presentazione della <strong>domanda di partecipazione alla gara</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 13 luglio esce la sentenza della IV sezione del Tar Sicilia, Catania, n.1793 alla cui stregua, anche se nelle gare di appalti pubblici il <strong>bando</strong>, il <strong>disciplinare di gara</strong> ed il <strong>capitolato speciale d’appalto</strong> presentano ciascuno una <strong>propria autonomia</strong> ed una <strong>propria peculiare funzione</strong> nell’economia della procedura – il primo fissando le <strong>regole della gara</strong>, il secondo disciplinando in particolare il <strong>procedimento di gara</strong> ed il terzo <strong>integrando eventualmente le disposizioni del bando</strong> – <strong>tutti insieme</strong> essi costituiscono <strong>la <em>lex specialis</em> della gara</strong>, in tal modo sottolineandosi il <strong>carattere vincolante</strong> che quelle disposizioni assumono non solo nei confronti dei <strong>concorrenti</strong>, ma anche <strong>dell’Amministrazione appaltante</strong>, in attuazione dei <strong>principi fissati dall’art. 97</strong> Cost. Il Collegio precisa poi come laddove sussistano <strong>contrasti interni</strong> tra le <strong>singole disposizioni dei vari atti</strong> che compongono la <strong><em>lex specialis</em></strong> (il bando, il disciplinare di gara ed il capitolato speciale d’appalto), sia nondimeno rintracciabile una <strong>gerarchia differenziata</strong> tra gli atti stessi, con <strong>prevalenza del contenuto del bando di gara</strong>, potendo in particolare le disposizioni del <strong>capitolato speciale</strong> soltanto <strong>integrare</strong>, ma <strong>non anche modificare</strong>, quelle del bando medesim; più nel dettaglio, in caso di <strong>conflitto</strong> fra le <strong>disposizioni dei vari atti della gara</strong>, e, in particolare, ove una <strong>sanzione immediatamente espulsiva</strong> sia contemplata <strong>soltanto dal disciplinare di gara e non anche dal bando</strong>, non può per il Collegio <strong>applicarsi</strong> detta sanzione atteso che le <strong>regole di partecipazione</strong> fissate nella sede propria del “<strong><em>bando di gara</em></strong>” <strong>non</strong> sono giuridicamente suscettibili di <strong>integrazione</strong> ad opera del “<strong><em>disciplinare di gara</em></strong>”, essendo quest’ultimo deputato ad <strong>altra funzione</strong> (la disciplina del procedimento di gara).</p> <p style="text-align: justify;">Il 21 luglio esce la sentenza della III sezione del Tar Veneto n. 731 alla cui stregua nelle gare d’appalto sono da intendersi <strong>clausole della </strong><strong><em>lex specialis</em> immediatamente lesive</strong> e, quindi, <strong>autonomamente impugnabili</strong> senza attendere la relativa <strong>concreta applicazione</strong> da parte della stazione appaltante quelle che determinano una <strong>sicura preclusione all’ammissione alla gara</strong> di un potenziale concorrente e, precisamente, quelle che <strong>certamente</strong>, senza <strong>alcun margine di opinabilità</strong>, conducono <strong>all’esclusione</strong> del concorrente o dell’aspirante tale che versi in una <strong>situazione incompatibile</strong> con quella <strong>prevista</strong>, a pena di esclusione, <strong>dalla <em>lex specialis</em></strong>; un onere di impugnazione immediata di clausole contenute negli atti di indizione della gara, inoltre, può sussistere qualora le <strong>relative clausole impediscano</strong>, indistintamente <strong>a tutti i concorrenti</strong>, una <strong>corretta e consapevole elaborazione</strong> dell’offerta, mentre <strong>va escluso</strong> nei riguardi delle clausole <strong>dotate solo di astratta e potenziale lesività</strong>, la cui <strong>idoneità a produrre un’effettiva lesione</strong> potrebbe essere <strong>valutata unicamente all’esito</strong> della procedura selettiva, ove negativo per l’interessato, come quelle relative <strong>all’individuazione del criterio di aggiudicazione,</strong> alle <strong>modalità di valutazione delle offerte</strong> e <strong>attribuzione dei punteggi</strong> e, in generale, alle <strong>modalità di svolgimento della gara</strong>, nonché alla <strong>composizione della commissione giudicatrice</strong>, tutte ipotesi nelle quali il <strong>termine per impugnare</strong> anche gli atti di gara che <strong>eventualmente concretizzino la lesione</strong> della posizione giuridica dedotta in giudizio non può che decorrere <strong>dalla conoscenza del provvedimento di aggiudicazione</strong> in favore di terzi. Per il Collegio è dunque <strong>inammissibile</strong> un ricorso avverso il <strong>bando di gara</strong> con il quale si è denunciata la <strong>manifesta illogicità del criterio di aggiudicazione </strong>prescelto, atteso che in tal caso <strong>la lesività nella sfera giuridica del ricorrente</strong> del predetto criterio e, correlativamente, <strong>l’interesse alla relativa eliminazione</strong>, <strong>non</strong> può essere percepito <strong>con la pubblicazione del bando</strong>, ma è <strong>destinata ad attualizzarsi soltanto</strong> con l’<strong>aggiudicazione</strong> della gara a favore di un <strong>terzo concorrente</strong>, e ciò in quanto il ricorrente ben potrebbe ancora <strong>divenire aggiudicatario</strong> della concessione del servizio bandito; di fronte ad una <strong>clausola ritenuta illegittima</strong>, ma <strong>non impeditiva della partecipazione</strong> (come quella di specie), il concorrente <strong>non è dunque ancora titolare</strong> di un <strong>interesse attuale all’impugnazione</strong>, non sapendo ancora se <strong>l’astratta o potenziale illegittimità</strong> della clausola si risolverà in un <strong>esito negativo della relativa partecipazione</strong> alla procedura di gara e, quindi, in una <strong>effettiva lesione della situazione soggettiva</strong> che solo da tale esito può derivare.</p> <p style="text-align: justify;">Il 21 luglio esce la sentenza della VIII sezione del Tar Campania n. 3899 alla cui stregua è da assumersi <strong>illegittima</strong>, in quanto <strong>equivoca</strong>, rendendo così <strong>impossibile la formulazione di una offerta consapevole</strong>, la <strong>clausola</strong> di un bando indetto da un Comune per l’affidamento della <strong>gestione del servizio di riscossione dei tributi locali</strong> e delle entrate patrimoniali, secondo cui al Comune <strong>deve essere garantito un importo minimo annuo</strong> pari ad una <strong>determinata percentuale</strong> (nella specie si trattava del 65%) delle <strong>somme iscritte nel bilancio comunale</strong> e - alla data della stipula del contratto - le somme iscritte <strong>nel bilancio degli ultimi tre anni</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 01 agosto esce la sentenza della III sezione del Tar Puglia, Lecce, n.1351 alla cui stregua le <strong>modifiche alla<em> lex specialis</em> di una gara</strong> indetta dalla P.A. devono seguire <strong>la regola del<em> contrarius actus</em></strong>, principio da applicarsi vieppiù qualora <strong>non si tratti di mere rettifiche formali</strong> della <em>lex specialis</em> medesima, quanto piuttosto di <strong>modifiche di natura sostanziale</strong> che incidono sui <strong>requisiti rilevanti</strong> ai fini della <strong>partecipazione</strong> alla procedura, tali da poter determinare un <strong>ampliamento della platea dei soggetti</strong> <strong>potenzialmente interessati</strong> all’affidamento dell’appalto. Il Collegio precisa poi come le <strong>modifiche sostanziali</strong> alle <strong>regole</strong> di una gara di appalto, laddove comportino una <strong>estensione dei possibili concorrenti</strong>, richiedono una <strong>riapertura dei termini</strong> per la <strong>presentazione delle offerte</strong>, non palesandosi sufficiente <strong>una mera proroga del termine originario</strong> al fine di scongiurare <strong>discriminazioni partecipative</strong> e <strong>distorsioni della concorrenza</strong>, in violazione del <strong>principio fondamentale</strong> di tutte le procedure concorsuali consistente nella <strong>tutela della <em>par condicio</em></strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 agosto esce la sentenza della I sezione del Tar Calabria n.1252 alla cui stregua è da assumersi <strong>illegittima</strong> la <strong>esclusione di una ditta</strong> da una gara di appalto che sia <strong>motivata</strong> con <strong>esclusivo riferimento</strong> all’<strong>omesso utilizzo del modello</strong> espressamente previsto e/o richiesto dal bando, al fine di compilare la <strong>relazione descrittiva</strong> che, a pena di esclusione, deve <strong>accompagnare l’offerta tecnica</strong>, a nulla rilevando che detto utilizzo <strong>sia previsto dalla <em>lex specialis</em> come obbligatorio</strong>; in tal caso infatti, precisa il Collegio, <strong>osta all’esclusione</strong> del concorrente il <strong>principio di tassatività delle cause di esclusione</strong>, già affermato nell’<strong>art. 46, comma 1 <em>ter</em></strong> del <strong><a href="http://www.lexitalia.it/n/1686">d.lgs. n. 163 del 2006</a></strong>, oggi abrogato, e <strong>riproposto dall’art. 83, comma 8</strong> ultimo periodo, <strong>del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. n. 50/2016</a></strong>, secondo cui “<em>I bandi e le lettere di invito <strong>non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione</strong> rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque <strong>nulle</strong></em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Il 7 agosto esce la sentenza della Sezione II ter del Tar Lazio n.9249 onde, in presenza di una <strong>censura</strong> riguardante il <strong>criterio di valutazione dell’offerta</strong> (metodo di aggiudicazione) ritenuto <strong>incongruo</strong> e dunque <strong>fonte d’incertezza</strong> e di <strong>imprevedibili effetti distorsivi</strong> sul contenuto dell´offerta, sussiste in capo alla impresa interessata <strong>l’onere di immediata impugnazione <em>in parte qua</em> del bando di gara</strong>, stante l’emersione di una <strong>lesione immediata</strong>, <strong>diretta ed attuale</strong> e non solo potenziale per effetto del contenuto del bando; in tal caso è dunque da assumere <strong>inammissibile</strong> per il Collegio il ricorso <strong>proposto per questo motivo</strong> avverso i <strong>successivi atti della procedura</strong> (valutazione delle offerte in base al <strong>criterio di aggiudicazione</strong> fissato nel bando), atteso che tali atti si pongono come <strong>meramente applicativi</strong> di una lesione già prodotta.</p> <p style="text-align: justify;">Il 31 agosto esce la sentenza della V sezione del Tar Campania n. 4219 che giudica <strong>illegittima</strong> per <strong>violazione dell’art. 30</strong> del d.lgs. n. 50 del 2016 e per <strong>eccesso di potere </strong>(in relazione al profilo della <strong>irragionevolezza</strong>), la <strong>clausola di un bando di gara</strong> per l’affidamento di un appalto di servizi (nella specie si trattava del servizio di implementazione del software Gestione Presenze di una ASL) nella parte in cui, ai fini della <strong>partecipazione</strong>, pur non richiedendo il possesso di <strong>alcun requisito</strong> in ordine alla <strong>capacità tecnico – organizzativa</strong> e alla <strong>capacità economico – finanziaria</strong> degli operatori economici, ha espressamente richiesto il possesso di <strong>molteplici e specifiche certificazioni di qualità</strong>, <strong>escludendo o limitando</strong> così in maniera <strong>illogica</strong> la possibilità degli operatori economici del settore di <strong>partecipare</strong> alla gara de qua.</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 settembre vede la luce la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n. 4350 che afferma <em>in primis</em> come il <strong>principio di tassatività delle cause di esclusione</strong> previste dalle <strong>clausole del bando di gara</strong>, di cui all’<strong>art. 46, comma 1-<em>bis</em></strong>, del <a href="http://www.lexitalia.it/n/1686">d.lgs. n. 163 del 2006</a> (come modificato dall’art. 4, comma 2, lettera d), del <a href="http://www.lexitalia.it/n/2155">decreto-legge n. 70 del 2011</a>), <strong>non consente</strong> che possano essere <strong>introdotte</strong> nei bandi di gara <strong>‘<em>clausole espulsive</em>’</strong> che <strong>non siano conformi alle regole previste</strong> dal codice, dal regolamento e da <strong>altre disposizioni di legge</strong> vigenti, salvi i casi di <strong>incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta</strong>, nonché di <strong>violazione dei principi di segretezza</strong> o di <strong>manomissione delle buste</strong> e comunque di cause elencate dalla norma. Tale principio di <strong>tassatività delle cause di esclusione</strong> è per il Collegio finalizzato a <strong>ridurre gli oneri formali</strong> gravanti sulle <strong>imprese partecipanti</strong> a procedure di affidamento, quando questi <strong>non siano strettamente necessari</strong> a raggiungere gli <strong>obiettivi perseguiti</strong> attraverso gli <strong>schemi dell’evidenza pubblica</strong>, conducendo a <strong>privare di rilievo giuridico</strong>, attraverso la sanzione della <strong>nullità testuale</strong>, tutte le <strong>ragioni di esclusione dalle gare</strong> che siano incentrate <strong>non già sulla qualità</strong> della dichiarazione, ma piuttosto sulle <strong>forme</strong> con cui questa <strong>viene esternata</strong>, in quanto <strong>non ritenute conformi</strong> a quelle previste dalla stazione appaltante nella <em>lex specialis</em>. Muovendo da questi principi il Collegio assume <strong>illegittima</strong>, per violazione del <strong>principio di tassatività delle cause di esclusione</strong> previsto dall’art. 46, comma 1-<em>bis</em>, del <a href="http://www.lexitalia.it/n/1686">d.lgs. n. 163 del 2006</a>, la <strong>clausola del bando</strong> (nella specie per l’affidamento del servizio di un bar interno) che prevede <strong>l’esclusione</strong> delle offerte <strong>prive dell’indicazione</strong> del produttore, della marca, della qualità e della grammatura dei prodotti elencati nel listino prezzi. Quello stesso giorno esce l’ordinanza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Bolzano n. 117 alla cui stregua appare <strong>legittima</strong> la scelta della P.A. appaltante – assunta peraltro <strong>doverosa</strong> – di <strong>disapplicare</strong> in corso di gara la <strong>clausola del disciplinare</strong> di una procedura di evidenza pubblica indetta per l’affidamento di un <strong>appalto di forniture</strong> che prevede <strong>un’espressa comminatoria di esclusione</strong> riferita alle <strong>offerte</strong> che contengono <strong>importi unitari o parziali inferiori</strong> a quelli indicati nella <strong>lista dei prezzi unitari</strong> “<em>ancorchè l’offerta complessiva sia inferiore alla base d’asta</em>”, tale clausola escludente <strong>non trovando alcun riscontro</strong> né nel <strong>codice dei contratti</strong> né in <strong>altra disposizione normativa o regolamentare</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 settembre esce la sentenza della Sezione I bis del Tar Lazio n. 9863 alla cui stregua una <strong>impresa</strong> <strong>appartenente al settore coinvolto</strong> dalla bandita procedura che <strong>non abbia presentato domanda di partecipazione</strong> alla gara <strong>resta comunque titolare di un interesse legittimo differenziato e qualificato</strong> – e, quindi, sotto il profilo <strong>processuale</strong>, della <strong>legittimazione a ricorrere</strong> – qualora <strong>contesti e impugni quelle clausole</strong> della <em>lex specialis</em>, in forza delle quali, <strong>se avesse presentato l’istanza</strong>, sarebbe stata <strong>esclusa,</strong> in tal caso l’impresa dovendo assumersi <strong>avere interesse</strong> a gravare la relativa determinazione proprio al fine di <strong>impedire lo svolgimento</strong> della procedura selettiva con le regole contestate.</p> <p style="text-align: justify;">Il 26 settembre esce la sentenza della Sezione II bis del Tar Lazio n.9921 che afferma come la <strong>sopravvenienza di una nuova norma</strong> nel corso della gara <strong>non consente di eterointegrare il bando</strong> <em>ex</em> art. <strong>1339</strong> c.c., il <strong>principio dell’eterointegrazione negoziale</strong> sancito da tale disposizione del codice civile non potendo trovare applicazione, <strong>neppure</strong> in via <strong>analogica</strong>, con riferimento al <strong>bando di gara</strong>, stante la <strong>differente natura di questo</strong> rispetto all’<strong>accordo negoziale delle parti</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 ottobre esce la sentenza della II sezione del Tar Campania n.4587 che afferma come i <strong>rapporti tra le varie fonti</strong> che concorrono alla <strong>disciplina delle gare pubbliche</strong> sono regolati da una <strong>gerarchia differenziata</strong> onde, se è vero da un lato che <strong>bando, disciplinare di gara e capitolato speciale</strong> d’appalto – i quali <strong>nel loro complesso</strong> formano la <strong><em>lex specialis</em></strong> – hanno <strong>ciascuno un’autonomia</strong> ed una <strong>peculiare funzione</strong> nell’ambito della procedura di gara, è parimenti vero dall’altro che tra essi esiste <strong>un rapporto gerarchico</strong> postulante la <strong>prevalenza del bando di gara</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 5 ottobre esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n. 4644 onde, nelle <strong>gare pubbliche di appalto</strong>, a fronte di <strong>più possibili interpretazioni di una clausola della <em>lex specialis</em></strong> di gara (<strong>una</strong> avente quale effetto <strong>l’esclusione dalla gara</strong> e l’<strong>altra</strong> tale da impedirla <strong>consentendo la permanenza</strong> del concorrente), <strong>non</strong> può legittimamente aderirsi all’opzione che, ove condivisa, comporterebbe <strong>l’esclusione</strong> dalla gara, dovendo invece <strong>essere sempre favorita l’ammissione</strong> del <strong>più elevato numero di concorrenti</strong>, in nome del principio del <strong><em>favor partecipationis</em></strong> e dell’<strong>interesse pubblico al più ampio confronto concorrenziale</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 ottobre esce la sentenza della I sezione del Tar Sardegna n. 634 alla cui stregua - nel caso in cui il <strong>bando di gara</strong> <strong>non</strong> sia, al riguardo, sufficientemente <strong>perspicuo</strong> - <strong>non</strong> può essere ritenuta <strong>illegittima</strong> <strong>l’aggiudicazione</strong> di una gara di appalto di lavori per il solo fatto che la ditta risultata vittoriosa <strong>ha presentato l’offerta</strong> allegando una <strong>relazione archeologica priva di sottoscrizione</strong> da parte del tecnico, e sottoscritta <strong>dal solo legale rappresentante</strong>; per il Collegio, in presenza di una <strong><em>lex specialis</em> non univocamente interpretabile</strong>, la mancata sottoscrizione di elaborati dell’offerta tecnica da parte dei progettisti <strong>non può provocare l’automatica esclusione</strong> del concorrente, se la documentazione <strong>è regolarmente sottoscritta dalla ditta partecipante</strong> ma <strong>non dai progettisti</strong> da esso indicati.</p> <p style="text-align: justify;">Il 12 ottobre esce la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato n.4729 alla cui stregua in materia di <strong>concorsi pubblici</strong> costituisce <strong>regola generale</strong> derivante dai <strong>principi di imparzialità e trasparenza</strong> dell’azione amministrativa che alla <strong>modifica sostanziale</strong> della procedura concorsuale debba far seguito la <strong>riapertura dei termini per la presentazione delle domande</strong>. Più nel dettaglio, per il Collegio la “<strong><em>modifica sostanziale</em></strong>” della procedura concorsuale che <strong>impone la riapertura dei termini</strong> per la presentazione delle domande corrisponde all’<strong>allargamento della potenziale platea di partecipanti</strong> laddove, in ragione della <strong>nuova modalità di tutela del pubblico interesse</strong> volto alla <strong>selezione dei candidati “<em>migliori</em>”</strong>, la <strong>riapertura dei termini</strong> costituisce <strong>atto logicamente consequenziale</strong> per consentire la partecipazione <strong>anche a coloro i quali</strong>, pur potenzialmente interessati, <strong>non hanno potuto presentare</strong> una domanda ammissibile in quanto <strong>sprovvisti dei requisiti richiesti dal bando </strong>e successivamente ampliati. Al contrario, laddove <strong>non sia intervenuta alcuna modifica sostanziale</strong> della procedura concorsuale che abbia <strong>inciso sui requisiti di partecipazione</strong> ed in presenza tra l’altro di un <strong>inalterato numero di posti</strong> a concorso, <strong>non sussiste alcun obbligo</strong> per l’Amministrazione procedente di <strong>riaprire i termini</strong> al fine di <strong>consentire la partecipazione</strong> a chi, non disponendo <strong>a suo tempo</strong> dei requisiti necessari alla partecipazione, li abbia <em>medio tempore</em> conseguiti.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 ottobre esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato alla cui stregua, alla luce del dominante <strong>principio di tassatività delle cause di esclusione</strong> (art. 46, comma 1 <em>bis</em>, del <a href="http://www.lexitalia.it/n/1686">d.lgs. n. 163 del 2006</a>, che preclude interpretazioni analogiche in danno), la <strong>mancata previsione</strong> nel bando di gara della <strong>sanzione espulsiva</strong> <strong>preclude</strong> l’automatismo dell’esclusione; sicché <strong>non può essere disposta l’esclusione</strong> di una ditta che abbia <strong>omesso di rendere la dichiarazione di moralità professionale</strong> anche con riferimento agli <strong>amministratori di una azienda</strong> di cui essa <strong>ha acquisito un ramo</strong>, ove la <strong>clausola del bando non richieda</strong> in termini <strong>espressi e specifici</strong> la dichiarazione dei requisiti morali <strong>anche in relazione alla cessione del ramo d’azienda</strong>, ma <strong>solo</strong> in relazione alla <strong>distinta fattispecie</strong> della <strong>cessione d’azienda</strong>, l’impresa interessata <strong>non abbia inteso avvalersi</strong> del <strong>ramo d’azienda acquisito</strong> per l’<strong>esecuzione</strong> dello stipulando contratto ed i <strong>requisiti di moralità</strong> in capo agli amministratori della cedente, ancorché non dichiarati, siano tuttavia <strong>effettivamente esistenti</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 19 ottobre esce la sentenza della VIII sezione del Tar Campania n.4884 alla cui stregua, in tema di <strong>concorsi e selezioni pubbliche</strong>, sussiste un <strong>onere di immediata impugnazione del bando</strong> nel caso di <strong>clausole escludenti</strong>, riguardanti <strong>requisiti di partecipazione</strong> che siano <strong><em>ex se</em> ostativi all’ammissione dell’interessato</strong>, o, al più, <strong>impositive</strong> ai fini della partecipazione di <strong>oneri manifestamente incomprensibili</strong> o <strong>del tutto sproporzionati per eccesso</strong> rispetto ai contenuti della procedura concorsuale.</p> <p style="text-align: justify;">Il 23 ottobre esce la sentenza della I sezione del Tar Toscana n.1267 alla cui stregua è <strong>illegittima</strong>, per <strong>violazione dei principi di ragionevolezza, proporzionalità, di libera concorrenza</strong> e di <strong>non discriminazione</strong> (come codificati dall’art. 30, del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d. lgs. n. 50/2016</a>), la <strong>clausola di un bando</strong> per l’affidamento dell’appalto del servizio di supporto alle attività fiscali, tributarie, previdenziali e amministrativo-contabili delle Aziende Sanitarie e degli Enti di una Regione, nella parte in cui <strong>impone</strong> ai soggetti che <strong>partecipano</strong> <strong>in forma societaria</strong> l’<strong>iscrizione</strong> all’<strong>albo dei dottori commercialisti</strong> di <strong>tutti i singoli soci</strong>; infatti, se può ritenersi <strong>ragionevole e non sproporzionata</strong> la richiesta, ai fini della qualificazione dei concorrenti, del possesso del <strong>requisito dell’iscrizione al suddetto albo per uno o più soci</strong>, quanto ai <strong>concorrenti</strong> che intendano partecipare alla gara <strong>in forma societaria</strong>, non altrettanto può dirsi in ordine <strong>alla richiesta che “<em>tutti</em>” i soci</strong> debbano possedere detto requisito stante come, pur essendo <strong>rilevante l’intento</strong> della P.A. appaltante “<em>di garantire che chi presterà le attività oggetto di gara, sia iscritto all’Albo</em>”, <strong>non è dato di comprendere la <em>ratio</em></strong><em> </em>di una richiesta che obblighi tutti i soci debbano possedere tale requisito.</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 ottobre esce la sentenza della V sezione del Tar Campania n.4995 alla cui stregua, dopo l’entrata in vigore del <strong><a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">D.lgs. n. 50 del 2016</a></strong>, a fronte dell’<strong>illegittima adozione</strong> del <strong>criterio del massimo ribasso</strong> da parte della stazione appaltante, il concorrente che <strong>si assuma danneggiato dalla scelta del criterio stesso</strong> deve <strong>impugnare immediatamente</strong> il bando di gara nella parte in cui lo prevede, <strong>senza attendere l’esito</strong> della gara. E’ poi assunta <strong>illegittima</strong> dal Collegio <strong>la scelta operata dalla P.A. appaltante</strong> di prevedere, quale <strong>criterio di aggiudicazione</strong>, quello del <strong>prezzo più basso</strong>, nel caso in cui si tratti di affidare un <strong>appalto di servizi ad alta densità di manodopera</strong>, fattispecie in cui, come si evince dal disposto dell’art. 50 del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">D.lgs. n. 50 del 2016</a>, <strong>l’unico criterio di aggiudicazione ammesso</strong> è quello dell’<strong>offerta economicamente più vantaggiosa</strong>, <em>ex</em> art. 95, comma 3, <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">D.lgs. n. 50 del 2016</a>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 30 ottobre esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.4969 che premette come le ipotesi di <strong>esclusione automatica</strong> delle <strong>offerte anomale</strong> nelle <strong>gare sotto-soglia</strong> rappresentano <strong>un’eccezione al generale principio del confronto procedimentale</strong> e al <strong>contraddittorio</strong> relativo all’adozione di <strong>provvedimenti notevolmente incidenti</strong> sulla sfera giuridica delle imprese concorrenti, configurando fattispecie che, per il relativo carattere di <strong>eccezionalità</strong>, debbono <strong>risultare da previsioni non equivoche </strong>della <strong><em>lex specialis</em> di gara</strong>. Più nel dettaglio, per il Collegio l’<strong>esclusione automatica</strong> delle <strong>offerte anomale</strong> nel caso di <strong>affidamenti sotto-soglia</strong> (e laddove il criterio di aggiudicazione sia quello del <strong>prezzo più basso</strong>), pur <strong>non essendo vietato</strong> dall’ordinamento UE, rappresenta pur sempre <strong>un’ipotesi del tutto eccezionale</strong>; anche nel <strong>nuovo sistema</strong> delineato dall’<strong>articolo 97, comma 8</strong>, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (al pari di quello delineato dall’<strong>articolo 122, comma 9</strong> del decreto legislativo n. 163 del 2006), la facoltà di contemplare <strong>ipotesi di esclusione automatica</strong> delle offerte anomale – <strong>a prescindere da qualunque verifica in concreto</strong> circa <strong>l’effettiva sostenibilità</strong> delle offerte stesse – rappresenta una <strong>facoltà eccettuale</strong> che deve risultare da <strong>inequivoche disposizioni della legge di gara</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 30 ottobre vede la luce la sentenza della III sezione del Tar Puglia n. 1109 alla cui stregua, <strong>anche dopo</strong> l’entrata in vigore <strong>dell’art. 120 c.p.a., come modificato dall’art. 204 del Codice dei contratti pubblici</strong>, è da ritenere <strong>inammissibile l’impugnazione immediata e diretta</strong> del <strong>bando</strong> di una gara di appalto nella parte in cui prevede, quale <strong>criterio di aggiudicazione</strong> prescelto, quello del <strong>massimo ribasso</strong>. L’immediata impugnabilità è infatti limitata agli atti di <strong>ammissione alla gara</strong> e di relativa <strong>esclusione</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 31 ottobre esce la sentenza della sezione II bis del Tar Lazio n. 10859 alla cui stregua, nelle <strong>gare pubbliche di appalto</strong>, anche <strong>a prescindere</strong> dall’inserimento di una <strong>apposita clausola nel bando di gara</strong>, in presenza di <strong>indizi gravi, precisi e concordanti</strong> attestanti la <strong>provenienza delle offerte da un unico centro decisionale</strong> è consentita <strong>l’esclusione</strong> delle imprese, benché esse non si trovino tra loro <strong>in situazioni di controllo</strong> ex art. 2359 c.c. La pronuncia si confronta con la questione della possibile <strong>autonomia del bando di gara</strong> in relazione al fenomeno del <strong>collegamento sostanziale fra imprese</strong> nelle procedure ad evidenza pubblica, laddove la <strong>scarsa precisione</strong> del <strong>dato normativo vigente</strong> consente alla <em>lex specialis</em> di gara ed alle relative <strong>prescrizioni</strong> di <strong>rendere ininfluenti elementi indiziari</strong> che potrebbero <strong>ragionevolmente costituire prova</strong> di un <strong>accordo fra imprese concorrenti</strong> in danno dell’Amministrazione.</p> <p style="text-align: justify;">Il 7 novembre esce l’importante ordinanza della III sezione del Consiglio di Stato n. 5138 che - in tema di <strong>configurabilità o meno</strong> dell’<strong>onere di impugnare immediatamente e direttamente</strong> il bando di gara - <strong>rimette all’Adunanza Plenaria</strong> del Consiglio di Stato 4 questioni: a) se, avuto anche riguardo al <strong>mutato quadro ordinamentale</strong>, i <strong>principi espressi</strong> dall’<strong><a href="http://www.lexitalia.it/private/cds/cdsadplen_2003-1.htm">Adunanza Plenaria n. 1/2003</a></strong> possano essere <strong>ulteriormente precisati</strong> nel senso che l’onere di impugnazione immediata del bando <strong>sussiste anche</strong> per il caso di <strong>erronea adozione</strong> del <strong>criterio del prezzo più basso</strong>, in luogo del <strong>miglior rapporto tra qualità e prezzo</strong>; b) se <strong>l’onere di immediata impugnazione</strong> del bando possa affermarsi <strong>più in generale</strong> per <strong>tutte le clausole attinenti</strong> le <strong>regole formali e sostanziali di svolgimento</strong> della procedura di gara, nonché con riferimento agli <strong>altri atti concernenti le fasi della procedura precedenti l’aggiudicazione</strong>, con la <strong>sola eccezione</strong> delle <strong>prescrizioni generiche e incerte</strong>, il cui <strong>tenore eventualmente lesivo</strong> è destinato a <strong>disvelarsi solo</strong> con i provvedimenti attuativi; c) se, nel caso in cui l’Adunanza Plenaria <strong>affermi innovativamente il principio della immediata impugnazione</strong> delle clausole del bando di gara riguardanti la <strong>definizione del criterio di aggiudicazione</strong>, e, individui, eventualmente, <strong>ulteriori ipotesi in cui sussiste l’onere di immediata impugnazione</strong> di atti della procedura precedenti l’aggiudicazione, la <strong>nuova regola interpretativa</strong> si applichi, alternativamente con immediatezza, <strong>anche ai giudizi in corso</strong>, indipendentemente dall’epoca di indizione della gara, ovvero alle <strong>sole gare soggette alla disciplina del nuovo codice</strong> dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50/2016, ovvero ancora ai <strong>soli giudizi proposti dopo la pubblicazione della sentenza</strong> <strong>dell’Adunanza Plenaria</strong>, in conformità alle <strong>regole generali dell’errore scusabile</strong> e della <strong>irretroattività dei mutamenti di giurisprudenza</strong> incidenti sul diritto vivente (secondo i <strong>principi dell’<em>overruling</em></strong>); d) se, nel caso di <strong>contestazione del criterio di aggiudicazione</strong> o, in generale, della <strong>impugnazione di atti della procedura immediatamente lesivi</strong>, sia necessario, ai fini della <strong>legittimazione a ricorrere</strong>, che l’operatore economico <strong>abbia partecipato alla gara</strong> o <strong>manifestato formalmente il proprio interesse</strong> alla procedura, ovvero sia sufficiente la dimostrazione della <strong>qualità di operatore economico del settore</strong>, in possesso dei <strong>requisiti generali necessari</strong> per partecipare alla selezione.</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 novembre esce la sentenza della I sezione del Tar Lazio n. 11149 che dichiara <strong>inammissibile l’impugnazione immediata e diretta</strong> del provvedimento di <strong>nomina della commissione aggiudicatrice</strong>, trattandosi di un <strong>atto endoprocedimentale non idoneo</strong> a generare <em>ex se</em> <strong>alcun pregiudizio</strong> nella sfera giuridica delle imprese concorrenti dal momento che, nelle procedure ad evidenza pubblica, <strong>l’eventuale lesività</strong> sulla rispettiva <strong>posizione soggettiva</strong> può manifestarsi <strong>al momento dell’approvazione delle operazioni concorsuali</strong> e dell’<strong>aggiudicazione della gara</strong>, rappresentando quest’ultima<strong> l’atto conclusivo</strong> del procedimento. Per il Collegio – all’opposto - è poi <strong>irricevibile</strong> un <strong>ricorso</strong> proposto <strong>in sede di partecipazione alla gara</strong> avverso <strong>talune clausole</strong> del bando da ritenere <strong>immediatamente e direttamente lesive</strong> (nella specie le clausole impugnate riguardavano <strong>l’articolazione della gara in più lotti geografici</strong>, i <strong>requisiti di capacità economico-finanziaria</strong> e, più in generale, i <strong>requisiti richiesti agli operatori economici</strong> a fini partecipativi), fattispecie in cui, stante il <strong>carattere immediatamente lesivo delle clausole contestate</strong>, l’interessato <strong>fin da subito consapevole</strong> dell’effetto preclusivo da esse spiegato in ordine alla gara di cui è causa <strong>deve impugnarle</strong> nel termine di <strong>30 giorni dalla data di pubblicazione del bando</strong>, atteso che, per <strong>giurisprudenza consolidata</strong>, sussiste l’onere di <strong>immediata impugnazione delle clausole di un bando</strong> di gara quando le stesse <strong>impediscono o rendono ingiustificatamente più difficoltosa</strong> per i concorrenti la <strong>partecipazione alla gara</strong> medesima, così <strong>violando i principi cardine</strong> delle procedure a evidenza pubblica, tra cui quelli della <strong>concorrenza</strong> e della <strong><em>par condicio</em></strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 novembre esce la sentenza della III sezione del Tar Sicilia, Catania, n.2733, alla cui stregua ove <strong>una ditta operante nel settore</strong> oggetto di una gara indetta dalla P.A. per l’affidamento di un <strong>appalto di forniture</strong> (nella specie, fornitura in noleggio di bagni chimici da installare in occasione degli sbarchi dei migranti), abbia <strong>impugnato il relativo bando</strong> e, in forza di una <strong>dettagliata ed attendibile perizia giurata</strong> – non espressamente contestata – abbia <strong>comprovato l’inadeguatezza dei prezzi</strong> posti a base di gara e la <strong>carenza di motivazione</strong> in ordine alla <strong>scelta delle caratteristiche tecniche</strong> dei prodotti e/o dei beni da fornire, la pertinente <strong><em>lex specialis</em></strong> va ritenuta <strong>illegittima</strong>. Sul crinale processuale, il Tar precisa che <strong>in tema di valutazione delle prove</strong> nel processo amministrativo, in caso di <strong>mancata controdeduzione della parte resistente</strong> alla <strong>perizia giurata</strong> prodotta dalla parte ricorrente, trova applicazione il <strong>principio di non contestazione</strong>, alla cui stregua i <strong>fatti non contestati</strong> confluiscono nel concetto di <strong>prova,</strong> l’organo giudicante potendo <strong>disporre un’attività istruttoria solo</strong> se la parte costituita <strong>abbia contestato specificamente le prospettazioni avversarie</strong>, senza tuttavia portare <strong>adeguati mezzi di prova</strong> a supporto delle controdeduzioni presentate (art. 64 <a href="http://www.lexitalia.it/n/2369">c.p.a.</a>).</p> <p style="text-align: justify;">Il 01 dicembre esce la sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento n.319 alla cui stregua è <strong>da assumersi nullo</strong> il <strong>bando di una gara</strong> per servizi intellettuali (nella specie, servizi assicurativi) nella parte in cui è stata prevista la <strong>sanzione automatica dell’esclusione</strong> dalla gara nel caso di <strong>mancata indicazione degli oneri aziendali per la sicurezza</strong> nell’offerta. Infatti tale disciplina <strong>contrasta</strong> con <strong>l’art. 83, comma 8</strong>, del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">decreto legislativo n. 50/2016</a> (nella parte in cui dispone che “<em>I bandi e le lettere di invito <strong>non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione</strong> rispetto a quelle previste dal <strong>presente codice</strong> e da <strong>altre disposizioni di legge vigenti</strong>. Dette prescrizioni sono <strong>comunque nulle</strong></em>”), e ciò in quanto né nel <strong>codice dei contratti</strong>, né nella <strong>legislazione provinciale</strong> si rinvengono <strong>disposizioni</strong> che pongano, a pena di <strong>esclusione</strong>, l’obbligo di indicare gli <strong>oneri aziendali per la sicurezza </strong>e, sotto altro profilo, ; l’art. 95, comma 10, del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">decreto legislativo n. 50/2016</a>, come modificato dal <a href="http://www.lexitalia.it/n/3373">decreto legislativo n. 56/2017</a>, <strong>esonera espressamente</strong> i concorrenti <strong>dall’indicazione degli oneri aziendali</strong> per la <strong>sicurezza</strong> laddove l’appalto abbia ad oggetto “<strong><em>servizi di natura intellettuale</em></strong>”.</p> <p style="text-align: justify;">L’11 dicembre esce la sentenza della V sezione del Tar Campania n. 5815 che dichiara <strong>illegittima</strong> la <strong>clausola di un bando</strong> per l’affidamento di un <strong>appalto di servizi</strong> (nella specie, servizio triennale di trasporto infermi in emergenza 118) che <strong>esclude dalla partecipazione</strong> ad alcuni lotti <strong>gli enti e/o associazioni non aventi scopo di lucro ovvero di volontariato</strong>, inserita dalla P.A. <strong>nella <em>lex specialis</em></strong>, ritenendo che <strong>non può imporsi</strong> a tali associazioni <strong>l’obbligatoria assunzione di personale dipendente</strong> secondo la <strong>c.d. clausola sociale</strong> traducendosi, quest’ultima, in una <strong>indebita ingerenza nella relativa struttura organizzativa</strong>, tale da <strong>alterarne la natura soggettiva</strong>; in tal caso infatti, per il Collegio, <strong>l’Amministrazione appaltante</strong>, nell’<strong>escludere <em>tout court</em></strong> la partecipazione alla gara delle <strong>associazioni di volontariato</strong> sul presupposto dell’<strong>impossibilità di imporre loro l’osservanza della predetta clausola</strong>, ha <strong>illegittimamente trasformato</strong> una <strong>condizione di esecuzione del servizio</strong> in <strong>requisito di partecipazione</strong>, peraltro, introducendo, in violazione del <strong>principio di tassatività di cui all’art. 80</strong> del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. n. 50/2016</a>, una inammissibile <strong>causa di esclusione atipica e astratta</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 dicembre esce la sentenza della I sezione del Tar Sicilia n.2942 alla cui stregua nell’<strong>interpretazione degli atti amministrativi</strong>, ivi compreso il <strong>bando di una gara pubblica</strong>, occorre fare applicazione delle <strong>medesime regole ermeneutiche</strong> previste <strong>dall’art. 1362 e ss. c.c.</strong> per l’interpretazione dei <strong>contratti</strong>, tra di esse assumendo <strong>carattere preminente</strong> quella collegata <strong>all’interpretazione letterale</strong> in quanto <strong>compatibile</strong> con il provvedimento amministrativo. Tanto premesso, per il Collegio laddove il <strong>bando di una gara indetta</strong> per l’affidamento di un appalto di lavori <strong>preveda espressamente</strong> che <strong>non sono ammesse varianti progettuali</strong>, deve ritenersi <strong>illegittima</strong> per <strong>violazione della <em>lex specialis</em></strong> l’aggiudicazione della gara stessa <strong>ad una ditta</strong> che ha presentano un <strong>progetto recante una variante effettiva</strong> al <strong>progetto esecutivo</strong> posto a base di gara.</p> <p style="text-align: justify;">Il 21 dicembre esce la sentenza della I sezione del Tar Friuli Venezia Giulia n.406 onde è da assumersi <strong>illegittima la esclusione di un ditta</strong> da una gara di appalto,che sia <strong>motivata</strong> con riferimento al fatto che, in <strong>asserita violazione del bando di gara</strong> – laddove impone <strong>un’accettazione piena e incondizionata della <em>lex specialis</em></strong> – la medesima ditta ha <strong>allegato all’offerta</strong> una <strong>dichiarazione</strong> con la quale ha manifestato la <strong>volontà di non prestare acquiescenza al bando</strong> e al disciplinare di gara, in particolare, nella parte in cui tali atti indicano quale criterio di scelta del contraente <strong>quello del minor prezzo</strong>, <strong>non potendosi</strong> per il Collegio <strong>escludere una ditta da una procedura di evidenza pubblica</strong> per il <strong>solo fatto</strong> che abbia <strong>semplicemente fatto riserva </strong>di <strong>eventualmente esercitare</strong> il <strong>diritto di difesa</strong> costituzionalmente riconosciutogli.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2018</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 gennaio esce la sentenza della I sezione del Tar Lombardia n.28 onde tutte le <strong>disposizioni</strong> che in qualche modo regolano i <strong>presupposti</strong>, lo <strong>svolgimento</strong> e la <strong>conclusione della gara</strong> per la scelta del contraente, siano esse contenute <strong>nel bando</strong> ovvero nella <strong>lettera d’invito</strong> e nei relativi <strong>allegati</strong> (capitolati, convenzioni e simili), <strong>concorrono a formarne la disciplina</strong> e ne costituiscono, nel <strong>relativo insieme</strong>, la <strong><em>lex specialis</em></strong>; la <strong>lettera di invito</strong> è quindi per il Tar un atto <strong>che concorre</strong>, insieme al bando di gara, a formare la <em>lex specialis</em> della procedura e, in quanto tale, ben può <strong>integrare</strong> il bando stesso.</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 gennaio esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.187, alla cui stregua in caso di <strong>plurime possibili interpretazioni</strong> di una <strong>clausola della <em>lex specialis</em> di gara</strong> (in particolare, una avente quale effetto <strong>l’esclusione dalla</strong> <strong>gara</strong> e l’altra tale da <strong>consentire la permanenza</strong> del concorrente in seno alla gara medesima), <strong>non può legittimamente</strong> aderirsi all’<strong>opzione</strong> che, ove condivisa, comporterebbe <strong>l’esclusione</strong> dalla gara, dovendo piuttosto essere favorita <strong>l’ammissione del più elevato numero di concorrenti</strong>, in nome del <strong>principio del <em>favor partecipationis</em></strong> e dell’interesse pubblico al <strong>più ampio confronto concorrenziale</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 17 gennaio esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.279 alla cui stregua la possibilità di <strong>prevedere nel bando di gara</strong> anche <strong>elementi di valutazione dell’offerta tecnica</strong> di tipo <strong>soggettivo</strong> riguarda <strong>solo gli appalti di servizi</strong> e sempre che ricorrano <strong>determinate condizioni</strong>, come nel caso in cui <strong>aspetti dell’attività dell’impresa</strong> partecipante possano <strong>effettivamente illuminare la qualità dell’offerta</strong> (peraltro, il Consiglio precisa che lo <strong>specifico punteggio assegnato</strong>, ai fini dell’aggiudicazione, per <strong>attività analoghe</strong> a quella oggetto dell’appalto, <strong>non deve incidere in maniera rilevante</strong> sulla determinazione del <strong>punteggio complessivo</strong>). Muovendo da queste premesse, per il Collegio è da intendersi <strong>illegittima</strong> una <strong>clausola di un bando</strong> (nella specie per la concessione del servizio del gestione di un parco pubblico e dell’impianto sportivo sito al suo interno) che attribuisca una <strong>parte preponderante e significativa</strong> del punteggio (ben 70 punti su 80) all’<strong>esperienza pregressa</strong> dei concorrenti, attribuendo al <strong>progetto di gestione</strong> dell’impianto soltanto un massimo di 10 punti; l’avere inserito tra i <strong>requisiti di valutazione dell’offerta</strong> il <strong>requisito di esperienza</strong> dell’impresa, attribuendo a tale profilo un <strong>punteggio preponderante</strong>, porterebbe infatti per il Collegio <strong>inevitabilmente a confondere</strong> i <strong>requisiti soggettivi di partecipazione</strong> alla gara con gli <strong>elementi e i criteri oggettivi</strong> di <strong>valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa</strong>, in violazione della pertinente <strong>normativa comunitaria e nazionale</strong> in materia di appalti pubblici. Con l’occasione il Consiglio di Stato rappresenta che gli eventuali <strong>chiarimenti</strong> forniti dalla <strong>Stazione appaltante</strong> ed aventi ad oggetto il <strong>contenuto del bando e degli atti allegati</strong> devono intendersi <strong>ammissibili</strong> purché <strong>non modifichino la disciplina</strong> dettata per lo <strong>svolgimento della gara</strong>, siccome <strong>cristallizzata nella<em> lex specialis</em></strong>, avendo i medesimi una <strong>mera funzione di illustrazione</strong> di <strong>regole già formate e predisposte</strong> dalla disciplina di gara, senza veruna <strong>incidenza</strong> in termini di <strong>modificazione o integrazione</strong> delle condizioni di gara; la ridetta ammissibilità (dei chiarimenti) va invece <strong>esclusa</strong> allorquando, mediante <strong>l’attività interpretativa</strong>, si giunga ad attribuire ad una disposizione del bando <strong>un significato ed un portata diversa o maggiore</strong> rispetto a quella che <strong>risulta dal testo</strong>, in quanto in tema di gare d’appalto <strong>le uniche fonti della procedura</strong> sono costituite dal <strong>bando di gara</strong>, dal <strong>capitolato</strong> e dal <strong>disciplinare</strong>, unitamente agli <strong>eventuali allegati</strong>, onde i <strong>chiarimenti auto-interpretativi</strong> della stazione appaltante non possono per il Collegio <strong>né modificarle, né integrarle</strong>, assumendo carattere vincolante per la Commissione giudicatrice, dette fonti dovendo piuttosto <strong>essere interpretate ed applicate</strong> per quello che <strong>oggettivamente prescrivono</strong>, senza che possano acquisire rilevanza <strong>atti interpretativi postumi</strong> della stazione appaltante.</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 gennaio esce la sentenza della III sezione del Tar Toscana n.76, alla cui stregua le <strong>stazioni appaltanti</strong> hanno il <strong>potere di fissare</strong> nella <strong><em>lex specialis</em></strong> i <strong>parametri di capacità tecnica</strong> dei partecipanti e i <strong>requisiti soggettivi specifici</strong> di partecipazione attraverso l’esercizio di un’<strong>ampia discrezionalità</strong>, fatti salvi i <strong>limiti</strong> imposti dai <strong>principi di ragionevolezza e proporzionalità</strong>, i quali consentono il <strong>sindacato giurisdizionale</strong> sull’idoneità ed adeguatezza delle <strong>clausole del bando</strong> rispetto alla <strong>tipologia</strong> e all’<strong>oggetto</strong> dello <strong>specifico appalto;</strong> ne consegue per il Tar che l’Amministrazione è <strong>legittimata ad introdurre disposizioni</strong> atte a <strong>limitare la platea dei concorrenti</strong> al fine di <strong>consentire la partecipazione</strong> alla gara stessa di <strong>soggetti particolarmente qualificati</strong>, ma ciò solo quando <strong>tale scelta non sia eccessivamente</strong> od <strong>irragionevolmente limitativa</strong> della concorrenza, in quanto <strong>correttamente esercitata</strong> attraverso la previsione di <strong>requisiti pertinenti e congrui</strong> rispetto allo scopo perseguito. Muovendo da questo presupposto, nel caso di specie il Tar giudica <strong>illegittima</strong> la clausola del bando indetto per l’affidamento del <strong>servizio di fornitura dei filtri assoluti</strong> per <strong>impianti idrici di distribuzione di acqua</strong> destinata a <strong>uso umano</strong> presso Aziende Sanitarie, nella parte in cui richiede, a pena di esclusione, che i filtri oggetto della fornitura debbano possedere la “<em>marcatura CE (Dispositivi Medici – Direttiva CE 93/42)</em> e ciò in quanto tale marcatura <strong>è prevista dalla legge</strong> per i <strong>dispositivi medici</strong>, laddove i suddetti filtri <strong>non sono annoverabili</strong> tra i dispositivi medici, con la conseguenza onde la pertinente clausola della <em>lex specialis </em><strong>non è conforme a legge</strong>, presenta <strong>natura escludente</strong> ed è <strong>autonomamente lesiva</strong>, palesandosi <strong>eccessivamente restrittiva della concorrenza</strong>, ovvero comunque <strong>limitativa della partecipazione alla gara</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 22 gennaio esce la sentenza della I sezione del Tar Umbria n.56, che – dopo aver premesso che nelle <strong>procedure di evidenza pubblica</strong> gli <strong>oneri di sicurezza</strong> per le <strong>interferenze</strong>, la cui misura va predeterminata dalla stazione appaltante, vanno <strong>tenuti distinti</strong> dagli <strong>oneri di sicurezza da rischio specifico</strong>, cd. interni o aziendali, la cui quantificazione spetta <strong>ad ogni concorrente</strong> in rapporto alla propria offerta economica. – rappresenta come l’<strong>art. 95, c. 10</strong>, del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">D.lgs. n. 50/2016</a>, in senso <strong>innovativo</strong> rispetto al regime di cui al <a href="http://www.lexitalia.it/n/1686">D.lgs. 163/2006</a>, abbia imposto <strong>l’obbligo per tutti gli operatori economici</strong> di indicare in sede di offerta economica i <strong>propri costi della manodopera</strong> e gli <strong>oneri aziendali</strong> concernenti <strong>l’adempimento delle disposizioni</strong> in materia di <strong>salute e sicurezza sui luoghi di lavoro</strong> (ad esclusione delle <strong>forniture senza posa in opera</strong>, dei <strong>servizi di natura intellettuale</strong> e degli affidamenti ai sensi dell’art. 36, comma 2, lettera a del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">D.lgs. n. 50/16</a>); tale obbligo <strong>sussiste anche</strong> in ipotesi di <strong>silenzio del bando</strong>, da ritenersi per il Tar <strong>sul punto eterointegrato</strong>, con conseguente <strong>esclusione del concorrente silente</strong>, <strong>non</strong> potendosi ricorrere nemmeno al <strong>soccorso istruttorio</strong> – diversamente dal sistema previgente – trattandosi di indicazione costituente <strong>elemento essenziale dell’offerta</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 23 gennaio esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.430 alla cui stregua in caso di <strong>gara</strong> per l’affidamento della <strong>progettazione esecutiva</strong> e <strong>l’esecuzione</strong> di <strong>lavori</strong>, l’obbligo di allegare all’offerta le relazioni specialistiche di cui agli artt. 24 ss. del <a href="http://www.lexitalia.it/n/2072">d.P.R. n. 207 del 2010</a> ed in particolare <strong>la relazione geologica</strong> va <strong>espressamente previsto dalla <em>lex specialis</em></strong> della gara e <strong>non può derivare automaticamente</strong> dalla <strong>c.d. eterointegrazione</strong> della normativa di gara ad opera degli artt. 24, 26 e 35 del regolamento di esecuzione al previgente codice dei contratti pubblici di cui al <a href="http://www.lexitalia.it/n/2072">d.P.R. n. 207 del 2010</a>, la formulazione delle richiamate norme deponendo per il <strong>carattere solo eventuale</strong> delle <strong>relazioni specialistiche</strong> in sede di progettazione (definitiva od esecutiva).</p> <p style="text-align: justify;">Il 31 gennaio esce la sentenza del sezione III quater del Tar Lazio n. 1113, in caso di <strong>gara assoggettata</strong> alle disposizioni dell’<strong>art. 95, comma 10</strong>, del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. n. 50 del 2016</a>, grava in capo all’offerente un <strong>ineludibile obbligo legale</strong> di indicare i <strong>propri costi aziendali</strong> concernenti l’adempimento delle <strong>disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro</strong>, da assolvere necessariamente <strong>già in sede di predisposizione dell’offerta economica</strong>, proprio al fine di garantire la <strong>massima trasparenza</strong> dell’offerta economica medesima nelle relative <strong>varie componenti</strong>, evitando che la stessa possa essere <strong>modificata <em>ex post</em></strong> nelle componenti di costo in sede di <strong>verifica dell’anomalia</strong>, con possibile <strong>alterazione dei costi della sicurezza</strong> al fine di rendere sostenibili e quindi giustificabili le voci di costo riferite alla fornitura del servizio o del bene. A questo proposito, sottolinea precipuamente il Collegio, <strong>anche in assenza</strong> di un’<strong>esplicita previsione di richiamo</strong> alla <strong>norma imperativa e cogente</strong> dell’art. 95, comma 10, del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. n. 50 del 2016</a> («<em>nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro</em>»), deve assumersi operativo <strong>l’istituto della eterointegrazione del bando di gara</strong>, in base alla normativa in materia, <strong>analogamente</strong> a quanto avviene <strong>nel diritto civile</strong> ai sensi degli <strong>artt. 1374 e 1339</strong> c.c., il quale <strong>colma in via suppletiva</strong> le eventuali lacune del provvedimento adottato dalla pubblica amministrazione. Quello stesso giorno esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n.643 onde è da assumersi <strong>illegittima la determinazione della stazione appaltante</strong> di portare a conclusione l’originaria gara <strong>la cui <em>lex specialis</em></strong> conteneva una <strong>clausola nulla</strong> che abbia <strong>influito sulla concorrenza</strong>; in tal caso infatti per il Collegio la stazione appaltante ha <strong>illegittimamente ignorato l’efficacia fattuale</strong> (in senso <strong>distorsivo della concorrenza</strong>) rivestita dalla <strong>clausola <em>de qua</em></strong> nello svolgimento della gara medesima e l’ha aggiudicata – quando peraltro <strong>già</strong> questa clausola era stata <strong>dichiarata nulla, con sentenza passata in giudicato</strong> – al soggetto che di tale effetto distorsivo aveva potuto <strong>avvantaggiarsi</strong>, formulando, sempre in sede della gara originaria, <strong>un’offerta non conforme</strong> alla suddetta clausola.</p> <p style="text-align: justify;">Il 01 febbraio esce la sentenza della II sezione del Tar Sicilia, Catania, n.264, onde nel caso in cui <strong>la <em>lex specialis</em></strong> della gara di appalto <strong>non prescriva espressamente</strong> di indicare gli <strong>oneri di sicurezza aziendale</strong> nell’offerta previsti dall’<strong>art. 95, comma 10</strong>, del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">D.L.vo n. 50/2016</a>, deve ritenersi che, nel caso di <strong>omessa indicazione</strong> di detti oneri nell’offerta, <strong>non</strong> possa farsi luogo <strong>automaticamente all’esclusione</strong> dalla gara dell’offerta stessa, potendosi invece farsi ricorso al <strong>soccorso istruttorio</strong>. Su altro crinale, per il Tar laddove la <strong><em>lex specialis</em></strong> della gara <strong>preveda genericamente</strong> che il <strong>patto di integrità</strong> va <strong>sottoscritto</strong>, non può assumersi la <strong>mancata sottoscrizione</strong> di esso “<strong><em>in ogni sua pagina</em></strong>” quale causa di <strong>esclusione</strong>, tenuto anche conto che <strong>l’art. 1, comma 1° della legge n. 190/2012</strong> è finalizzato a sanzionare con <strong>l’espulsione dalla gara</strong> la <strong>violazione sostanziale</strong> delle “<em>clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità</em>”, la mancata sottoscrizione “<em>in ogni sua pagina</em>” costituendo piuttosto <strong>un’irregolarità meramente estrinseca</strong>, sanabile con il <strong>soccorso istruttorio</strong>. Infine, per il Tar <strong>ogni contestazione</strong> concernente la <strong>pretesa illegittimità dei criteri di aggiudicazione</strong> previsti dall’art. 95 del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">D.lgs. n. 50/2016</a> deve costituire oggetto di <strong>immediata impugnazione</strong>, in quanto incidente sulle <strong>regole della competizione concorrenziale</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 7 febbraio esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n.781 alla cui stregua nelle <strong>gare pubbliche di appalto</strong>, allorché sussista una <strong>situazione di obiettiva incertezza</strong> dipendente dal fatto che le <strong>clausole della <em>lex specialis</em></strong> risultano <strong>malamente formulate</strong> o si prestano comunque ad <strong>incertezze interpretative</strong> o siano <strong>equivoche</strong>, la P.A. appaltante <strong>legittimamente può fornire chiarimenti</strong> onde in simili ipotesi la risposta dell’Amministrazione appaltante ad una <strong>richiesta di chiarimenti</strong> avanzata dai concorrenti <strong>non costituisce un’indebita</strong> e perciò illegittima <strong>modifica delle regole di gara</strong>, atteggiandosi piuttosto a <strong>sorta d’interpretazione autentica</strong> con cui la stazione appaltante <strong>chiarisce la propria volontà provvedimentale</strong> in un primo momento <strong>poco intelligibile</strong>, precisando e <strong>meglio delucidando</strong> le previsioni della <em>lex specialis</em> medesima. Per il Collegio peraltro i <strong>chiarimenti</strong> circa le <strong>modalità applicative della <em>lex specialis</em></strong> originariamente ambigua, siccome forniti dalla P.A. appaltante, <strong>operano a beneficio di tutti</strong>, e - laddove <strong>trasparenti</strong>, <strong>tempestivi</strong>, ispirati al <strong>principio del favor partecipationis</strong> e <strong>resi pubblici</strong> - non comportano, se giustificati da un <strong>oggettiva incertezza della legge di gara</strong>, alcun <strong>pregiudizio</strong> per gli aspiranti offerenti, tale da rendere <strong>preferibile</strong>, a dispetto del <strong>principio di economicità</strong>, <strong>l’autoannullamento del bando</strong> e la relativa <strong>ripubblicazione</strong>. Quel medesimo giorno esce anche la sentenza della II sezione del Tar Sardegna n. 79, alla cui stregua va giudicato <strong>illegittimo per incompetenza</strong> il <strong>decreto dell’Assessore</strong> degli Affari Generali, Personale e Riforma della Regione della Regione Autonoma della <strong>Sardegna</strong> con cui è stato <strong>approvato il bando del concorso per titoli ed esami</strong> per l’assunzione a tempo indeterminato di <strong>dirigenti</strong>, atteso che, in base alla <strong>legislazione regionale in materia</strong>, la competenza ad adottare tale atto è <strong>dei Dirigenti</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 19 febbraio esce la sentenza della III sezione del Tar Sicilia, Catania, n.389, alla cui stregua – tra le altre cose - nelle gare pubbliche <strong>l’onere di immediata impugnazione del bando</strong> non può ritenersi <strong>limitato solo</strong> ai <strong>requisiti prescritti per la partecipazione</strong> alla procedura comparativa, ma investe anche <strong>l’asserita insufficienza</strong>, rispetto al <strong>costo del lavoro</strong>, dell’<strong>importo onnicomprensivo</strong> posto a base di gara in relazione alle prescritte <strong>quantità e qualità delle prestazioni richieste</strong>, così incidendo direttamente sulla <strong>formulazione dell’offerta</strong> e impedendone la <strong>corretta e consapevole elaborazione</strong>. Quello stesso giorno esce anche la sentenza della III sezione del Tar Toscana n.282 che afferma sussistere <strong>l’onere d’immediata impugnazione</strong> del bando di una <strong>gara pubblica</strong> per contestare <strong>clausole impeditive dell’ammissione</strong> dell’interessato alla gara, o anche <strong>solo impositive</strong>, ai fini della partecipazione, di <strong>oneri manifestamente incomprensibili</strong> o <strong>del tutto sproporzionati per eccesso</strong> rispetto ai contenuti della procedura concorsuale, ovvero che rendano <strong>ingiustificatamente più difficoltosa</strong>, per i concorrenti, la <strong>partecipazione alla gara</strong>; in particolare, per il Tar, sussiste <strong>l’onere di immediata impugnazione del bando</strong> allorché si lamenti che <strong>molteplici clausole della legge di gara</strong> siano state <strong>ritagliate su misura</strong> per <strong>favorire l’aggiudicazione</strong> in capo ad una determinata impresa attraverso una <strong>articolata disciplina</strong> che impone <strong>oneri di partecipazione e caratteristiche dell’offerta</strong> tali da <strong>snaturare i principi di concorrenzialità</strong> dando luogo al cosiddetto “<strong><em>bando-fotografia</em></strong>”.</p> <p style="text-align: justify;">Il 01 marzo esce la sentenza della I sezione del Tar Campania n.1334 che dichiara <strong>illegittimo</strong>, per violazione dell’art. 50 del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, come modificato dall’articolo 33, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 19 aprile 2017 n. 56, applicabile <em>ratione temporis</em>, il <strong>bando di una gara</strong> indetta per l’affidamento di un <strong>appalto di servizi</strong> nel caso in cui, nonostante il contratto sia <strong>qualificabile come ‘<em>ad alta intensità di manodopera</em>’</strong>, la P.A. abbia <strong>omesso di inserire</strong> nella <em>lex specialis</em> <strong>specifiche clausole sociali</strong> volte a promuovere la <strong>stabilità occupazionale</strong> del personale impiegato.</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 marzo esce la sentenza della sezione II bis del Tar Lazio n.2555 alla cui stregua nelle <strong>gare pubbliche</strong> il noto principio di <strong>tassatività delle cause di esclusione</strong> comporta che l’esclusione dalla gara può essere disposta <strong>in modo legittimo solo</strong> quando il concorrente abbia <strong>violato previsioni poste a tutela degli interessi sostanziali della P.A.</strong> o a <strong>protezione della <em>par condicio</em> tra i concorrenti</strong>; il suddetto principio è da intendersi per il Tar finalizzato a <strong>ridurre gli oneri formali</strong> gravanti sulle <strong>imprese partecipanti</strong> a procedure di affidamento, quando questi <strong>non siano strettamente necessari</strong> a raggiungere gli <strong>obiettivi perseguiti</strong> attraverso gli schemi dell’evidenza pubblica, conducendo a <strong>privare di rilievo giuridico</strong>, attraverso la sanzione della <strong>nullità testuale</strong>, tutte quelle <strong>ragioni di esclusione dalle gare </strong>che si rivelino <strong>incentrate</strong> non già sulla <strong>qualità della dichiarazione</strong>, quanto piuttosto sulle <strong>forme con cui questa viene esternata</strong>, in quanto <strong>non ritenute conformi</strong> a quelle previste dalla stazione appaltante nella <em>lex specialis</em>. Il Tar ribadisce poi come con il principio di <strong>tassatività delle cause di esclusione</strong> il legislatore ha <strong>ridotto la discrezionalità della stazione appaltante</strong> nella c.d. (auto)regolamentazione del <strong>soccorso istruttorio</strong>, atteso che essa <strong>non ha più il potere di inserire nel bando</strong>, al di fuori della <strong>legge</strong>, la previsione che un <strong>determinato adempimento sostanziale</strong>, <strong>formale o documentale</strong> sia richiesto a <strong>pena di esclusione</strong>, così <strong>eliminando in radice</strong> la possibilità per l’Amministrazione di <strong>prescindere dall’onere di una preventiva interlocuzione</strong> e di <strong>escludere il concorrente</strong> sulla base della <strong>riscontrata carenza documentale</strong>, indipendentemente da ogni <strong>verifica sulla valenza “<em>sostanziale</em>”</strong> della forma documentale risultata carente. Giungendo poi a decidere lo specifico caso ad esso sottoposto, il Collegio dichiara che <strong>non potersi disporre l’esclusione di una ditta</strong> nel caso in cui <strong>l’offerta presentata</strong> sia <strong>priva del timbro di congiunzione</strong> tra le varie pagine di cui essa si compone, atteso che l’apposizione del suddetto timbro <strong>non risulta prescritta come essenziale</strong> dal codice dei contratti o dal regolamento o da altre disposizioni vigenti ed il relativo difetto <strong>non palesandosi idoneo</strong> a determinare <strong>incertezza assoluta</strong> sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, o dubbi sulla <strong>non integrità del plico contenente l’offerta</strong> o la domanda di partecipazione o, ancora, pregiudizio al principio di segretezza delle offerte, onde <strong>un’esclusione da parte dell’Amministrazione</strong> per tale circostanza sarebbe <strong>certamente illegittima</strong> in quanto <strong>contraria al principio di tassatività</strong> delle cause di esclusione introdotto al comma 1 bis dell’art. 46 del codice dei contratti dal d.l. n. 70/2011.</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 marzo esce la sentenza della III sezione del Tar Sicilia, Catania, n.505 alla cui stregua la disposizione di cui all’<strong>art. 95, comma 10</strong>, del d.lgs. n. 50/2016 – laddove <strong>prevede espressamente</strong> che nell’<strong>offerta economica</strong> l’operatore deve indicare <strong>i propri costi della manodopera</strong> e gli <strong>oneri aziendali</strong> concernenti l’adempimento delle <strong>disposizione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro</strong> - costituisce <strong>norma imperativa di legge</strong>, non derogabile dal <strong>bando</strong>, che <strong>si inserisce direttamente nell’atto unilaterale amministrativo</strong> anche in presenza di <strong>clausole contrastanti difformi</strong> (in applicazione degli <strong>artt. 1339 e 1419</strong> c.c., pacificamente <strong>applicabili all’atto amministrativo <em>ex</em> art. 1324 c.c.</strong>), onde la eventuale <strong>omissione dell’indicazione dei detti costi ed oneri</strong> non può essere <strong>sanata</strong> mediante l’istituto del “<strong><em>soccorso istruttorio</em></strong>”, tenuto conto che in tal caso <strong>i dati omessi</strong> costituiscono <strong>requisiti essenziali dell’offerta economica</strong>, per i quali il <strong>soccorso istruttorio è espressamente escluso</strong> dall’art. 83, comma 9, del codice dei contratti pubblici.</p> <p style="text-align: justify;">Il 14 marzo esce la sentenza della III sezione del Tar Sicilia, Catania, n.544, onde devono considerarsi ‘<strong><em>immediatamente escludenti’</em></strong> (anche) clausole <strong>non afferenti ai requisiti soggettivi</strong>, ma attinenti alla <strong>formulazione dell’offerta</strong>, sia sul piano <strong>tecnico</strong> che <strong>economico</strong> laddove dette clausole rendano <strong>realmente impossibile</strong> la presentazione dell’offerta medesima; le disposizioni <strong>abnormi o irragionevoli</strong> che rendano <strong>impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica</strong> ai fini della partecipazione alla gara; le clausole che prevedano <strong>abbreviazioni irragionevoli dei termini</strong> per la presentazione dell’offerta; ovvero contemplino <strong>condizioni negoziali</strong> che rendano il <strong>rapporto contrattuale eccessivamente oneroso</strong> e obiettivamente <strong>non conveniente</strong>. Quello stesso giorno esce anche al sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n. 1643, alla cui stregua va premesso come <strong>nel giudizio amministrativo</strong> debba essere <strong>tenuta rigorosamente ferma la netta distinzione</strong> tra la <strong>titolarità di una posizione sostanziale differenziata</strong> che abilita un determinato soggetto <strong>all’esercizio dell’azione</strong> (<strong>legittimazione</strong> al ricorso) e <strong>l’utilità ricavabile</strong> dall’accoglimento della <strong>domanda di annullamento</strong> (<strong>interesse</strong> al ricorso), anche prescindendo dal carattere “finale” o “strumentale” di tale vantaggio, la <strong>legittimazione al ricorso</strong> presupponendo il riconoscimento della esistenza di una <strong>situazione giuridica attiva</strong>, <strong>protetta</strong> dall’ordinamento, riferita ad un <strong>bene della vita oggetto della funzione</strong> svolta dall’amministrazione o da un <strong>soggetto ad essa equiparato</strong>, dovendosi in proposito assumer che - in sé considerata - la <strong>semplice possibilità di ricavare</strong> dalla invocata decisione di accoglimento una <strong>qualche utilità pratica</strong>, indiretta ed eventuale, <strong>non dimostra</strong> la sussistenza della <strong>posizione legittimante</strong>. Fatta questa premessa, il Collegio ribadisce che nelle <strong>gare pubbliche</strong> è necessario procedere all’<strong>impugnazione immediata</strong> dei relativi <strong>atti d’indizione</strong> quando si lamenti che le relative clausole <strong>impediscano</strong>, indistintamente per tutti i concorrenti, una <strong>corretta e consapevole elaborazione della propria proposta</strong>, pregiudicando così il <strong>corretto esplicarsi della gara,</strong> circostanza predicabile in presenza di <strong>previsioni dell’atto indittivo della gara</strong> la cui <strong>genericità</strong> impedisca la formulazione delle offerte e l’individuazione dei <strong>parametri di giudizio della Commissione</strong>, oppure in presenza di clausole che <strong>rendano la partecipazione estremamente difficoltosa</strong> o addirittura <strong>impossibile</strong>; o che impongano <strong>obblighi contrari alla legge</strong>; o ancora che prevedano <strong>abbreviazioni irragionevoli dei termini</strong> per la presentazione dell’offerta; o che rendano <strong>impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica</strong> ai fini della partecipazione alla gara; o che prevedano <strong>condizioni negoziali</strong> tali da rendere <strong>il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso </strong>e obiettivamente <strong>non conveniente</strong>. Fermi questi principi, è tuttavia <strong>inammissibile</strong> per il Collegio un ricorso innanzi al T.A.R. <strong>proposto direttamente contro il bando di gara</strong> ove l’impresa ricorrente <strong>non solo non abbia dimostrato</strong> l’esistenza di <strong>clausole escludenti</strong>, ma anche laddove la stessa <strong>non abbia differenziato la propria posizione</strong> rispetto a quella degli <strong>altri operatori</strong>, rimanendo <strong>estranea alla gara</strong>, ovvero non abbia affermato nel concreto la <strong>potenziale utilità della spiccata domanda</strong>,; il relativo interesse dovendo essere qualificato quale <strong>interesse di mero fatto</strong> e <strong>non palesandosi diverso</strong> da quello di <strong>qualsiasi operatore del settore</strong> che, <strong>non avendo partecipato</strong> alla gara, <strong>non ha titolo a impugnarne</strong> gli atti, pur essendo portatore di un <strong>interesse di mero fatto</strong> alla <strong>caducazione dell’intera selezione</strong>. Il Collegio precisa come nel giudizio amministrativo la sussistenza di un <strong>interesse strumentale</strong>, consistente nella <strong>mera rimessa in discussione</strong> del <strong>rapporto controverso</strong> per effetto della <strong>rinnovazione dell’atto lesivo</strong>, appare <strong>sufficiente</strong> a radicare <strong>l’interesse al ricorso</strong>, purché tuttavia il procedimento sia <strong>potenzialmente suscettibile di concludersi in senso favorevole</strong> al ricorrente, e dunque purché possa predicarsi di quest’ultimo la <strong>legittimazione a ricorrere</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 marzo esca la sentenza della III sezione del Tar Lazio n.3002 onde la <strong>pubblicazione di un bando di gara</strong> che, in asserita violazione dell’<strong>art. 51</strong> del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. n. 50 del 2016</a>, prevede <strong>un lotto unico</strong> deve intendersi avere <strong>valore immediatamente escludente</strong> rispetto alla <strong>domanda di partecipazione</strong> alla gara stessa, in tal caso dunque <strong>già la pubblicazione del bando</strong> generando una <strong>lesione della situazione giuridica</strong> per chi <strong>intenderebbe partecipare</strong> alla competizione e non è in condizioni di farlo a causa della <strong>barriera all’ingresso</strong> a <strong>quello specifico mercato</strong> provocata da <strong>clausole del bando per lui insuperabili</strong> perché <strong>immediatamente escludenti</strong> o che <strong>assume irragionevoli o sproporzionate per eccesso, </strong>con connesso <strong>arresto procedimentale</strong> palesandoglisi <strong>inconfigurabili successivi atti applicativi utili</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 19 marzo esce la sentenza della Sezione III quater del Tar Lazio n.3081 che dichiara legittimo l’operato della <strong>commissione di gara</strong> la quale, in sede di <strong>verifica delle offerte anomale</strong>, abbia <strong>disapplicato</strong> – ritenendola <strong>nulla</strong> – una <strong>clausola del disciplinare di gara</strong> la quale prevede testualmente che: «<em>Saranno considerate inammissibili, ai sensi dell’art. 87 [in realtà art. 97, come chiarito successivamente dalla s.a.], comma 6 D.Lgs. 50/2016 e pertanto automaticamente escluse, le offerte nelle quali il costo medio orario del lavoro risulti inferiore al costo stabilito dal CCNL …</em>”. Per il Tar la previsione <strong>dell’esclusione dalla gara</strong> del concorrente che avesse offerto un <strong>«<em>costo medio orario del lavoro</em>» inferiore</strong> a quello previsto nei <strong>contratti collettivi</strong> di riferimento e quindi alle <strong>tabelle ministeriali</strong> di riferimento allegate al d.m. 2 agosto 2010, contenuta nel disciplinare della gara, integra un’ipotesi di <strong>prescrizione della<em> lex specialis</em></strong> a pena di esclusione <strong>ulteriore</strong> rispetto a <strong>quelle tassativamente previste dal codice</strong> dei lavori pubblici, in quanto tale sanzionata di <strong>nullità rilevabile d’ufficio</strong> dal giudice ai sensi degli artt. 83, comma 8, ultimo periodo, <strong><a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. n. 50/2016</a></strong> e 31, comma 4, secondo periodo, <a href="http://www.lexitalia.it/n/2369">c.p.a.</a></p> <p style="text-align: justify;">Il 26 marzo esce la sentenza della III sezione del Tar Veneto n.348 onde, nella materia degli <strong>appalti pubblici</strong>, di regola <strong>i bandi, i disciplinari, i capitolati speciali di gara e le relative lettere di invito</strong> vanno impugnati <strong>unitamente agli atti</strong> che di essi <strong>fanno applicazione</strong>, in quanto solo <strong>in tale secondo momento</strong> diventa <strong>attuale e concreta</strong> la lesione della situazione soggettiva dell’interessato: è invece necessario procedere <strong>all’impugnativa immediata</strong> degli atti di indizione della gara quando le clausole <strong>impediscano la partecipazione</strong> alla procedura selettiva di un potenziale concorrente ovvero quando si afferma che <strong>impediscano una corretta e consapevole elaborazione</strong> della <strong>proposta economica</strong>, tale da <strong>rendere impossibile</strong> quel <strong>calcolo di convenienza economica</strong> che ogni impresa deve essere in condizione di poter effettuare <strong>all’atto di valutare se partecipare o meno</strong> a una gara pubblica.</p> <p style="text-align: justify;">Il 5 aprile esce la sentenza della III sezione del Tar Toscana n.478, alla cui stregua sussiste <strong>l’onere d’immediata impugnazione</strong> del bando di gara per contestare <strong>clausole impeditive dell’ammissione</strong> dell’interessato alla gara, o anche <strong>solo impositive</strong>, ai fini della <strong>partecipazione</strong>, di <strong>oneri manifestamente incomprensibili</strong> o <strong>del tutto sproporzionati per eccesso</strong> rispetto ai contenuti della procedura concorsuale, ovvero che <strong>rendano ingiustificatamente più difficoltosa</strong>, per i concorrenti, la <strong>partecipazione alla gara</strong>, <strong>favorendo</strong> in tal modo qualcun’altro tra i potenziali concorrenti.</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 aprile esce la sentenza della IV sezione del Tar Lombardia n.963 alla cui stregua è da assumersi <strong>illegittima</strong> la <strong><em>lex specialis</em> di una gara di appalto</strong> nella parte in cui prevede una <strong>clausola sociale</strong> che, per come è formulata, <strong>non si limita</strong> ad assicurare i <strong>livelli occupazionali</strong>, ma si traduce in una <strong>vera e propria sostituzione indebita</strong> nella <strong>struttura organizzativa</strong> e nelle <strong>scelte imprenditoriali</strong> degli operatori economici, imponendo la <strong>tipologia di contratto di lavoro da stipulare</strong>; circostanza questa che la rende <strong>contraria alla libertà d’impresa</strong> e di <strong>organizzazione imprenditoriale</strong>, alla luce della <strong>costante interpretazione</strong> delle norme nazionali ed europee vigenti in materia siccome resa dalla giurisprudenza, quale <strong>principio fondamentale</strong> posto a <strong>tutela del mercato</strong> e della <strong>massima partecipazione alle gare pubbliche</strong> .</p> <p style="text-align: justify;">Il 26 aprile esce la sentenza dell’<strong>Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.4</strong>, che conferma <em>in primis</em> come <strong>l’operatore del settore</strong> che <strong>non abbia presentato domanda di partecipazione</strong> alla gara <strong>non può assumersi legittimato</strong> a contestare le <strong>clausole</strong> del pertinente bando, a meno che <strong>non rivestano</strong> nei relativi confronti <strong>portata escludente</strong>, <strong>precludendogli</strong> con certezza la <strong>possibilità di partecipazione</strong>. L’Adunanza <strong>conferma</strong> altresì come - anche con riferimento al <strong>vigente nuovo quadro legislativo</strong> (<strong>art.120, comma 5</strong>, del c.p.a.) in tema di <strong>impugnazione immediata di ammissioni ed esclusioni</strong> dalla gara - debba trovare <strong>persistente applicazione</strong> l’orientamento secondo il quale le <strong>clausole non escludenti</strong> del bando vanno <strong>impugnate unitamente</strong> al <strong>provvedimento che rende attuale la lesione</strong> (e dunque assieme all<strong><em>’</em></strong><strong>aggiudicazione a terzi</strong>), considerato altresì che la <strong>postergazione della tutela</strong> (avverso le clausole non escludenti del bando) al <strong>momento successivo ed eventuale</strong> della <strong>denegata aggiudicazione</strong>, secondo quanto peraltro già stabilito dalla <strong><a href="http://www.lexitalia.it/private/cds/cdsadplen_2003-1.htm">decisione dell’Adunanza plenaria n. 1 del 2003</a></strong>, non si pone certamente in <strong>contrasto</strong> con il <strong>principio di concorrenza di matrice europea</strong>, laddove essa <strong>non oblitera</strong> il ridetto principio <strong>adattandolo piuttosto</strong> alla realtà dell’<strong>incedere del procedimento</strong> nella relativa connessione con i <strong>tempi del processo</strong>. L’Adunanza chiarisce altresì come l’eventuale accoglimento della tesi opposta <strong>solo in apparenza</strong> potrebbe incidere, <strong>diminuendoli</strong>, sui <strong>tempi del processo amministrativo</strong> in termini di <strong>certezza delle relative acquisizioni</strong>, dovendosi <strong>ragionevolmente prevedere</strong> una <strong>impugnazione immediata</strong> (perché imposta) delle <strong>clausole non escludenti</strong> con <strong>carattere generalizzato</strong> e con corredo di <strong>istanza cautelare</strong>, salvo poi <strong>attendere il merito del giudizio</strong> anche nell’ottica di una <strong>verifica sul campo</strong> di <strong>chi sarà l’aggiudicatario della gara</strong> (il quale ultimo <strong>perderebbe ovviamente alfine interesse</strong> a coltivare il proprio ricorso, <strong>a differenza di tutti gli altri</strong>). Interessante la riflessione che il Collegio opera in sede di disamina del disposto di cui <strong>all’art. 211 del d.Lgs. 18 aprile 2016 n. 50</strong> - sia nel <strong>testo originario interpolato</strong> dal d.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56, che in <strong>quello vigente</strong>, siccome novellato dal d.L. 24 aprile 2017, n. 50 – e dunque con riferimento all’istituto delle <strong>raccomandazioni vincolanti dell’Autorità Nazionale Anticorruzione</strong> previsto dall’<strong>art. 211, comma 2</strong> del d. Lgs. 50/2016 e, dopo la relativa abrogazione, alla <strong>legittimazione dell’ANAC</strong> all’<strong>impugnazione dei bandi</strong>, degli <strong>altri atti generali</strong> e dei <strong>provvedimenti</strong> relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da <strong>qualsiasi stazione appaltante</strong>, qualora ritenga che essi <strong>violino le norme in materia di contratti pubblici</strong> relativi a <strong>lavori, servizi e forniture</strong>. Il Collegio rammenta come si tratti del <strong>conferimento all’ ANAC</strong> di una <strong>legittimazione processuale straordinaria</strong> al pari di quanto disposto da <strong>altre previsioni normative</strong> (rammenta in proposito gli artt. 14 comma 7, 62, 110 comma 1, 121 comma 6 e 157 comma 2 del <strong>d. Lgs. n. 58 del 1998</strong> con cui la <strong>Banca d’Italia</strong> e la <strong>Consob</strong> sono state <strong>legittimate ad impugnare le deliberazioni</strong> delle <strong>società vigilate</strong> adottate in <strong>violazione di alcune disposizioni sul diritto di voto</strong> in materia di <strong>intermediazione finanziaria</strong>; l’ art. 52, comma 4 del <strong>d. lgs. n. 446 del 1997</strong> che ha riconosciuto al <strong>Ministero delle Finanze</strong> il potere di impugnare per <strong>qualsiasi vizio di legittimità</strong> i <strong>regolamenti comunali</strong> in materia di <strong>entrate tributarie</strong>; l’art. 6 comma 10 della <strong>l. n. 168 del 1989</strong>, che ha attribuito al <strong>Ministro dell’Università e della Ricerca</strong> il <strong>potere di diretta impugnazione</strong> degli <strong>Statuti dei singoli Atenei</strong> che non si adeguino ai <strong>rilievi di legittimità</strong> dallo stesso formulati; l’art. 21 bis della legge 10 ottobre 1990, n. 287 in tema di poteri dell’<strong>Autorità Garante della concorrenza e del mercato</strong> sugli <strong>atti amministrativi</strong> che determinano <strong>distorsioni della concorrenza;</strong> l’art. 37 del d.L 6 dicembre 2011, n.201 in tema di poteri attribuiti all’<strong>Autorita’ di regolazione dei trasporti</strong> e l’art. 70 del decreto legislativo del 18 agosto 2000 n. 267 che attribuisce al <strong>Prefetto</strong> la <strong>legittimazione</strong> a far valere, in via giurisdizionale, la <strong>decadenza dalla carica</strong> di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale). Fatto questo dotto riepilogo delle fattispecie analoghe, l’Adunanza rammenta come la “<strong><em>concorrenza per il mercato</em></strong>” compendi un <strong>interesse di rango costituzionale ed europeo</strong>: trattandosi di circostanza nota, non stupisce che il legislatore abbia <strong>sentito l’esigenza</strong> di attribuire all’<strong>Autorità di vigilanza</strong> in materia <strong>poteri “<em>propri</em>”</strong> da esercitare in sede giurisdizionale; peraltro la <strong>commissione speciale del Consiglio di Stato</strong> chiamata a rendere il <strong>parere</strong> sullo <strong>schema del decreto legislativo</strong> (Consiglio di Stato comm. spec., 28/12/2016, n. 2777) soffermandosi sull’ormai abrogato istituto di cui al comma 2 del citato art. 211 ( le c.d. “<strong><em>raccomandazioni vincolanti</em></strong>”) ha fatto riferimento ad un “<strong><em>rafforzamento dei poteri dell’ANAC</em></strong><em> mediante l’attribuzione, in particolare, di un potere finalizzato all’emissione di <strong>raccomandazioni vincolanti</strong> nei confronti delle stazioni appaltanti, per l’annullamento in autotutela di atti della procedura di gara illegittimi</em>” (considerazioni, queste, certamente estensibili alla disposizione oggi vigente di cui al comma 1 bis del citato articolo 211). Per l’Adunanza, nondimeno, va sottolineata <strong>l’inassimilabilità della ratio</strong> della innovazione legislativa suddetta alle “<strong><em>esigenze</em></strong>” che militerebbero a sostegno dell’<strong>obbligo di immediata impugnazione</strong> delle <strong>clausole non escludenti del bando, </strong>la legittimazione dall’ANAC venendo esercitata <strong>a presidio dell’interesse pubblico</strong> alla <strong>concorrenza in senso complessivo</strong> (di qui, anche, la <strong>limitazione</strong> ai “<strong><em>contratti di rilevante impatto</em></strong>” contenuta nella citata disposizione) e postula <strong>un interesse “<em>certo</em>” e prioritario</strong> (quello alla rimozione del bando); il <strong>partecipante alla gara</strong> invece, chiosa l’Adunanza, è titolare di un <strong>interesse del tutto distinto</strong> da quello <strong>pubblicistico</strong> e precisamente <strong>l’interesse primario ed immediato</strong> ad <strong>aggiudicarsi</strong> la gara medesima; è quindi ravvisabile un <strong>interesse dell’offerente</strong> a <strong>proseguire</strong> la gara, funzionale ad ottenere il <strong>bene della vita</strong> cui esso anela e rappresentato <strong>dall’aggiudicazione</strong>; soltanto laddove <strong>l’aggiudicazione diviene impossibile</strong> assume rilievo <strong>l’interesse strumentale</strong> alla <strong>riedizione</strong> della procedura di gara e tuttavia <strong>non è certo</strong> che nella <strong>fase embrionale della procedura</strong> (chè è questa la fase in cui egli <strong>dovrebbe proporre l’impugnazione</strong> avverso il bando) l’interesse all’aggiudicazione sia <strong>certamente frustrato</strong>. In altri termini, mentre <strong>l’Autorità</strong> agisce <strong>nell’interesse della legge,</strong> il partecipante alla gara <strong>nel proprio esclusivo e soggettivo interesse</strong> che <strong>primariamente</strong> è quello di <strong>aggiudicarsi la gara</strong>, e solo <strong>subordinatamente</strong> quello alla <strong>riedizione della gara</strong> medesima, laddove non sia riuscito ad aggiudicarsela. Per questo motivo, conclude il Collegio, non sembra che la <strong>disposizione di cui all’art. 211</strong> del d.Lgs n. 50/2016 si muova nella logica di un <strong>mutamento in senso oggettivo</strong> dell’<strong>interesse</strong> (né dell’operatore del settore, ma <strong>neppure del partecipante</strong> alla procedura) a che i bandi vengano <strong>emendati immediatamente</strong> da eventuali disposizioni (in tesi) illegittime, <strong>seppure non escludenti,</strong> tale disposizione essendosi limitata a <strong>subiettivizzare</strong> in capo all’Autorità il <strong>ridetto interesse</strong>, attribuendole il <strong>potere diretto di agire in giudizio</strong> nell’<strong>interesse della legge</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 4 maggio esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n. 2663, onde nelle <strong>gare di appalto</strong> l’<strong>impugnazione immediata</strong> della <em>lex specialis</em> <strong>è ammessa</strong> – e anzi deve intendersi financo <strong>imposta</strong> – nelle fattispecie, tra le altre, di <strong>disposizioni abnormi o irragionevoli</strong> che come tali <strong>rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica</strong> ai fini della partecipazione alla gara, ovvero prevedano <strong>abbreviazioni irragionevoli dei termini</strong> per la <strong>presentazione dell’offerta</strong>, ovvero di <strong>condizioni negoziali</strong> (indicate nello schema di contratto) che rendano il rapporto contrattuale <strong>eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente</strong>. In particolare, per il Collegio sono <strong>immediatamente impugnabili</strong> le clausole che <strong>impongano</strong>, ai fini della <strong>partecipazione</strong>, <strong>oneri assolutamente incomprensibili</strong> o <strong>manifestamente sproporzionati</strong> ai caratteri della gara o della procedura concorsuale, e che comportino sostanzialmente <strong>l’impossibilità</strong> per l’interessato di <strong>accedere</strong> alla gara medesima ed il conseguente arresto procedimentale.</p> <p style="text-align: justify;">L’11 maggio esce la sentenza della V sezione del Tar Campania n.3149 onde, laddove la <em>lex specialis</em> della gara contenga una <strong>clausola sostanzialmente riproduttiva</strong> di quanto <strong>già previsto dalla legge</strong>, e dunque <strong>priva di effettiva portata lesiva</strong>, non sussiste <strong>alcun onere di tempestiva impugnazione</strong> della stessa. Nel caso di specie, la clausola del bando prevede il <strong>divieto di sanatoria degli elementi dell’offerta tecnica e di quella economica,</strong> altro non facendo se non <strong>esplicitare il contenuto di cui all’art. 83, comma 9</strong>, del d.lgs. n. 50/2016, che <strong>vieta</strong> il ricorso alla procedura di <strong>soccorso istruttorio</strong> in caso di difetto, incompletezza ed <strong>ogni altra irregolarità essenziale</strong> afferente all’<strong>offerta economica</strong> e all’<strong>offerta tecnica</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 21 maggio esce la sentenza della I sezione del Tar Lazio n.5599 onde, a fronte della <strong>formulazione ambigua</strong> della <strong>normativa di gara</strong>, l’impresa partecipante che abbia comunque, in <strong>buona fede</strong>, manifestato la volontà di <strong>adeguarsi alle previsioni non univoche</strong> del bando, formulando l’offerta <strong>in adesione a una delle possibili interpretazioni</strong> della <em>lex specialis</em>, <strong>non</strong> può essere sanzionata con <strong>l’espulsione dalla procedura di gara</strong>, dovendosi peraltro interpretare le <strong>offerte</strong> al fine di ricercare <strong>l’effettiva volontà dell’impresa partecipante</strong> alla gara medesima, superandone le <strong>eventuali ambiguità </strong>e purché sia possibile giungere ad <strong>esiti certi</strong> circa la <strong>portata degli impegni negoziali</strong> con esse assunti.</p> <p style="text-align: justify;">L’8 giugno esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n.3471 alla cui stregua l’apposizione di una <strong>clausola sociale</strong> agli <strong>atti di una pubblica gara</strong> - ai sensi della pertinente disposizione del Codice dei contratti pubblici (art. 50 del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. n. 50/2016</a>) - è <strong>costituzionalmente e comunitariamente legittima solo</strong> se <strong>non comporta</strong> un <strong>indiscriminato e generalizzato dovere di assorbimento</strong> di <strong>tutto il personale</strong> utilizzato dall’impresa uscente, in violazione dei <strong>principi costituzionali e comunitari</strong> di <strong>libertà d’iniziativa economica</strong> e di <strong>concorrenza</strong> oltreché di <strong>buon andamento</strong>, consentendo piuttosto una <strong>ponderazione</strong> con il <strong>fabbisogno di personale</strong> per <strong>l’esecuzione del nuovo contratto</strong> e con le <strong>autonome scelte organizzative ed imprenditoriali</strong> del <strong>nuovo appaltatore</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 13 giugno (in G.U. n. 164 del 17 luglio 2018) esce la delibera dell’Anac recante “Regolamento per la definizione della disciplina della partecipazione ai procedimenti di regolazione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e di una metodologia di acquisizione e analisi quali-quantitativa dei dati rilevanti ai fini dell’analisi di impatto della regolazione (AIR) e della verifica dell’impatto della regolazione (VIR)”. In specie, si rileva l’art 2 - <strong>Atti di carattere generale adottati dall’Autorità </strong>2.1 L’Autorità adotta atti di carattere generale nella forma di linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo e altri strumenti di regolazione flessibile, comunque denominati. 2.2 Nel testo di ciascun provvedimento adottato è specificata la natura dell’atto e indicata l’efficacia vincolante o meno delle disposizioni ivi contenute; e l’art. 3<strong>– Atti sottoposti a consultazione </strong>3.1 L’Autorità favorisce la massima partecipazione dei soggetti interessati ai procedimenti di regolazione. A tal fine garantisce la trasparenza dei processi, attraverso la pubblicazione tempestiva sul proprio sito internet delle notizie e dei documenti di interesse, sottopone a consultazione gli atti di carattere generale, al fine di acquisire suggerimenti, proposte, considerazioni e osservazioni da parte dei soggetti interessati. 3.2 L’Autorità predispone nel proprio sito web, nella pagina dedicata alle consultazioni, un calendario contenente l’indicazione degli atti di carattere generale che intende sottoporre a consultazione e/o AIR. L’indicazione non è vincolante ed è suscettibile di modifiche sia in ordine alla tempistica che all’oggetto dell’intervento. 3.3 Non sono, sottoposti a consultazione: a) gli atti emanati al termine di procedimenti relativi a situazioni specifiche, sia ad iniziativa d’ufficio che su istanza di parte; b) gli atti emanati a seguito di richieste specifiche, quali i pareri di precontenzioso e i pareri sulla normativa; c) gli atti emanati per l’esigenza di mero adeguamento a modifiche normative sopravvenute; d) gli atti di organizzazione interna e quelli non aventi rilevanza esterna; e) gli atti che hanno un limitato impatto sul mercato; f) gli atti che forniscono indicazioni interpretative o istruzioni operative; g) gli atti di segnalazione a Governo e Parlamento; h) le delibere sull’autofinanziamento e quelle contenenti indicazioni per l’utilizzo dei sistemi informativi dell’Autorità. Inoltre, non si procede alla consultazione quando essa è incompatibile con esigenze di opportunità o di urgenza.</p> <p style="text-align: justify;">Il 26 giugno esce la sentenza della Corte di Cassazione Penale, sez. VI, n. 29267, che si pronuncia sul reato di turbata libertà di scelta del contraente (art. 353-bis, c.p.). La corte ricorda che in tal caso il bene giuridico tutelato è lo stesso, rispetto a quello oggetto della fattispecie di cui all'art. 353 cod. pen., poiché anche in questo caso la norma è diretta a colpire i comportamenti che, incidendo illecitamente sulla libera dialettica economica, mettono a repentaglio l'interesse della P.A. di poter contrarre con il miglior offerente. Non così, invece, per ciò che concerne il momento di operatività della tutela apprestata dalle due disposizioni, che, nell'un caso (art. 353 cod. pen.) richiede l'esistenza di una gara, comunque denominata; laddove, nell'altro caso (<strong>art. 353 bis cod. pen.), esso viene anticipato nel tempo - quando un bando (o altro atto equivalente) non sia stato adottato</strong>, anche ove la relativa procedura sia stata avviata senza essere però approdata al suo esito finale - nella consapevolezza che gli interessi meritevoli di tutela (come sopra specificati) possono essere lesi non solo da condotte successive ad un bando il cui contenuto sia stato determinato nel pieno rispetto della legalità, ma anche da comportamenti precedenti, in grado di avere influenza sulla formazione di detto contenuto. Il delitto previsto dall'art. 353-bis c.p., è costruito, sulla stessa falsariga di quello previsto dall'art. 353, come reato di pericolo. L'azione consiste, dunque, nel turbare mediante atti predeterminati il procedimento amministrativo di formazione del bando, allo scopo di condizionare la scelta del contraente. Poiché il condizionamento del contenuto del bando è il fine dell'azione, è evidente che il reato si consuma indipendentemente dalla realizzazione del fine medesimo. Per integrare il delitto, dunque, non è necessario che il contenuto del bando venga effettivamente modificato in modo tale da condizionare la scelta del contraente, né, a maggior ragione, che la scelta del contraente venga effettivamente condizionata. È sufficiente, invece, che si verifichi un turbamento del processo amministrativo, ossia che la correttezza della procedura di predisposizione del bando sia messa concretamente in pericolo. Il che, nella fattispecie, è avvenuto, quando l’imputato si era rivolto a due pubblici ufficiali, che avevano rapporti con colui che aveva indetto la gara, chiedendo loro di fare in modo che venisse invitata a partecipare una società a lui «vicina.</p> <p style="text-align: justify;">Il 5 luglio esce la sentenza del Tar Sicilia, Palermo, sez. III, n. 1551 che si pronuncia sulla legittimità del c.d. avvalimento frazionato. Sostiene il collegio che pur non essendo in linea generale vietata la possibilità di ricorrere all’avvalimento frazionato, <strong>l’avvalimento frazionato stesso può essere escluso dalla stazione appaltante, in relazione a una specifica gara</strong> (nella specie l’avvalimento frazionato era stato escluso, per ciascuna delle categorie di qualificazione, dal bando della gara, il quale prevedeva che: “Il concorrente potrà avvalersi di una sola impresa ausiliaria per ciascuna categoria di qualificazione”). Devono essere immediatamente impugnate, a decorrere dalla loro conoscenza, ove ritenute illegittime, le clausole dei bandi di gara che determinano limitazioni alla partecipazione alla gara – così dette clausole escludenti – e quindi quelle clausole che non possono che determinare, da parte della commissione di gara, la successiva esclusione delle offerte che le violano. In particolare, va immediatamente e direttamente impugnata la clausola del bando che prevede il divieto di avvalimento frazionato, in quanto è ovvio che, a fronte di un’offerta presentata in violazione di tale divieto, non potrebbe che conseguire la sua esclusione, quanto meno nell’ipotesi in cui la commi</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 luglio esce la sentenza n. 4040 del Consiglio di Stato, sez. V, che si pronuncia sulle conseguenze di un'eventuale violazione di una clausola sociale ex art. 50 d.lgs. 50/2016. L'eventuale violazione di una clausola sociale ex art. 50 d.lgs. 50/2016, non dà luogo alla nullità del capitolato speciale, ma semplicemente alla sua illegittimità, con la conseguente necessità di far valere il vizio attraverso il rimedio impugnatorio. L'art. 21-septies della L. 7/8/1990, n. 241, stabilisce, infatti, che "e' nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge". <strong>La norma individua, quindi, tassativamente le ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo e, nel caso di specie, nei confronti dell'art. del capitolato speciale non è stato dedotto alcun vizio catalogabile tra le cause di nullità codificate</strong>. Inoltre, quanto al prospettato contrasto del menzionato art. 50 e conseguentemente dell'art. del capitolato speciale col diritto eurounitario, si rileva che il medesimo determina nell'atto amministrativo solo un vizio di illegittimità non diverso da quello che discende dal contrasto col diritto interno, posto che l'art. 21 - septies della L. 241/1990 non include, come sopra visto, la violazione del diritto europeo tra le cause di nullità del provvedimento. Pertanto la violazione del diritto dell'Unione Europea può essere fatta valere dinanzi al Giudice Amministrativo soltanto attraverso l'impugnazione dell'atto, pena la sua inoppugnabilità ssione di gara agisca in modo legittimo.</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 luglio esce la sentenza della Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 30730. Nel caso di specie, gli imputati avevano proposto ricorso lamentandosi dell’inosservanza e della erronea applicazione della legge penale, nella parte in cui la Corte di appello dì Brescia aveva ritenuto <strong>la sussistenza del reato di cui all'art. 353 cod. pen., nonostante la assenza di una gara e di un bando</strong>. La procedura negoziata, priva di pubblicazione di bando, delibata dalla sentenza impugnata, a dire dei ricorrenti, non poteva essere ricondotta all'ambito applicativo dell'art. 353 cod. pen., in assenza del bando o di "altro atto equipollente" ai sensi dell'art. 64, commi 1, 2, e 3, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Tale doglianza si rivela, a dire della Corte, manifestamente infondata. Ad onta della formulazione letterale della fattispecie di cui all'art. 353 cod. pen., che mutua il lessico del legislatore storico sulla contabilità generale dello Stato e del relativo regolamento, l'ambito applicativo di tale fattispecie non è limitato esclusivamente alle turbative che intervengono nei pubblici incanti e nella licitazione privata. Il delitto di turbata libertà degli incanti, nella costante interpretazione della giurisprudenza di legittimità, è, infatti, configurabile in ogni situazione in cui vi sia una procedura di gara, anche informale e atipica, quale che sia il nomen iuris adottato ed anche in assenza di formalità, mediante la quale la P.A. proceda all'individuazione del contraente, a condizione, tuttavia, che l'avviso informale di gara o il bando, o comunque l'atto equipollente, previamente indichi i criteri di selezione e di presentazione delle offerte, ponendo i potenziali partecipanti nella condizione di valutare le regole che presiedono al confronto ed i criteri in base ai quali formulare le proprie offerte (Sez. 6, n. 8044 del 21/01/2016, Cerada, Rv. 266118; Sez. 6, n. 29581 del 24/05/2011, Tatò, Rv. 250732; Cass. Sez. 6, n. 13124 del 28/1/2008, Mancianti, Rv. 239314). Tale principio, peraltro, non costituisce applicazione analogica in malam partem della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 353 cod. pen., ma interpretazione del precetto nel solco della sua ratio, che è quella di garantire il regolare svolgimento sia dei pubblici incanti e delle licitazioni private che quello delle gare informali o c.d. di consultazione, che finiscono per realizzare, sostanzialmente, delle licitazioni private (come rilevato da Sez. 6, n. 12238 del 30/9/1998, De Simone, Rv. 213033). Le locuzioni "gara nei pubblici incanti" o "licitazione privata", pertanto, non hanno, propriamente, un significato normativo mutuato dalle procedure per l'aggiudicazione degli appalti per pubbliche forniture e con l'osservanza dei termini e delle disposizioni legislative sulla contabilità di Stato, ma vanno riferite ad ogni procedura di gara, anche informale ed atipica, mediante la quale la singola pubblica amministrazione decida di individuare il contraente e concludere un contratto, assicurando una libera competizione tra più concorrenti (Sez. 6, n. 13124 del 28/01/2008, Mancianti, Rv. 239314). La fattispecie di cui all'art. 353 cod. pen. non può, invece, trovare applicazione quando manchi una qualsiasi forma di libera contesa tra concorrenti e, pertanto, ad esempio, quando vi sia una trattativa privata che sia svincolata da ogni schema concorsuale (Sez. 6, n. 12238 del 30/09/1998, De Simone, Rv. 213033), quando, sia prevista solo una comparazione di offerte che la P.A. è libera di valutare, in mancanza di precisi criteri di selezione (Sez. 6, n. 8044 del 21/01/2016, Cerada, Rv. 266118) o quando, nonostante la pluralità di soggetti interpellati, ciascuno presenti indipendentemente la propria offerta e l'amministrazione conservi piena libertà di scegliere secondo criteri di convenienza e di opportunità propri della contrattazione tra privati (Sez. 6, n. 9385 del 13/04/2017, Giugliano, Rv. 272227). <strong>La Corte di appello di Brescia ha, pertanto, fatto buon governo di tali principi, ritenendo che la "procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando" nella quale sono state poste le condotte di turbativa accertate non esuli dall'ambito applicativo della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 353 cod. pen</strong>.; tale procedimento, infatti, integra pur sempre una "gara", nel senso sopra precisato, essendo finalizzato a porre in essere <strong>una comparazione</strong> tra i diversi imprenditori inviati ad offrire dalla stazione appaltante pubblica, mediante la previa indicazione dei criteri di selezione e di presentazione delle offerte. <strong>La giurisprudenza di legittimità ha, peraltro, affermato che la procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando descritta dall'art. 57, comma sesto, D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, imponendo criteri legali di scelta del contraente, integra pur sempre l'espletamento di una gara e non una semplice indagine di mercato.</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 luglio esce la sentenza di Consiglio di Stato, sez. VI, n. 4178, che ricorda che in materia di controversie aventi ad oggetto gare di appalto e affidamenti di servizi, l’impresa che non partecipa alla gara non può di regola contestare la relativa procedura e l’aggiudicazione in favore di ditte terze; a tale principio generale va fatta eccezione, per esigenze di ampliamento della tutela della concorrenza, solamente in tre tassative ipotesi, e cioè quando: a) si contesti in radice l’indizione della gara; b) all’inverso, si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto l’affidamento in via diretta del contratto; c) si impugnino direttamente le clausole del bando deducendo che le stesse siano immediatamente escludenti. Tanto premesso, il collegio ricorda che l’art. 121 <a href="http://www.lexitalia.it/n/2369">c.p.a.</a> sanziona con l’inefficacia del contratto i soli casi di “omessa pubblicità del bando o dell’avviso”, in quanto rappresenta il vizio più radicale del procedimento di affidamento, perché mina in radice la conoscibilità della procedura e dunque la possibilità di concorrenza. La violazione in parola, tuttavia, non può essere estesa anche a quei casi in cui non sussista un obbligo di pubblicazione del bando di gara, né può essere estesa per analogia ad altre fattispecie che non incidano sui doveri di pubblicità di bando o invito.</p> <p style="text-align: justify;">Il 12 luglio esce la sentenza del Tar Campania, Salerno, sez. I, n. 1071, che dichiara illegittimo il bando di gara indetto da una ASL per l’affidamento del servizio integrato di pulizia, sanificazione, disinfezione, ausiliariato, logistica e supporto alle attività sanitarie presso le strutture della medesima Azienda, <strong>nel caso in cui la P.A. appaltante abbia omesso di disporre la suddivisione in lotti funzionali della gara</strong>, e, soprattutto, abbia omesso di esternare puntualmente le motivazioni di pubblico interesse sottese a tale scelta; in tal caso, infatti, la <em>lex specialis</em> deve ritenersi in contrasto con gli artt. 51 e 83, comma 2, del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. n. 50 del 2016</a>, secondo cui gli appalti pubblici debbono risultare adeguati a facilitare la partecipazione delle imprese, anche medie e piccole, e, a tali fini, è sostanzialmente imposto il ricorso allo strumento della suddivisione in lotti, effettuabile su base quantitativa o su base qualitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni esistenti.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 luglio esce la sentenza del Tar Calabria – Reggio Calabria, sez. I, n. 418 che stabilisce che “nel caso in cui il prezzo posto dalla Stazione appaltante a base d’asta abbia natura “simbolica” e sia sganciato dai valori di mercato, l’operatore economico interessato non è tenuto a proporre la domanda di partecipazione alla gara, presentando un’offerta economica destinata ad essere ineludibilmente esclusa perché caratterizzata da un prezzo superiore all’importo determinato dall’Amministrazione. Dunque, è’ illegittimo il bando di gara per l’affidamento di un appalto di forniture (nella specie si trattava della fornitura di latte adattato per l’Unità di Neonatologia di un Grande Ospedale Metropolitano), nel caso in cui il prezzo a base d’asta e le condizioni negoziali imposti dalla<em> lex specialis</em>, siano talmente esigui e/o incongrui, nonché oggettivamente fuori mercato, da rendere l’instaurando rapporto contrattuale con la P.A. economicamente non conveniente e matematicamente in perdita; in tal caso, infatti<strong>, il bando deve ritenersi predisposto in aperta violazione del principio della concorrenza effettiva <em>ex</em> art. 95 comma 1 d.lgs. n. 50 del 2016</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 agosto esce la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 4775 che si pronuncia sul possesso dei requisiti soggettivi per la partecipazione alle gare pubbliche, accogliendo il ricorso proposto da un’impresa. Ribadisce il Supremo Consesso di G.A. che nelle gare di appalto la regola generale è quella per cui il possesso dei requisiti soggettivi da parte delle imprese per partecipare alle procedure di gara deve essere valutato al momento della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, e poi essere mantenuto, senza soluzione di continuità, anche nella fase successiva all’aggiudicazione e per tutta la durata del contratto. E’ pertanto illegittima una clausola del capitolato speciale la quale prevede che i requisiti debbono essere posseduti e comprovati con riferimento alla data di pubblicazione del bando di gara; ne consegue che, alla stregua di quanto disposto <strong>dall’art. 46, comma 1-<em>bis</em>, del d.lgs. n. 163 del 2006, </strong>dall’accertata contrarietà delle clausole del bando o, come nel caso di specie, del capitolato speciale, rispetto al principio di tassatività delle cause di esclusione, discende la nullità della clausola stessa.</p> <p style="text-align: justify;">Il 3 agosto esce la sentenza del Consiglio di Stato sez. III n. 4809 che stabilisce che negli appalti di forniture, le caratteristiche tecniche previste nel capitolato di appalto valgono a qualificare i beni oggetto di fornitura e concorrono, dunque, a definire il contenuto della prestazione sulla quale deve perfezionarsi l’accordo contrattuale, di talchè eventuali, apprezzabile difformità registrate nell’offerta concretano una forma di ‘<em>aliud pro alio</em>‘, comportante, di per sé, l’esclusione dalla gara, anche in mancanza di apposita comminatoria e, nel contempo, non rimediabile tramite regolarizzazione postuma, consentita soltanto quando i vizi rilevati nell’offerta siano puramente formali o chiaramente imputabili a errore materiale. Al fine di evitare l’estromissione dalla gara per difformità tra prodotti offerte e caratteristiche richieste dalla <em>lex specialis</em> è la ditta che intende avvalersi della clausola di equivalenza <em>ex</em> art. 68 del D.Lgs. n. 163/06, ad avere l’onere di dimostrare l’equivalenza tra i prodotti, non potendo pretendere che di tale accertamento si faccia carico la Commissione di gara. Pertanto, in un appalto di forniture, nel caso in cui sussistano obiettive difformità tra quanto richiesto e quanto offerto, legittimamente la commissione di gara ha proceduto all’esclusione delle offerte tecniche che non possedevano “anche solo uno soltanto” dei requisiti minimi prescritti dall’Allegato 1 al disciplinare.</p> <p style="text-align: justify;">Il 23 agosto esce le sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, n. 5040, che sancisce che nel caso in cui la <em>lex specialis</em> della gara chieda ai partecipanti di documentare il pregresso svolgimento di “<em>servizi analoghi</em>”, la stazione appaltante non è legittimata ad escludere i concorrenti che non abbiano svolto tutte le attività oggetto dell’appalto nè ad assimilare impropriamente il concetto di “servizi analoghi” con quello di “servizi identici”, atteso che la ratio sottesa alla succitata clausola del bando è il contemperamento tra l’esigenza di selezionare un imprenditore qualificato ed il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche, dal momento che la locuzione “servizi analoghi” non s’identifica con “servizi identici”. Nel caso in cui la<em> lex specialis</em> della gara chieda ai partecipanti di documentare il pregresso svolgimento di “<em>servizi analoghi</em>”, occorre ricercare elementi di similitudine tra i servizi presi in considerazione, che possono scaturire solo dal confronto tra le prestazioni oggetto dell’appalto da affidare e le prestazioni oggetto dei servizi indicati dai concorrenti al fine di dimostrare il possesso della capacità economico-finanziaria richiesta dal bando. Vale a dire che, pur rilevando l’identità del settore imprenditoriale o professionale, il confronto va fatto in concreto tenendo conto del contenuto intrinseco delle prestazioni, nonché della tipologia e dell’entità delle attività eventualmente coincidenti.</p> <p style="text-align: justify;">Il 3 settembre esce la sentenza del Tar Campania, Napoli, sez. V, n. 5341, che rende chiarimenti circa le regole interpretative del bando di gara. Nel caso di specie, ribadisce che Tar che nel caso di più possibili interpretazioni di una clausola della <em>lex specialis</em> di gara (una avente quale effetto l’esclusione dalla gara e l’altra tale da consentire la permanenza del concorrente), non può legittimamente aderirsi all’opzione che, ove condivisa, comporterebbe l’esclusione dalla gara, dovendo essere favorita l’ammissione del più elevato numero di concorrenti, in nome del principio del <em>favor partecipationis</em> e dell’interesse pubblico al più ampio confronto concorrenziale.</p> <p style="text-align: justify;">Il 5 settembre esce la sentenza n 5202 del Consiglio di Stato, Sez. V, che ribadisce il principio consolidato secondo cui non sussiste l’onere per le ditte partecipanti ad una gara di impugnare immediatamente la clausola del bando che prevede il criterio di aggiudicazione, ove la ritengano errata: e ciò in quanto, versandosi nello stato iniziale ed embrionale della procedura, non vi è né prova né indizio della circostanza che l’impugnante certamente non sarebbe prescelto quale aggiudicatario, onde, a diversamente opinare, si finirebbe per imporre all’offerente l’implausibile onere di denunciare la clausola del bando sulla scorta della preconizzazione di una futura ed ipotetica lesione, al fine di tutelare un interesse (quello strumentale alla riedizione della gara), certamente subordinato rispetto all’interesse primario (quello a rendersi aggiudicatario), del quale non sarebbe certa la non realizzabilità (1).</p> <p style="text-align: justify;">Il 14 settembre esce la sentenza del Tar Campania, Napoli, sez. II, n. 5504, che si pronuncia in tema di esatta interpretazione del bando di gara, ricordando che nei confronti degli atti amministrativi trovano applicazione le medesime regole ermeneutiche stabilite per i contratti dagli artt. 1362 e ss. c.c., tra le quali assume carattere preminente l’interpretazione letterale, nel senso che, solo in presenza di una equivoca formulazione della lettera di invito o del bando di gara, può ammettersi un’interpretazione diversa da quella letterale. Tale preminenza assume particolare rilievo nelle procedure di gara, poiché risponde all’esigenza di affidamento delle imprese nella chiarezza “delle regole del gioco”, che, dal lato dell’amministrazione, corrisponde al dovere di coerenza e lealtà nella applicazione in concreto di tali regole, cui la stessa si è autovincolata con la pubblicazione della <em>lex specialis</em>. Nel caso di clausole del bando di gara comunque ambigue, deve preferirsi l’interpretazione che sia più adeguata al contenuto e oggetto del contratto e sia comunque conforme al principio di proporzionalità, di derivazione eurounitaria,(cfr. art. 1 l. 241/90), ma che trova terreno di elezione nel campo dei pubblici appalti (cfr. art. 4 D.Lgs. 50/2016).</p> <p style="text-align: justify;">Il 17 settembre esce la sentenza del Consiglio di Stato, n. 5427 che ribadisce che le procedure di affidamento di contratti pubblici debbono essere disciplinate dalla normativa vigente alla data di pubblicazione del bando (nella <em>Gazzetta Ufficiale</em>: cfr. art. 66, comma 8 del <a href="http://www.lexitalia.it/n/1686">d.lgs. n. 163/2006</a>) e restino, per tal via, insensibili allo<em> jus superveniens</em>. Nel caso di specie, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato si pronuncia sul ricorso proposto da un consorzio contro la Regione Toscana, al fine di ottenere la riforma della sentenza emessa dal TAR Toscana – Firenze Sezione I, avendo quest’ultima respinto il ricorso proposto avverso l’esclusione del consorzio dalla procedura concorsuale, indetta dalla Regione Toscana, per l’affidamento, suddiviso in tre lotti, del servizio di guardiania/reception nonostante, il predetto ricorrente avesse fatto ritualmente pervenire la propria offerta. La Commissione si pronuncia negativamente, sostenendo che la disposizione di cui all’art. 47 del d. lgs. n. 50/2016 è formulata, all’atto di indizione della gara, in termini preclusivi. In ordine alla problematica sollevata, i giudici del Consiglio di Stato statuiscono quanto segue<em>: “a) che – ferma restando la ribadita inapplicabilità, ratione temporis, dell’art. 47, comma 2 del Codice – la gara oggetto di controversia, avente ad oggetto l’affidamento di servizi, rimane assoggettata alla disciplina di cui all’art. 47, comma 1, che esclude l’operatività del cumulo alla rinfusa, imponendo ai consorzi stabili che intendano utilizzare i requisiti di qualificazione posseduti dalle imprese consorziate (con la sola salvezza di quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera e all'organico medio annuo) di indicarle espressamente quali esecutrici dei lavori; b) che non trova conforto l’assunto che il “nuovo” art. 47, comma 2 non avrebbe fatto atto che “legificare” una interpretazione già desumibile dal previgente testo (e – del resto – dalla relazione illustrativa che accompagna il correttivo, sub art. 28, emerge con chiarezza il carattere innovativo della disposizione; c) la disciplina transitoria di cui agli artt. 83, comma 2 e 216, comma 14 del Codice - nella parte in cui rende interinalmente operative le disposizioni del previgente Regolamento – non è applicabile, in quanto riferita esclusivamente agli appalti aventi ad oggetto l’affidamento di lavori.”</em></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 ottobre esce la sentenza del Tar Veneto, Sez. I, n 940 che in accoglimento del ricorso del privato sostiene che è illegittima l’aggiudicazione di una gara di appalto nel caso in cui la P.A. abbia successivamente operato una modifica sostanziale del bando originario e, tuttavia, per tale modifica, abbia omesso di rispettare le stesse forme di pubblicità osservate in precedenza; tale <em>modus operandi</em> della P.A., infatti, integra una palese violazione del divieto di modificare o integrare la<em> lex specialis</em> di gara, se non attraverso atti che abbiano goduto delle identiche garanzie di pubblicità dovute per il bando di gara nonché della regola che impone, nelle ipotesi di modifiche sostanziali della <em>lex specialis,</em> la riapertura dei termini per la presentazione delle offerte.</p> <p style="text-align: justify;">Il 13 ottobre esce la sentenza del Tar Lazio – Roma, sez. II ter, n. 8977, che afferma che l’art. 23, comma 16, del dlgs n. 50/2016 (secondo cui: “<em>Nei contratti di lavori e servizi la stazione appaltante, al fine di determinare l’importo posto a base di gara, individua nei documenti posti a base di gara i costi della manodopera sulla base di quanto previsto nel presente comma. I costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell’importo assoggettato al ribasso</em>”) <strong>costituisce una previsione accessoria all’obbligo,</strong> chiaramente scandito dal resto del comma 16, di porre a base delle previsioni di gara il costo effettivo del lavoro, che è una voce soggetta a ribasso in quanto dipendente dall’organizzazione aziendale che la norma considera quindi migliorabile dal concorrente (a differenza dei costi di sicurezza che sono incomprimibili e che, infatti, opportunamente il comma distingue). Alla luce della natura del precetto che pone l’art. 25 comma 16 ultimo inciso, del d.lgs. 50/2016, <strong>non è annullabile il bando che non indichi espressamente, nell’ambito del prezzo a base d’asta o dell’affidamento, l’importo separato del costo della manodopera in generale</strong>, salvo che tale omissione non implichi un oggettivo impedimento o a formulare l’offerta, oppure a valutarne l’attendibilità in sede di gara.</p> <p style="text-align: justify;">Il 17 ottobre esce la sentenza del Tar Campania, Napoli, sez. V, n. 6054, che accogliendo il ricorso di un’impresa sancisce che è nulla, per violazione dei principi di imparzialità e della massima partecipazione alle gare pubbliche, la clausola del bando di una gara di appalto, nella parte in cui prevede che l’offerente deve essere escluso in ogni caso di ritardo nella presentazione del plico, anche qualora lo stesso non giunga a destinazione in tempo utile a causa di forza maggiore, con esonero di ogni responsabilità della P.A. appaltante anche nel caso di fatto addebitabile alla stessa. E’ illegittimo, per violazione dei principi di imparzialità e della massima partecipazione alla gare pubbliche, nonché della <em>par condicio</em>, il provvedimento con il quale la P.A. appaltante ha escluso una ditta da una gara, per tardiva presentazione del plico contenente l’offerta, ove il suddetto ritardo sia stato determinato da un disguido non imputabile alla ditta interessata, avendo quest’ultima consegnato al corriere privato, ai fini della consegna alla P.A., il plico contenente l’offerta ben nove giorni prima dalla scadenza del termine previsto dal bando – lasso di tempo ordinariamente sufficiente, secondo l’<em>id quod plerumque accidit</em>, a garantire la tempestività della consegna ed essendosi anche successivamente attivata, una volta informata dal corriere privato del mancato recapito – a ritirare immediatamente la busta dal medesimo corriere per procedere essa stessa alla consegna manuale nel più breve tempo possibile.</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 ottobre esce la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 6040, che ribadisce l’orientamento consolidato, secondo cui le clausole del bando di gara prive di portata escludente vanno impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura. Le clausole non immediatamente lesive, in specie, vanno impugnate con l’atto di approvazione della graduatoria definitiva, che definisce la procedura concorsuale ed identifica in concreto il soggetto leso dal provvedimento, rendendo attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva e postulano la preventiva partecipazione alla gara. Né il Codice dei contratti pubblici del 2006 né quello del 2016 consentono di rinvenire elementi per pervenire all’affermazione che debba imporsi all’offerente di impugnare immediatamente la clausola del bando che prevede il <strong>criterio di aggiudicazione</strong>, ove la ritenga errata: versandosi nello stato iniziale della procedura, non vi sarebbe infatti base per assumere l’impugnante non sarebbe divenuto aggiudicatario. In specie, non può considerarsi escludente e, come tale, immediatamente impugnabile la clausola del bando che prevede in maniera generica ed indeterminata di non ammettere le imprese senza un certo fatturato minimo afferente servizi specifici, in violazione dell’art. 83 <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. n. 50 del 2016</a>, senza prevedere alcun requisito di fatturato minimo specifico, né per servizi “identici”, né per servizi “analoghi”, ai fini della legittima partecipazione dei concorrenti alla procedura stessa. In tal caso, infatti, in assenza della determinazione di detto “determinato fatturato”, non è possibile stabilire se i concorrenti siano idonei a svolgere la commessa e, in particolare, non è possibile stabilirlo <em>ex ante</em>, in modo certo e obiettivo, con evidente lesione del principio della <em>par condicio</em>: tale illegittimità della clausola rende illegittima la procedura, non essendo possibile effettuare una valutazione, sulla base di criteri certi, oggettivi, stabiliti <em>ex ante</em>, se l’eventuale aggiudicatario sia idoneo a svolgere il servizio.</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 novembre esce la sentenza n. 6326 del Consiglio di Stato, sez. III, che si pronuncia sulla clausola sociale nei bandi di gara e sulla sua intepretazione. Sostiene il CdS che la cd. clausola sociale presente talvolta nei bandi di gara deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti essa lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d’impresa, riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost., che sta a fondamento dell’autogoverno dei fattori di produzione e dell’autonomia di gestione propria dell’archetipo del contratto di appalto. Corollario obbligato di questa premessa è che tale clausola deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente.</p> <p style="text-align: justify;">Il 19 novembre esce la sentenza del Tar Campania, Napoli, sez.I, n. 6691, secondo cui, in accoglimento del ricorso del privato, viene dichiarata la nullità della clausola del bando di gara che impone a pena di esclusione che, in caso di avvalimento, l’impresa ausiliata deve essere in possesso di una propria attestazione SOA; infatti, la disciplina dell’istituto dell’avvalimento di cui all’art. 89 del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 non riconosce alcun potere alla stazione appaltante di introdurre condizioni limitative o, comunque, restrittive dell’avvalimento, tantomeno di sanzionarne la mancanza con l’immediata esclusione del concorrente.</p> <p style="text-align: justify;">Il 19 novembre esce la sentenza del Tar Campania – Napoli, sez. I, n. 6689, che torna a pronunciarsi sul principio di tassatività delle cause di esclusione negli appalti. Sostiene il collegio che in materia di principio di tassatività delle cause di esclusione, può ritenersi che si sia in presenza di annullabilità ove la norma contempli il potere dell’amministrazione di disciplinare e richiedere determinati requisiti di partecipazione ai concorrenti o modalità di formazione delle offerte, per cui ogni possibile criticità si risolve in un vizio per esercizio contra legem di quel potere; si è in presenza di nullità invece tutte le volte in cui quel potere sia esercitato <em>praeter legem</em>, ossia laddove l’amministrazione abbia richiesto requisiti che la norma codicistica o altra non contemplino affatto.</p> <p style="text-align: justify;">Il 28 novembre esce la sentenza nella causa C-328/2017 della Corte di Giustizia E.U., SEZ. III – che si pronuncia sostenendo che sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, come modificata dalla direttiva 2007/66, <strong>devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non consente agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice relative a una procedura d’appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare </strong>poiché la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato l’appalto in questione. Tuttavia, spetta al giudice nazionale competente valutare in modo circostanziato, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano il contesto della controversia di cui è investito, se l’applicazione concreta di tale normativa non sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati.</p> <p style="text-align: justify;">Il 4 dicembre esce la sentenza n. 1115 del Tar Veneto, Sez. I, che afferma che nel campo degli appalti pubblici, la scelta del contratto collettivo da applicare rientra nelle prerogative di organizzazione dell’imprenditore e nella libertà negoziale delle parti, con il solo limite che esso risulti coerente con l’oggetto dell’appalto, sicché la stazione appaltante non può imporre l’applicazione di un particolare CCNL, poiché altrimenti verrebbero compromessi i principi comunitari di concorrenza e parità di trattamento tra le imprese; ne consegue che la scelta ad opera di un concorrente di applicare un CCNL tale da determinare un abbattimento dei costi e, quindi, un prezzo più competitivo, ove sia rispettato il limite della coerenza con l’oggetto dell’appalto, potrà rilevare solo in sede di valutazione di congruità dell’offerta, ma non costituire causa di non ammissibilità. La clausola della lex specialis di gara, che non contiene un preciso riferimento al CCNL da applicare nella formulazione delle offerte, non solo non è astrattamente lesiva e suscettibile di pregiudicare la partecipazione di un’impresa (e come tale immediatamente impugnabile), ma risulta conforme alla finalità di garantire la continuità dell’occupazione in favore dei lavoratori, e ciò, proprio nella parte in cui non individua espressamente un contratto collettivo di riferimento.</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 dicembre esce la sentenza del Tar Lazio – Roma, sez. III quater, n. 11828. Il collegio ribadisce che in materia di appalti pubblici, il bando di gara va impugnato in via immediata quando contenga clausole escludenti, ma previa presentazione della domanda di partecipazione; mentre, quando non contenga clausole escludenti va impugnato dall’offerente unitamente all’atto conclusivo della procedura. Nelle gare di appalto la regola generale è quella per cui soltanto colui che ha partecipato alla gara è legittimato ad impugnare l’esito della medesima, essendo l’unico soggetto titolare di una posizione differenziata. Chi volontariamente e liberamente si è astenuto dal partecipare ad una selezione non è legittimato a chiederne l’annullamento ancorché vanti un interesse di fatto a che la competizione – per lui <em>res inter alios acta</em> – venga nuovamente bandita. A tale regola generale può derogarsi, per esigenze di ampliamento della tutela della concorrenza, solamente in tre tassative ipotesi e, cioè, quando: I) si contesti in radice l’indizione della gara; II) si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto l’affidamento in via diretta del contratto; III) si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti. <strong>Devono essere fatte rientrare nel <em>genus</em> delle “clausole immediatamente escludenti</strong>” le fattispecie di: a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale; b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile; c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta; d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente; e) clausole impositive di obblighi <em>contra ius</em> (es. cauzione definitiva pari all’intero importo dell’appalto); f) bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta (come ad esempio quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall’aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di “0” pt.); g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso”.</p> <p style="text-align: justify;">Il 10 dicembre esce la sentenza n. 2335 del Tar Sicilia – Catania, Sez. I, n. 2335 che ribadisce che le clausole del bando di gara che non rivestano portata escludente devono essere impugnate unitamente al provvedimento che rende attuale la lesione (<em>id est</em>: aggiudicazione a terzi), considerato altresì che la postergazione della tutela avverso le clausole non escludenti del bando, al momento successivo ed eventuale della denegata aggiudicazione, non si pone certamente in contrasto con il principio di concorrenza di matrice europea, perché non lo oblitera, ma lo adatta alla realtà dell’incedere del procedimento nella sua connessione con i tempi del processo. Non ci si trova al cospetto di “clausole del bando immediatamente escludenti” avuto riguardo a quelle con le quali la stazione appaltante presceglie il <strong>criterio di aggiudicazione</strong>; infatti versandosi nello stato iniziale ed embrionale della procedura, non vi sarebbe infatti né prova né indizio della circostanza che l’impugnante certamente non sarebbe prescelto quale aggiudicatario. In base all’art. 204 del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50</a> (che ha introdotto all’art. 120, del D.Lgs. n. 104 del 2010 il comma 2-bis, ai sensi del quale anche il provvedimento di ammissione – e non solo di esclusione – va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante), <strong>l’onere di immediata impugnazione (anche) delle ammissioni importa che il concorrente che intenda impugnarle deve essere messo in condizione di sapere innanzitutto se la stazione appaltante abbia effettuato le valutazioni di sua pertinenza </strong>sui fatti dichiarati dai concorrenti ai fini di una loro possibile rilevanza quali gravi illeciti professionali e di conoscere, sia pure succintamente, le ragioni per le quali l’amministrazione, specie a fronte di un numero così rilevante di risoluzioni e di penali (alcune delle quali non impugnate giudizialmente), quali quelle dichiarate dalla controinteressata, <strong>abbia ritenuto che non fossero sussistenti i presupposti dei gravi illeciti professionali rilevanti ai fini dell’esclusione</strong>. Onde deve ritenersi illegittimo il provvedimento di ammissione di una impresa pur in presenza di una precedente risoluzione contrattuale, senza una apposita valutazione effettuata dall’amministrazione appaltante sulla gravità e rilevanza nella gara in questione dei fatti dichiarati.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"> <strong>2019</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 3 gennaio esce la sentenza del Tar Basilicata, Sez. I, n. 12, che si pronuncia annullando una clausola di un disciplinare di gara, impugnata da un società, ai sensi dell’art. 83, comma 8, del D.Lg.vo n. 50/2016. Precisamente, il Tar adito sancisce che sussiste la nullità <em>ex</em> art. 83, comma 8, <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">D.Lg.vo n. 50/2016</a> di della clausola del Disciplinare di gara la quale ha previsto che all’offerta economica doveva essere allegato, <strong>a pena di esclusione</strong>, il Computo metrico estimativo dei lavori offerti, elaborato sulla base del computo metrico estimativo allegato al progetto posto a base di gara, comprendente anche le lavorazioni oggetto delle proposte migliorative e delle opere aggiuntive offerte, che doveva “coincidere” con quello non estimativo, allegato all’offerta tecnica, e che doveva “essere elaborato sulla base dei prezzi unitari offerti al netto della sicurezza”, il cui “importo complessivo” doveva “corrispondere all’importo netto offerto”. Dette prescrizioni, contenute nel disciplinare di gara, a pena di esclusione, non sono previste dal Codice degli appalti e/o da altre norme vigenti e, pertanto, essendo limitative della concorrenza oltre i casi tassativi di legge, devono essere dichiarate nulle.</p> <p style="text-align: justify;">Il giorno 8 gennaio esce la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 173, che confermando l’orientamento a più riprese sancito dall’Adunanza Plenaria, sancisce che le clausole del bando di gara che <strong>non rivestano portata escludente</strong> devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura. Pertanto, deve escludersi che sussista l’onere di immediata impugnazione delle prescrizioni del bando riguardanti il metodo di gara, il criterio di aggiudicazione e la valutazione dell’anomalia, ma va ritenuto anche che, con riferimento alla vigente legislazione (<a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. n. 50 del 18 aprile 2016</a>, siccome modificato dal <a href="http://www.lexitalia.it/n/3373">d.lgs. n. 56 del 19 aprile 2017</a>), <strong>vanno immediatamente impugnate soltanto le clausole del bando preclusive della partecipazione o tali da impedire con certezza la stessa formulazione dell’offerta.</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 15 gennaio esce la sentenza n. 213 del Tar Campania, Napoli, Sezione I, che, accogliendo l’impugnazione proposta da un’impresa avverso un provvedimento di esclusione da una gara, sancisce che non può essere esclusa dalla gara una ditta che ha prodotto una scheda tecnica in lingua inglese, atteso che ciò può costituire presupposto per l’attivazione di un procedimento di regolarizzazione, ai sensi dell’art. 46 del <a href="http://www.lexitalia.it/n/1686">d.lgs. n. 163 del 2006</a>, con richiesta di traduzione, ma non esplica effetto invalidante dell’offerta nel suo complesso ad impedimento del suo esame. Aggiunge il collegio che <strong>le clausole di esclusione poste dalla legge o dal bando in ordine alle dichiarazioni cui è tenuta la impresa partecipante alla gara sono di stretta interpretazione,</strong> dovendosi dare esclusiva prevalenza alle espressioni letterali in esse contenute e restando preclusa ogni forma di estensione analogica diretta a evidenziare significati impliciti, che rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l’esigenza della più ampia partecipazione. <strong>Ne consegue che le norme di legge e di bando che disciplinano i requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche devono essere interpretate nel rispetto del principio di tipicità e tassatività delle ipotesi di esclusione</strong>, che di per sé costituiscono fattispecie di restrizione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione, oltre che dal Trattato dell’Unione Europea. Parimenti, sancisce il collegio che non può essere esclusa dalla gara una ditta che non abbia reso le dichiarazioni prescritte anche con riferimento al responsabile tecnico della ditta stessa che non risulta previsto dalla legge di gara, la quale riferisce le dichiarazioni stesse espressamente al solo direttore tecnico. <strong>Infatti, i requisiti soggettivi di partecipazione alla gara non possono essere interpretati in modo estensivo o analogico</strong>, poiché le imprese devono essere messe in condizione di conoscere con certezza quali sono gli adempimenti occorrenti per il soddisfacimento delle prescrizioni previste per legge, pena la lesione della trasparenza delle regole di gara e, per conseguenza, della par condicio tra i concorrenti.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 gennaio esce la sentenza n. 18 del Tar Lazio – Latina, sez. I, che accogliendo l’impugnazione del privato, ribadisce, in via pregiudiziale, che va riconosciuta la legittimazione a ricorrere, anche svincolata dalla partecipazione alla procedura, al soggetto che manifesti l’intenzione di impugnare in via diretta una clausola del bando che sia immediatamente escludente. In particolare sussiste la legittimazione ad impugnare una clausola escludente di un bando di gara da parte di una ditta che ha manifestato l’interesse alla procedura di gara, tenuto conto che contrastando, in via immediata, il bando di gara – in relazione alla clausola escludente contestata – evidenzia ulteriormente tale logica giustificazione strettamente correlata all’onere di sollecita impugnazione dell’atto lesivo. Tanto premesso, nel merito dichiara illegittima la clausola del bando di gara per l’affidamento del servizio di gestione e manutenzione preventiva e correttiva delle apparecchiature elettromedicali, che impone alle imprese partecipanti alla gara di affidare le attività di manutenzione esclusivamente alle case produttrici degli apparecchi o a tecnici che abbiano requisiti di esperienza dalle stesse certificati, atteso <strong>che tale clausola appare contraria alla logica e al principio di libertà della concorrenza, la quale si estrinseca anche nella libertà dei concorrenti di formulare un’offerta congrua e adeguata alle leggi di mercato scevra da vincoli che la riconducano a un ingiustificato onere di coinvolgere nell’esecuzione dell’appalto soggetti estranei all’impresa offerente</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 gennaio esce la sentenza n. 42 del Tar Emilia Romagna, Bologna, sez. II, che dichiara illegittima una gara indetta da una P.A. (nella specie, dal Comando Legione Carabinieri) per l’affidamento dell’appalto del servizio di riparazione meccanica degli autoveicoli nel caso in cui il capitolato abbia individuato quale criterio di aggiudicazione quello basato sul minor prezzo, <strong>ricorrendo i presupposti di cui all’art. 95, comma 4, lettera b), <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">D.Lgs. n. 50/2016</a></strong>, dovendosi in particolare ritenere che: a) gli interventi di assistenza, manutenzione e riparazione periodica degli automezzi presentano le caratteristiche di standardizzazione e ripetitività; b) non si tratta di servizio di natura tecnica e/o ad alta intensità di manodopera ai sensi dell’art. 95, comma 3, del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">D.Lgs. n. 50/2016</a>. <strong>L’interpretazione della <em>lex specialis</em> di una gara d’appalto soggiace, come tutti gli atti amministrativi, alle stesse regole stabilite per i contratti dagli artt. 1362 e ss., tra cui ha carattere preminente quella collegata all’interpretazione letterale,</strong> in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo. Inoltre, la <em>lex specialis </em>va interpretata per ciò che essa dice espressamente e dispensando il concorrente dal ricostruire, con indagini ermeneutiche integrative, ulteriori ed inespressi significati. Ne segue che, ove il dato testuale presenti evidenti ambiguità, dovrà essere scelto dall’interprete il significato più favorevole all’ammissione del candidato: se, dunque, la formulazione letterale della <em>lex specialis</em> lascia spazi interpretativi, andrà prescelta l’interpretazione volta a favorire la massima partecipazione alla procedura.</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 gennaio escono le ordinanze nn. 1,2,3, dell’ADUNANZA PLENARIA del Consiglio di Stato. In dette ordinanze, il Supremo Consesso di Giustizia Amministrativa era stato chiamato a pronunciarsi circa la legittimità del provvedimento con cui la stazione appaltante aveva automaticamente escluso, dalla partecipazione ad una gara, il concorrente che aveva omesso di indicare gli oneri di sicurezza ed il costo della manodopera, automatismo espulsivo, ovvero se invece dovesse applicarsi, in tali casi, il meccanismo del “soccorso istruttorio”. La Plenaria, chiamata a dirimere detta questione, rimette alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione se il diritto dell’Unione europea (e segnatamente i princìpi di legittimo affidamento, di certezza del diritto, di libera circolazione, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi) ostino a una disciplina nazionale (quale quella di cui agli <strong>artt. 83, comma 9, 95, comma 10 e 97, comma 5 del ‘Codice dei contratti pubblici’ italiano</strong>) in base alla quale la mancata indicazione da parte di un concorrente a una pubblica gara di appalto dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza dei lavoratori <strong>comporta comunque l’esclusione</strong> dalla gara senza che il concorrente stesso possa essere ammesso in un secondo momento al beneficio del c.d. ‘soccorso istruttorio’, pur nell’ipotesi in cui la sussistenza di tale obbligo dichiarativo derivi da disposizioni sufficientemente chiare e conoscibili e indipendentemente dal fatto che il bando di gara non richiami in modo espresso il richiamato obbligo legale di puntuale indicazione.</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 gennaio esce la sentenza della sezione V del Consiglio di Stato, n. 605, che accoglie il ricorso di un’impresa avverso una clausola immediatamente escludente del bando di gara. Anzitutto, in via pregiudiziale il collegio ritiene che il ricorso avverso il bando di una gara di appalto (<em>rectius </em>avverso le clausole contenute nell’avviso di indagine di mercato) era stato notificato alla Centrale Unica di Committenza, che ha dato avvio e curato la procedura concorsuale per conto del Comune (pubblicando l’avviso di indagine di mercato e inoltrando, all’esito delle manifestazioni di interesse, le lettere di invito); in tal caso, infatti, risulta pienamente rispettato il disposto di cui all’art. 41 cod. proc. amm. che identifica l’Amministrazione cui deve essere notificato il ricorso introduttivo del giudizio esclusivamente in quella che ha emesso l’atto impugnato. Nel merito, il CdS afferma che una clausola del bando che impone, a pena di esclusione, di dimostrare il possesso di una officina nel territorio del Comune rientra senz’altro tra quelle <strong>c.d. escludenti</strong>, rendendo impossibile la partecipazione alla procedura al concorrente privo del requisito prescritto, per cui la presentazione dell’offerta da parte di un concorrente privo del requisito avrebbe costituito un onere inutile ai fini della legittimazione ad agire. <strong>E’ illegittima una clausola del bando dell’appalto del servizio di riparazione, manutenzione e revisione dei mezzi comunali che impone, a pena di esclusione, alle imprese partecipanti di dimostrare il possesso di una officina nel territorio del Comune, atteso che il possesso di un’officina con sede operativa nel territorio del Comune è espressamente qualificato dalla <em>lex specialis</em> come requisito di partecipazione</strong> ai fini della gara e non già di mera esecuzione, richiesto, a valle dell’aggiudicazione, per la sola stipula del contratto. In relazione a tale aspetto, la clausola in parola viola i principi di massima partecipazione alle gare e <em>par condicio,</em> favorendo la partecipazione alla gara delle sole imprese locali (verosimilmente già in possesso di un’officina con sede operativa nel territorio del Comune), risultando fortemente limitativa della concorrenza lì dove di fatto “non consente all’impresa di organizzarsi all’esito della vittoriosa partecipazione”. Parimenti, viene ritenuto illegittimo il bando di una gara per l’affidamento del servizio di riparazione, manutenzione e revisione dei mezzi di un Comune che prevede, quale criterio di aggiudicazione, quello del maggior ribasso piuttosto che quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. E ciò non tanto ed esclusivamente per il carattere ripetitivo e standardizzato delle prestazioni oggetto dell’appalto (certamente riscontrabile nella fattispecie, essendo tutti i lotti caratterizzati da elevata ripetitività), quanto per la mancata ricorrenza di un servizio ad alta intensità di manodopera, evenienza quest’ultima che consente certamente di escludere la possibilità del ricorso al criterio del prezzo più basso, imponendo invece quello della offerta economicamente più vantaggiosa.</p> <p style="text-align: justify;">Il 4 febbraio esce la sentenza n. 824 del Consiglio di Stato sez. V, che in tema di legittimazione processuale all’impugnazione, ribadisce che nelle gare pubbliche è onere dell’interessato procedere all’immediata impugnazione delle clausole del bando o della lettera di invito che prescrivano il possesso di requisiti di ammissione o di partecipazione alla gara la cui carenza determina immediatamente l’effetto escludente, configurandosi il successivo atto di esclusione come meramente dichiarativo e ricognitivo di una lesione già prodotta; solo il carattere ambiguo della clausola, che non rende immediatamente percepibile l’effetto preclusivo alla partecipazione per chi sia privo di un requisito soggettivo richiesto dal bando, ne esclude l’immediata lesività e ne consente l’impugnazione unitamente all’atto di esclusione, applicativo della clausola stessa suscettibile di diverse interpretazioni. E’ evidente, infatti, che in ipotesi di clausole non escludenti, difettando la lesione dell’interesse legittimo del privato alla partecipazione alla gara, l’impugnazione delle stesse andrà ritenuta inammissibile, poiché non essendoci lesione manca anche l’interesse a ricorrere e l’impugnazione andrà dichiarata inammissibile.</p> <p style="text-align: justify;">Il giorno 8 febbraio 2019 n. 713 viene pubblicata la sentenza del TAR CAMPANIA – NAPOLI, Sez. III, che, in senso difforme dalla giurisprudenza precedente, sostiene che l’onere di impugnare immediatamente le previsioni della legge di gara non concerne solo quelle in senso classico “escludenti”, che prevedono requisiti soggetti di partecipazione, ma anche le clausole afferenti alla formulazione dell’offerta, sia sul piano tecnico che economico, laddove esse rendano (realmente) impossibile la presentazione di una offerta. Nelle gare di appalto, le vicende riguardanti l’impresa ausiliaria sono logicamente e giuridicamente destinate a ripercuotersi sul concorrente, non potendo evidentemente ammettersi che quest’ultimo possa partecipare alla gara con i requisiti di un soggetto immeritevole di contrarre con la P.A. e carente dei requisiti generali ex art. 80, secondo quanto prescritto dall’art. 89 del codice dei contratti pubblici, essendo da escludere che possa di fatto essere favorita una sua dissimulata forma di partecipazione e l’aggiramento del divieto. Pertanto, viene riconosciuto illegittimo l’operato della Stazione appaltante la quale, nel disporre l’esclusione dell’impresa ausiliaria perché autrice di numerose di inadempienze contrattuali pregresse, non ha consentito la sostituzione dell’ausiliaria stessa, così come previsto dall’art. 89, terzo comma, del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. n. 50 del 2016</a>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 12 febbraio esce la sentenza del Tar Campania, Napoli, Sez. V, n. 776 che, estendendo l’onere di immediata di impugnazione di alcune clausole del bando di gara, sancisce che “l’impugnazione della<em> lex specialis</em> della gara è ammissibile, oltre che nel caso di “clausole immediatamente escludenti” (1), anche nel caso di: a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale (2); regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (3); c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta (4); d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (5); e) clausole impositive di obblighi contra ius (6); f) bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta (come ad esempio quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall’aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di zero) g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso”. Tanto premesso, viene dichiarata illegittima la clausola del disciplinare di gara che rende incongruamente difficoltosa o addirittura inutile la partecipazione alla procedura per quei concorrenti i quali non dispongano di un “centro di cottura per la produzione di pasti e prodotti di gastronomia” (posto ad una distanza non superiore a 14 km. dal luogo di svolgimento del servizio) sin dal momento della presentazione dell’offerta, intendendo dotarsene solo in caso di aggiudicazione” e che per tale requisito esclude la facoltà di ricorrere all’avvalimento.</p> <p style="text-align: justify;">Il 13 febbraio esce la sentenza del Tar Puglia – Bari, Sez. II – n. 235, che sancisce che l’eterointegrazione degli atti d’indizione di una gara di appalto è configurabile esclusivamente in presenza di norme imperative recanti una rigida predeterminazione dell’elemento destinato a sostituirsi alla clausola difforme o inesistente o lacunosa, sicché non ricadano sui concorrenti gli eventuali errori commessi dalla stazione appaltante. Ciò significa che, in generale, all’eterointegrazione debba farsi ricorso in modo accorto, poiché la legge di gara deve essere intesa secondo le regole dettate dagli articoli 1362 e seguenti del codice civile, alla cui stregua si deve comunque attribuire valore preminente all’interpretazione letterale, in coerenza con i principi di chiarezza e trasparenza, <em>ex</em> art. 1 della <a href="http://www.lexitalia.it/n/1015">legge 7 agosto 1990, n. 241</a>. Diversamente opinando, si violerebbe anche il principio della tassatività delle cause di esclusione, che è chiaramente ispirato al principio del <em>favor partecipationis</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 19 febbraio esce la sentenza n. 1143 del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1143, che, in accoglimento del ricorso del privato, riconosce la nullità della clausola del disciplinare che disponga l’esclusione dell’operatore economico in ragione della discrepanza tra l’importo totale del computo metrico estimativo del progetto e il prezzo a corpo derivante dall’applicazione del ribasso percentuale offerto all’importo a base di gara. A dire del Consiglio di Stato, infatti, tale clausola si pone in contrasto con la previsione dell’art. 118 d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 che, al secondo comma, prevede che: “<em>Ai sensi dell’art. 53, comma 4, del codice, per le prestazioni a corpo, il prezzo convenuto non può essere modificato sulla base della verifica della quantità o della qualità della prestazione, per cui il computo metrico estimativo, posto a base di gara ai soli fini di agevolare lo studio dell’intervento, non ha valore negoziale</em>”. L’art. 118, comma 2, è applicabile a tutti i casi di contratto “a corpo”, giusto il rinvio in apertura all’art. 53, comma 4, del codice dei contratti pubblici, il quale a sua volta ha quale ambito di applicazione proprio i contratti di appalto di lavori (anche se integrati) “stipulati a corpo”.</p> <p style="text-align: justify;"> Il 25 gennaio esce la sentenza n. 989 del Tar Roma – Lazio, sez- III bis, che si pronuncia nel senso che l’amministrazione deve procedere allo scorrimento della graduatoria definitiva, seguendo l’ordine della medesima e sulla base dei punteggi conseguiti da parte dei singoli candidati e, quindi, attribuire i posti che effettivamente siano rimasti scoperti - tenendo conto sia delle sedi disponibili che delle relative preferenze espresse nella domanda di partecipazione - avuto esclusivo riguardo, nella predetta operazione di scorrimento, quanto alle posizioni da scorrere, ai soli candidati che abbiano presentato ricorso e abbiano conseguito in sede giurisdizionale un provvedimento favorevole in sede cautelare o di merito, con l’avvertenza, quanto alla posizione del singolo ricorrente interessato dai predetti provvedimenti giurisdizionali, che - avuto riguardo alla complessità della vicenda e alla non agevole determinazione sia del numero dei ricorrenti effettivamente interessati che dei posti effettivamente disponibili al fine - l’anteriorità o meno del conseguimento dei singoli provvedimenti cautelari o di merito di cui sopra e conseguentemente della loro esecuzione da parte dell’amministrazione non consuma in via definitiva il relativo posto attribuito in quella sede, potendosi verificare la situazione che, alla conclusione dell’intera vicenda giurisdizionale che ha interessato la procedura risulti che, atteso il numero complessivo degli interessati, alcuni dei ricorrenti destinatari di provvedimenti giurisdizionali favorevoli sarebbero dovuti rimanere fuori dalla predetta attribuzione in sede di scorrimento della graduatoria per consumazione dei posti disponibili da attribuirsi ai candidati ricorrenti collocati in posizione più favorevole nella predetta graduatoria. Pertanto, l’accesso resta condizionato dalla disponibilità effettiva dei posti, con l’ulteriore precisazione che vanno qualificate come illegittime eventuali postergazioni nelle immatricolazioni dei ricorrenti rispetto a candidati che abbiano comunque conseguito o conseguano nella graduatoria (riaperta)</p> <p style="text-align: justify;">Il 4 marzo esce la sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, n. 1491, che in accoglimento del ricorso del privato, dichiara illegittimo, per sviamento di potere, la suddivisione in lotti di un appalto pubblico laddove integri la duplice violazione del principio della libera concorrenza in senso oggettivo (come astratta possibilità di contendersi il mercato in posizione di parità) e in senso soggettivo (per la creazione di una posizione di ingiustificato favore di un concorrente rispetto agli altri).<strong> La scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, deve infatti costituire una decisione che deve essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza</strong>. Come qualsiasi scelta della P.A., anche la suddivisione in lotti di un contratto pubblico si presta ad essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa: e ciò ancorché l’incontestabile ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito conduca per converso a confinare questo sindacato nei noti limiti rappresentati dai canoni generali dell’agire amministrativo, ovvero della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria. Le norme di recepimento del diritto comunitario in materia di suddivisione dei lotti devono essere interpretate alla luce del principio di cui al Considerando 79, della Direttiva 2014/24/UE, secondo cui le Amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero limitare il numero dei lotti che possono essere aggiudicati a uno stesso offerente “<em>…allo scopo di salvaguardare la concorrenza</em>”. La tendenziale preferenza dell’ordinamento per una ragionevole divisione in lotti è fondata non solo sulla notoria esigenza di favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese <em>ex</em> art. 51 del d.lgs. n. 50/2016 (ed in precedenza l’art. 2, comma 1 bis, dell’abrogato d.lgs. n. 163/2006), ma anche, e soprattutto, nella esigenza di assicurare realmente la libera concorrenza e la massima partecipazione non solo al momento dell’effettuazione della gara, ma anche in relazione a tutto il periodo successivo di svolgimento del rapporto.</p> <p style="text-align: justify;">L’11 marzo esce la sentenza del Tar Sardegna, sez. I, n. 215, che si pronuncia in un caso di impugnazione di un bando di gara che aveva sanzionato con l’esclusione dalla gara il mancato utilizzo di un modulo predisposto dalla stazione appaltante. Sancisce il Tribunale amministrativo che lo schema (modulo) di domanda allegato al bando non costituisce affatto parte integrante della <em>lex specialis</em> della gara, costituendo piuttosto uno strumento predisposto unilateralmente dall’Amministrazione, a scopo meramente esemplificativo, per facilitare la partecipazione alla stessa; pertanto, non è consentito sanzionare con l’esclusione dalla gara il mancato utilizzo di un modulo predisposto dalla stazione appaltante.</p> <p style="text-align: justify;">Il 13 marzo esce la sentenza del Tar Toscana n. 359 che sancisce che nelle gare di appalto l’identificazione del settore di operatività dell’impresa non possa essere condotta sulla base del codice ATECO, dato di carattere statistico attribuito all’impresa in sede di iscrizione alla Camera di Commercio. Viene dichiarata nulla, pertanto, la clausola del bando di gara secondo cui “i concorrenti che ricorrono all’istituto dell’avvalimento devono, pena esclusione, essere in possesso di propria attestazione SOA ….”, essendo tesa a porre un <strong>requisito a pena di esclusione ulteriore</strong> rispetto a quelli previsti dalla legge, in violazione dell’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016, secondo cui “i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”.</p> <p style="text-align: justify;">Il 26 marzo esce la sentenza del Tar Campania – Salerno, sez. I, n. 482, la quale sancisce che in tema di gare d’appalto, le uniche fonti della procedura di gara sono costituite dal bando di gara, dal capitolato e dal disciplinare, unitamente agli eventuali allegati, cosicché i chiarimenti auto-interpretativi della stazione appaltante non possono né modificarle, né integrarle, né rappresentarne un’inammissibile interpretazione autentica; esse fonti devono essere interpretate e applicate per quello che oggettivamente prescrivono, senza che possano acquisire rilevanza atti interpretativi postumi della stazione appaltante ad integrare la lex specialis ed essere vincolanti per la Commissione aggiudicatrice. La cd. etero-integrazione del bando di gara va intesa nel senso che, pur in assenza di qualsivoglia richiamo alle disposizioni di legge, le cause di esclusione, se esistenti, devono trovare applicazione, con conseguente contemperamento di detto meccanismo con il principio, di derivazione comunitaria, dell’affidamento (cfr. anche il novellato art. 1, comma 1, della <a href="http://www.lexitalia.it/n/1015">L. n. 241/90</a>). Limitatamente alla verifica dei requisiti di partecipazione, il principio di esclusività del bando subisce una rilevante attenuazione, non potendo essere considerato l’unico ed esclusiva fonte per la previsione e la disciplina dei requisiti di partecipazione ad una procedura selettiva e non potendo esso prescindere dalle fonti esterne che, rispetto al bando stesso, in quanto disposizioni di legge, devono considerarsi prevalenti o, comunque, integrative. L’ammissibilità dell’istituto dell’avvalimento va esclusa per le attestazioni di idoneità e/o iscrizioni ad albi professionali, trattandosi di requisiti personali, spesso conseguenti a verifiche o prove d’esame, che non possono diventare oggetto di circolazione in favore di soggetti privi dell’abilitazione medesima. Pur essendo il ricorso all’avvalimento in linea di principio legittimo, non ponendo la disciplina alcuna limitazione, per i requisiti strettamente personali di carattere generale vige un’evidente preclusione, poiché tali requisiti non sono attinenti all’impresa e ai mezzi di cui essa dispone e non sono intesi a garantire l’obiettiva qualità dell’adempimento, riguardando viceversa la mera e soggettiva idoneità professionale del concorrente — quindi non dell’impresa ma dell’imprenditore — a partecipare alla gara d’appalto e ad essere come tale contraente con la pubblica amministrazione.</p> <p style="text-align: justify;">Il 30 aprile esce la sentenza n. 531 del Tar Piemonte, sez. II, che si pronuncia sulla definizione di clausola escludente ai fini dell'immediata impugnazione e sull’illegittimità dell'apertura delle buste in seduta riservata. Sancisce il collegio che non va impugnata direttamente ed immediatamente, potendo invece essere impugnata in occasione dell’impugnativa dell’aggiudicazione, la clausola del bando di gara la quale prevede che “si provvederà in seduta riservata all’apertura della busta B – offerta tecnica” e alla verifica della documentazione fornita dagli offerenti”, non trattandosi di clausola escludente. Il collegio in accoglimento del ricorso dichiara poi illegittima, per violazione dei principi generali di trasparenza, espressamente richiamati dall’articolo 30 del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. 50/2016</a> (secondo cui “<em>nell’affidamento degli appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti rispettano, altresì, i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice</em>”), la clausola di un bando per una concessione la quale prevede che “si provvederà in seduta riservata all’apertura della busta B – offerta tecnica e alla verifica della documentazione fornita dagli offerenti.</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 maggio esce la sentenza 15 maggio 2019 n. 3147 del Consiglio di Stato, sez. V, che dichiara illegittimo il bando di una gara indetta da un Comune per l’affidamento del servizio di manutenzione degli automezzi di proprietà comunale, ove contenga una clausola secondo cui sono ammessi a partecipare alla gara esclusivamente i soggetti affidatari aventi sede in prossimità delle sedi dell’Amministrazione comunale e, in particolare, nella zona abitata e/o industriale del Comune o in una determinata frazione, nonché aventi sede operativa localizzata in Comuni limitrofi entro la distanza indicativa di 0,5 km dal confine comunale delle zone abitate e/o industriali dell’Ente locale procedente; si tratta, infatti, di una clausola irragionevole, in quanto preclusiva della partecipazione di operatori che, seppure ubicati nel territorio del Comune interessato, non si trovino nelle sole frazioni indicate dalla <em>lex specialis</em>, ovvero collocati al di fuori del Comune, ad una distanza di soli 0,5 chilometri dal confine comunale con le frazioni abitate e/o industriali.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 maggio esce la sentenza n. 671 del Tar Puglia, Bari, Sez. I, che si pronuncia sulla disciplina del termine per la proposizione del ricorso principale nel rito appalti e sulla prevalenza, in tal senso, del disciplinare di gara sul capitolato. Segnatamente, la disciplina del ricorso incidentale, anche nel contesto del rito disciplinato dall’art. 120, comma 2 <em>bis</em>, <a href="http://www.lexitalia.it/n/2369">c.p.a.</a> deve essere ricondotta al regime decadenziale previsto dall’art. 42, comma 1 del codice del processo amministrativo. E’ sempre legittimo e consentito in via generale, ai sensi del combinato disposto tra i commi 1 e 6 dell’art. 89 del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. 50/2016</a>, un avvalimento plurimo – con frazionamento dei requisiti tecnici e di capacità economica (fatturato globale e fatturato specifico) – fatta eccezione nel caso in cui sia dimostrato che l’appalto riguardi “lavori che presentino peculiarità tali da richiedere una determinata capacità che non si ottiene associando capacità inferiori di più operatori”, e ciò in quanto in un’ipotesi del genere l’amministrazione aggiudicatrice potrebbe legittimamente esigere che il livello minimo della capacità in questione sia raggiunto da un operatore economico unico o, eventualmente, facendo riferimento ad un numero limitato di operatori economici, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2004/18, laddove siffatta esigenza sia connessa e proporzionata all’oggetto dell’appalto interessato. Gli eventuali contrasti tra il disciplinare ed il capitolato non vanno risolti facendo ricorso al meccanismo dei chiarimenti autointerpretativi, ma al criterio di soluzione elaborato in via pretoria, secondo cui in caso di contrasto tra disposizioni riconducibili a differenti fonti di gara deve riconoscersi prevalenza alla disciplina di gara rispetto al capitolato tecnico.</p> <p style="text-align: justify;">Il 21 maggio esce la sentenza del Tar Puglia – Lecce, n. 788, che confermando l’indirizzo giurisprudenziale prevalente sostiene che sussiste l’onere di impugnare immediatamente e direttamente il bando di gara nei soli casi in cui esso introduca regole che, in modo certo ed obiettivamente apprezzabile, abbiano una portata preclusiva, impedendo la partecipazione degli interessati alla procedura selettiva; viceversa, le clausole del bando di gara che non rivestano portata escludente devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura. Tanto premesso, viene dichiarato illegittimo un bando di gara che prevede un determinato importo a base d’asta, senza tener conto dell’adeguamento dell’importo a base di gara, a seguito della rettifica della stima dei costi della manodopera; infatti, a seguito dell’incremento del costo del lavoro, la P.A. appaltante avrebbe dovuto disporre un incremento dell’importo dell’appalto o, quanto meno, una attestazione della congruità dell’originario importo a base d’asta nonostante fosse sopravvenuta una stima in aumento del costo della manodopera. In assenza di tale attestazione deve ritenersi che sia venuta meno la congruità dell’importo a base d’asta sotto il profilo della sostenibilità dell’offerta. La previsione nel bando di una gara per il servizio di portierato di un servizio di vigilanza non armata, abilita alla presentazione dell’offerta i soli operatori economici titolari di licenza prefettizia, atteso che ai sensi dell’art. 134 r.d. n. 773/31 (TULPS), “senza licenza del prefetto è vietato ad enti o privati di prestare opere di vigilanza o custodia di proprietà mobiliari od immobiliari e di eseguire investigazioni o ricerche o di raccogliere informazioni per conto di privati”; pertanto tale clausola va interpretata come ad effetto escludente.</p> <p style="text-align: justify;">Il 22 maggio esce la sentenza n. 1164 del Tar Lombardia – Milano, sez. I, che si pronuncia in tema di regole di interpretazione delle clausole del bando di gara. Sostiene il collegio che nell’interpretare le clausole del bando, deve darsi prevalenza alle espressioni letterali in esse contenute, escludendo ogni procedimento ermeneutico in funzione integrativa, considerando che, in caso di oscurità ed equivocità, un corretto rapporto tra p.a. e privato che sia rispettoso dei principi generali del buon andamento dell’azione amministrativa e di imparzialità, oltreché di quello specifico enunciato nell’art. 1337 c.c., impone che di quella disciplina sia data una lettura idonea a tutelare l’affidamento degli interessati, interpretandola per ciò che essa espressamente enuncia, restando il concorrente dispensato dal ricostruire, mediante indagini ermeneutiche ed integrative, ulteriori ed inespressi significati. Pertanto, ove il dato testuale presenti ambiguità, deve essere prescelto il significato più favorevole all’ammissione, essendo conforme al pubblico interesse che alla procedura selettiva partecipi il più elevato numero di candidati. Pertanto, nel caso in cui la clausola di un bando indetto dalla P.A. preveda, letteralmente, che i concorrenti devono indicare i componenti del team tecnico “in forza” presso l’impresa al momento della presentazione dell’offerta, da certificare con idonea documentazione (titolo di studio e relativa abilitazione), deve ritenersi illegittimo il provvedimento di esclusione di una ditta dalla gara stessa, che sia motivato con esclusivo riferimento al fatto è risultato che i suddetti componenti non sono dipendenti dell’impresa interessata; e ciò sul rilievo che l’utilizzo della espressione “in forza” presso l’impresa, richiede la sussistenza di un legame del tutto generico tra ditta concorrente e professionisti, compatibile con tipologie contrattuali diverse dalla subordinazione, trattandosi infatti di espressione in uso nel linguaggio comune, priva di un preciso significato giuridico, che deve conseguentemente essere interpretata alla luce del <em>favor partecipationis.</em></p> <p style="text-align: justify;">Il 24 maggio, esce la sentenza n. 1421 del Tar Sicilia – Palermo, Sez. II che chiarisce la natura e funzione del campione nelle procedure che richiedono il deposito di tale prodotto. Nelle gare di appalto, il campione non costituisce un elemento costitutivo, ma semplicemente dimostrativo dell’offerta tecnica, che consente all’Amministrazione di considerare e vagliare l’idoneità tecnica del prodotto offerto; non è sua parte integrante, per quanto sia oggetto di un’apposita valutazione da parte della commissione giudicatrice, perché la sua funzione è quella, chiaramente stabilita dall’All. XVII, parte II,<a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. n. 50/2016</a>, di “provare le capacità tecniche degli operatori economici di cui all’articolo 83”, attraverso la produzione di “campioni, descrizioni o fotografie la cui autenticità deve poter essere certificata a richiesta dall’amministrazione aggiudicatrice”. È evidente, pertanto, che l’eventuale adempimento alla richiesta di produzione di un campione non costituisce, ai sensi della lex specialis, un adempimento essenziale ai fini dell’ammissibilità dell’offerta. Pertanto, in accoglimento del ricorso del privato, viene ritenuta nulla la clausola inserita nel capitolato di gara secondo cui “le aziende partecipanti dovranno presentare, a pena d’esclusione, campionatura pari a numero cinque unità per voce”; infatti, non costituendo il campione un elemento essenziale dell’offerta e attenendo la clausola in questione ad un requisito di ammissione non previsto dalla legge o da altri atti normativi, la previsione incorre nel divieto posto dall’art. 83, co. 8 <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. n. 50 del 2016</a>: si tratta di clausola nulla, la cui nullità è rilevabile d’ufficio ex art. 31, comma 1, <a href="http://www.lexitalia.it/n/2369">c.p.a.</a> Nelle gare di appalto, l’obbligo di redazione in lingua italiana di documenti da allegare alla domanda non è previsto in termini generali da alcuna disposizione del codice degli appalti né può ritenersi che la presentazione di un documento in lingua straniera determini un’assoluta incertezza sul contenuto di elementi essenziali.</p> <p style="text-align: justify;">Il 23 maggio 2019 esce la sentenza n. 6352 del Tar Lazio – Roma, Sez. II bis, che si pronuncia sul mutamento di composizione di ATI non per esigenze organizzative e sulle sue conseguenze nell’ambito delle svolgimento di una gara d’appalto. Dichiara il Tar, respingendo il ricorso del privato, che è <strong>legittimo il provvedimento</strong> con il quale la P.A. appaltante ha disposto l’esclusione di un raggruppamento temporaneo d’imprese in applicazione dell’art. 48, comma 19, del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. n. 50/2016</a> (secondo cui “è ammesso il recesso di una o più imprese raggruppate, anche qualora il raggruppamento si riduca ad un unico soggetto, esclusivamente per esigenze organizzative del raggruppamento e sempre che le imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori, servizi o forniture ancora da eseguire”) nel caso in cui la variazione della composizione soggettiva della r.t.i. non appaia dettata da “esigenze organizzative” quanto, piuttosto, dall’intenzione della r.t.i. stessa di rimodulare la propria forma di presentazione in gara per usufruire del punteggio massimo.</p> <p style="text-align: justify;">Il 29 maggio 2019 esce la sentenza n. 6775, del Tar Lazio, Roma, sez. III Quater, che dichiara inammissibile (<em>rectius</em>: irricevibile) un ricorso avverso la composizione della commissione di gara (asseritamente non formata da esperti), ove non sia stata tempestivamente impugnata la delibera di nomina della commissione stessa, che è stata a suo tempo pubblicata assieme ai curricula dei componenti della Commissione, e ove della adozione di tale determinazione (e dei nominativi e delle qualifiche dei singoli componenti) sia stato dato espressamente atto nel verbale della seduta pubblica alla quale erano presenti anche i rappresentanti della ricorrente. In tal caso, <strong>in ragione dell’autonoma portata lesiva degli atti di nomina della Commissione, la ricorrente avrebbe dovuto provvedere ad impugnarli immediatamente senza attendere l’esito della aggiudicazione. </strong>Le clausole del bando considerate immediatamente escludenti consistono in: a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale; b) regole procedurali che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile; c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta; d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso ed obiettivamente non conveniente; e) clausole impositive di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all’intero importo dell’appalto); f) bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta (come ad esempio quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi ed anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall’aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di “0” punti); g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso”. Il collegio chiarisce poi che ai sensi dell’art. 50 del <a href="http://www.lexitalia.it/n/3163">d.lgs. n. 50/2016</a>, la previsione del bando di gara della cd. clausola sociale è consentita solo nel caso in cui il contratto sia qualificabile come “<em>ad alta intensità di manodopera</em>”; in ogni caso, tale disposizione prevede l’inserimento della clausola sociale come mera facoltà delle stazioni appaltanti e, quindi, va escluso che l’obbligo di inserire nella<em> lex specialis</em> di gara la richiamata clausola derivi direttamente dalla disciplina nazionale dettata in materia di appalti pubblici.</p> <p style="text-align: justify;">Il 4 giugno 2019 esce la sentenza n. 823 del Tar Toscana sez. II, che si pronuncia su varie questioni rilevanti. Il primis, il collegio si pronuncia nel senso che la sussistenza delle condizioni per la cancellazione di espressioni sconvenienti e offensive contenute negli scritti difensivi, prevista dall’art. 89 c.p.c., va ravvisata solo allorquando le espressioni in parola risultano dettate da un incomposto intento dispregiativo e rivelano, pertanto, un’esclusiva volontà offensiva nei confronti della controparte (o dell’ufficio), non bilanciata da alcun profilo di attinenza, anche indiretta, con la materia controversa. Inoltre, il collegio si pronuncia nel senso che nel caso di ricorso avverso un provvedimento del Prefetto che prevede il divieto di stazionamento in alcuni luoghi della città di Firenze (c.d. “zone rosse”) alle persone denunciate per determinati reati, <strong>è inammissibile l’intervento in giudizio di una associazione che ha come scopo sociale lo svolgimento di attività di riflessione e ricerca sociale sui temi dell’emarginazione sociale,</strong> della devianza, delle migrazioni, dell’esecuzione penale e del carcere e delle altre istituzioni penali, al fine di mettere a disposizione i risultati delle ricerche agli operatori sociali e agli studiosi. Si tratta infatti di una associazione avente lo scopo, essenzialmente, di svolgere ricerca in ordine alle tematiche citate e da un lato, queste ultime non appaiono incise dal provvedimento in discussione; dall’altro, l’associazione non ha quale scopo sociale la tutela della legalità nell’ambito delle misure di prevenzione a carattere amministrativo ed è quindi anch’essa priva di legittimazione all’intervento. Tanto premesso, viene dichiarato illegittimo <strong>l’atto generale</strong> con il quale il Prefetto di Firenze ha disposto il divieto di stazionare in diciassette luoghi della città, assurti a c.d. “zone rosse”, per un periodo di tre anni, nei confronti delle persone cui è stata contestata la violazione della normativa sul commercio in area pubblica o che risultano denunciate per i reati di percosse, lesioni personali, rissa, danneggiamento o spaccio di sostanze stupefacenti. <strong>È altresì illegittimo il provvedimento con il quale, in applicazione del predetto atto generale</strong>, la misura del divieto di stazionamento nelle c.d. “zone rosse” è stata applicata nei confronti di un soggetto che è stato denunciato per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope). L’autonoma impugnativa degli atti amministrativi a contenuto generale è configurabile, come nel caso di specie, quando sussiste una lesione immediata e diretta delle posizioni dei destinatari che determina l’insorgenza di un attuale interesse al ricorso, mentre se l’incertezza del loro contenuto dà luogo a dubbi interpretativi tali che non possa esserne desunta chiaramente l’immediata e concreta lesività, il ricorso è ammissibile unicamente avverso gli atti applicativi che incidono nella sfera degli interessati.</p> <p style="text-align: justify;">Il giorno 11 dicembre esce la sentenza del Tar Marche, sez. I, n. 769, che ricorda che “è ormai granitica giurisprudenza formatasi sulla questione concernente la legittimità del bando di gara che imponga ai concorrenti l’applicazione di un determinato contratto collettivo. Come è noto (<em>ex multis</em>, cfr. le sentenze della Sez. V del Consiglio di Stato n. 932 del 2017 e n. 276 del 2018), al quesito viene data risposta negativa, il che è a dirsi in particolare per gli appalti le cui prestazioni sono astrattamente riconducibili a più di un comparto della contrattazione collettiva (per un precedente si veda la sentenza n. 555/2017 di questo Tribunale), e con il solo limite dell’impossibilità per il concorrente di dichiarare di voler applicare contratti collettivi del tutto inconferenti con l’oggetto dell’appalto (citata sentenza n. 276/2018 del Consiglio di Stato). Nella specie, tuttavia, il disciplinare di gara non inibiva la partecipazione a imprese che svolgono quali attività principali quelle risultanti dal certificato camerale di Plurima (perché in caso contrario la controinteressata sarebbe stata esclusa già solo per questo profilo), per cui la stessa avrebbe potuto legittimamente applicare anche ai lavoratori impiegati nel presente appalto il c.c.n.l. che applica alla generalità dei propri dipendenti”.</p> <p style="text-align: justify;">Il 17 dicembre esce la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 7090 che dichiara inammissibile il ricorso avverso il silenzio-inadempimento della P.A. qualora l’atto di cui si chiede l’adozione sia a contenuto regolamentare o generale (nelle specie una associazione di dirigenti pubblici – Dirpubblica – aveva lamentato l’omessa adozione da parte dell’Agenzia delle Entrate di un bando di concorso per soli esami, sostituito da un concorso per titoli ed esami). Qualora l’azione avverso il silenzio rispetto all'adozione di un atto generale sia proposta da un soggetto che si assuma esponenziale dell’interesse collettivo della generalità dei potenziali destinatari dell’atto generale di cui è sollecitata l’adozione, la legittimazione ad agire sussiste solo quando venga invocata la violazione di norme poste a tutela dell’intera categoria, e non anche quando si verta su questioni concernenti singoli iscritti ovvero su questioni capaci di dividere la categoria in posizioni contrastanti. (Fattispecie in cui il Cds, pur non riconoscendo all'ente esponenziale alcuna preclusione di legge all'esperibilità del rito sul silenzio sulla base del mero carattere regolamentare o generale dell’atto di cui si invoca l’adozione, ha negato la legittimazione ad agire dell'associazione Dirpubblica, non potendosi dimostrare l’interesse della totalità degli iscritti di privilegiare la strada dell'indizione di un bando di concorso, ai sensi dell’articolo 4 bis, comma 1, d.l. n. 78/2015, piuttosto che altre soluzioni normativamente possibili per provvedere al reclutamento di personale dirigenziale).</p> <p style="text-align: justify;">Il 21 dicembre esce la sentenza del Tar Lazio – Roma, sez. III bis, n. 12485, che respingendo il ricorso proposto dal privato avverso un provvedimento di autotutela, di annullamento di un bando di gara, lo dichiara legittimo. Questo è il principio di diritto enunciato: è legittimo, in quanto adeguatamente motivato sotto il profilo della tutela del pubblico interesse, il provvedimento con il quale la P.A. appaltante, nonostante la intervenuta sottoscrizione del contratto di appalto, ha annullato di ufficio, in autotutela, il bando di una gara (nella specie, si trattava di un bando indetto da un istituto tecnico agrario statale per l’appalto triennale del servizio di utilizzo – manutenzione e assistenza di software in uso agli uffici), che sia motivato con riferimento alla sussistenza del vizio genetico costituito dalla mancata pubblicazione del medesimo bando e, in particolare, con riferimento al fatto che lo stesso risultava essere stato pubblicato in data successiva rispetto a quella prevista per la scadenza del termine di presentazione delle offerte.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Questioni intriganti</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa sottende la c.d. evidenza pubblica?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>i precipui <strong>limiti alla libertà negoziale ed all’autonomia contrattuale</strong> che contraddistinguono la PA rispetto ai soggetti privati;</li> <li>le conseguenti caratteristiche di una <strong>fattispecie contrattuale</strong> nella quale campeggia la <strong>identificazione dell’interlocutore privato</strong> col quale stipulare il contratto;</li> <li>l’”<strong><em>evidenza</em></strong>” del <strong>pubblico interesse</strong> che la PA – la cui attività è, a differenza di quella di un privato, <strong>funzionalizzata</strong> – intende perseguire con il contratto che essa palesa di voler stipulare;</li> <li>la possibilità per la PA di <strong>formare una propria volontà contrattuale</strong> in modo <strong>legittimo</strong> ed orientato alla <strong>maggior convenienza e vantaggiosità</strong> delle condizioni che gli operatori economici, potenziali controparti, possono garantirle;</li> <li>soprattutto, la possibilità per gli <strong>operatori economici potenziali contraenti</strong> di <strong>concorrere in condizioni di perfetta parità</strong> in ambito europeo per aggiudicarsi il contratto, in un contesto <strong>concorrenziale</strong> e <strong>non discriminatorio</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Che natura giuridica ha l’evidenza pubblica?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>natura <strong>privatistica</strong> (tesi recessiva): si tratta di una <strong>fattispecie assimilabile alle trattative nel diritto civile</strong> dei contratti e dunque, segnatamente, alla <strong>fase pre-contrattuale</strong>;</li> <li>natura <strong>pubblicistica</strong> (tesi recessiva): si tratta di uno <strong>strumento procedimentale</strong> inteso a <strong>selezionare il miglior interlocutore privato</strong> col quale stipulare il contratto;</li> <li><strong>natura mista o “<em>doppia</em>”</strong> (tesi ormai accreditata): si ha nello stesso momento <strong>una trattativa ed un procedimento</strong>, dovendosi inquadrare la tradizionale trattativa pre-contrattuale privatistica in un <strong>prisma procedimentale</strong> inteso alla selezione del migliore interlocutore privato in un quadro di <strong>concorrenza</strong> e <strong>parità di trattamento</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali sono le caratteristiche peculiari della determina (o delibera) a contrarre?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>è <strong>atto meramente interno alla PA</strong>, proprio del <strong>soggetto legittimato ad esprimere all’esterno</strong> la volontà della PA medesima, ma che <strong>non impegna ancora la parte pubblica</strong> ad alcunché, essendo <strong>revocabile <em>ad nutum</em></strong> e palesandosi <strong>non idonea a far insorgere alcuna posizione di aspettativa o affidamento</strong> tutelati in capo ai terzi <strong>interessati a farsi interlocutori</strong> privati della parte pubblica;</li> <li>laddove <strong>difetti</strong>, manca il <strong>presupposto essenziale</strong> previsto dalla legge per <strong>procedere a selezionare il contraente privato</strong>, con conseguente <strong>illegittimità derivata di tutti gli atti successivi</strong>; una illegittimità che tuttavia potrà essere fatta valere dai privati <strong>solo impugnando gli atti successivi</strong>, difettando <strong>l’interesse</strong> ad impugnare la sola determina a contrarre laddove <strong>non seguita da ulteriori atti</strong> della procedura contrattuale;</li> <li>la <strong>revocabilità <em>ad nutum</em></strong> è possibile <strong>fino alla pubblicazione del bando o della lettera di invito</strong>, che invece sono atti che già <strong>si rivolgono all’esterno</strong> e manifestano ai terzi la volontà della PA di contrarre;</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quale è la natura giuridica del bando, laddove inteso in senso privatistico?</strong></p> <p style="text-align: justify;">Si tratta di un <strong>atto di natura privatistica</strong> cui fa da contraltare <strong>un atto</strong>, del pari di natura privatistica, chiamato <strong>aggiudicazione</strong>. Il bando allora:</p> <ol style="text-align: justify;"> <li>è <strong>una offerta al pubblico</strong>, e come tale <strong>una proposta contrattuale</strong> (tesi privatistica recessiva); la successiva aggiudicazione compendia allora una <strong>nuova formalizzazione della proposta contrattuale</strong>, non già al pubblico, quanto ormai piuttosto <strong>all’interlocutore privato siccome selezionato</strong>;</li> <li>è un <strong>invito ad offrire</strong>, dal momento che tra gli <strong>elementi essenziali</strong> per poter configurare una proposta contrattuale vi è <strong>il prezzo della prestazione</strong>, che nel bando ovviamente ancora difetta (tesi privatistica prevalente); la <strong>successiva aggiudicazione</strong> compendia allora la <strong>irrevocabilità</strong> della <strong>vera e propria proposta contrattuale</strong>, fatta dall’interlocutore privato siccome selezionato sulla base di un prezzo della prestazione ormai individuato.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quale è la natura giuridica del bando, laddove inteso in senso pubblicistico?</strong></p> <p style="text-align: justify;">Si tratta di un <strong>atto</strong> con il quale la PA <strong>dà il via ad un procedimento amministrativo</strong>, nello stesso momento in cui <strong>manifesta all’esterno la volontà di addivenire alla stipula di un contratto</strong> con l’interlocutore privato che andrà a selezionare: da questo punto di vista, <strong>l’aggiudicazione è atto del pari amministrativo</strong> che definisce la procedura aperta dal bando, che ha del pari <strong>natura autoritativa</strong> e che <strong>identifica in concreto</strong> l’interlocutore privato della PA. Il bando compendia allora un atto:</p> <ol style="text-align: justify;"> <li><strong>di natura normativa</strong>: se ne parla in termini di <strong><em>lex specialis</em> della procedura di evidenza pubblica</strong> alla quale esso dà l’abbrivio. Proprio per questa <strong>sua intrinseca normatività</strong>, le relative prescrizioni <strong>vincolano</strong> tanto i <strong>privati</strong> concorrenti quanto <strong>la PA che bandisce</strong>, la quale <strong>deve attuarle senza disporre della discrezionalità per disattenderle</strong>, e <strong>non può disapplicarle</strong>, potendo al più procedere ad <strong>annullare il bando in via di autotutela</strong> laddove se ne ravvisino i presupposti; il <strong>bando non è disapplicabile</strong> dalla PA che lo ha pubblicato, ma lo è invece – proprio perché <strong>di natura normativa</strong> – <strong>da parte del GA</strong> laddove si ponga in contrasto con <strong>fonti normative sovraordinate</strong>, <strong>non</strong> dovendo dunque <strong>essere tempestivamente impugnato</strong> nel termine di decadenza tradizionale; sempre perché normativo, esso <strong>va interpretato secondo le regole</strong> che presidiano alla <strong>interpretazione degli atti normativi</strong>;</li> <li><strong>di natura amministrativa (generale)</strong>: si tratta di un atto che <strong>non è innovativo dell’ordinamento</strong> (spiega i relativi effetti solo sulla <strong>singola gara</strong> cui afferisce e che disciplina), né è corredato da <strong>astrattezza</strong> (non è <strong>indefinitamente ripetibile</strong>), pur essendo un atto (amministrativo) generale, il cui contenuto è dunque <strong>formalmente e sostanzialmente amministrativo</strong> (e non normativo). Peraltro, neppure il requisito della <strong>generalità</strong> potrebbe dirsi esistente secondo questa opzione ermeneutica, in quanto i relativi destinatari, <strong>se <em>ex ante</em> sono indeterminati</strong>, sono invece <strong>individuabili <em>ex post</em></strong>; <strong>difetta l’astrattezza</strong>, non potendo le relative norme assumersi <strong>suscettibili di una ripetitività indefinita</strong>, quanto a relativa attuazione; la idoneità del bando a <strong>normare il solo, singolo procedimento di gara</strong>, implica poi come esso <strong>non abbia capacità di innovare</strong> l’ordinamento (e, in particolare, di vincolare l’Amministrazione <strong>in fattispecie diverse</strong> rispetto a quella di cui alla gara o al concorso specificamente normati). Se il bando ha natura <strong>attizia</strong>, esso <strong>va interpretato secondo le regole che presidiano alla interpretazione dei provvedimenti amministrativi</strong>; esso inoltre <strong>non è disapplicabile dal GA</strong> e va <strong>impugnato</strong>, laddove assunto lesivo, nel <strong>tradizionale termine di decadenza</strong> previsto dal processo amministrativo di impugnazione;</li> <li><strong>di natura mista</strong>, in parte <strong>normativa</strong> ed in parte <strong>amministrativa generale</strong>. Più nel dettaglio, sono di natura <strong>amministrativa</strong> le clausole del bando che <strong>non sono destinate a ripetersi</strong> e che disciplinano <strong>solo la singola gara di cui al divisato bando</strong>: tali clausole devono essere <strong>impugnate nei termini di decadenza</strong>; sono invece <strong>normative</strong> le clausole <strong>usualmente ricorrenti</strong>, e dunque <strong>ripetibili</strong>, come ad esempio quelle che <strong>disciplinano i criteri per la valutazione delle offerte</strong> o <strong>per la verifica dell’anomalia delle offerte</strong> medesime: si tratta di clausole <strong>dalla natura provvedimentale</strong>, ma dalla <strong>funzione sostanzialmente normativa</strong> essendo esse <strong>usualmente previste in tutti i bandi</strong> e i regolamenti di gara della PA aggiudicatrice. A questa tesi si obietta tuttavia che un bando è comunque <strong>destinato esclusivamente a disciplinare la gara</strong> che esso forgia, e come tale <strong>difetta dei requisiti della innovatività</strong> del sistema e <strong>dell’astrattezza</strong>, quand’anche siano presenti clausole che usualmente si ripetono.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>E’ possibile procedere ad una etero-integrazione negoziale del bando di gara?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>tesi che assume la <strong>natura privatistica dell’evidenza pubblica</strong>: <strong>è possibile</strong> per la PA e per le <strong>imprese partecipanti alla gara</strong> etero-integrare <strong>per via negoziale</strong> il bando di gara, con particolare riguardo al <strong>d. patto di integrità</strong> giusta il quale sia la PA aggiudicatrice che le imprese partecipanti <strong>si obbligano ad un comportamento leale e in buona fede</strong>, oltre che <strong>corretto e trasparente</strong>, con accettazione da parte dei privati partecipanti della <strong>possibilità di irrogazione di una sanzione</strong> nel caso in cui – durante la procedura - essi <strong>tengano un comportamento scorretto o negligente</strong>, come nell’ipotesi di un accordo tra imprese che <strong>pregiudichi la concorrenza</strong> (in simili casi, frequente è l’ipotesi previsionale dell’incameramento della cauzione provvisoria);</li> <li>tesi che assume la <strong>natura pubblicistica dell’evidenza pubblica</strong>: in linea di principio <strong>non è etero integrabile</strong> attraverso l’autonomia privata quello che, come il bando, è un <strong>atto autoritativo</strong> (normativo o, al più, amministrativo generale), anche se non manca chi <strong>valorizza l’art.11</strong> della legge 241.90 considerando l’eventuale accordo tra PA e privati concorrenti come <strong>accordo (accessivo)</strong> sostitutivo o integrativo di provvedimento.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p>