Corte di Cassazione, sez. II civile, sent. 11 luglio 2024, n. 19010
PRINCIPIO DI DIRITTO
“L‘azione di simulazione relativa proposta dall‘erede in ordine ad un atto di disposizione patrimoniale del “de cuius” stipulato con un terzo, che si assume lesivo della quota di legittima ed abbia tutti i requisiti di validità del negozio dissimulato (nella fattispecie una donazione in favore di un altro erede), deve ritenersi proposta esclusivamente in funzione dell‘azione di riduzione prevista dall‘art. 564 c.c., con la conseguenza che l‘ammissibilità dell’azione è condizionata dalla preventiva accettazione dell‘eredità con beneficio d‘inventario: tale condizione non ricorre, infatti, soltanto quando l‘erede agisca per far valere una simulazione assoluta o anche relativa, ma finalizzata a fare accertare la nullità del negozio dissimulato, in quanto, in tale ipotesi, l‘accertamento della realtà effettiva consente al legittimario di recuperare alla massa ereditaria i beni donati, mai usciti dal patrimonio del defunto.”
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Con il primo motivo, intitolato “violazione o falsa applicazione
di norme di diritto ex art. 360 n. 3 e nello specifico violazione o falsa applicazione degli artt. 484 c.c., 487 c.c., 564 c.c., 775 c.p.c. e 192 disp. att. cod. proc. civ. e 2697 c.c.”, il ricorrente lamenta che sia stata rigettata la sua eccezione di improponibilità della domanda per la mancata accettazione dell’eredità con beneficio di inventario; evidenzia che la condizione di erede pretermesso deve essere provata da colui che la allega e lamenta che la sentenza abbia posto a carico del convenuto l’onere di provare l’esistenza di beni mobili nell’eredità. Rileva che, diversamente, nella fattispecie l’accettazione dell’eredità da parte degli attori non era stata seguita da tempestivo e completo inventario, per cui gli attori dovevano considerarsi eredi puri e semplici. 2. Con il secondo motivo – rubricato “omessa valutazione di un fatto decisivo risultante dagli atti di causa ex art. 360, n. 5 c.p.c. – omesso esame e valutazione della documentazione bancaria prodotta da parte convenuta e attestante l’avvenuto pagamento del prezzo. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 369 n. 3 e nello specifico violazione o falsa applicazione degli articoli 1414 c.c. e segg.” – il ricorrente lamenta che non sia stata esaminata la documentazione da lui prodotta e attestante il pagamento del prezzo concordato per le vendite; aggiunge che il dato della presenza dei testimoni, valorizzato dalla Corte d’Appello, non era rilevante. […] 4. II primo motivo di ricorso è […] fondato nei termini di seguito esposti, con conseguente assorbimento dei successivi motivi. Si richiamano i principi pacifici elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, come esposti in Cass. Sez. 2 19–11–2019 n. 30079 (Rv. 656200–01), laddove si legge “il legittimario pretermesso non è chiamato alla successione per il solo fatto della morte del de cuius, potendo acquistare i suoi diritti solo dopo l’esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento. Ne consegue che la condizione della preventiva accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, stabilita dal primo comma dell’art. 564 c.c. per l’esercizio dell’azione di riduzione, vale soltanto per il legittimario che abbia in pari tempo la qualità di erede, e non anche per il legittimario totalmente pretermesso dal testatore (Cass. n. 28632 del 2011). Ora, una totale pretermissione del legittimario può aversi tanto nella successione testamentaria, quanto nella successione ab intestato e, precisamente: a) nella successione testamentaria, se il testatore ha disposto a titolo universale dell’intero asse a favore di altri, in base alla considerazione che, a norma dell’art. 457, comma 2, c.c., questi non è chiamato all’eredità fino a quando l’istituzione testamentaria di erede non venga ridotta nei suoi confronti; b) nella successione ab intestato, qualora il de cuius si sia spogliato in vita dell’intero suo patrimonio con atti di donazione, sul rilievo che, per l’assenza di beni relitti, il legittimario viene a trovarsi nella necessità di esperire l’azione di riduzione a tutela della situazione di diritto sostanziale che la legge gli riconosce (Cass. n. 19527 del 2005; Cass. n. 13804 del 2006; Cass. n. 28632 del 2011; Cass. n. 16635 del 2013). Di qui, l’ulteriore conseguenza che il legittimario totalmente pretermesso che impugna per simulazione un atto compiuto dal de cuius a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, agisce, sia nella successione testamentaria, che nella successione ab intestato, in qualità di terzo e non in veste di erede, la cui qualità acquista solo in conseguenza del positivo esercizio dell’azione di riduzione, e non è, come tale, tenuto alla preventiva accettazione dell’eredità con beneficio di inventario (Cass. n. 16635 del 2013; in senso conf., Cass. n. 12496 del 2007). Viceversa, se si tratta di azione di simulazione relativa proposta da chi è già erede in ordine a un atto di disposizione patrimoniale del de cuius stipulato con un terzo, che si assume lesivo della quota di legittima ed abbia tutti i requisiti di validità del negozio dissimulato (come una donazione in favore di un altro erede), l’ammissibilità dell’azione, proposta esclusivamente in funzione dell’azione di riduzione prevista dall’art. 564 c.c., è condizionata dalla preventiva accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario (Cass. n. 15546 del 2017, in motiv.: “l’azione di simulazione relativa proposta dall’erede in ordine ad un atto di disposizione patrimoniale del de cuius stipulato con un terzo, che si assume lesivo della quota di legittima ed abbia tutti i requisiti di validità del negozio dissimulato (nella fattispecie una donazione in favore di un altro erede), deve ritenersi proposta esclusivamente in funzione dell’azione di riduzione prevista dall’art. 564 c.c., con la conseguenza che l’ammissibilità dell’azione è condizionata dalla preventiva accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario”): tale condizione non ricorre, infatti, soltanto quando l’erede agisca per far valere una simulazione assoluta o anche relativa, ma finalizzata a fare accertare la nullità del negozio dissimulato, in quanto, in tale ipotesi, l’accertamento della realtà effettiva consente al legittimario di recuperare alla massa ereditaria i beni donati, mai usciti dal patrimonio del defunto (Cass. n. 15546 del 2017: “l’esigenza del rispetto di tale condizione non ricorre quando l’erede agisca per far valere una simulazione assoluta o anche relativa, ma finalizzata a far accertare la nullità del negozio dissimulato, in quanto, in tale ipotesi, l’accertamento della realtà effettiva dell’atto consente al legittimario di recuperare alla massa ereditaria i beni donati, in realtà mai usciti dal patrimonio del defunto”; conf., Cass. n. 4400 del 2011)” (sottolineature aggiunte). In applicazione di questi principi, nella fattispecie la Corte d’Appello non poteva prescindere dal considerare che la moglie e i figli del de cuius avevano già proceduto prima di instaurare il giudizio ad accettare l’eredità con beneficio di inventario e quindi erano divenuti eredi, quali successori a titolo universale del de cuius, subentrando pro quota in tutte le sue posizioni attive e passive, eccettuati i diritti intrasmissibili. La circostanza che nell’asse ereditario non vi fossero beni immobili non escludeva che i soggetti avessero acquisito la qualità di eredi a seguito dell’accettazione dell’eredità, in quanto l’acquisto della qualità di erede, all’evidenza, non è necessariamente collegato all’esistenza nell’asse ereditario di immobili, ma neppure di attività. Quindi, non soccorre alla posizione della moglie e dei figli del de cuius né il richiamo al principio secondo il quale la pretermissione del legittimario può aversi anche nella successione ab intestato, qualora il de cuius si sia spogliato in vita di tutto il suo patrimonio con atti di donazione, né il richiamo al principio secondo il quale la condizione dell’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario a norma dell’art. 564 cod. civ. non vale per il legittimario totalmente pretermesso (Cass. Sez. 2 23–12–2011 n. 28632 Rv. 620793–01, Cass. Sez. 2 17–8–2022 n. 24836 Rv. 665563–01); ciò in quanto, si ripete, la moglie e i figli avevano acquisito la qualità di eredi a seguito della formale accettazione dell’eredità da loro eseguita e, comunque, sarebbe a loro spettato dimostrare la condizione di sostanziale totale pretermissione, per avere accettato una damnosa hereditas, e cioè eredità del tutto passiva. La Corte d’Appello non poteva neppure prescindere dal considerare che gli attori non hanno agito per fare accertare la nullità del negozio dissimulato e perciò per recuperare alla massa ereditaria i beni mai usciti dal patrimonio del defunto. Gli attori hanno proposto l’azione di simulazione relativa, sostenendo che le vendite dissimulassero donazioni esclusivamente in funzione dell’azione di riduzione prevista dall’art. 564 cod. civ., chiedendo la riduzione delle donazioni nella misura necessaria a reintegrare la loro quota di legittima, nei confronti di terzo e cioè di persona non chiamata all’eredità come coerede; infatti questa è la domanda che è stata accolta dalla sentenza impugnata. Quindi, in questo caso l’azione di riduzione era condizionata alla preventiva accettazione dell’eredità con beneficio di inventario ai sensi dell’art. 564 cod. civ., prevista a tutela dei legatari e donatari estranei. Inoltre, l’azione di riduzione non può essere proposta neppure nel caso in cui l’inventario sia stato redatto allorché sia già decorso il termine di tre mesi dalla dichiarazione di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario. Infatti, in tale ipotesi non ricorrono le condizioni per applicare il disposto dell’art. 564 cod. civ. per il caso di decadenza dal beneficio di inventario, in quanto la tardiva esecuzione dell’inventario non integra un’ipotesi di decadenza dal beneficio di inventario. Nel solco di Cass. Sez. 2, 15–7–2003 n. 11030 Rv. 56506101, secondo cui la tempestiva formazione dell’inventario è un elemento costitutivo del relativo beneficio, Cass. Sez. 2 9–8–2005 n. 16739 (Rv. 584307–01), in fattispecie del tutto analoga a quella del presente giudizio, ha statuito che l’art. 484 cod. civ., nel prevedere che l’accettazione con beneficio di inventario si fa con dichiarazione, preceduta o seguita dalla redazione dell’inventario, delinea una fattispecie a formazione progressiva, di cui sono elementi costitutivi entrambi gli adempimenti ivi previsti; la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario ha una propria immediata efficacia, determinando il definitivo acquisto della qualità di erede da parte del chiamato, ma non incide sulla limitazione della responsabilità intra vires, che è condizionata anche alla preesistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell’inventario, in mancanza del quale l’accettante è considerato erede puro e semplice (artt. 485, 487, 488 cod. civ.), non perché abbia perduto ex post il beneficio, ma perché non lo ha mai conseguito; le disposizioni che impongono il compimento dell’inventario entro determinati termini non ricollegano all’inutile decorso del termine un effetto di decadenza, ma sanciscono sempre come conseguenza che l’erede viene considerato accettante puro e semplice, mentre la decadenza è ricollegata solo ed esclusivamente ad alcune condotte, che attengono alla fase della liquidazione e sono quindi necessariamente successive alla redazione dell’inventario (nello stesso senso, Cass. Sez. 2 26–3–2018 n. 7477 e Cass. Sez. 2 29–12–2023 n. 36459, non massimate, per tutte). 5. In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Caltanissetta in diversa composizione, che deciderà nel merito facendo applicazione dei principi esposti e attenendosi a quanto sopra ritenuto, regolamentando anche le spese del giudizio di legittimità.