<p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>L’Amministrazione debitrice esercita il potere ad essa attribuito dalla legge nell’interesse del privato creditore, titolare di una pretesa la cui soddisfazione è tuttavia condizionata alla piena compatibilità con l’interesse pubblico (quest’ultimo quale interesse, seppure </em>pro quota<em>, anche proprio); tale compatibilità dell’interesse del privato creditore con l’interesse pubblico può essere accertata in via unilaterale dalla PA debitrice – come in effetti tradizionalmente avviene – ovvero, ormai da qualche lustro, anche attraverso moduli consensuali in cui protagonista è sempre il potere pubblico, speso tuttavia in un novello prisma di bilateralità autoritativa che impone nondimeno, anche in ottica anti-corruttiva, l’attenta tutela di quei soggetti privati terzi – tanto cointeressati quanto controinteressati – anch’essi titolari </em>pro quota<em> del medesimo interesse pubblico cui si parametra l’interesse del singolo interlocutore privato nella pertinente sequenza procedimentale.</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Crono-articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1865</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 26 giugno esce la legge n.2359 in materia espropriativa che, all’art.26, prevede lo strumento dell’accordo tra PA e privato come alternativo al provvedimento unilaterale di espropriazione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1930</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 ottobre viene varato il R.D. 1398, nuovo codice penale, che disciplina il mercimonio della funzione pubblica attraverso le figure di reato riconducibili alla corruzione, in particolare agli articoli 318 (corruzione per l’esercizio della funzione) e 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1942</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il codice civile, nel disciplinare il contratto agli articoli 1321 e seguenti, ne predica la necessaria natura patrimoniale, non escludendo la possibilità – dal punto di vista soggettivo – che intervengano contratti tra enti pubblici e soggetti privati; il discorso vale anche, più in generale, per gli accordi, dei quali i contratti costituiscono una <em>species</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 17 agosto viene varata la legge n.1150, c.d. legge urbanistica, il cui articolo 28 prevede le convenzioni di lottizzazione, quale strumento che – in attuazione del PRG – consente di definire consensualmente l’assetto urbanistico di una porzione del territorio comunale; i proprietari delle aree interessate predispongono un piano di assetto urbanistico delle aree di loro proprietà e lo propongono all’Amministrazione comunale che ne scandaglia l’ammissibilità tecnica e la compatibilità con il PRG; sempre i proprietari delle aree interessate formulano una proposta di convenzione (di lottizzazione) nel cui contesto si impegnano nei confronti della PA locale a realizzare le opere di urbanizzazione primaria quali fognature, strade e così via ed a concorrere nella realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria quali aree verdi, scuole e così via, anche con eventuale cessione della proprietà delle aree di sedime occorrenti e con subordinazione della concreta realizzazione dei nuovi insediamenti costruttivi alla realizzazione di tali opere di urbanizzazione. In sostanza, la PA comunale esercita qui il proprio potere autoritativo funzionalizzato al perseguimento dell’interesse pubblico, ma lo fa con la collaborazione dei privati proprietari e dunque in via consensuale piuttosto che unilaterale.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1948</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 01 gennaio entra in vigore la Costituzione repubblicana, che all’art.97 parla di organizzazione dell’Amministrazione secondo disposizioni di legge in modo che ne sia assicurata, oltre che l’imparzialità, il buon andamento, uno degli imprescindibili ingredienti del quale è la collaborazione, anche con i soggetti privati eventuali interlocutori.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1971</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 ottobre esce la legge n.865 in materia espropriativa che, all’art.12, ribadisce la possibilità di avvalersi dello strumento dell’accordo tra PA e privato in via alternativa rispetto al provvedimento unilaterale di espropriazione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1976</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 25 maggio viene varata in Germania Ovest la legge federale tedesca sul procedimento amministrativo, <em>Werwaltungsverfahrensgesetz</em>, il cui art.54 scolpisce un principio generale di contrattualità dell’azione amministrativa onde un rapporto giuridico di diritto pubblico può essere costituito, modificato o estinto da un contratto, laddove ciò non sia vietato da disposizioni di legge.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1990</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 7 agosto viene varata la legge n.241 che, all’art.11 prevede in modo rivoluzionario la possibilità (alternativa) di una gestione del potere con moduli consensuali, e non già unilaterali, tra PA e privato amministrato. Secondo tale disposizione, in accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell'articolo 10 della legge medesima dal privato che sia interessato dall’azione amministrativa, la PA procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale (c.d. accordo procedimentale) ovvero, nei casi previsti dalla legge, in sostituzione di questo (c.d. accordo sostitutivo o provvedimentale). Tali accordi debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto salvo che la legge disponga altrimenti, ed ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti, solo tuttavia in quanto compatibili; gli accordi sostitutivi di provvedimenti unilaterali – a carattere tassativo - vengono peraltro dichiarati soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi. Secondo il comma 4, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l'amministrazione può recedere unilateralmente dall'accordo, salvo tuttavia l'obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato. Infine, le pertinenti controversie - in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi - sono riservate alla giurisdizione esclusiva del GA. Si tratta di una presa di posizione del legislatore italiano che non è dunque sovrapponibile a quella dell’omologo legislatore tedesco, non vedendo la luce un generale principio di contrattualità dell’azione amministrativa (inclusivo della possibilità di modificare od estinguere per via contrattuale il rapporto giuridico di diritto pubblico siccome convenzionalmente creato), quanto piuttosto una limitata modalità di esercizio consensuale del potere pubblico nella sola, relativa fase genetica, giusta accordi capaci di sostituire <em>tout court</em> il provvedimento amministrativo, ovvero di determinarne il contenuto. La PA conserva peraltro la facoltà di agire in via tradizionale, e dunque autoritativa ed unilaterale, “<em>potendo</em>” anche scegliere, discrezionalmente, la via dell’accordo con il privato senza che a ciò possa assumersi obbligata. La figura più innovativa è senza meno quella degli accordi sostitutivi di provvedimento che, anche al fine di rispettare il principio di nominatività degli atti amministrativi, vengono assunti “<em>tipici</em>” potendovisi far luogo solo nei casi previsti dalla legge, a differenza degli accordi integrativi di provvedimento, che sono atipici anche perché non idonei appunto a sostituire quest’ultimo; parte più garantista della dottrina assume gli stessi accordi c.d. integrativi o procedimentali in frizione con il principio di nominatività (stante la relativa struttura ed il relativo contenuto non predeterminati dalla legge), mentre altra parte della dottrina non ne contesta l’ammissibilità sulla scorta della tipicità e nominatività del potere speso dall’Amministrazione, peraltro comunque esitante in un provvedimento amministrativo unilaterale tipico. In tema poi di iniziativa finalizzata alla conclusione degli accordi previsti dall’art.11, l’inciso “<em>in accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell’art.10</em>” fa propendere per l’attribuzione della ridetta iniziativa al soggetto privato che sarebbe destinatario del provvedimento finale; sotto altro profilo, la discrezionalità della PA in ordine alla scelta se far luogo all’accordo ovvero al provvedimento unilaterale, unita alla circostanza onde, anche in caso di opzione consensuale, essa deve in ogni caso collocarsi nel prisma del perseguimento dell’interesse pubblico, fanno pensare che l’iniziativa possa anche essere presa dalla parte pubblica e, segnatamente, dal responsabile del procedimento. L’accordo può peraltro coinvolgere, secondo l’interpretazione della fattispecie da subito invalsa e maggiormente accreditata, non solo (come è ovvio) il destinatario del provvedimento finale, ma anche altri soggetti interessati, come palesa il riferimento della norma, per l’appunto, ad “<em>accordi con gli interessati</em>”. In forza del comma 4, la PA può unilateralmente recedere dall’accordo per motivi di interesse pubblico, salvo l’obbligo di provvedere alla liquidazione al privato di un indennizzo laddove questi abbia subito dei pregiudizi. Quanto alla giurisdizione esclusiva, se ne afferma subito una duplice ed opposta interpretazione: chi intende la norma in senso restrittivo assume che la giurisdizione esclusiva ridetta possa predicarsi solo laddove il GA abbia già una giurisdizione di legittimità, e dunque solo laddove si sia al cospetto di interessi legittimi dacché, a diversamente opinare, si finirebbe per vedere negli accordi una “<em>materia</em>” che può appartenere al GA solo laddove sia “<em>particolare</em>” ai sensi dell’art.103 Cost.; chi invece la intende in senso espansivo, fondandosi peraltro sulla esplicita lettera della legge, assume che in ogni caso la giurisdizione è – per la materia “<em>accordi</em>” – sempre del GA, dovendosi peraltro consentire una facile individuazione del giudice dotato di <em>potestas iudicandi</em> al cospetto di fattispecie in cui il modulo consensuale rischia di rendere difficile capire se la situazione giuridica soggettiva vantata si atteggia in concreto a diritto soggettivo o ad interesse legittimo.</p> <p style="text-align: justify;">Il 29 settembre esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.12942 alla cui stregua va escluso che il recesso dall’accordo possa desumersi da un comportamento tacito della PA che sia incompatibile con l’esecuzione del rapporto derivante dall’accordo procedimentale, dacché – trattandosi di un <em>contrarius actus</em> – occorre la medesima forma scritta <em>ad substantiam</em> prevista per l’accordo sul quale esso incide.</p> <p style="text-align: justify;">Il 14 novembre esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.14730 onde – in materia di requisiti di medesimezza di forma previsti per il contratto – essi coinvolgono non già i soli negozi preparatori come il contratto preliminare, in relazione al quale ultimo vige la specifica norma di cui all’art.1351 c.c., ma anche tutti gli atti che <em>ex post</em> incidono sul rapporto contrattuale, come ad esempio il recesso, che deve rivestire la medesima forma dell’atto dal quale si recede.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1991</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 28 novembre esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.12769 che ribadisce autorevolmente come vada escluso che il recesso dall’accordo possa desumersi da un comportamento tacito della PA che sia incompatibile con l’esecuzione del rapporto derivante dall’accordo procedimentale, dacché – trattandosi di un <em>contrarius actus</em> – occorre la medesima forma scritta <em>ad substantiam</em> prevista per l’accordo sul quale esso incide.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1995</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 maggio viene varato il decreto legge n.163, recante misure urgenti per la semplificazione dei procedimenti amministrativi e per il miglioramento dell'efficienza delle pubbliche amministrazioni, che inserisce nell’art.11 della legge 241.90 un comma 1.bis alla cui stregua, al fine di favorire gli accordi di cui al comma 1 della medesima disposizione, il responsabile del procedimento può predisporre un calendario degli incontri cui invita, separatamente o contestualmente, il destinatario del provvedimento ed eventuali controinteressati. La disposizione finisce col confermare tanto che l’iniziativa degli accordi può essere presa anche dalla parte pubblica, nella persona del responsabile del procedimento, quanto che agli accordi possono partecipare sia il destinatario del provvedimento finale sia gli altri soggetti interessati o controinteressati.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1997</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 agosto esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.7452 alla cui stregua, in tema di accordi, la giurisdizione esclusiva del GA di cui all’art.11, comma 5, della legge 241.90 va riconosciuta anche con riguardo ad accordi conclusi prima dell’entrata in vigore della legge sul procedimento amministrativo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1998</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 28 novembre esce la sentenza della II sezione del Tar Veneto n.2234 alla cui stregua, dinanzi ad un accordo procedimentale integrativo di provvedimento, la PA conserva i propri poteri pubblicistici onde la posizione giuridica soggettiva del privato è da intendersi di interesse legittimo e non già di diritto soggettivo. La conseguenza è che né l’accordo, né tampoco il provvedimento a valle, possono dirsi aggredibili con strumenti di tipo privatistico (esatto adempimento, risoluzione e così via), dovendosi piuttosto invocare (nei termini) – dinanzi ad un eventuale provvedimento a valle non conforme all’accordo a monte - la tradizionale tutela di annullamento e di risarcimento del danno connesso a tale annullamento.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1999</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 24 marzo esce la sentenza del Tar Umbria n.218 che ribadisce come dinanzi ad un accordo procedimentale integrativo di provvedimento, la PA conservi i propri poteri pubblicistici onde la posizione giuridica soggettiva del privato è da intendersi di interesse legittimo e non già di diritto soggettivo. La conseguenza è che né l’accordo, né tampoco il provvedimento a valle, possono dirsi aggredibili con strumenti di tipo privatistico, dovendosi piuttosto chiedere (nei termini) la tradizionale tutela di annullamento e di risarcimento del danno connesso a tale annullamento, e ciò dovendosi assumere il mancato rispetto dell’accordo da parte della PA in termini di eccesso di potere, quale vizio che inficia il provvedimento unilaterale a valle difforme dall’accordo a monte.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2001</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 marzo esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.105 alla cui stregua dallo stesso tenore letterale dell’art.11, comma 5, della legge 241.90 affiora come la giurisdizione esclusiva del GA vada riferita a tutte le controversie investenti l’esercizio della funzione amministrativa a mezzo accordi, con la conseguenza onde appartengono alla <em>potestas iudicandi</em> del GA non già solo le controversie che insorgono con riguardo ad un accordo già concluso, ma anche quelle che riguardano la fase prodromica e procedimentale che investe la formazione dell’accordo stesso.</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 giugno esce il D.p.R. n.380 in materia espropriativa che, all’art.45., ribadisce la possibilità di avvalersi dello strumento dell’accordo tra PA e privato in via alternativa rispetto al provvedimento unilaterale di espropriazione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2002</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 15 maggio esce la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n.2636 alla cui stregua l’accordo di cui all’art.11 della legge 241.90 presenta uno strettissimo nesso con il procedimento e con la partecipazione procedimentale, onde resta imprescindibile l’avvio di un procedimento amministrativo, al di fuori del quale nessun accordo può essere concluso. Per il Consiglio inoltre l’accordo procedimentale si conclude al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale, palesandosi dunque funzionale non già all’adozione del provvedimento (discrezionale) finale, quanto piuttosto del relativo contenuto: ciò per il Collegio significa che – nonostante l’esplicito richiamo normativo alla discrezionalità – l’accordo può essere concluso anche in vista di provvedimenti a contenuto vincolato, quanto meno per la definizione di quegli aspetti del ridetto provvedimento vincolato che presentino caratteri di discrezionalità (ad esempio, il relativo <em>quando</em> o il relativo <em>quomodo</em>), massime laddove l’accordo assicuri ad entrambe le parti una utilità maggiore rispetto a quella che sarebbe ritraibile dal provvedimento in difetto di accordo. Altra questione risolta dal Consiglio di Stato è quella onde gli accordi non necessitano di una determinazione unilaterale preventiva nella quale siano esplicitate le ragioni per le quali la PA sceglie di procedere con modulo consensuale piuttosto che provvedimentale, come invece pretenderebbe parte della dottrina. In caso di accordo integrativo o procedimentale, laddove il provvedimento unilaterale a valle non sia conforme e dunque la PA sia inadempiente all’accordo, il privato per il Collegio non può spiccare azione di esatto adempimento, ma deve piuttosto tempestivamente impugnare il provvedimento finale ed insieme invocare l’eventuale risarcimento del danno. Il privato medesimo non potrebbe, di regola, invocare una pronuncia di condanna della PA ad <em>un facere</em> (compendiantesi nel dar seguito con il provvedimento a quanto previsto nell’accordo), né potrebbe ottenere una decisione del GA che risolva l’accordo per inadempimento, potendo piuttosto invocare solo l’annullamento del provvedimento finale per violazione dell’art.11 della legge 241.90, limitando peraltro la caducazione alla sola clausola difforme laddove entrambe le parti, pubblica e privata, abbiano interesse a conservare gli effetti del provvedimento impugnato nella parte non difforme dall’accordo. Anche peraltro a voler riconoscere all’accordo procedimentale una natura privatistica e negoziale, non potrebbe in ogni caso riconoscersi per il Collegio al privato la possibilità di spiccare azione ex art.2932 c.c., la cui sentenza costitutiva è prevista in caso di inadempimento di obbligo di contrarre, e non già di obbligo di provvedere (come nel caso appunto in cui si tratti di adottare un provvedimento che dia seguito all’accordo procedimentale): in sostanza, se di condanna ad un <em>facere</em> può discorrersi, essa è per il Collegio ammissibile solo laddove si tratti di un <em>facere</em> materiale ovvero negoziale (come nel caso di un contratto preliminare stipulato dalla PA con il privato, cui non abbia fatto seguito il definitivo), ma non già anche nelle ipotesi in cui la PA conservi, anche a valle dell’accordo, possibili spazi di potere discrezionale e connesso esercizio di funzioni pubblicistiche. Per il Collegio va dunque garantito un equilibrio tra contratto da un lato e potere dall’altro, tributando il necessario rispetto ad uno spazio di merito riservato alla PA nell’esercizio del proprio potere discrezionale, onde in materia di accordi è inammissibile l’azione ex art.2932 c.c., tenuto anche conto dei principi cristallizzati nella Legge Abolitrice del Contenzioso amministrativo del 1865 e dei noti limiti in essa inscritti al potere del giudice rispetto all’azione amministrativa, oltre che del fatto che gli accordi vanno intesi come contratti ad oggetto pubblico, stipulati nell’interesse pubblico, sicché non si può sostituire il provvedimento unilaterale a valle, non adottato dalla PA, con una sentenza giurisdizionale, non trattandosi di far luogo ad un contratto definitivo non concluso, quanto piuttosto di sostituire <em>ope iuidicis</em> un provvedimento amministrativo che resta esclusivo appannaggio della PA (sol che si consideri peraltro come l’accordo procedimentale a monte potrebbe non aver del tutto eliso spazi di discrezionalità dell’Amministrazione). La soluzione di tutela percorribile dal privato in caso di inerzia provvedimentale pubblica a valle dell’accordo procedimentale è piuttosto, per il Collegio, quella che si compendia nell’attivare un giudizio sul c.d. silenzio inadempimento della PA, sospingendola in tal modo, anche <em>ope iudicis</em>, a provvedere in modo conforme all’accordo concluso a monte.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2003</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 13 agosto esce la sentenza del Tar Lombardia, Brescia, n.1157 alla cui stregua in caso di accordo procedimentale a monte cui non sia seguito un conforme provvedimento unilaterale a valle della PA, all’inadempienza di quest’ultima il privato può reagire con una azione di esatto adempimento ex art.1453, comma 1, c.c. e, ottenuta una condanna ad adempiere, con un successivo giudizio di ottemperanza avente ad oggetto l’ottenuta sentenza di condanna cui la PA non abbia dato seguito.</p> <p style="text-align: justify;">Il 19 settembre esce la sentenza del Tar Marche n.1015 onde il recesso ex art.11, comma 4, della legge 241.90 non è assimilabile a quello privatistico di cui all’art.1373 c.c., compendiando piuttosto una revoca onerosa che è adottabile sulla scorta del c.d. principio di inesauribilità del potere amministrativo, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, in modo legittimo e salvo indennizzo del pregiudizio eventualmente subito dal privato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2004</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 04 febbraio esce la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato n.390 onde il recesso ex art.11, comma 4, della legge 241.90 non è assimilabile a quello privatistico di cui all’art.1373 c.c., compendiando piuttosto una revoca onerosa che è adottabile sulla scorta del c.d. principio di inesauribilità del potere amministrativo, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, in modo legittimo e salvo indennizzo del pregiudizio eventualmente subito dal privato. La stessa pronuncia riconosce applicabile la giurisdizione esclusiva del GA, di cui al comma 5 dell’art.11, anche ad accordi conclusi prima dell’entrata in vigore della legge sul procedimento amministrativo.</p> <p style="text-align: justify;">Il 4 giugno esce la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato n.3490 alla cui stregua laddove un accordo ex art.11 della legge 241.90 preveda l’applicazione di una clausola penale, l’eventuale eccessività di tale penale non investe la legittimità dell’accordo medesimo – che va fatta valere nel termine decadenziale di 60 giorni previsto per l’impugnazione del provvedimento, del quale l’accordo costituisce un surrogato rimanendosi comunque in ambito pubblicistico – quanto piuttosto la mera esigibilità, sul piano esecutivo, della pattuizione pertinente. Per il Consiglio in sostanza l’eventuale eccessività della penale non pone un problema di patologia in senso stretto dell’accordo, onde non può parlarsi di nullità o di annullabilità dell’accordo stesso, affiorando piuttosto – tenendo in debito conto il principio di buona fede nell’esecuzione dell’accordo stesso, anche in relazione a sopravvenienze rispetto al momento della stipula – un profilo diverso in termini di inesigibilità-inefficacia della penale siccome originariamente pattuita, imponendosi un intervento correttivo <em>ope iudicis</em> di stampo equitativo al fine di consentire alla penale stessa di meglio assolvere la relativa funzione sanzionatorio-repressivo-risarcitoria onde, in conclusione, una penale eccessiva non inficia l’accordo in termini di validità, ma si traduce in inesigibilità della penale medesima.</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 luglio esce la sentenza della Corte costituzionale n.204 che, in un peculiare passaggio del proprio iter motivazionale, addita gli accordi ex art.11 della legge 241.90 quali strumenti di esercizio indiretto del potere pubblico, circostanza che per parte della dottrina di commento palesa come tali accordi abbiano sostanziale natura privatistica, mentre per altra parte della dottrina manifesta piuttosto la natura pubblicistica dei ridetti accordi.</p> <p style="text-align: justify;">L’8 novembre esce la sentenza della sezione I del Tar Lombardia n 5620 alla cui stregua, in tema di accordi ex art.11 della legge 241.90, il recesso previsto dal comma 4 è riconosciuto al soggetto pubblico in quanto contraente (art.1373 c.c.), e non già nella veste di autorità munita di potere amministrativo, palesandosi espressione di un diritto potestativo tipico dei rapporti privatistici di durata, con conseguente applicazione del regime giuridico previsto per gli atti unilaterali di diritto privato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2005</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 17 gennaio esce l’ordinanza delle SSUU n.732, che ribadisce come quella prevista dall’art.11, comma 5, della legge 241.90 sia da intendersi quale fattispecie di giurisdizione esclusiva del GA da assumersi correlata non già ad una determinata materia, bensì ad una determinata tipologia di atto – l’accordo appunto – quale che sia poi la materia nella cui economia in concreto esso intervenga. Per le SSUU non osta peraltro all’attribuzione di tali controversie alla giurisdizione del GA la congiunta richiesta da parte del privato di una condanna della PA a risarcire il danno, configurando quest’ultima quale questione attinente non già all’ambito della giurisdizione, quanto piuttosto all’estensione dei poteri del GA (all’interno di una porzione di giurisdizione ad esso assegnata). Una opzione ermeneutica perfettamente in linea con la recente pronuncia n.204.04 della Corte costituzionale, l’accordo compendiando una peculiare modalità di esercizio – bilaterale in luogo di unilaterale – del potere pubblico.</p> <p style="text-align: justify;">L’11 febbraio viene varata la legge n.15 che, nel recare modifiche alla legge 241 del 1990, vi introduce nell’art.1 un comma 1 bis alla cui stregua la PA, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato, salvo che la legge disponga diversamente. Si tratta di una disposizione sovente intesa come fondante una “<em>privatizzazione</em>” dell’azione pubblica, ma che si riferisce in realtà alle fattispecie in cui la PA non esercita <em>ab origine</em> un potere, ma si avvale di strumenti di diritto privato collocandosi dunque in una posizione di parità, e non già di supremazia, rispetto ai cittadini destinatari della relativa azione, con i quali condivide l’esercizio dell’autonomia (per l’appunto) privata; il fatto che difetti il potere <em>ab origine</em> non esclude tuttavia che esso possa riaffiorare nel corso dell’attuazione del rapporto, potendo la legge “<em>disporre altrimenti</em>” rispetto all’azione (di norma, legalmente prevista come) esplicantesi nel prisma del diritto privato. Altra novità importante introdotta dalla legge in parola è il principio di atipicità degli accordi sostitutivi di provvedimento, giusta eliminazione dell’inciso che fin qui li vuole stipulabili “<em>nei soli casi previsti dalla legge</em>”. La novella “<em>atipicità</em>” degli accordi sostitutivi di provvedimento, stando alla dottrina di commento, non può comunque essere equiparata a quella prevista per i contratti dall’art.1322, comma 2, c.c., stante in ogni caso la necessità che il potere pubblico venga esercitato nei soli casi previsti dalla legge, garantendo dunque il principio di legalità del potere amministrativo, in ogni caso, una forma di nominatività dell’accordo sostitutivo di provvedimento: dovendo essere sostituito un provvedimento unilaterale giusta accordo, il ridetto provvedimento amministrativo deve comunque essere previsto dalla legge come concretamente adottabile per poter essere eventualmente sostituito dall’accordo. Per la dottrina di commento si è dunque ormai al cospetto di una piena alternatività tra spendita unilaterale ovvero consensuale del potere pubblico, ferma restando in ogni caso la necessità di una legge che tale potere attribuisca all’Amministrazione ed in presenza della quale non occorre ormai più alcuna disposizione specifica che autorizzi la sostituzione del tradizionale modulo unilaterale con il modulo consensuale di nuovo conio. Inoltre, un nuovo comma 4.bis inserito nell’art.11 della legge 241.90 prevede, anteriormente ad ogni accordo, una determinazione dell’organo che sarebbe competente per l’adozione del provvedimento unilaterale: si tratta della c.d. determinazione preliminare onde – a garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa - in tutti i casi in cui una PA conclude accordi, la stipulazione di tali accordi deve essere preceduta da una determinazione (unilaterale) dell’organo che sarebbe competente per l’adozione del provvedimento; la disposizione si applica tanto agli accordi integrativi quanto a quelli sostitutivi (quantunque parte minoritaria della dottrina la interpreti come applicabile ai soli accordi sostitutivi), ed ha lo scopo, in ottica appunto di trasparenza e di imparzialità, di recuperare un momento di unilateralità nella cui economia l’Amministrazione esplicita perché ha scelto di procedere in modo consensuale piuttosto che unilaterale.</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 ottobre esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n. 5884 alla cui stregua gli accordi procedimentali si prefiggono lo scopo di realizzare una posizione di mezzo tra quella abbracciata dal privato e quella sposata dalla PA, tra loro apparentemente inconciliabili, aventi ad oggetto il contenuto del provvedimento finale, con l’obiettivo non già solo di verificare se l’istanza del privato sia o meno accoglibile, quanto piuttosto di determinare il contenuto del provvedimento finale laddove esso sia controverso o controvertibile, ovvero contenga clausole che, in difetto di accordo, sarebbero non facilmente accettate dal privato. Il Collegio precisa peraltro come una convenzione tra privato e P.A. possa qualificarsi in termini di accordo procedimentale integrativo ex art. 11 legge 241/90 soltanto allorché essa intervenga con l’Amministrazione procedente, quale autorità titolare del potere pubblico che innerva il pertinente procedimento amministrativo, gli accordi procedimentali integrativi (volti alla determinazione del contenuto del provvedimento finale), lasciando affiorare un nesso strettissimo con la partecipazione procedimentale, come palesa anche la peculiare collocazione dell’art. 11 nel Capo III della legge 241.90, che disciplina proprio le forme di partecipazione all’iter procedimentale ed il relativo possibile esito bilaterale, quale epilogo di una vicenda partecipativa ad un procedimento già iniziato. Proprio per questo va escluso – prosegue il Collegio - che una convenzione stipulata tra un consorzio privato ed una P.A. ed avente ad oggetto lo smaltimento dei c.d. rifiuti speciali possa configurarsi come accordo procedimentale, atteso come nel caso di specie il privato abbia in realtà stipulato detta convenzione con una Amministrazione diversa da quella procedente e pertanto avulsa dal contesto partecipativo relativo al procedimento in corso. Muovendo poi dalla circostanza onde la controversia in oggetto rientra nella previsione dell’art. 33 del D.L.vo. 31 marzo 1998 n. 80 - che estende la giurisdizione esclusiva del TAR in materia di pubblici servizi a tutte le controversie insorte “<em>tra le amministrazioni pubbliche e i gestori</em>” concernenti “<em>attività e prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale</em>”- il Collegio rileva che alla luce della sentenza n. 204/2004 della Corte Costituzionale la fattispecie in esame rientra tra quelle che la Consulta ha espunto dalla giurisdizione esclusiva del G.A.. Nella ridetta sentenza la Corte costituzionale ha osservato – rammenta il Collegio - che la materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo soltanto laddove la PA agisca esercitando il proprio potere autoritativo ovvero giusta facoltà - riconosciutale dalla legge - di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo; una facoltà che si sostanzia proprio negli accordi ex art. 11 l. 241/1990, e che presuppone in ogni caso la riscontrabilità del ridetto potere autoritativo, onde laddove il contegno della P.A. non involga il relativo esercizio, la posizione vantata dal privato è di diritto soggettivo, in quanto attinente ad una controversia paritetica. Proprio per questo il Collegio dichiara nel caso di specie il proprio difetto di giurisdizione dacché in primo luogo, per le ragioni summenzionate, la convenzione tra il consorzio privato e la P.A. non risulta collegata all’esercizio del potere autoritativo, non compendiando dunque un accordo ex art. 11 l. 241/1990; dall’altro, la pertinente controversia appare fondarsi sulla domanda di condanna al pagamento di una somma di denaro asseritamente dovuta, questione che pone le parti su di un piano paritetico, con conseguente assoggettamento alla giurisdizione del GO.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2006</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 27 gennaio esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.236 alla cui stregua anche le questioni risarcitorie in tema di accordi vanno prospettate innanzi al GA, stante il disposto dell’art.7 della legge 205.00, laddove a tale giudice sono attribuite tutte le questioni conseguenti alla pronuncia principale sulla legittimità dei provvedimenti impugnati (giurisdizione di legittimità) ovvero tutte le questioni conseguenti alla accertata lesione di diritti soggettivi (giurisdizione esclusiva).</p> <p style="text-align: justify;">Il 7 aprile esce la sentenza della III sezione del Tar Toscana n.1146 alla cui stregua si applicano agli accordi di cui all’art.11 della legge 241.90 gli articoli 1175 c.c. e 1176 c.c. in tema, rispettivamente, di buona fede e di diligenza nell’adempimento.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2007</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 22 febbraio esce la sentenza della I sezione del Tar Puglia, Lecce, n.617 alla cui stregua la conclusione di un accordo ex art.11 della legge 241.90 costituisce manifestazione di un potere pubblicistico che non viene tuttavia esercitato nella classica forma unilaterale quanto piuttosto in una forma bilaterale.</p> <p style="text-align: justify;">Il 25 maggio esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.12186 alla cui stregua sussiste la giurisdizione esclusiva del GA sia sulla domanda che abbia ad oggetto la risoluzione dell’accordo integrativo per perpetrato inadempimento (il provvedimento finale non rispetta il contenuto del ridetto accordo procedimentale), sia per la condanna della PA medesima al risarcimento del danno.</p> <p style="text-align: justify;">L’11 luglio esce la sentenza della I sezione del Tar Liguria n.1377 onde il recesso dagli accordi di cui all’art.11, comma 4, della legge 241.90 presenta profonde differenze rispetto al recesso dai contratti di diritto comune, essendo il medesimo funzionalizzato al perseguimento di un pubblico interesse al cospetto di una intervenuta sopravvenienza, oltre che per il relativo palesarsi doveroso dacché – in presenza appunto di una sopravvenienza e della necessità di adeguarvi il perseguimento del pubblico interesse – la PA “<em>recede</em>” dall’accordo, senza poter spiegare alcuna discrezionalità; pur non identificandosi dunque con la revoca, il Tar rammenta come si tratti di un istituto che la dottrina vi accomuna in termini di schema generale, quand’anche riscontrandovi talune differenze di regime specifico.</p> <p style="text-align: justify;">Il 10 dicembre esce la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato n.6344 alla cui stregua, anche laddove si sia al cospetto di procedimenti finalizzati all’adozione di provvedimenti di natura sostanzialmente vincolata, come ad esempio nel caso delle autorizzazioni in materia edilizia, risulta pienamente configurabile la stipulazione di un accordo procedimentale, configurando tale accordo uno strumento di semplificazione idoneo a far conseguire a tutte le parti una utilità ulteriore rispetto a quella che sarebbe consentita dal (mero) provvedimento finale.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2008</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 27 giugno esce la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato n.3255 alla cui stregua le convenzioni di lottizzazione hanno natura di accordi sostitutivi di provvedimento e come tali non sono modificabili in via unilaterale e senza il coinvolgimento di tutti i relativi originari firmatari.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2009</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 03 marzo esce la sentenza della I sezione del Tar Toscana n.383 alla cui stregua le convenzioni di lottizzazione hanno natura di accordi sostitutivi di provvedimento e come tali non sono modificabili in via unilaterale e senza il coinvolgimento di tutti i relativi originari firmatari.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2010</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 22 gennaio esce la sentenza delle IV sezione del Consiglio di Stato n.214 alla cui stregua – sulla scia delle SSUU della Cassazione - sussiste la giurisdizione esclusiva del GA sia sulla domanda che abbia ad oggetto la risoluzione dell’accordo integrativo per perpetrato inadempimento (il provvedimento finale non rispetta il contenuto del ridetto accordo procedimentale), sia per la condanna della PA medesima al risarcimento del danno.</p> <p style="text-align: justify;">Il 01 febbraio esce la sentenza della Sezione III quater del Tar Lazio n.1275, alla cui stregua la PA può recedere unilateralmente da un accordo ex art.11 della legge 241.90 solo per dimostrati e sopravvenuti motivi di pubblico interesse, con le medesime formalità procedimentali e con obbligo tuttavia di erogare al privato un eventuale indennizzo.</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 luglio viene varato il decreto legislativo n.104, nuovo codice del processo amministrativo, il cui art.133, comma 1, lettera a), n.2 traspone, contestualmente abrogandolo, il disposto dell’art.11, comma 5, della legge 241.90, onde le controversie in tema di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi tra privato e PA sono devolute alla giurisdizione esclusiva del GA. La differenza con quanto disposto dal medesimo art.133 in tema di controversie sugli appalti – laddove la giurisdizione amministrativa viene limitata alle sole liti afferenti alla fase pubblicistica “<em>a monte</em>” di formazione del contratto, e non anche alla fase “<em>a valle</em>” di esecuzione del contratto medesimo – sembra far propendere per la natura pubblicistica (e non già privatistica) degli accordi in parola, stante come anche in sede di relativa esecuzione ad affiorare sia il potere pubblicistico del quale essi sono espressione, con devoluzione delle pertinenti controversie, per l’appunto, alla giurisdizione esclusiva del GA. Tale giurisdizione esclusiva, investendo tutte le controversie coinvolgenti <em>in primis</em> la fase di conclusione degli accordi, viene generalmente assunta coinvolgere anche la c.d. determinazione preliminare di cui all’art.11, comma 4.bis, della legge 241.90. Peraltro l’art.7, comma 1, del c.p.a. dichiara devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da Pubbliche Amministrazioni, con esclusione degli atti o provvedimenti del Governo adottati o emanati nell’esercizio del potere politico; con questa norma si è dato seguito alle note sentenze della Corte costituzionale n.204.04 e 191.06, sulla scorta delle quali la giurisdizione del GA si radica giusta riferimento al potere pubblico affidato alla PA. Infine, stando al comma 5 del ridetto art.7, nelle materie di giurisdizione esclusiva di cui all’art.133 del codice – e dunque anche in materia di accordi – il GA conosce anche delle controversie in cui si faccia questione di diritti soggettivi, ed anche a fini di risarcimento del danno.</p> <p style="text-align: justify;">Il 13 luglio esce la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato n.4545 alla cui stregua, essendo ormai venuta meno la riserva di legge con riguardo alle fattispecie in cui la PA può ricorrere alla stipula di accordi sostitutivi di provvedimento, tale possibilità deve ormai assumersi sempre e comunque sussistente (salvi i casi di espresso divieto normativo).</p> <p style="text-align: justify;">*Il 23 agosto esce la sentenza delle IV sezione del Consiglio di Stato n.5904 alla cui stregua – sulla scia delle SSUU della Cassazione - sussiste la giurisdizione esclusiva del GA sia sulla domanda che abbia ad oggetto la risoluzione dell’accordo integrativo per perpetrato inadempimento (il provvedimento finale non rispetta il contenuto del ridetto accordo procedimentale), sia per la condanna della PA medesima al risarcimento del danno.</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 dicembre esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.24687 che esclude la annoverabilità della c.d. cessione volontaria del bene espropriando di cui all’art.45 del D.p.R. n.327.01 tra gli accordi sostitutivi di provvedimento ex art.11 della legge 241.90, trattandosi piuttosto di accordo di natura civilistica che configura un modo tipico di chiusura del procedimento di esproprio secondo modalità assunte necessarie dalla legge in forza di una relazione legale e predeterminata di alternatività della ridetta cessione volontaria rispetto al decreto di esproprio; non si configura dunque una mera “<em>sostituzione</em>” del decreto di esproprio, che ne consentirebbe l’inquadramento tra gli accordi sostitutivi di cui al mentovato art.11, i quali ultimi sono liberi nell’<em>an</em> e nel <em>quomodo</em>, a differenza degli accordi espropriativi in parola che sono liberi solo nell’<em>an</em>, ma predeterminati nel resto.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2011</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 15 aprile esce la sentenza della II sezione del Tar Piemonte n.380 onde, anche dopo un accordo ex art.11 della legge 241.90, la PA non perde il proprio potere autoritativo nella gestione dell’interesse pubblico del quale è attributaria, proprio per questo potendo sempre recedere unilateralmente dall’accordo medesimo anche laddove in corso di esecuzione o già eseguito, ancorché con liquidazione di indennizzo al privato.</p> <p style="text-align: justify;">L’8 settembre esce la sentenza della II sezione del Tar Lombardia n.2193 alla cui stregua, conformemente a pertinente giurisprudenza, le convenzioni di lottizzazione vanno ascritte al <em>genus</em> degli accordi ex art.11 della legge 241.90, con conseguente estensione alle stesse, per quanto non previsto dalla relativa disciplina speciale, delle previsioni generali per l’appunto contenute nel mentovato art.11.</p> <p style="text-align: justify;">Il 23 novembre esce la sentenza della sezione II bis del Tar Lazio n.9212 alla cui stregua agli accordi sono applicabili, in quanto contratti sostitutivi del procedimento con natura negoziale, i principi civilistici di buona fede e di correttezza.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2012</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 gennaio esce la sentenza della II sezione del Tar Puglia, Lecce, n.130 alla cui stregua in tema di accordi va riconosciuta la giurisdizione esclusiva del GA.</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 marzo esce l’ordinanza delle SSUU della Cassazione n.3689 che ribadisce autorevolmente come in tema di accordi vada riconosciuta la giurisdizione esclusiva del GA.</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 luglio esce l’importante pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.28 onde – in una fattispecie in cui inadempiente è il soggetto privato, e non la PA - il rimedio previsto dall’art.2932 c.c. al fine di ottenere l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto deve assumersi applicabile non solo nelle ipotesi di contratto preliminare non seguito da definitivo, ma anche in qualsiasi altra fattispecie in cui sorga l’obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, tanto in relazione ad un negozio unilaterale, quanto in relazione ad un atto o ad un fatto dai quali detto obbligo possa sorgere <em>ex lege</em>, come avviene per il Consiglio proprio nel caso degli accordi di cui all’art.11 della legge 241.90 (in particolare, degli accordi c.d. procedimentali o integrativi di provvedimento finale). Né potrebbe addursi, a fondamento della pretesa inammissibilità dell’azione in questione, la relativa, asserita natura speciale ed eccezionale in quanto mista, cognitiva ed esecutiva insieme (e come tale derogatoria rispetto alla normale separazione tra azione di cognizione e azione di esecuzione), sol che si consideri come nel processo amministrativo le medesime caratteristiche siano ascrivibili al giudizio di ottemperanza. E’ ben vero che l’azione ex art.2932 c.c. non è espressamente contemplata dagli articoli 29 e 30 del c.p.a., e tuttavia essa deve predicarsi esercitabile nel processo amministrativo da un lato perché a norma degli articoli 24, 103, 111 e 113 Cost. il GA, laddove ha giurisdizione esclusiva, può erogare qualunque forma di tutela che sia funzionale alla protezione dei diritti soggettivi (c.d. principio di effettività della tutela), e dall’altro perché agli accordi amministrativi sono applicabili, ex art.11 della legge 241.90, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti.</p> <p style="text-align: justify;">Il 4 settembre viene varato il decreto legislativo n.160, c.d. secondo correttivo al codice del processo amministrativo; vi viene disciplinata, all’art.34, comma 1, lettera c), la c.d. azione di adempimento pubblicistica, che – specificamente in tema di accordi - sembra consentire al privato di ottenere una tutela immediatamente satisfattiva senza dover ricorrere ad un giudizio di ottemperanza e ciò sia nell’ipotesi di inadempimento <em>sub specie</em> di provvedimento, adottato dalla PA, difforme da quello concordato (in sede di accordo), quanto in quella di ritardo nell’adozione del provvedimento unilaterale a valle dell’accordo (procedimentale).</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 novembre viene varata la legge n.190, c.d. “<em>anticorruzione</em>”, che ai pertinenti fini impone (articolo 1, comma 47) la motivazione degli accordi giusta modifica dell’art.11, comma 2, della legge 241.90.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2013</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 14 ottobre esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.5000 che si occupa degli accordi integrativi del contenuto del provvedimento, o accordi procedimentali, chiarendo che essi non compendiano negozi di diritto privato, quanto piuttosto contratti ad oggetto pubblico, dacché all’autonomia privata spesa dal soggetto (per l’appunto) privato si giustappone un potere unilaterale pubblicistico esercitato dalla PA.</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 agosto esce la sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n.4179 alla cui stregua la cessione volontaria del bene espropriando ai sensi dell’art.45 del D.p.R. n.327.01 va annoverata tra gli accordi sostitutivi di provvedimento ex art.11 della legge 241.90 (applicabile dunque alla fattispecie), stante la relativa funzione sostitutiva del decreto di esproprio.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2014</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 maggio esce la sentenza della I sezione del Tar Umbria n.238 che, nel richiamare propria precedente giurisprudenza sul punto (segnatamente, la sentenza 17 gennaio 2014, n.59), ribadisce come gli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento disciplinati dall’art. 11 della legge 241/90 si differenzino dai contratti di diritto comune innanzitutto per l’inerenza, sotto il profilo dell’oggetto, al contenuto discrezionale del provvedimento finale (anche in termini di relativa, eventuale sostituzione), dovendosi pertanto verificare la titolarità in capo all’Amministrazione di discrezionalità amministrativa circa l’oggetto specifico dell’accordo, vale a dire il potere di determinare in più modi l’assetto degli interessi in gioco nella prospettiva del miglior perseguimento dell’interesse pubblico. Ne consegue per il Tar che non è possibile qualificare come accordi fattispecie negoziali inerenti l’esercizio di potere autoritativo vincolato, per il principio di legalità dell’azione amministrativa, pur invero ammettendosi in giurisprudenza anche accordi in procedimenti del tutto vincolati, e tuttavia limitatamente agli aspetti che presentino nel <em>quando</em> o nel <em>quomodo</em> elementi di discrezionalità (si richiamano i precedenti del Consiglio di Stato sez VI, 15 maggio 2002 n. 2636 e 10 dicembre 2007, n. 6344; T.A.R. Liguria sez I, 13 giugno 2006, n.542). Per il Tar l’ambito di operatività degli accordi coincide pertanto con quello di negoziabilità dell’esercizio del potere amministrativo, anche se – sempre per il Tar - appare più corretto discorrere, piuttosto che di negoziazione del potere, di definizione consensuale delle relative modalità di esercizio (T.A.R. Puglia Bari sez. I, 4 giugno 2013, n.899), dovendosi allora evidenziare come fuoriesca dallo strumento dell’accordo per collocarsi in quello dei c.d. contratti di diritto pubblico, il negozio che disciplini i soli aspetti patrimoniali di un rapporto amministrativo in relazione al quale il momento discrezionale della funzione si è già esternato in un provvedimento (vengono richiamati i precedenti delle SSUU 24 giugno 1992, n. 7773 e ord. 24 maggio 2013, n.12901). L’istituto degli accordi, prosegue il Tar, rientrante tra quelli partecipativi di cui al Capo III della legge 241/90 e s.m. e rappresentando il possibile sbocco finale del contraddittorio procedimentale, al di là delle delicate questioni che esso pone sia a livello dogmatico che sul piano della concreta individuazione della disciplina normativa applicabile, rappresenta comunque un modulo consensuale dell’azione amministrativa di tipo aperto, suscettibile di vari modelli e graduazioni a seconda degli interessi pubblici coinvolti (si richiama T.A.R. Liguria sez I, 13 giugno 2006, n.542); la più recente legislazione intervenuta <em>in subiecta materia</em>, precisa ancora il Tar, oltre ad esplicitare il <em>favor</em> per la conclusione di accordi sostitutivi di provvedimento, trasformati da strumenti tipici a modello generale (art. 7 c. 1 lett a) legge 11 febbraio 2005 n. 15) ha altresì definitivamente optato per la relativa natura pubblicistica laddove, modificando il comma 2 dell’art. 11, ha imposto la motivazione degli accordi (vedi articolo 1, comma 47, della L. 6 novembre 2012, n. 190, c.d. “<em>anticorruzione</em>”) essendo tale obbligo evidentemente funzionale ad esigenze di trasparenza ed imparzialità riferibili all’azione autoritativa. La Consulta, del resto, aveva già autorevolmente qualificato gli accordi quali “<em>forme mediate di esercizio del potere autoritativo</em>” (Corte Cost. sent. n. 204/2004 e n. 191/2006) seppur ai fini della legittimità costituzionale della devoluzione alla giurisdizione esclusiva del GA delle controversie sui “<em>comportamenti</em>” in materia di governo e trasformazione del territorio. Il Tar precisa poi come - al di là del requisito contenutistico - l’accordo debba di norma collocarsi sul piano procedimentale all’interno del procedimento come relativo segmento, e non già successivamente alla adozione del provvedimento finale e conclusivo (vengono richiamate <em>ex multis</em> Cassazione Sez. Un, 24 giugno 1992, n. 7773; id. Sez. Un. 17 aprile 2009 n. 9151; Consiglio di Stato sez. VI, 15 maggio 2002, n.2636).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2015</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 marzo esce la pronuncia delle SSUU della Cassazione n.4683 onde – ponendosi sulla stessa linea dell’Adunanza Plenaria n.28.12 e sempre in fattispecie in cui inadempiente è il soggetto privato, e non la PA - stante l’esistenza di una giurisdizione esclusiva del GA in materia di accordi ex art.11 della legge 241.90, e muovendo dal presupposto che dall’accordo (procedimentale) sorge l’obbligo, tanto per la parte pubblica che per quella privata, di concludere un contratto, è da assumersi conseguentemente innegabile l’applicazione dell’art.2932 cc., norma che rappresenta una ipotesi specifica di tutela giurisdizionale costitutiva rispetto al modello di cui all’art.2908 c.c., consentendo di azionare la tutela del pertinente, specifico diritto giusta richiesta di una sentenza che produca gli effetti dell’obbligazione (di contrarre) inadempiuta. E’ ben vero che l’azione ex art.2932 c.c. non è espressamente contemplata dagli articoli 29 e 30 del c.p.a., e tuttavia essa deve predicarsi esercitabile nel processo amministrativo da un lato perché a norma degli articoli 24, 103, 111 e 113 Cost. il GA, laddove ha giurisdizione esclusiva, può erogare qualunque forma di tutela che sia funzionale alla protezione dei diritti soggettivi (c.d. principio di effettività della tutela), e dall’altro perché agli accordi amministrativi sono applicabili, ex art.11 della legge 241.90, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti.</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 agosto esce l’ordinanza della III sezione del Tar Puglia, Lecce, che rimette alla Corte costituzionale – per presunto contrasto con l’art.103, comma 1, Cost. – la questione di legittimità dell’art.133, comma 1, lettera a) n.2 e lettera f), nella parte in cui devolve alla giurisdizione esclusiva del GA anche le controversie (comprese quelle in materia di accordi) che siano state instaurate su iniziativa della PA piuttosto che del privato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2016</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 18 marzo esce la sentenza della II sezione del Tar Lombardia n.542 che chiarisce come gli obblighi nascenti dalle convenzioni urbanistiche di cui all’art.11 della legge 241.90 abbiano consistenza di obbligazioni <em>propter rem</em>, gravando come tali anche sugli aventi causa dall’originario obbligato secondo il noto meccanismo delle c.d. obbligazioni ambulatorie e degli oneri reali.</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 aprile esce la sentenza della I sezione del Tar Emilia Romagna, Parma, n.137 onde la convenzione di lottizzazione, quand’anche istituto di complessa ricostruzione a causa dei profili di stampo pubblicistico che si accompagnano allo strumento chiaramente contrattuale, rappresenta pur sempre un incontro di volontà delle parti contraenti nell’esercizio dell’autonomia negoziale retta dal codice civile; la durata della ridetta convenzione – alla stregua della vigente normativa – non risulta peraltro per il Tar soggetta a regole di impronta pubblicistica, costituendo piuttosto materia rimessa all’accordo tra privati lottizzanti e PA comunale onde, per modificare la pertinente clausola, si deve applicare la normativa di cui all’art.11, comma 3, della legge 241.90; più nel dettaglio, trattandosi di atto negoziale che presuppone la ricerca del consenso del privato su un determinato assetto di interessi ed attribuisce allo stesso posizioni di diritto-obbligo, ne consegue che la relativa modifica necessita della manifestazione di volontà di tutti i soggetti che hanno concorso alla relativa formazione.</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 luglio esce la sentenza della Corte costituzionale n.179, che ribadisce come gli accordi amministrativi tra PA e privati rientrano nell’esercizio del potere amministrativo, quand’anche in via mediata e indiretta: in questo caso l’affermazione sembra far propendere per la natura pubblicistica di tali accordi, che fonda appunto – giusta addentellato al potere – la giurisdizione esclusiva del GA, non essendo del resto incompatibile con il perseguimento dell’interesse pubblico un modulo consensuale che è solo alternativo a quello unilaterale. La Corte precisa come - per essere inserite nell’ambito del procedimento amministrativo – tanto le convenzioni quanto gli atti d’obbligo stipulati tra PA e privati costituiscano pur sempre epifania di esercizio di un potere riconosciuto alla prima, onde si tratta di fattispecie di giurisdizione esclusiva che si fondano legittimamente sull’esercizio, quantunque in via indiretta e mediata, del potere pubblico da parte della PA. Peraltro, dagli accordi procedimentali possono scaturire vincoli non già solo per l’autorità pubblica procedente, ma anche per il soggetto privato che a tali accordi partecipi, circostanza della quale va per la Corte tenuto conto anche sul crinale processuale, onde se è vero che di norma è la PA la parte resistente nel processo amministrativo, è pur vero sotto altro profilo che dapprima l’art.11, comma 5, della legge 241.90 e poi l’art.133, comma 1, del c.p.a. hanno devoluto alla giurisdizione esclusiva del GA “<em>tutte</em>” le controversie che trovino titolo e fondamento negli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento, onde – anche laddove a farsi parte attrice sia, più raramente, la PA – questo non può escludere la persistenza della giurisdizione esclusiva del GA. Ciò tenuto conto anche del fatto, osserva la Consulta, che l’ordinamento non conosce materie “<em>a giurisdizione frazionata</em>”, che quindi dipendono dal soggetto che dà la stura alla lite, differenziandosi a seconda che a farsi attore sia il soggetto privato o quello pubblico; al contrario, ragioni di parità di trattamento oltre che di coerenza ordinamentale esigono predicabile per la PA quella medesima concentrazione delle tutele che connota la giurisdizione esclusiva quando ad agire (il che avviene normalmente) è un privato, potendosi dunque assumere la PA medesima legittimata a convenire il privato dinanzi al GA in sede appunto di giurisdizione esclusiva, una diversa opinione finendo col promuovere irragionevolezze e disarmonie.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 24 ottobre esce la pronuncia della I sezione del Tar Emilia Romagna, n.873 onde il rimedio previsto dall’art.2932 c.c. al fine di ottenere l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto deve assumersi applicabile non solo nelle ipotesi di contratto preliminare non seguito da definitivo, ma anche in qualsiasi altra fattispecie in cui sorga l’obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, tanto in relazione ad un negozio unilaterale, quanto in relazione ad un atto o ad un fatto dai quali detto obbligo possa sorgere <em>ex lege</em>, come avviene per il Tar proprio nel caso degli accordi di cui all’art.11 della legge 241.90 (in particolare, degli accordi c.d. procedimentali o integrativi di provvedimento finale). Né potrebbe addursi, a fondamento della pretesa inammissibilità dell’azione in questione, la relativa, asserita natura speciale ed eccezionale in quanto mista, cognitiva ed esecutiva insieme (e come tale derogatoria rispetto alla normale separazione tra azione di cognizione e azione di esecuzione), sol che si consideri come nel processo amministrativo le medesime caratteristiche siano ascrivibili al giudizio di ottemperanza. E’ ben vero che l’azione ex art.2932 c.c. non è espressamente contemplata dagli articoli 29 e 30 del c.p.a., e tuttavia essa deve predicarsi esercitabile nel processo amministrativo da un lato perché a norma degli articoli 24, 103, 111 e 113 Cost. il GA, laddove ha giurisdizione esclusiva, può erogare qualunque forma di tutela che sia funzionale alla protezione dei diritti soggettivi (c.d. principio di effettività della tutela), e dall’altro perché agli accordi amministrativi sono applicabili, ex art.11 della legge 241.90, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti.</p> <p style="text-align: justify;">Il 5 ottobre esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.19914 alla cui stregua la convenzione urbanistica volta a disciplinare, con il consenso del privato proprietario dell’area, una delle possibili modalità di realizzazione delle opere di urbanizzazione necessarie per dare al territorio interessato dall’intervento edificatorio la conformazione prevista dagli strumenti urbanistici, va assimilata ad un accordo sostitutivo di provvedimento, onde le controversie che ne investono la formazione, la conclusione e l’esecuzione appartengono alla giurisdizione esclusiva del GA.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2017</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 2 febbraio esce la sentenza della I sezione del Tar Lombardia, Brescia, n.149 alla cui stregua la convenzione urbanistica volta a disciplinare, con il consenso del privato proprietario dell’area, una delle possibili modalità di realizzazione delle opere di urbanizzazione necessarie per dare al territorio interessato dall’intervento edificatorio la conformazione prevista dagli strumenti urbanistici va assimilata ad un accordo sostitutivo di provvedimento, onde le controversie che ne investono la formazione, la conclusione e l’esecuzione appartengono alla giurisdizione esclusiva del GA.</p> <p style="text-align: justify;">Il 17 febbraio esce l’ordinanza delle SSUU della Cassazione n.4217 che – dopo aver ribadito che l’art. 11, comma 5, della <a href="http://www.lexitalia.it/n/1015">legge n. 241 del 1990</a>, laddove devolve al GA la giurisdizione esclusiva sulle controversie relative alla formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi sostitutivi del provvedimento conclusi dalla P.A. con gli interessati è applicabile, quale norma sulla giurisdizione, anche agli accordi stipulati anteriormente alla entrata in vigore di detta norma – statuisce come la convenzione urbanistica diretta a disciplinare il rilascio di concessioni edilizie e la realizzazione di opere di urbanizzazione costituisca una convenzione di lottizzazione che rientra tra gli accordi sostitutivi del provvedimento rispetto ai quali l’articolo 11, comma 5, della <a href="http://www.lexitalia.it/n/1015">legge n. 241 del 1990</a> prevede la giurisdizione esclusiva del G.A. per le controversie relative alla formazione, conclusione ed esecuzione dei ridetti accordi.</p> <p style="text-align: justify;">Il 17 marzo esce l’ordinanza delle SSUU n.6962 alla cui stregua, anche a seguito dell'abrogazione dell'art. 11 comma 5 della legge n. 241 del 1990 (ex art. 4 primo comma, allegato 4, del C.p.A.), resta devoluta alla giurisdizione esclusiva del GA la controversia avente ad oggetto il rispetto degli obblighi nascenti da convenzioni stipulate tra Comuni ed altri enti, pubblici o privati, ai sensi dell'art. 133 comma 1 lett. A) n. 2 del codice del processo amministrativo, e correlate all'esecuzione di un accordo - da qualificare come integrativo o sostitutivo di un provvedimento amministrativo (nel caso di specie, sotteso ad una specifica attività anche urbanistica della P.A.).</p> <p style="text-align: justify;">*L’11 aprile esce l’ordinanza delle SSUU della Cassazione, n.9284 alla cui stregua la convenzione urbanistica volta a disciplinare, con il consenso del privato proprietario dell’area, una delle possibili modalità di realizzazione delle opere di urbanizzazione necessarie per dare al territorio interessato dall’intervento edificatorio la conformazione prevista dagli strumenti urbanistici va assimilata ad un accordo sostitutivo di provvedimento, onde le controversie che ne investono la formazione, la conclusione e l’esecuzione appartengono alla giurisdizione esclusiva del GA.</p> <p style="text-align: justify;">Il 7 novembre esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.26339 che ribadisce preliminarmente compendiare il Collegio – allorché chiamato ad occuparsi di questioni di giurisdizione – un giudice anche del fatto con potere di procedere direttamente all’apprezzamento delle risultanze istruttorie giusta valutazione che si profila del tutto autonoma rispetto a quella del giudice di merito. Per il Collegio rientra poi nella giurisdizione amministrativa una controversia relativa alla formazione e all’esecuzione di un patto territoriale con concessione di pertinente finanziamento tradudentesi - nella relativa e più intima sostanza - nella adozione da parte della P.A. di decisioni discrezionali circa la corretta allocazione di risorse finanziarie ed il cui contenuto implica necessariamente l’esercizio di una valutazione di opportunità con ponderazione comparativa degli interessi valutati in sede di erogazione; proprio la concessione del finanziamento individua anzi per la Corte la ragione fondamentale per la quale sussiste nel caso di specie un potere amministrativo incompatibile con la cognizione giurisdizionale del GO. Per le SSUU rientra poi comunque nella giurisdizione esclusiva del GA, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lettera a), n. 2) del <a href="http://www.lexitalia.it/n/2369">c.p.a.</a>, una controversia tra una società privata ed un Comune concernente un Protocollo d’intesa che non preveda né la concessione di un finanziamento, né l’individuazione di un responsabile del procedimento, costituendo piuttosto un accordo tra il Comune e la società privata finalizzato ad ottenere, da un lato, il superamento dei problemi e degli impedimenti connessi al rilascio delle autorizzazioni che la società ha invocato dal Comune e, dall’altro, il ritiro della procedura di mobilità che la società medesima ha attivato per la cessazione delle attività di un sito, con ricadute in termini di crisi dell’occupazione nell’area comunale di riferimento; per la Corte trattasi infatti di Protocollo d’intesa da ricondurre alla figura degli accordi integrativi del provvedimento di cui all’art. 11 della <a href="http://www.lexitalia.it/n/1015">legge n. 241 del 1990</a>, poiché è finalizzato alla creazione di una situazione idonea (e necessaria) all’adozione dei provvedimenti di autorizzazione in favore della società ricorrente (facendovisi difatti riferimento alla successiva adozione, nel termine di 7 giorni, di tali provvedimenti).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2018</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 30 marzo esce l’ordinanza delle SSUU della Cassazione n.8046 che ribadisce <em>in primis</em> come la giurisdizione debba essere determinata sulla base della domanda spiccata dal ricorrente, dovendosi guardare, ai fini del riparto della giurisdizione tra GO e GA non già alla prospettazione compiuta dalle parti, bensì al c.d. “<em>petitum</em> sostanziale”, da identificarsi non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice quanto, massime, in funzione della “<em>causa petendi”</em> e dunque dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da individuarsi sulla base dei fatti di volta in volta allegati da chi agisce. Fatta questa premessa, per la Corte tanto le convenzioni quanto gli atti d’obbligo eventualmente stipulati fra la P.A. e il privato che aneli ad ottenere un provvedimento amministrativo di tipo ampliativo, qualora siano imposti come momento necessario del procedimento amministrativo finalizzato al rilascio del ridetto provvedimento, non hanno specifica autonomia quale fonte negoziale di regolamento dei contrapposti interessi delle parti stipulanti, dovendosi piuttosto ad essi riconoscere “<em>carattere integrativo</em>” del provvedimento amministrativo medesimo con la conseguenza onde le pertinenti controversie, attenendo allo stesso provvedimento amministrativo, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del GA. Rientra allora nella giurisdizione esclusiva del GA un’azione proposta da privati nei confronti di un Comune con la quale è stata chiesta la dichiarazione di nullità (e comunque di inefficacia) dell’atto col quale sono state cedute unilateralmente e gratuitamente al ridetto Comune – in esecuzione di un previo accordo con il Comune stesso – talune aree su cui lo strumento urbanistico locale prevedeva la costruzione di una via pubblica, laddove il privato contesti non solo la validità e l’efficacia dell’atto di cessione menzionato, ma anche la legittimità della delibera con la quale il Consiglio comunale ha disposto l’acquisizione al patrimonio del Comune del suolo ceduto e della stessa autorizzazione rilasciata per la realizzazione della strada, vertendosi in una fattispecie di controversia che ha ad oggetto non solo la validità di un atto posto in essere in esecuzione di un accordo da qualificare come integrativo di provvedimento amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. a), n. 2, <a href="http://www.lexitalia.it/n/2369">c.p.a.</a>, ma anche la validità di ulteriori provvedimenti amministrativi attinenti alla materia urbanistica ed edilizia e concernenti l’uso del territorio, ai sensi art. 133, comma 1, lett. f) <a href="http://www.lexitalia.it/n/2369">c.p.a.</a>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Questioni intriganti</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali figure giuridiche possono ritenersi le “progenitrici” degli accordi tra PA e privati prima del varo dell’art.11 della legge 241.90?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>le c.d. <strong>intese metagiuridiche</strong>, ovvero “<strong><em>accordi</em></strong>” tra PA e privato <strong>sostanzialmente privi di effetto vincolante</strong> e con possibilità per l’Amministrazione di <strong>disattenderli</strong> abbracciando, nei <strong>provvedimenti successivamente adottati</strong>, soluzioni <strong>diverse</strong> rispetto a quelle <strong>ventilate</strong> appunto in sede di <strong>intesa</strong>: si tratta nella sostanza di <strong>una prassi</strong> (orientata massime ad una <strong>deflazione del contenzioso</strong> con la PA) che, in <strong>difetto</strong> di una <strong>esplicita previsione di legge</strong>, consente alla PA di <strong>interpellare i privati destinatari</strong> della relativa azione nell’interesse pubblico, e tuttavia con un <strong>rilievo</strong> in termini <strong>meramente politici</strong>, potendo dunque sempre prendere, alfine, <strong>una decisione diversa</strong> rispetto a quella <strong>concordata</strong>, con il solo limite dell’<strong>onere motivazionale</strong> in seno al provvedimento difforme, tale da fornire <strong>delucidazioni sul perché</strong> non sia stato recepito <strong>quanto concordato</strong> con il privato;</li> <li>i <strong>contratti di diritto pubblico</strong>, che presuppongono l’esercizio di <strong>poteri amministrativi</strong> a cagione del <strong>relativo oggetto</strong>, rientrante nella <strong>esclusiva disponibilità della PA</strong> e dunque <strong>sottratto</strong> alla <strong>libera circolazione giuridica</strong> ed ai <strong>negozi tra soggetti privati</strong>; si tratta di una figura da <strong>larga parte della dottrina</strong> e per <strong>lungo tempo</strong>, in realtà, assunta come una sorta di <strong>ossimoro</strong>, discorrendosi di “<strong><em>contratto</em></strong>” in fattispecie che, <strong>lungi</strong> dal sottendere <strong>l’autonomia negoziale</strong> e con essa una <strong>posizione di parità</strong> tra le <strong>parti “<em>contrattuali</em>”</strong>, sono invece caratterizzate da <strong>posizioni</strong> delle parti, rispettivamente <strong>pubblica e privata</strong>, <strong>qualitativamente diverse</strong>, una delle quali disimpegnando una <strong>attività funzionalizzata</strong> al perseguimento dell’<strong>interesse pubblico</strong> (<strong>alieno</strong> rispetto a chi agisce), e come tale assunta <strong>ontologicamente incompatibile</strong> con lo stesso concetto di <strong>autonomia privata</strong>, orientato invece al perseguimento <strong>dell’interesse proprio</strong>; proprio per far fronte a queste critiche la <strong>giurisprudenza</strong> conia allora – dapprima in materia di <strong>beni pubblici</strong>, ma poi anche in tema di <strong>opere pubbliche</strong> e di <strong>servizi pubblici</strong> – la categoria della c.d. <strong>concessione-contratto</strong>, laddove il <strong>momento pubblicistico</strong> viene “<strong><em>salvato</em></strong>” giusta presenza di un <strong>atto pubblico tradizionale unilaterale</strong>, la <strong>concessione</strong> tra PA concedente pubblico e concessionario prviato, cui segue un <strong>vero e proprio contratto</strong> <strong>collegato</strong> tra i due interlocutori giusta il quale essi <strong>disciplinano i profili patrimoniali</strong> del <strong>rapporto</strong> sorto tra loro attraverso la precedente <strong>concessione autoritativa</strong>; uno schema che viene via via <strong>generalizzato</strong>, con il progressivo affiorare – ormai potenzialmente <strong>in tutte le materie</strong> – della figura del “<strong><em>contratto ad oggetto pubblico</em>”</strong> (il cui prototipo è il <strong>contratto a valle</strong> della <strong>concessione</strong>), capace di consentire <strong>in ambiti pervasi dall’interesse pubblico</strong> l’incontro tra gli <strong>intendimenti della PA</strong> e la <strong>volontà del privato</strong>; dal punto di vista della <strong>natura giuridica</strong>, in tema di <strong>contratti ad oggetto pubblico</strong> vengono via via a giustapporsi in dottrina <strong>2 opzioni ermeneutiche</strong>: b.1.1.) la tesi <strong>contrattualistica</strong>, onde si è al cospetto di un <strong>vero e proprio contratto</strong> che disciplina i <strong>profili patrimoniali</strong> di una fattispecie che, sul piano <strong>pubblicistico</strong>, è invece <strong>disciplinata dal previo atto unilaterale amministrativo</strong> fondante; b.1.2.) la tesi <strong>anticontrattualistica</strong>, onde <strong>non si tratta di contratti</strong> sia perché disciplinano un <strong>oggetto pubblico</strong>, quand’anche sul crinale dei <strong>relativi effetti patrimoniali</strong>, sia perché le <strong>determinazioni consensuali</strong> che li compendiano sono <strong>indissolubilmente legate</strong> ai <strong>previ provvedimenti unilaterali</strong> che le fondano; dal punto di vista invece della <strong>struttura</strong>, nell’ambito della generale categoria del “<strong><em>contratto ad oggetto pubblico</em></strong>” vengono via via ad isolarsi <strong>3 sottocategorie</strong>, ovvero: b.2.1.) i <strong>contratti accessivi di provvedimento</strong>, che concernono normalmente fattispecie aventi ad oggetto <strong>beni o servizi pubblici</strong>, laddove vengono <strong>convenzionalmente disciplinati rapporti</strong> sorti sulla base del <strong>provvedimento oggetto di “<em>accessione</em>”</strong>, vale a dire quella <strong>concessione unilaterale</strong> sulla quale la PA <strong>conserva il potere di incidere </strong>(in sede di autotutela) anche per <strong>sopravvenuti motivi di opportunità</strong> (revoca) legati al <strong>pubblico interesse perseguito</strong> con <strong>effetti</strong> <strong>patologici</strong> sul <strong>contratto a valle</strong>, <strong>senza</strong> tuttavia che – all’opposto - eventuali <strong>vicende patologiche</strong> di <strong>tale contratto a valle “<em>accedente</em>”</strong> possano <strong>biunivocamente incidere</strong> sul <strong>provvedimento a monte “<em>acceduto</em>”</strong>; b.2.2.) i <strong>contratti ausiliari di provvedimento</strong>, che si pongono <strong>in luogo</strong> di <strong>taluni atti del procedimento</strong> con effetti <strong>patrimoniali</strong>, in sostanza <strong>favorendo la conclusione del procedimento</strong> ed il varo del <strong>provvedimento finale</strong> (che resta <strong>unilaterale</strong>); b.2.3.) i <strong>contratti sostitutivi di provvedimento</strong>, presenti in particolare in ambito di <strong>programmazione economica</strong> e di <strong>pianificazione urbanistica</strong>, che <strong>sostituiscono</strong> non già solo <strong>una parte</strong> del procedimento (come nel caso dei contratti <strong>ausiliari</strong> di provvedimento), ma <strong>l’intero procedimento ed il provvedimento che lo conclude</strong>; in sostanza, piuttosto che farsi luogo ad un <strong>procedimento</strong> e ad un <strong>provvedimento finale autoritativo ed unilaterale</strong>, si fa luogo <strong>direttamente</strong> ad un <strong>contratto sostitutivo di </strong>(procedimento e)<strong> provvedimento</strong>, laddove lo stesso <strong>dualismo</strong> tra provvedimento e contratto - che ha originariamente dato la stura alla figura dei “<strong><em>contratti ad oggetto pubblico</em></strong>” - tende a <strong>dissolversi</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>In quale contesto storico-sistematico si inseriscono gli accordi tra PA e privati?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>il <strong>potere della PA</strong> è stato <strong>per decenni</strong> visto in termini <strong>unilaterali</strong>, quale <strong>strumento di perseguimento dell’interesse generale</strong> fondantesi sulla <strong>supremazia</strong> e sulla <strong>autoritarietà</strong>, per l’appunto, <strong>unilaterale</strong> e dunque <strong>unidirezionale</strong>, traducendosi alfine nel <strong>provvedimento amministrativo</strong> adottato <strong>dalla PA</strong> ed avente come <strong>destinatario</strong> il <strong>soggetto privato</strong>;</li> <li>il fuoco dell’attenzione si è tuttavia <strong>progressivamente sposato</strong>, nel corso del <strong>‘900</strong>, dall’<strong>atto o provvedimento</strong> al <strong>rapporto</strong> che avvince PA e privato, dovendosi assumere le <strong>decisioni pubbliche</strong> tanto più <strong>legittime ed accettabili</strong> quanto più <strong>condivise</strong> con i cittadini, sulla base del c.d. <strong>principio democratico</strong>;</li> <li>ciò ha via via prodotto un <strong>sempre maggiore interesse</strong> per <strong>moduli di gestione del potere</strong> di tipo <strong>diverso</strong>, <strong>bilaterale</strong> piuttosto che unilaterale, fondati per quanto possibile sul <strong>consenso</strong> tra la parte <strong>pubblica detentrice del potere</strong> medesimo ed i <strong>soggetti privati </strong>che ne sono <strong>destinatari</strong>;</li> <li>a partire dalla <strong>positivizzazione in via generale</strong> di tale <strong>nuovo e diverso</strong> modulo di esercizio del potere, giusta <strong>11</strong> della legge 241.90, l’”<strong><em>Amministrazione per accordi</em></strong>” diviene <strong>realtà</strong>, consentendo talvolta un <strong>migliore perseguimento dell’interesse pubblico</strong> rispetto al più tradizionale (e, in ogni caso, <strong>sempre percorribile</strong>) strumento del <strong>provvedimento autoritativo unilaterale</strong>;</li> <li>l’esercizio <strong>unilaterale o consensuale</strong> del potere, muovendo <strong>sempre <em>ab origine</em></strong> da una <strong>posizione di supremazia</strong>, va distinto dalla <strong>diversa ipotesi</strong> in cui l’Amministrazione operi avvalendosi della <strong>propria capacità di diritto privato</strong>, laddove <strong><em>ab origine</em></strong> la posizione rispetto al privato è <strong>di piena parità </strong>nell’esplicazione dell’<strong>autonomia privata</strong>, potendo tuttavia <strong>riaffiorare il potere pubblico <em>ex post</em></strong>, nel corso <strong>dell’attuazione</strong> del rapporto (<strong>1, comma 1 bis</strong>, della legge 241.90).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa contraddistingue gli accordi c.d. procedimentali?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>vengono detti anche <strong>endoprocedimentali</strong>, <strong>preparatori</strong> o anche <strong>preliminari</strong>;</li> <li>sono accordi <strong>avvinti</strong> in modo <strong>strutturale</strong> al <strong>procedimento</strong> e <strong>funzionale</strong> al <strong>provvedimento</strong>;</li> <li>si inseriscono <strong>all’interno del procedimento</strong>;</li> <li>vi viene <strong>concordato</strong> tra PA e privato il <strong>contenuto del provvedimento finale</strong>;</li> <li>tutti gli <strong>effetti giuridici</strong> trovano la loro <strong>fonte</strong> nel <strong>provvedimento finale</strong>, e <strong>non</strong> già nel previo <strong>accordo procedimentale</strong>;</li> <li>la <strong>conclusione dell’accordo</strong> produce: f.1) <strong>effetti per il privato</strong>, che accetta <strong>clausole sfavorevoli</strong>, con <strong>implicita rinuncia a contestarle <em>ex post</em></strong> in sede <strong>contenziosa</strong> (di <strong>impugnativa</strong> del provvedimento finale che le recepisce); f.2) <strong>effetti per la PA</strong>, che <strong>non</strong> può adottare un <strong>provvedimento finale di contenuto diverso</strong> rispetto a quello <strong>concordato</strong>, se lo fa <strong>deve motivare</strong> e comunque <strong>si espone alla impugnativa</strong> (con <strong>elevate probabilità di successo</strong>) del soggetto privato;</li> <li>tali accordi <strong>scolpiscono l’assetto degli interessi</strong> pubblici e privati <strong>coinvolti</strong> nell’azione amministrativa, ma <strong>non costituiscono la fonte</strong> di tale assetto, da rinvenirsi nel <strong>provvedimento finale</strong> che li recepisce;</li> <li>il <strong>controllo amministrativo</strong> ha dunque ad oggetto il <strong>provvedimento finale</strong>, non l’accordo procedimentale;</li> <li>si tratta di <strong>accordi “<em>atipici</em>”</strong> sin dal <strong>varo</strong> dell’art.11 della legge 241.90;</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa contraddistingue gli accordi c.d. provvedimentali o sostitutivi?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>presentano una <strong>spiccata autonomia funzionale</strong> rispetto alla <strong>sequenza procedimento-provvedimento</strong>;</li> <li><strong>sostituiscono integralmente</strong> il provvedimento finale;</li> <li>gli <strong>effetti</strong> della <strong>fattispecie procedimentale</strong> sono ricondotti all’<strong>accordo sostitutivo</strong>, che in qualche modo “<strong><em>assorbe</em></strong>” il procedimento;</li> <li>le <strong>posizioni giuridiche</strong> della PA da una parte (pubblicistica) e del privato dall’altra (privatistica) trovano <strong>la loro disciplina</strong>, a livello di <strong>fonte</strong>, direttamente <strong>nell’accordo sostitutivo</strong>;</li> <li>tale accordo <strong>scolpisce l’assetto degli interessi</strong> pubblici e privati <strong>coinvolti</strong> nell’azione amministrativa, costituendo ad un tempo <strong>la fonte</strong> di tale assetto;</li> <li>il <strong>controllo amministrativo</strong> ha dunque ad oggetto l’accordo <strong>finale sostitutivo</strong>;</li> <li>si tratta di accordi <strong>originariamente “<em>tipici</em>”</strong>, dovendo essere <strong>previsti specificamente dalla legge</strong>, e che sono <strong>divenuti atipici solo nel 2005</strong>, con la <strong>modifica dell’art.11</strong> della legge 241.90 ad opera della <strong>legge 15.05</strong>;</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre ricordare sulla disciplina e sulla natura giuridica degli accordi amministrativi?</strong></p> <ol style="text-align: justify;" start="241"> <li>l’utilizzo degli accordi <strong>è ammesso solo</strong> alle <strong>condizioni di cui all’art.11</strong> della legge 241.90, con <strong>imprescindibile finalizzazione</strong> al perseguimento del <strong>pubblico interesse</strong> (c.d. <strong>vincolo di scopo</strong>);</li> <li>deve dunque <strong>essere in corso un procedimento amministrativo</strong>, nella cui economia <strong>si innestano</strong> tali accordi, a differenza di quanto accade in <strong>ordinamenti</strong> (come quello <strong>tedesco</strong>) in cui vige il principio di <strong>contrattualità dell’azione amministrativa</strong> onde, a meno che <strong>la legge disponga altrimenti</strong>, la PA può <strong>sempre procedere per accordi</strong> anche <strong>a prescindere</strong> dunque dalla <strong>pendenza di un procedimento</strong>;</li> <li>per quanto riguarda i <strong>principi del codice civile</strong> in materia di <strong>obbligazioni e contratti</strong> applicabili, si richiamano in particolare: c.1) quelli in tema di <strong>buona fede delle parti</strong> del <strong>rapporto obbligatorio</strong> ex art.<strong>1175</strong>c.; c.2) quelli in tema di <strong>diligenza nell’adempimento</strong> delle obbligazioni ex art.<strong>1176</strong> c.c.) c.3) quelli in tema di <strong>conclusione del contratto</strong> ex art.<strong>1326</strong> c.c. e <strong>1333</strong> c.c.; c.4) quelli in tema di <strong>atti precontrattuali</strong> posti in essere dall’<strong>imprenditore poi morto o dichiarato fallito</strong> ex art.<strong>1330</strong> c.c.; c.5) quelli in tema di <strong>esecuzione del contratto secondo buona fede</strong> ex art.<strong>1375</strong> c.c.; c.6) quelli in tema di <strong>clausola penale</strong>; c.7) quelli in tema di c.d. <strong>elementi accidentali del contratto</strong>;</li> <li>quanto alla <strong>natura giuridica in senso stretto</strong>, affiorano <strong>2 opzioni ermeneutiche</strong>: d.1) per la <strong>tesi minoritaria</strong>, si tratta di <strong>accordi di natura privatistica</strong>, onde esiste <strong>piena fungibilità</strong> tra <strong>contratti di diritto comune</strong> ed <strong>accordi ex art.11</strong> della legge 241.90 (teoria c.d. <strong>pan privatistica</strong>); una parte della dottrina che abbraccia questa tesi li addita quali “<strong><em>contratti di diritto privato speciale</em></strong>”, a cagione della circostanza onde <strong>l’autonomia privata</strong> della PA viene <strong>funzionalizzata</strong> al perseguimento dell’<strong>interesse pubblico</strong>, palesandosi dunque “<strong><em>ristretta</em></strong>”; che la natura degli accordi sia privatistica, si dice, affiora sia <strong>dall’utilizzo del termine “<em>accordi</em>”</strong>, che richiama <strong>l’accordo</strong> quale <strong>elemento essenziale del contratto</strong> ex art.<strong>1325</strong>c., sia dall’<strong>esplicito rinvio</strong> che l’art.11 opera ai <strong>principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti</strong>, che ne integrano dunque <em>ex lege</em> la disciplina; ancora, sugli accordi la PA <strong>incide</strong> non già giusta <strong>esercizio</strong> del tradizionale <strong>potere pubblicistico di autotutela</strong>, quanto piuttosto attraverso <strong>il recesso</strong>, che è <strong>strumento tipico</strong> di <strong>tutela</strong> a corredo di un <strong>potere privato</strong>; d.2) per la <strong>tesi maggioritaria</strong>, pur nella differenza delle <strong>denominazioni</strong> elaborate (<strong>provvedimenti concordati</strong>, <strong>contratti di diritto pubblico</strong>, <strong>fattispecie bilaterali non contrattuali</strong>) si tratta invece di <strong>accordi di natura pubblicistica</strong>, potendo essere essi stipulati <strong>solo</strong> <strong>durante l’esercizio del potere</strong>, e con la <strong>medesima funzionalizzazione</strong> al perseguimento dell’<strong>interesse pubblico</strong>, già presente nella <strong>decisione a monte</strong> della PA di procedere <strong>con un accordo</strong> piuttosto che con un <strong>provvedimento tradizionale unilaterale</strong>; né potrebbe obiettarsi, con parte della dottrina, che <strong>anche</strong> allorché la PA agisca <strong><em>iure privatorum</em></strong> essa persegue <strong>l’interesse pubblico</strong>, e ciò perché in quel caso essa <strong>spende autonomia privata</strong> (in via immediata dunque <strong>nell’interesse proprio</strong>, rimanendo l’interesse pubblico <strong>sullo sfondo</strong>) mentre laddove si determina nel senso <strong>dell’accordo</strong> essa <strong>esercita direttamente il proprio potere</strong> (nell’interesse pubblico), con <strong>modalità</strong> tuttavia <strong>non già unilaterale</strong> quanto piuttosto “<strong><em>bilaterale</em></strong>”; del resto, non potrebbe predicarsi per l’accordo <strong>una struttura e una natura giuridica diverse</strong> rispetto al <strong>provvedimento</strong> che esso sostituisce o del quale determina il contenuto discrezionale: in sostanza <strong>il procedimento parte finalizzato</strong> per la conclusione di un <strong>provvedimento</strong> ed in esso <strong>si innesta un accordo</strong>, a differenza di quanto accade <strong>nell’evidenza pubblica</strong> in cui il procedimento è <strong>da subito strumentale</strong> alla conclusione a valle di un <strong>futuro contratto</strong>, onde nel primo caso <strong>l’obiettivo è esercitare un potere</strong> mentre nel secondo è <strong>far luogo ad un atto di autonomia privata</strong> (il contratto a valle); questo è il motivo per cui, secondo questa <strong>tesi pubblicistica</strong>, il legislatore parla di “<strong><em>accordo</em></strong>” e <strong>non di contratto</strong>, in relazione al quale ultimo vige il principio della <strong>libertà delle forme</strong> laddove per gli accordi ex art.11 è prevista la <strong>forma scritta <em>ad substantiam</em></strong>, con ulteriore indizio di relativa <strong>pubblicità</strong> stante l’implicito richiamo al <strong>principio di legalità dei poteri amministrativi</strong> che tale forma scritta evoca; altro <strong>indizio</strong> della natura pubblica degli accordi si rinviene in quel <strong><em>locus</em></strong> dell’art.11 laddove si prevede che gli accordi siano stipulati “<strong><em>senza pregiudizio dei diritti dei terzi</em></strong>”, disposizione <strong>tutt’affatto pleonastica</strong> laddove si trattasse di <strong>accordi di diritto privato</strong> stante il disposto dell’<strong>art.1372, comma 2</strong>, c.c. ed il <strong>principio di relatività contrattuale</strong> in esso inscritto; quanto al <strong>rinvio <em>ex lege</em></strong>, esso non investe direttamente le norme <strong>sulle obbligazioni e sui contratti</strong>, essendo operato piuttosto, più genericamente, ai pertinenti “<strong><em>principi del codice civile</em></strong>”, peraltro solo nei limiti della <strong>compatibilità</strong> e ove <strong>non diversamente previsto</strong>; ancora, il <strong>recesso</strong> sembra piuttosto un <strong>diverso modo di chiamare</strong>, nella sostanza, una <strong>revoca ex art.21.<em>quinquies</em></strong> della legge 241.90, piuttosto che un <strong>vero e proprio “<em>recesso</em>”</strong> ex art.<strong>21.<em>sexies</em></strong>, circostanza che peraltro si pone <strong>assai poco in linea</strong> con la <strong>equiordinazione</strong> dei <strong>soggetti privati di diritto comune</strong>; l’accordo <strong>va motivato</strong> (come un <strong>atto unilaterale</strong> e a <strong>differenza del contratto</strong>) e va peraltro <strong>sottoposto a controllo</strong> (il <strong>medesimo</strong> cui sarebbe sottoposto il <strong>provvedimento amministrativo surrogato</strong>) e può essere <strong>annullato dalla PA</strong> per <strong>illegittimità originaria</strong>, circostanza <strong>non predicabile</strong> laddove si trattasse di un <strong>contratto di diritto privato</strong>; infine, le controversie in tema di accordi sono assoggettate alla <strong>giurisdizione esclusiva del GA</strong>, palesando dunque la presenza in essi del <strong>potere pubblico</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali sono, più nel dettaglio, le ricadute della natura giuridica prescelta sulla patologia degli accordi e sui rimedi a disposizione dei soggetti che se ne assumono lesi?</strong></p> <ol style="text-align: justify;" start="21"> <li>natura <strong>pubblica</strong>: in presenza di <strong>vizi</strong>, si applica il <strong>regime pubblicistico</strong> previsto per i <strong>provvedimenti unilaterali</strong> dagli articoli <strong><em>septies</em></strong> (<strong>nullità</strong>) e <strong>21.<em>octies</em></strong> (<strong>annullabilità</strong>) della legge 241.90; sugli <strong>accordi “<em>illegittimi</em>”</strong> la PA può <strong>esercitare</strong>, in <strong>secondo grado</strong>, il proprio <strong>potere di autotutela</strong> <strong>decisoria</strong> ordinariamente spendibile per i provvedimenti unilaterali; sul crinale del <strong>soggetto privato</strong>, quegli è titolare di un <strong>interesse legittimo</strong> e <strong>deve gravare</strong> l’accordo innanzi al GA <strong>nel termine di decadenza</strong> ordinario, esattamente <strong>come farebbe</strong> laddove <strong>il potere fosse stato speso</strong> nella più tradizionale <strong>foggia di unilateralità</strong>, dovendosi garantire quelle <strong>esigenze di certezza e stabilità</strong> che <strong>presidiano gli interessi pubblici</strong> ed il <strong>potere</strong> attribuito per perseguirli; la <strong>nullità dell’accordo</strong>, come quella del <strong>provvedimento unilaterale</strong>, è peraltro “<strong><em>tipica</em></strong>” <strong>e non anche “<em>virtuale</em>”</strong> come nel caso del contratto, cui è invece applicabile l’<strong>art.1418, comma 1</strong>, c.c.; in caso di <strong>accordo integrativo</strong> o procedimentale, laddove il <strong>provvedimento unilaterale a valle non sia conforme</strong> e dunque la PA sia <strong>inadempiente all’accordo</strong>, il privato <strong>non può spiccare azione di esatto adempimento</strong>, ma deve piuttosto <strong>tempestivamente impugnare</strong> il provvedimento finale <strong>non conforme</strong> ed insieme <strong>invocare l’eventuale risarcimento del danno</strong>; l’impugnazione ha luogo per <strong>eccesso di potere</strong> che affetta il <strong>provvedimento finale difforme</strong> dall’accordo, ed il GA <strong>può solo scandagliare <em>ab externo</em></strong> il dispiego del <strong>potere pubblico</strong> nel caso di specie, che resta <strong>discrezionale</strong>; a partire <strong>dal 1999-2000</strong>, anche da questo punto di vista “<strong><em>pubblicistico</em></strong>” il privato può invocare <strong>tutela risarcitoria</strong> <strong>accanto</strong> alla tutela demolitoria. Nel diverso caso in cui la PA <strong>non adotti</strong> il provvedimento finale ovvero – nelle fattispecie di <strong>accordo sostitutivo</strong> – <strong>non stipuli</strong> appunto <strong>l’accordo</strong> che dovrebbe sostituire il provvedimento finale, <strong>non sono attivabili</strong> i <strong>rimedi privatistici</strong>, quanto piuttosto il <strong>rimedio pubblicistico del c.d. silenzio-inadempimento</strong> di cui agli articoli <strong>2 della legge 241.90</strong> e <strong>17 e 31 del c.p.a.</strong>; si tratta di una <strong>presa di posizione</strong> che <strong>resta immutata</strong> anche <strong>dopo</strong> le sentenze dell’<strong>Adunanza Plenaria del 2012</strong> e delle <strong>SSUU del 2015</strong>, laddove <strong>l’azionabilità dell’art.2932</strong> c.c., in ottica dunque <strong>privatistica</strong>, è stata affermata con riguardo a <strong>fattispecie</strong> in cui <strong>l’inadempimento è addebitabile al privato</strong>, e <strong>non</strong> anche al caso inverso in cui <strong>sia la PA ad essere inadempiente</strong>, circostanza nel cui contesto resta invece percorribile <strong>la sola via del c.d. “<em>silenzio</em>”</strong>. Per quanto concerne <strong>il recesso</strong> previsto all’art.11, <strong>comma 4</strong>, nell’ottica pubblicistica esso <strong>non è assimilabile</strong> a quello <strong>scolpito all’art.1373</strong> c.c., trattandosi dell’<strong>epifania di un potere </strong>spendibile - al pari di quanto accade per <strong>la revoca</strong> del provvedimento amministrativo ex <strong>art.21.quinquies</strong> della medesima legge – per <strong>sopravvenuti motivi di interesse pubblico</strong>; in entrambi i casi, tanto di <strong>recesso dall’accordo</strong> quanto di <strong>revoca del provvedimento</strong>, al privato <strong>non va erogato un controvalore economico</strong> reintegrativo a valenza <strong>corrispettiva</strong>, quanto piuttosto un <strong>indennizzo</strong> finalizzato al <strong>limitare il pregiudizio</strong> riconnesso all’esercizio di una <strong>attività lecita <em>ex parte publica</em></strong>; il recesso <strong>non è dunque assimilabile</strong> a quello privatistico, compendiando piuttosto una <strong>revoca onerosa</strong> che è <strong>adottabile</strong> sulla scorta del c.d. <strong>principio di inesauribilità del potere amministrativo</strong>, e dunque una <strong>forma di autotutela</strong> che parte della dottrina definisce “<strong><em>legata</em></strong>”, quale <strong>via di mezzo</strong> tra il <strong>regime privatistico</strong> e quello <strong>pubblicistico</strong>, con una <strong>causa ben definita</strong> (i sopravvenuti motivi di pubblico interesse) e degli <strong>effetti del pari ben contingentati</strong> (erogazione di eventuale indennizzo al privato), a differenza di quanto invece accade con riguardo al <strong>vero e proprio recesso dai contratti</strong> di cui all’<strong>art.21.<em>sexies</em></strong> della legge 241.90, che la PA <strong>può esercitare liberamente</strong> laddove il recesso di cui all’art.11, comma 4, della legge presenta <strong>spiccati caratteri di doverosità</strong> in presenza di un <strong>sopravvenuto interesse pubblico</strong>, configurando dunque una <strong>fattispecie di autotutela decisoria</strong> (seppure, come detto, “<strong><em>limitata</em></strong>”); compendiando un “<strong><em>provvedimento</em></strong>”, il recesso è <strong>soggetto a comunicazione di avvio</strong>, a <strong>motivazione</strong> ed a <strong>forma scritta</strong> come lo <strong>stesso accordo sul quale incide</strong>; sui <strong>sopravvenuti motivi di interesse pubblico</strong> che giustificano il recesso affiorano due tesi: a.1) tesi <strong>minoritaria</strong>: la PA può limitarsi ad una <strong>diversa valutazione</strong> della <strong>situazione di fatto originaria</strong>; a.2) tesi <strong>maggioritaria</strong>: la PA può recedere solo al cospetto di una <strong>vera e propria sopravvenienza</strong>, e ciò al fine di <strong>adeguare</strong> la propria azione <strong>all’interesse pubblico</strong>, come palesa l’aggettivo “<strong><em>sopravvenuti</em></strong>” e come richiede la stessa <strong>necessità</strong>, per quanto possibile, di <strong>garantire la stabilità di un vincolo contrattuale</strong> che sarebbe <strong>maggiormente minata</strong> <strong>alla radice</strong> laddove la PA potesse <strong>semplicemente</strong> “<strong><em>ripensarci</em></strong>” (seppure nell’interesse pubblico) rispetto a <strong>fatti originari</strong> che <strong>restano immutati</strong>, come del resto si dice anche della <strong>revoca ex art.21.<em>quinquies</em></strong> della legge 241.90 con riguardo alla <strong>stabilità del provvedimento revocando</strong>; per quanto concerne <strong>l’indennizzo</strong> che <strong>consegue al recesso</strong>, giustapponendosi <strong>ad un atto lecito</strong> si ritiene comunemente che <strong>esso copra</strong> (al pari di quanto accade in caso di <strong>revoca</strong>) il <strong>solo danno emergente</strong> (<strong>spese e costi</strong> sostenuti dal privato collateralmente all’accordo) e <strong>non anche il lucro cessante</strong>, che è invece <strong>invocabile</strong> laddove, al cospetto di un <strong>recesso illegittimo</strong>, il privato chieda <strong>non già l’indennizzo</strong>, quanto piuttosto il <strong>risarcimento del danno</strong>. Per quanto concerne più in generale il <strong>potere di autotutela della PA</strong>, chi abbraccia la <strong>tesi pubblicistica</strong> assume spendibile – accanto al <strong>potere di recesso</strong>, che tiene luogo di quello di revoca -anche il <strong>potere di annullamento</strong> dell’accordo in secondo grado, con applicazione dell’<strong>art.21.<em>nonies</em></strong> della legge 241.90;</li> <li>natura <strong>privata</strong>: in presenza di <strong>vizi</strong> o comunque di una <strong>patologia</strong> che inficia l’accordo, si applicano i <strong>rimedi</strong> previsti dal <strong>codice civile</strong> e dunque la <strong>nullità</strong> – <strong>anche virtuale</strong> ex <strong>1418, comma 1</strong>, c.c. – l’<strong>annullabilità</strong>, la <strong>rescissione</strong> e la <strong>risoluzione</strong>, messi a disposizione di un privato che è da intendersi titolare di <strong>veri e propri diritti soggettivi</strong> nei confronti della <strong>PA stipulante</strong>; in caso di <strong>accordo integrativo o procedimentale</strong>, laddove il provvedimento unilaterale a valle <strong>non sia conforme</strong> e dunque la PA <strong>sia inadempiente</strong> all’accordo, il privato può esperire <strong>tutti i rimedi previsti</strong> in caso di <strong>inadempimento delle obbligazioni contrattuali</strong>, stante il <strong>mancato soddisfacimento di una propria pretesa</strong>, potendosi dunque chiedere al GA tanto la <strong>risoluzione dell’accordo violato</strong> quanto, in ottica <strong>manutentiva</strong>, una <strong>condanna della PA all’esatto adempimento</strong> e dunque ad <strong>adottare un provvedimento finale pienamente conforme</strong> all’accordo in precedenza concluso (salvo, in ogni caso, il <strong>risarcimento del danno</strong>), ed il GA ha il potere di <strong>scandagliare <em>ab intrinseco</em></strong> il comportamento della PA che <strong>non conserva un potere discrezionale</strong>, ma è piuttosto <strong>obbligata a dar seguito</strong> all’<strong>accordo concluso</strong> con il privato in sede procedimentale. Nel diverso caso in cui la PA <strong>non adotti</strong> il <strong>provvedimento finale</strong> ovvero – nelle fattispecie di <strong>accordo sostitutivo</strong> – <strong>non stipuli</strong> appunto l’accordo che dovrebbe sostituire il provvedimento finale, il privato <strong>può invocare dal GA la tutela costitutiva</strong> di cui <strong>all’art.2932 c.c.</strong> senza che possa predicarsi <strong>alcun rischio di invasione</strong> da parte del GA medesimo dei <strong>poteri discrezionali</strong> attribuiti per legge alla PA, stante il <strong>fondamentale disposto</strong> di cui <strong>all’art.24 Cost.</strong> in termini di <strong>inviolabilità del diritto di difesa</strong> in giudizio e stante, massime, la <strong>nuova foggia del processo amministrativo</strong> che ormai, assai più della <strong>legittimità di un atto amministrativo</strong>, sembra piuttosto avere ad oggetto <strong>la fondatezza della pretesa sostanziale</strong> del privato ricorrente; questo significa che in particolare nel caso di <strong>accordo preliminare al provvedimento</strong>, al quale la PA <strong>non dia seguito col provvedimento finale</strong>, avendo essa <strong>esaurito il proprio potere discrezionale</strong> nell’economia del concluso accordo, deve assumersi <strong>ammissibile</strong> appunto <strong>l’azione del privato ex art.2932 c.c.</strong> finalizzata ad ottenere il <strong>provvedimento conforme</strong>; parimenti ammissibile secondo l’opzione privatistica è <strong>l’azione di esatto adempimento</strong> ex <strong>art.1453, comma 1</strong>, c.c., al cui accoglimento può poi farsi seguire <strong>l’ottemperanza</strong> alla <strong>pertinente sentenza</strong>. Per quanto concerne il <strong>recesso</strong> previsto all’<strong>art.11, comma 4</strong>, la relativa disciplina va poi rinvenuta <strong>nel diritto privato</strong> e, segnatamente, <strong>nell’art.1373</strong> c.c.. In tema di <strong>autotutela</strong>, l’<strong>art.1372</strong> c.c. <strong>impedisce</strong>, per la tesi privatistica, di <strong>poter applicare agli accordi</strong>, da parte della PA, l’<strong>art.21.<em>nonies</em></strong> della legge 241.90 in tema di <strong>annullamento d’ufficio per motivi di legittimità</strong>, potendo piuttosto l’’Amministrazione <strong>recedere</strong> ai sensi dell’<strong>art.11, comma 4</strong>, della medesima legge 241.90, a diversamente opinare <strong>finendo vieppiù frustrate</strong> le esigenze di <strong>stabilità del rapporto</strong> nascente dall’<strong>accordo</strong> con esposizione del privato all’esercizio di un <strong>potere autoritativo ulteriore</strong> rispetto a quello <strong>già esplicitamente scolpito</strong> appunto all’art.11 della legge.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre ricordare della c.d. determinazione unilaterale preliminare, introdotta nel 2005?</strong></p> <ol style="text-align: justify;" start="4"> <li>un primo problema è capire <strong>quali sono i soggetti</strong> che la disposizione (<strong>comma 4.bis</strong> dell’art.11) <strong>tutela</strong>, discendendone <strong>effetti diversi</strong>: a.1) la norma è posta <strong>a tutela dei terzi</strong>: se la si interpreta in questo modo, la determinazione preliminare <strong>occorre solo</strong> laddove la PA <strong>decida di accogliere</strong> la proposta del privato di concludere l’accordo, determinazione che <strong>potrebbe</strong> per l’appunto <strong>pregiudicare i terzi</strong> (i quali ultimi, specie nell’ottica “<strong><em>privatistica</em></strong>”, sono “<strong><em>terzi</em></strong>” <strong>ex art.1372 c.c.</strong> e come tali <strong>formalmente non lambiti</strong> dall’accordo concluso tra PA e privato, senza <strong>neppure la possibilità</strong>, laddove non fosse prevista la determinazione preliminare, di <strong>impugnare un provvedimento</strong> in veste di <strong>controinteressati</strong>); a.2) la norma è posta <strong>non solo a tutela dei terzi</strong>, ma <strong>anche</strong> del <strong>privato interessato</strong> dal procedimento amministrativo in corso: se la si interpreta in questo modo, la determinazione preliminare <strong>è necessaria anche</strong> quando la PA <strong>decida di non accogliere</strong> la richiesta del privato di procedere <strong>con un accordo</strong>, trattandosi di decisione <strong>in grado di pregiudicarlo</strong> e che egli <strong>deve essere posto in condizioni di impugnare</strong> se <strong>espressa</strong>, o di <strong>sollecitare per via giurisdizionale</strong> in caso di c.d. “<strong><em>silenzio</em></strong>”;</li> <li>altra questione è quella di capire <strong>se e in che modo</strong> la determinazione preliminare possa <strong>contribuire a far luce</strong> sulla <strong>natura giuridica</strong> degli accordi: b.1) chi la assimila alla <strong>determina a contrarre</strong>, vi scorge una <strong>conferma</strong> della <strong>natura privatistica</strong> degli accordi, atteggiantisi <strong>in medesima guisa</strong> dei c.d. <strong>contratti a valle</strong> rispetto appunto alla <strong>determina a contrarre</strong> (che tuttavia, nel caso degli <strong>accordi</strong>, va sempre adottata dal <strong>medesimo organo competente</strong> a concludere l’accordo, mentre nel caso dei <strong>contratti “<em>a valle</em>”</strong> la ridetta competenza <strong>può scindersi tra 2 organi diversi</strong>, l’uno competente ad adottare la <strong>determina a contrarre</strong> con <strong>mera efficacia interna alla PA</strong> e l’altro a <strong>stipulare il contratto</strong> con <strong>effetti esterni</strong> rispetto alla PA medesima); la determina preliminare, assimilabile ad una <strong>determina a contrarre</strong>, <strong>non</strong> va – in questo prisma ermeneutico – <strong>impugnata</strong> nel <strong>termine di decadenza</strong>, le relative <strong>clausole immediatamente lesive</strong> traducendosi in ogni caso in <strong>vizi di nullità dell’accordo</strong> che ne segue, che possono essere <strong>fatti valere anche <em>ex post</em> e in ogni tempo</strong>; b.2) chi la <strong>distingue</strong> dalla <strong>determina a contrarre</strong>, vi scorge invece conferma della <strong>natura pubblicistica</strong> degli accordi, non essendosi – si dice – al cospetto di una <strong>determina preliminare</strong> destinata ad <strong>orientare il futuro esercizio dell’autonomia privata</strong> della PA, quanto piuttosto <strong>funzionale solo</strong> ad <strong>esplicitare i motivi</strong> per i quali il <strong>potere pubblico</strong> viene esercitato con <strong>modalità bilaterale</strong> piuttosto che <strong>unilaterale</strong>, senza per l’appunto intaccare il fatto che <strong>si tratta di spendere potere pubblico</strong>, tanto in fase di <strong>conclusione</strong> quanto di successiva <strong>esecuzione</strong> dell’accordo; da questo punto di vista, le <strong>clausole immediatamente lesive</strong> in seno alla determinazione preliminare <strong>vanno impugnate</strong> da chi se ne assuma leso nel <strong>consueto termine di decadenza di 60 giorni</strong>, in difetto <strong>non potendosi poi dolere</strong> delle medesime clausole siccome <strong>riprodotte</strong> nell’accordo, nei cui confronti va assunta <strong>inammissibile</strong> una <strong>autonoma impugnazione <em>ex post</em></strong>;</li> <li>in tema di <strong>autotutela</strong>, e segnatamente di <strong>annullamento d’ufficio</strong> degli accordi ex <strong>21.<em>nonies</em></strong> della legge 241.90, la presenza della c.d. <strong>determinazione unilaterale preliminare</strong> consente a <strong>parte della dottrina</strong> di <strong>mediare</strong> tra la <strong>tesi privatistica negativa</strong> e quella <strong>pubblicistica affermativa</strong>, rappresentando come il ridetto <strong>potere di annullamento d’ufficio</strong> in secondo grado possa in realtà <strong>coinvolgere proprio</strong> la <strong>determinazione unilaterale preliminare</strong> all’accordo, con <strong>effetti di invalidità derivata</strong> sull’accordo medesimo.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre ricordare degli accordi amministrativi in rapporto al potere vincolato della PA?</strong></p> <ol style="text-align: justify;" start="241"> <li>secondo una <strong>prima opzione ermeneutica</strong>, l’<strong>11</strong> della legge 241.90 <strong>non è applicabile</strong> quando si sia al cospetto di un <strong>potere vincolato della PA</strong>, come dimostra già dal punto di vista <strong>letterale</strong> il fatto che – per quanto concerne gli <strong>accordi c.d. integrativi</strong> – con essi si determina il <strong>contenuto “<em>discrezionale</em>”</strong> del <strong>provvedimento</strong>, restandone appunto <strong>escluse</strong> le fattispecie di <strong>provvedimenti vincolati</strong>; in sostanza, quando <strong>il potere è vincolato</strong> è <strong>la legge</strong>, a monte, a <strong>predeterminarne il contenuto</strong>, non trovando dunque spazio <strong>alcuna negoziazione possibile</strong> tra privato e PA;</li> <li>stando invece ad una <strong>seconda opzione ermeneutica</strong>, almeno allorché il provvedimento presenti <strong>taluni caratteri di discrezionalità</strong> (come nel caso dei <strong>provvedimenti c.d. misti</strong>), <strong>non potrebbe negarsi <em>a priori</em></strong> la possibilità della stipula di <strong>accordi</strong>, dovendosi anche tenere conto del fatto che non si riscontrerebbero <strong>nel sistema</strong>, se non <strong>in via del tutto residuale</strong>, provvedimenti <strong>discrezionali puri</strong> o <strong>vincolati puri</strong>, <strong>mescolandosi sempre</strong> una dose di <strong>discrezionalità</strong> ed una di <strong>vincolatività</strong> in ogni provvedimento amministrativo; anche dunque quando il contenuto del provvedimento finale <strong>è vincolato</strong>, si riscontrano sempre possibili <strong>profili di discrezionalità</strong> nel <strong><em>quando</em></strong> o nel <strong><em>quomodo</em></strong> del provvedimento stesso, capaci di lasciare spazio alla <strong>possibile stipula di accordi</strong> con il privato, quando le parti pubblica o privata assumano di <strong>poter ritrarre</strong> da tale accordo <strong>una utilità maggiore</strong> rispetto alla <strong>stipula immediata e diretta</strong> del <strong>provvedimento finale unilaterale</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali fattispecie vengono generalmente ricondotte agli accordi di cui all’art.11 della legge 241.90?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta di <strong>settori</strong> nei quali <strong>affiora forte conflittualità</strong> tra <strong>l’azione della PA</strong> e <strong>l’interesse del privato</strong> a <strong>conseguire un bene</strong> ovvero a <strong>conservarlo</strong>, in relazione ai quali si tende <em>ex parte publica</em> a <strong>ricercare un consenso preventivo</strong> del privato che <strong>elimini o riduca</strong> la ridetta <strong>conflittualità di fondo</strong>;</li> <li>tali <strong>settori</strong> normalmente sono quelli dell’<strong>espropriazione</strong> dal punto di vista degli <strong>interessi c.d. “<em>oppositivi</em>”</strong> e dell’<strong>urbanistica-edilizia</strong> sul crinale degli <strong>interessi pretensivi</strong>;</li> <li>in materia <strong>espropriativa</strong>, rileva la <strong>cessione volontaria del bene espropriando</strong> di cui all’<strong>45</strong> del <strong>D.p.R. n.327.01</strong>, che è <strong>modulo di conclusione</strong> del <strong>procedimento espropriativo</strong> alternativo rispetto alla <strong>tradizionale espropriazione</strong>, laddove <strong>l’atto consensuale e bilaterale</strong> ha la funzione di <strong>accelerare la conclusione</strong> del ridetto <strong>procedimento ablativo</strong> e di <strong>eliderne</strong> o comunque ridurne la <strong>conflittualità</strong>; le parti pubblica e privata <strong>non possono tuttavia forgiare</strong> il <strong>contenuto</strong> dell’accordo, che è <strong>predeterminato dalla legge</strong>, potendo <strong>solo scegliere</strong> se <strong>avvalersene o meno</strong>, circostanza che tende a <strong>farne escludere la natura privatistica</strong> (non si tratta dunque di <strong>compravendita</strong>) per ricondurre la figura appunto in <strong>orbita pubblicistica</strong>, al cospetto di una <strong>identificazione e qualificazione del bene traslato</strong> e di una <strong>quantificazione del relativo “<em>prezzo</em>”</strong> fissati inderogabilmente da <strong>norme imperative</strong>, onde se ne discorre (non senza eccezioni in giurisprudenza) in termini di <strong>accordo sostitutivo di provvedimento</strong> ex art.11 della legge 241.90;</li> <li>in materia <strong>urbanistica</strong>, un argomento sensibile è quello delle <strong>convenzioni di lottizzazione</strong> di cui <strong>all’art.28</strong> della <strong>legge urbanistica n.1150 del 1942</strong>, laddove invero l’accordo <strong>non è previsto in via alternativa</strong> rispetto al provvedimento, quanto piuttosto in via <strong>esclusiva</strong>, ponendo il problema se <strong>in simili fattispecie</strong> possa <strong>rilevare l’art.11 della legge 241.90</strong>; secondo la <strong>tesi dottrinale e giurisprudenziale prevalente</strong>, l’art.11 va assunto <strong>applicabile anche</strong> alle fattispecie in cui l’accordo <strong>non sia alternativo</strong> al provvedimento ma <strong>si atteggi a strumento esclusivo</strong> secondo il <strong>dettame della legge</strong> (c.d. <strong>accordi necessari</strong>), fissando esso la <strong>disciplina dell’esercizio consensuale del potere</strong> in via <strong>generale</strong>, ed <strong>in disparte</strong> la circostanza <strong>dell’esclusività</strong> di tale modulo consensuale ovvero <strong>dell’alternatività</strong> rispetto al <strong>modulo provvedimentale unilaterale</strong>; per tutto quanto <strong>non previsto</strong> dalla disciplina specifica delle <strong>convenzioni di lottizzazione</strong>, si applica dunque per questo <strong>orientamento maggioritario</strong> la <strong>disciplina generale di cui all’art.11</strong> della legge 241.90, quali <strong>accordi sostitutivi</strong> soggetti alla <strong>giurisdizione esclusiva del GA</strong>. Altro argomento sensibile in materia <strong>urbanistica</strong> ed <strong>edilizia</strong> è poi quello della <strong>cessione di cubatura</strong>, ancora una volta espressione del <strong>progressivo abbandono</strong> da parte del legislatore – in questo settore del diritto amministrativo – di <strong>moduli tradizionali unilaterali</strong> a beneficio di <strong>moduli consensuali</strong> capaci di meglio contemperare la <strong>pluralità degli interessi pubblici e privati coinvolti</strong> nella pertinente trama dell’azione della PA; la <strong>cessione di cubatura</strong> compendia un <strong>contratto</strong> in cui <strong>proprietari di fondi contigui</strong> (o comunque ricompresi in una <strong>determinata area edificatoria</strong>) trasferiscono uno all’altro <strong>diritti edificatori</strong> così <strong>accrescendo le potenzialità edilizie</strong> di un area (quella c.d. <strong>di atterraggio</strong>) che, stando agli <strong>strumenti urbanistici</strong>, <strong>non consentirebbe</strong> di ottenere il <strong>permesso di costruire</strong> per la <strong>volumetria divisata </strong>dal relativo proprietario costruttore; da questo punto di vista, il <strong>contratto di “<em>cessione di volumetria</em>”</strong> interviene <strong>tra privati</strong>, ma è funzionale al <strong>rilascio del permesso di costruire</strong> da parte del <strong>Comune</strong> di riferimento, onde <strong>l’assenso del Comune</strong> medesimo all’operazione appare <strong>tutt’affatto rilevante</strong> anche in termini di <strong>condizione di efficacia</strong> dell’operazione medesima; ne affiora <strong>un accordo trilaterale</strong> di natura <strong>complessa</strong> che si tende ad <strong>inquadrare</strong> da parte della dottrina e della giurisprudenza nell’orbita degli <strong>accordi procedimentali</strong> ex art.11 della legge 241.90.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p>