Cassazione penale, Sez. V, sentenza 22 febbraio 2024, n. 7728
PRINCIPIO DI DIRITTO
[…] è evidente che l’intenzione del legislatore, trasformando la circostanza aggravante dell’art. 583, comma 2, n. 4 cod. pen. in un delitto autonomo con maggiore pena edittale minima e massima, non fosse quella di ridurre l’ambito delle condotte dolose sanzionabili, bensì di assicurare un trattamento di maggior rigore, elidendo la discrezionalità del giudice espressa nel giudizio di bilanciamento fra circostanze operabile con il precedente regime.
In secondo luogo, deve anche rilevare questo Collegio, a riprova della natura “comune” del delitto, come il legislatore abbia specificamente previsto il caso in cui il delitto di sfregio o deformazione permanente del viso intervenga in ambito di violenza domestica o di genere, rendendo tali elementi di relazione e di contesto circostanze aggravanti.
[…] la maggior tutela processuale per la vittima si rinviene per le sole fattispecie aggravate dall’art. 585 del delitto in esame: gli artt. 347, comma 3, 362, comma 1-ter, 370 commi 2-bis e 2-ter cod. proc. pen., rispettivamente modificati e introdotti dalla legge n. 69 del 2019, introducendo le norme processuali del ed. Codice rosso, intendono velocizzare l’acquisizione della notizia di reato e l’assunzione di informazioni da parte della persona offesa solo nei casi di deformazione del viso aggravata.
[…] ai fini della sussistenza dello sfregio permanente, non rileva la possibilità di eliminazione o di attenuazione del danno fisionomico mediante speciali trattamenti di chirurgia facciale (Sez. 5, n. 23692 del 07/05/2021, Di Rocco, Rv. 281319), in quanto “l’eventuale limitazione degli effetti estetici del danno (costituisce) un post factum non collegato alla condotta di aggressione”.
[…] Ne deriva che, se pure non ogni alterazione della fisionomia del viso costituisca sfregio, sono certamente tali le alterazioni che ne turbino l’armonia con effetto sgradevole o d’ilarità, anche se non di ripugnanza: il tutto rapportato ad un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità (Sez. 5, n. 21998 del 16/01/2012, Cipolla, Rv. 252952 – 01, in applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha ritenuto la sussistenza dell’aggravante in questione proprio nel distacco di parte del lobo di un orecchio, mediante morso).
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
[…] È evidente la volontà del legislatore […] di trasformare l’aggravante speciale in fattispecie autonoma di reato, per sottrarre la pena all’effetto di riduzione conseguente al giudizio di bilanciamento fra circostanze, prevedendo invece una sanzione edittale più elevata, nel minimo come nel massimo edittale.
Pertanto, deve ribadirsi la natura ‘generale’ della norma, a differenza di quanto sostiene la ricorrente, e ciò seguendo proprio il criterio dell’interpretazione letterale imposto dall’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, per il quale “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole, secondo la connessione di esse”.
[…] il legislatore ha voluto punire con maggior rigore anche le condotte di deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso da “chiunque” commesse in danno di “alcuno”, quindi si verte in tema di reato comune sia quanto all’autore che quanto alla persona offesa.
[…] Deve pertanto affermarsi che l’art. 583-quinquies cod. pen. […] costituisca reato comune sia quanto all’autore del reato che alla persona offesa, secondo l’interpretazione letterale e sistematica della disposizione di nuovo conio, essendo la trasformazione della circostanza aggravante di cui all’art. 583, comma 2, n. 4, cod. pen. in fattispecie autonoma di reato funzionale in generale ad un trattamento di maggior rigore, ulteriormente aggravato dall’art. 585 cod. pen. per i casi riconducibili alla violenza domestica e di genere.