<p style="text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, sentenza 21 dicembre 2020 n. 272</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Marche 18 settembre 2019, n. 29 (Criteri localizzativi degli impianti di combustione dei rifiuti e del CSS);</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, 3, 4 e 5 della legge reg. Marche n. 29 del 2019;</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Marche n. 29 del 2019, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Marche n. 29 del 2019, promossa, in riferimento all’art. 136 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri</em></strong>.</p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>2.– La Regione Marche, nel costituirsi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità delle questioni concernenti l’art. 1 impugnato, poiché esso non è indicato tra le disposizioni di cui il Consiglio dei ministri ha autorizzato l’impugnativa.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>L’eccezione è fondata, perché questa Corte ha costantemente affermato che la questione proposta in via principale, rispetto alla quale difetti la necessaria piena corrispondenza tra il ricorso e la delibera del Consiglio dei ministri che l’ha autorizzato, è inammissibile (ex plurimis, sentenze n. 199 del 2020, n. 83 del 2018, n. 152 del 2017, n. 265 e n. 239 del 2016).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>3.– La resistente ha anche eccepito l’inammissibilità delle questioni (artt. 1 e 2) basata sulla violazione dell’art. 136 Cost., perché neppure tale parametro sarebbe stato indicato nella delibera del Consiglio dei ministri.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>L’eccezione è infondata.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La delibera di autorizzazione alla proposizione del ricorso rinvia, infatti, alla relazione del Ministro per gli affari regionali, ove si osserva che «[l]a disposizione regionale in esame, surrettiziamente, ripropone dunque il medesimo divieto generalizzato già censurato» con la sentenza n. 142 del 2019.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Benché l’art. 136 Cost. non sia espressamente menzionato, è evidente la volontà dell’organo politico, titolare del potere di impugnativa, di porre a questa Corte, a mezzo della intermediazione tecnica dell’Avvocatura generale, la questione di costituzionalità concernente la violazione del giudicato costituzionale.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>In presenza di tale volontà, questa Corte ha già affermato che «spetta alla parte ricorrente “la più puntuale indicazione dei parametri del giudizio”, giacché la discrezionalità della difesa tecnica ben può integrare una solo parziale individuazione dei motivi di censura […]» (sentenza n. 128 del 2018).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>4.– Nel merito, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 impugnato, in riferimento all’art. 136 Cost., non è fondata.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La violazione del giudicato costituzionale si ha ogni qual volta una disposizione di legge intende mantenere in vita o ripristinare, sia pure indirettamente, gli effetti della struttura normativa che aveva formato oggetto della pronuncia di illegittimità costituzionale (da ultimo, sentenza n. 256 del 2020).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Con la sentenza n. 142 del 2019 è stata dichiarata costituzionalmente illegittima la scelta del legislatore marchigiano di impedire sull’intero territorio regionale qualsiasi forma di combustione del combustibile solido secondario, dei rifiuti o dei materiali e sostanze derivanti dal trattamento dei rifiuti medesimi.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La disposizione oggi impugnata, viceversa, prescrive criteri di localizzazione degli impianti di trattamento, sul presupposto che sia venuto meno il divieto assoluto colpito dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Essa, pertanto, non lede il giudicato costituzionale.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>5.– La questione di costituzionalità dell’art. 2 impugnato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., è fondata.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il ricorrente ha anzitutto sostenuto che, nell’ambito di una materia assegnata alla competenza legislativa esclusiva statale, la Regione non avrebbe potuto fissare nella forma della legge regionale i criteri di individuazione delle aree non idonee all’installazione degli impianti, perché, invece, sarebbe stato necessario pronunciarsi all’esito di un procedimento amministrativo.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Questa Corte ha recentemente affermato che il procedimento amministrativo costituisce il luogo elettivo di composizione degli interessi, in quanto «“[è] nella sede procedimentale […] che può e deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l’interesse del soggetto privato operatore economico, sia ancora (e non da ultimo) con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunità, e che trovano nei princìpi costituzionali la loro previsione e tutela. La struttura del procedimento amministrativo, infatti, rende possibili l’emersione di tali interessi, la loro adeguata prospettazione, nonché la pubblicità e la trasparenza della loro valutazione, in attuazione dei princìpi di cui all’art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241[…]: efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza. Viene in tal modo garantita, in primo luogo, l’imparzialità della scelta, alla stregua dell’art. 97 Cost., ma poi anche il perseguimento, nel modo più adeguato ed efficace, dell’interesse primario, in attuazione del principio del buon andamento dell’amministrazione, di cui allo stesso art. 97 Cost. (sentenza n. 69 del 2018)”» (sentenza n. 116 del 2020).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Si è aggiunto che «se la materia, per la stessa conformazione che il legislatore le ha dato, si presenta con caratteristiche tali da enfatizzare il rispetto di regole che trovano la loro naturale applicazione nel procedimento amministrativo, ciò deve essere tenuto in conto nel vagliare sotto il profilo della ragionevolezza la successiva scelta legislativa, pur tipicamente discrezionale, di un intervento normativo diretto» (sentenza n. 116 del 2020).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Tali asserzioni di carattere generale trovano una speculare corrispondenza nella prerogativa, propria del legislatore statale nelle materie affidate alla sua competenza legislativa esclusiva, di vincolare la Regione ad esercitare in forma procedimentale l’attività amministrativa che la normativa statale abbia allocato a livello regionale, precludendo il ricorso alla funzione legislativa (ex plurimis, sentenze n. 28 del 2019, n. 66 del 2018 e n. 20 del 2012).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>6.– Con riferimento al procedimento di localizzazione degli impianti di trattamento dei rifiuti tale principio ha già trovato reiterate conferme nella giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 142, n. 129 e n. 28 del 2019).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>L’art. 199, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 (d’ora in avanti cod. ambiente) disciplina i piani regionali di gestione dei rifiuti, attribuendo loro un contenuto in parte eventuale, in parte necessario.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Entro quest’ultimo si colloca proprio la specificazione dei «criteri per l’individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti, nonché per l’individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti» (art. 199, comma 3, lettera l, del cod. ambiente).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>È perciò il suddetto piano la sede che il legislatore competente ha scelto, al fine di ponderare i complessi interessi coinvolti dalla decisione, all’esito di un procedimento amministrativo aperto alla partecipazione del pubblico, e nel quale sono sentiti gli enti locali e le Autorità d’ambito.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Sul punto, l’art. 199, comma 1, del cod. ambiente è infatti esplicito nel prevedere che «[l]’approvazione dei piani regionali avviene tramite atto amministrativo».</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>7.– Va aggiunto che un simile indirizzo legislativo rappresenta un coerente sviluppo delle premesse formulate con l’individuazione degli obiettivi che il piano si prefigge, e con l’ulteriore contenuto che esso assume.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>L’attività di pianificazione è per propria natura devoluta a realizzare una trama unitaria nell’assetto del territorio, ove confluiscono i più vari, e talvolta divergenti, interessi che la legge persegue. Sempre più presente nell’ordinamento, e tipica dell’attività amministrativa, è perciò l’esigenza di raggiungere un punto di sintesi, adottando scelte non frazionate, ma sensibili al contesto di pianificazione al quale vengono a sovrapporsi.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>L’art. 199, comma 5, del cod. ambiente, stabilendo che «il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente» persegue proprio tale scopo. Ad esso la disposizione regionale impugnata viceversa si sottrae, ricorrendo ad un divieto di localizzazione insensibile alla concomitante pianificazione regionale, oltre che frutto di una scelta lontana da ogni concreto apprezzamento in ordine alla conformazione del territorio marchigiano.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>È invece necessario che il citato piano adatti i criteri di esclusione di certe porzioni di territorio alla effettiva conformazione dello stesso, fuggendo divieti astratti che, anche in quanto formulati senza una visione sinottica della pianificazione, rischiano di tradursi in un forte ostacolo alla (se non persino nella impossibilità di), realizzazione degli impianti, con conseguente illegittimità costituzionale (sentenze n. 154 del 2016 e n. 285 del 2013).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Tali profili sono già di per sé sufficienti per concludere nel senso della fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge reg. Marche n. 29 del 2019 in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Non vi è perciò la necessità di soffermarsi sulle ulteriori ragioni di illegittimità denunciate dal ricorrente, con riguardo al medesimo parametro costituzionale.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>8.– A seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’impugnato art. 2, l’intero testo della legge reg. Marche n. 29 del 2019, esclusivamente riferita al divieto di localizzazione ora dichiarato incostituzionale, è divenuto privo di ogni significato giuridico.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) va perciò dichiarata l’illegittimità costituzionale in via consequenziale degli artt. 1, 3, 4 e 5 della legge reg. Marche n. 29 del 2019.</em></p> <strong><em>Emilio Barile La Raia </em></strong> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p>