<p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>Scongiurare una lite presente o futura tra le parti può avere effetti benefici non solo in ottica processuale (deflazione del contenzioso) ma già – e prima ancora – in ottica sostanziale, massime in termini di potenziale recupero della fiducia reciproca tra le parti, le quali possono - nei casi a più lieto esito - financo novare il proprio precedente rapporto, ponendolo nel nulla e sostituendolo integralmente con uno nuovo; il tutto con effetti costitutivi che non si limitano ad accertare, ma si spingono a “</em>disporre<em>” tra le parti medesime giusta reciproche concessioni le cui ricadute possono divenire assai complesse laddove molteplici siano gli attori della vicenda sulla quale la transazione impinge, come nella tipica ipotesi dell’obbligazione solidale.</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Crono-articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Diritto romano (vedi articolo dedicato in Cittadinanza consapevole)</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1865</strong></p> <p style="text-align: justify;">Nella <strong>codificazione liberale</strong> la <strong>transazione</strong> trova posto agli <strong>articoli 1764 e seguenti</strong>; in particolare, <strong>l’art.1764</strong> la definisce come <strong>contratto</strong> con cui le parti, <strong>dando, promettendo o ritenendo</strong> ciascuna <strong>qualche cosa</strong>, pongono <strong>fine ad una lite già cominciata</strong> o <strong>prevengono una lite che può sorgere</strong>. Importante anche l’<strong>art.1772</strong> alla cui stregua le transazioni hanno tra le parti <strong>l’autorità di una sentenza irrevocabile</strong>, con conseguente <strong>collocazione</strong> della transazione <strong>a cavallo tra la sostanza ed il processo</strong>: essendo assimilata alla sentenza irrevocabile, parte della dottrina attribuisce alla transazione natura accertativa (negozio di accertamento), e non già costitutiva. Dal testo dell’<strong>art.1769</strong> ed in particolare dal riferimento a “<strong><em>ciò che è stato espresso</em></strong>” si evince la necessità della <strong>forma scritta <em>ad substantiam</em></strong> per la validità del contratto.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1942</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il codice civile (21 aprile), disciplina la transazione agli <strong>articoli 1965 e seguenti</strong>. <strong>Non viene riproposta</strong> l’assimilazione tra la <strong>transazione</strong> e la <strong>sentenza irrevocabile</strong>, circostanza che fa propendere la dottrina e la giurisprudenza per la <strong>natura non già di accertamento</strong>, ma <strong>costitutivo-dispositiva</strong> della <strong>transazione</strong>, opzione ermeneutica <strong>confortata dall’art.1976 c.c.</strong>, laddove si prevede <strong>non più la irrevocabilità dell’accertamento transattivo</strong>, quanto piuttosto la possibilità che la transazione <strong>si risolva per inadempimento</strong>. Dal punto di vista dell’<strong>oggetto</strong> della <strong>transazione</strong>, importante <strong>l’art.2113 c.c.</strong> che, in materia di <strong>lavoro subordinato</strong>, prevede l’invalidità delle <strong>rinunce</strong> e delle <strong>transazioni</strong> che hanno ad oggetto <strong>diritti del prestatore di lavoro</strong> derivanti da <strong>disposizioni inderogabili di legge o dei contratti collettivi</strong>. Sul crinale della forma <strong>l’art.1967</strong> precisa che <strong>la forma</strong> è generalmente richiesta <strong>ormai solo <em>ad probationem</em></strong>, e non già <strong>per la validità</strong> del contratto, esclusi i casi in cui siano <strong>coinvolti i diritti di cui all’art.1350 c.c. </strong> Da un punto di vista più generale, secondo il disposto dell’<strong>art.1304</strong> c.c. la <strong><a href="http://www.brocardi.it/dizionario/4212.html">transazione</a></strong> fatta dal <strong><a href="http://www.brocardi.it/dizionario/1530.html">creditore</a></strong> con <strong>uno dei <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/1667.html">debitori in solido</a></strong> <strong>non produce effetto</strong> nei confronti degli <strong>altri</strong>, se questi <strong>non dichiarano di volerne profittare</strong>; l’art.<strong>1199</strong> disciplina poi la <strong>quietanza di pagamento</strong> che il <strong>creditore soddisfatto</strong> rilascia al <strong>debitore adempiente</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1948</strong></p> <p style="text-align: justify;">Viene varata la Costituzione repubblicana secondo la quale, ai sensi <strong>dell’art.41</strong>, <strong>l'<a href="http://www.brocardi.it/dizionario/181.html">iniziativa economica privata</a> è libera</strong>, non potendosi tuttavia svolgere <strong>in contrasto</strong> con l'<strong><a href="http://www.brocardi.it/dizionario/182.html">utilità sociale</a></strong> o in modo da <strong>recare danno</strong> alla <strong>sicurezza</strong>, alla <strong>libertà</strong>, alla <strong>dignità umana</strong>; viene demandato alla <strong>legge</strong> di determinare <strong>i <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/184.html">programmi</a> e i controlli opportuni</strong> perché l'attività economica pubblica <strong>e privata</strong> possa essere <strong>indirizzata e coordinata</strong> a <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/185.html">fini sociali</a>. Si tratta di una norma che <strong>fonda l’autonomia negoziale dei privati</strong> e, ad un tempo, <strong>ne richiama i pertinenti limiti</strong> orientati a tutelare <strong>interessi costituzionalmente rilevanti</strong> sia dal punto di vista <strong>individuale</strong> che <strong>collettivo</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1968</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 novembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.3658, che abbraccia la tesi della <strong>natura costitutivo - dispositiva della transazione</strong> prevista dal codice civile del 1942, piuttosto che <strong>di mero accertamento</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1978</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 maggio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.2251 che distingue la <strong>transazione</strong> dal <strong>negozio di accertamento</strong> facendo perno sulla <strong>diversa causa</strong> che rispettivamente <strong>li connota</strong>: mentre nella <strong>transazione</strong> le parti <strong>perseguono l’interesse a dirimere con effetti <em>ex nunc</em> una lite</strong> presente o futura tra loro, nel <strong>negozio di accertamento</strong> le parti medesime <strong>perseguono l’interesse ad eliminare con effetti <em>ex tunc</em> una situazione di incertezza</strong> che connota un <strong>rapporto tra loro preesistente</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1980</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 26 maggio esce la sentenza della III sezione della Cassazione n. 3443, che si occupa della <strong>transazione novativa</strong> e della <strong>inammissibilità dell’azione di risoluzione per inadempimento</strong> di tale accordo transattivo ex <strong>art.1976</strong> c.c. laddove il <strong>rapporto preesistente</strong> sia stato <strong>estinto per novazione</strong> (salvo che il diritto alla risoluzione sia stato <strong>espressamente stipulato</strong> tra le parti <strong>in via derogatoria</strong>): laddove una parte <strong>agisca per la risoluzione</strong> della <strong>transazione novativa</strong>, <strong>non occorre</strong> per la Corte una <strong>apposita eccezione della controparte</strong>, vertendosi in tema di <strong>condizioni dell’azione</strong> e di conseguente <strong>possibilità per il giudice di rilevare d’ufficio</strong> tale inammissibilità.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1983</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 10 gennaio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.161 che distingue la <strong>transazione</strong> dal <strong>negozio di accertamento</strong> appuntandosi fondamentalmente sulla presenza di <strong>reciproche concessioni</strong> (<strong>costitutive</strong> e <strong>dispositive</strong>) nella <strong>transazione</strong>; tali reciproche concessioni <strong>non si rinvengono invece</strong> nel <strong>negozio di accertamento</strong> giusta il quale le parti mirano solo a <strong>conferire certezza</strong> ad un <strong>rapporto giuridico preesistente</strong> tra loro, con valore <strong>dichiarativo e ricognitivo</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1984</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 novembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n. 5659 che si occupa della <strong>transazione non avente carattere novativo</strong>, predicandone la relativa <strong>risolubilità per inadempimento</strong>, riferendosi l’<strong>art.1976</strong> c.c. (e la <strong>non risolubilità</strong> ivi prevista) alla <strong>sola transazione novativa</strong>, che <strong>estingue l’originario rapporto sostituendosi</strong> al medesimo.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1987</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 luglio esce la sentenza della sezione Lavoro della Cassazione n.5999 che si occupa della <strong>differenza</strong> tra la <strong>transazione</strong> ed il <strong>negozio di accertamento</strong>; più in specie, nella <strong>transazione</strong> le parti <strong>modificano</strong> (con <strong>effetti costitutivi e dispositivi</strong>) la disciplina di un <strong>rapporto preesistente</strong> mediante <strong>reciproche concessioni</strong>, mentre con il <strong>negozio di accertamento</strong> le parti <strong>rimuovono dubbi ed incertezze</strong> relativi ad un <strong>determinato rapporto giuridico</strong> con una <strong>regolamentazione nuova</strong> (solo perché così interpretata a partire da quel momento), ma in realtà <strong>corrispondente</strong> ad una <strong>situazione preesistente</strong>, e dunque con <strong>effetti retroattivi</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 5 agosto esce esce la sentenza della II Sezione della Cassazione n. 6727 alla cui stregua il legato di alimenti ex art.660 c.c., giusta esplicito richiamo del codice alle prestazioni di cui all’art.438 c.c., ha efficacia da intendersi subordinata alla sussistenza dello stato di bisogno dell’onorato legatario. Si tratta di un legato non cedibile, non compensabile e non rinunciabile né transigibile, a differenza per la Corte di legato di mantenimento che è invece soggetto a transazione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1988</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 15 febbraio esce la sentenza della sezione <strong>Lavoro</strong> della Cassazione n.1617 che dichiara <strong>risolubile per impossibilità sopravvenuta</strong> sia la <strong>transazione semplice</strong>, sia la <strong>transazione novativa</strong> (quest’ultima <strong>non risolubile solo per inadempimento</strong> della parte, ex <strong>art.1976</strong> c.c.).</p> <p style="text-align: justify;">Il 12 novembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.6138 che si occupa della <strong>rescissione per lesione</strong> nella <strong>transazione</strong>, esclusa dall’art.1970 c.c. Per la Corte nella transazione in cui <strong>due parti contrapposte</strong> in virtù di <strong>pretese tra loro incrociate</strong> decidono entrambe di <strong>rinunciare alle proprie rivendicazioni</strong> giusta <strong>accordo transattivo</strong>, dal <strong>consenso</strong> che le parti si scambiano concludendo la transazione è difficile scorgere delle <strong>prestazioni</strong> ad esso <strong>eziologicamente riconducibili</strong> e, men che meno, una “<strong><em>sproporzione </em>ultra dimidium</strong>” tra le ridette prestazioni.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1993</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 luglio esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.7319 alla cui stregua la <strong>capacità di disporre dei diritti</strong> richiesta in capo alle parti <strong>dall’art.1966, comma 1, c.c.</strong> è <strong>un aspetto</strong> della <strong>più generale capacità di agire</strong> (art.<strong>2</strong> c.c.).</p> <p style="text-align: justify;">*Il 28 agosto esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.9125 che dichiara <strong>risolubile per eccessiva onerosità sopravvenuta</strong> sia la <strong>transazione semplice</strong>, sia la <strong>transazione novativa</strong> (quest’ultima <strong>non risolubile solo per inadempimento</strong> della parte, ex <strong>art.1976</strong> c.c.).</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1994</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 18 novembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.9762 che si occupa della <strong>forma della transazione</strong> nell’ipotesi in cui <strong>una delle parti contrattuali</strong> sia <strong>la Pubblica Amministrazione</strong>. Per la Corte la <strong>volontà di obbligarsi</strong> della PA <strong>non può desumersi per implicito</strong> da atti o fatti più o meno indicativi di una aspirazione o inclinazione intenzionale, ma <strong>deve essere manifestata nelle forme richieste dalla legge</strong>, tra le quali <strong>l’atto scritto <em>ad substantiam</em></strong>; né la suindicata <strong>necessità</strong> può ritenersi <strong>attenuata o derogata</strong> nell’ipotesi in cui <strong>il negozio</strong> che la PA intende concludere con un altro soggetto abbia per oggetto <strong>l’estinzione transattiva</strong> di un <strong>debito per risarcimento danni</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1997</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 22 maggio esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.4562 alla cui stregua la transazione può costituire un <strong>atto di straordinaria amministrazione</strong> quando abbia ad oggetto <strong>un danno</strong> che, per la relativa <strong>natura ed entità</strong>, possa <strong>incidere profondamente sulla vita presente e futura</strong> del danneggiato, ovvero nel caso di specie di <strong>un minore</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1998</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 novembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione 11451 che si occupa della possibilità che <strong>la quietanza di pagamento</strong> rilasciata dal creditore al debitore <strong>ai sensi dell’art.1199 c.c.</strong> possa costituire <strong>prova scritta di una transazione</strong> e, in particolare, di un <strong>accordo transattivo complessivamente considerato</strong>. Per la Corte, la quietanza ha valore probatorio <strong>di regola limitatamente alla somma</strong> della quale <strong>attesta la ricezione</strong> da parte del creditore, tranne che in base a <strong>particolari elementi di fatto</strong> che devono essere <strong>specificamente individuati</strong> affiori la <strong>volontà abdicatoria</strong> in relazione ad <strong>altri importi dovuti per il medesimo titolo</strong> – oltre a quelli indicati <strong>come percepiti</strong> – o la <strong>volontà comune</strong> delle parti - in relazione ad un <strong>dissenso</strong>, sia pure <strong>potenziale</strong>, su un <strong>determinato rapporto giuridico</strong> – di <strong>evitare ogni contesa</strong> giusta <strong>reciproche concessioni</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1999</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 3 marzo esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.1787 che <strong>esclude</strong> la possibilità per la transazione di <strong>essere provata per presunzioni</strong>, stante la <strong>necessità della forma scritta <em>ad probationem</em></strong> di cui all’<strong>art.1967</strong> c.c.</p> <p style="text-align: justify;">Il 22 aprile esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.3984 che inserendosi in un <strong>consolidato solco pretorio</strong> dichiara – ai sensi dell’<strong>art.1970</strong> c.c. – la transazione <strong>non impugnabile per causa di lesione</strong> (e dunque <strong>non rescindibile</strong>) stante come la <strong>considerazione dei reciproci sacrifici e vantaggi</strong> siccome <strong>derivanti</strong> dal <strong>contratto transattivo</strong> (che dunque ha natura <strong>costitutiva</strong>, e <strong>non dichiarativa</strong>) deve ritenersi assumere <strong>carattere soggettivo</strong>, essendo <strong>rimessa all’autonomia negoziale</strong> delle parti.</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 ottobre esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.11117, che si occupa dell’<strong>oggetto della transazione</strong> assumendo tale <strong>non il rapporto</strong> o <strong>la situazione giuridica</strong> (<strong>diritto</strong>) cui si riferisce la <strong>discorde valutazione</strong> delle parti, ma <strong>la lite cui tale valutazione discorde ha dato luogo</strong> o <strong>può dar luogo</strong>, e che le parti stesse <strong>vogliono eliminare</strong> giusta <strong>reciproche concessioni</strong>. Secondo la Corte affinché una transazione sia <strong>validamente conclusa</strong> è <strong>necessario</strong> da un lato che essa <strong>abbia ad oggetto una “<em>res dubia</em>”</strong> – e dunque che cada su un <strong>rapporto giuridico</strong> avente, almeno <strong>nell’opinione delle parti</strong>, carattere di <strong>incertezza</strong> – e dall’altro che, nell’intento di <strong>far cessare la situazione di dubbio</strong> venutasi a creare tra loro, i contraenti <strong>si facciano delle reciproche concessioni</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2000</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 14 febbraio esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.1642 che <strong>esclude</strong> la possibilità per la transazione di <strong>essere provata per testimoni</strong>, stante la <strong>necessità della forma scritta <em>ad probationem</em></strong> di cui all’<strong>art.1967</strong> c.c. La Corte tuttavia <strong>precisa</strong> che la prova per testimoni <strong>può essere ammessa</strong> per provare <strong>non già il contenuto della transazione</strong>, ma il fatto che essa <strong>abbia avuto luogo</strong>, onde è ammissibile la <strong>prova testimoniale</strong> del contratto di transazione quando lo stesso <strong>non sia invocato</strong> tra le parti quale <strong>fonte di reciproci diritti ed obblighi</strong>, ma quale <strong>atto in senso stretto</strong> consistente nel <strong>riconoscimento dell’altrui diritto</strong> e produttivo degli <strong>effetti interruttivi della prescrizione ex art.2944 c.c.</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 26 aprile esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.5344 che <strong>esclude</strong> la possibilità per la transazione di <strong>essere provata per presunzioni</strong>, stante la <strong>necessità della forma scritta <em>ad probationem</em></strong> di cui all’<strong>art.1967</strong> c.c.</p> <p style="text-align: justify;">Il 4 settembre esce la sentenza del <strong>Tribunale civile di Catania</strong> alla cui stregua laddove <strong>manchi</strong> la <strong>reciprocità delle concessioni</strong> si configura un <strong>negozio diverso dalla transazione</strong>: in sostanza, le reciproche concessioni <strong>non possono essere l’oggetto</strong> della transazione, contribuendo piuttosto a <strong>definirne la causa</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2001</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 21 febbraio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.2490, che distingue dalla <strong>transazione</strong> il <strong>compromesso in arbitri</strong>: quest’ultimo è un <strong>contratto</strong> con il quale le parti, <strong>piuttosto che prevenire una lite o porvi fine</strong> giusta <strong>reciproche concessioni</strong>, <strong>devolvono</strong> la <strong>controversia</strong> tra loro insorta ad <strong>uno o più arbitri</strong> <strong>in luogo del giudice ordinario</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2003</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 3 aprile esce la sentenza della III sezione della Cassazoine n.5139 che <strong>rivede</strong> la propria posizione sull’<strong>oggetto della transazione</strong>: non si tratta, per la Corte, della <strong>lite in atto o che può sorgere</strong> tra le parti, e ciò sia perché detta lite <strong>è solo il presupposto</strong> della transazione, e sia anche perché ad essa <strong>non possono riferirsi i requisiti di cui all’art.1346 c.c.</strong> (oggetto possibile, lecito, determinato o determinabile); oggetto della transazione è dunque la <strong>situazione giuridica controversa</strong>, vale a dire <strong>la cosa</strong> o <strong>il comportamento</strong> su cui vertono la <strong>pretesa</strong> e la <strong>contestazione</strong> delle parti. La Corte precisa nondimeno che, poiché la transazione <strong>non importa una volizione retrospettiva</strong> (<strong><em>ex tunc</em></strong>), come invece avviene nel <strong>contratto di accertamento</strong>, tale oggetto va considerato essenzialmente <strong>sul piano della situazione che dalla transazione medesima consegue</strong>. La Corte rappresenta, sotto altro profilo, come la transazione <strong>non possa essere annullata per errore di fatto</strong> o <strong>di diritto</strong> relativo alle <strong>questioni</strong> che sono state <strong>oggetto della controversia</strong>: essa dunque <strong>estende anche all’errore di fatto</strong> il regime della <strong>non annullabilità</strong> che l’art.1969 c.c. prevede <strong>testualmente</strong> per il <strong>solo errore di diritto</strong>; l’<strong>unico caso</strong> in cui l’errore può per la Corte <strong>divenire rilevante</strong> ai fini dell’<strong>annullabilità della transazione</strong> è quello in cui esso <strong>non cada direttamente sulle questioni</strong> che sono state <strong>oggetto di controversia tra le parti</strong> (<strong><em>caput controversum</em></strong>), ma sui <strong>relativi presupposti o antecedenti logici</strong> (sempre che si tratti di <strong>errore essenziale e riconoscibile</strong>).</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 maggio esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.6861 onde, affinché un <strong>negozio</strong> possa essere considerato <strong>transattivo</strong>, è necessario da un lato che esso <strong>abbia ad oggetto una <em>res dubia</em></strong>, e dunque <strong>cada</strong> su un <strong>rapporto giuridico</strong> avente, almeno <strong>nell’opinione delle parti</strong>, carattere di <strong>incertezza</strong>; e dall’altro lato che, nell’intento di <strong>far cessare la situazione di dubbio</strong> venutasi a creare tra loro, i contranti <strong>si facciano delle concessioni reciproche</strong>, il cui <strong>contenuto</strong> può peraltro per la Corte atteggiarsi <strong>nel modo più vario</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 luglio esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.11142 che – ai fini della <strong>validità</strong> della transazione – assume necessaria la sussistenza di una <strong><em>res litigiosa</em></strong>, chiarendo tuttavia come a tale fine <strong>non occorra</strong> che le <strong>rispettive tesi</strong> delle parti abbiano assunto <strong>la determinatezza propria della pretesa</strong>, essendo sufficiente anche l’esistenza di un <strong>dissenso potenziale</strong> anche se <strong>ancora da definire</strong> nei <strong>più precisi termini di una</strong> <strong>lite</strong> e <strong>non esteriorizzato</strong> in una <strong>rigorosa formulazione</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 27 ottobre esce la sentenza della IV sezione del <strong>Consiglio di Stato</strong> n. 6666 che assume la <strong>capacità di disporre dei diritti</strong> di cui all’art.<strong>1966, comma 1,</strong> c.c. quale <strong>difetto di legittimazione delle parti</strong> (e non già di <strong>capacità di agire</strong>), con conseguente <strong>inefficacia</strong> (e <strong>non</strong> <strong>annullabilità</strong>) della <strong>transazione</strong> stipulata in relativo difetto.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2004</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 15 luglio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.13114 che individua nell’<strong>arbitro irrituale</strong> sostanzialmente <strong>un mandatario a transigere</strong>, la cui <strong>decisione</strong> può valere <strong>come accertamento</strong>, ovvero come <strong>transazione impugnabile</strong> con riguardo ai <strong>limiti del mandato</strong> ad esso conferito dalle parti.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2005</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 23 marzo esce la sentenza del <strong>Tribunale civile di Roma</strong> secondo la quale – in <strong>difetto</strong> di <strong>reciproche concessioni</strong> – la transazione <strong>va assunta nulla per difetto di causa</strong>: tali reciproche concessioni <strong>non costituiscono dunque l’oggetto</strong> della transazione, ma contribuiscono ad <strong>identificarne la causa contrattuale</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2006</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 28 febbraio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.4455 che, in tema di <strong>transazione novativa</strong> ex art.<strong>1976</strong> c.c., ne riconosce l’esistenza quando si accerti la <strong>contestuale convergenza</strong> di <strong>due elementi</strong>, l’uno di natura <strong>oggettiva</strong> e l’altro di natura <strong>soggettiva</strong>: sul piano <strong>oggettivo</strong> è necessario per la Corte che le parti, al fine di <strong>risolvere o prevenire una lite</strong>, siano addivenute ad una <strong>rinunzia reciproca</strong>, anche <strong>parziale</strong>, alle <strong>proprie pretese</strong>, volta a <strong>modificare</strong>, <strong>estinguendola</strong>, la <strong>situazione negoziale precedente</strong> e ad <strong>instaurarne una nuova</strong> in quanto <strong>tra i due rapporti</strong>, il vecchio e il nuovo, vi sia una situazione di <strong>obiettiva incompatibilità</strong>, onde è proprio tale <strong>obiettiva incompatibilità</strong> a compendiare il requisito oggettivo dell’<strong><em>aliquid novi</em></strong>; sul piano <strong>soggettivo</strong> è poi necessario per la Corte che sussista una <strong>inequivoca manifestazione di volontà</strong> delle parti in tal senso, ovvero che esse abbiano <strong>palesato il loro intento</strong> di instaurare tra loro un <strong>nuovo rapporto</strong> e di <strong>estinguere quello originario</strong>, dando a tale volontà <strong>forma e contenuto adeguati</strong>, sicché il requisito soggettivo (<strong><em>animus novandi</em></strong>) non può <strong>mai assumersi implicito</strong>, dovendo piuttosto essere <strong>espresso ed esplicito</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 12 aprile viene varato il decreto legislativo n.163, codice dei contratti pubblici, il cui <strong>art. 240 comma 18</strong> prevede – in tema di <strong>appalti pubblici</strong> - <strong>accordi bonari</strong> con natura <strong>transattiva</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 ottobre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.22395 alla cui stregua – in punto di <strong>determinatezza o determinabilità dell’oggetto</strong> della transazione ex art.1346 c.c. – <strong>non è necessaria</strong> una <strong>indicazione specifica</strong> ad opera delle parti, dal momento che la <strong>specificità dei termini</strong> di un accordo transattivo <strong>non costituisce requisito essenziale</strong> per la <strong>validità</strong> della transazione se <strong>dal contesto</strong> della convenzione transattiva <strong>si possa desumere</strong> la sussistenza di <strong>dazioni e concessioni</strong> che le parti <strong>si siano reciprocamente fatte</strong> allo scopo di <strong>porre fine ad una lite già cominciata</strong> o di <strong>prevenire una lite che può sorgere</strong> tra loro.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 novembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.24377 che si occupa della <strong>transazione non novativa</strong>, e della conseguente <strong>possibilità di ottenerne la risoluzione per inadempimento</strong>: quando la transazione <strong>non ha carattere novativo</strong>, la <strong>mancata estinzione del rapporto originario</strong> (che discenderebbe invece da tale <strong>carattere novativo</strong>) significa non già e non tanto che la <strong>posizione delle parti</strong> ed il <strong>rapporto che le avvince</strong> siano <strong>regolati contemporaneamente dall’accordo originario e da quello transattivo</strong> (non novativo), quanto piuttosto che <strong>l’eventuale venir meno dell’accordo transattivo</strong> fa <strong>rivivere</strong> l’accordo <strong>originario</strong>; ciò <strong>a differenza</strong> appunto della fattispecie in cui le parti abbiano <strong>espressamente od oggettivamente</strong> stipulato un <strong>accordo transattivo a carattere novativo</strong>, laddove l’art.<strong>1976</strong> c.c. sancisce la <strong>non risolubilità</strong> di tale <strong>tipo transattivo</strong> (novativo).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2007</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 26 gennaio esce la sentenza della Corte d’Appello di Torino che si occupa della <strong>nullità della transazione</strong> ai sensi dell’<strong>art.1972</strong> c.c., quando essa è relativa ad un <strong>contratto illecito</strong>, e dunque ha ad oggetto un contratto <strong>a propria volta nullo</strong> per <strong>causa illecita</strong> (art.1343 c.c.) o per <strong>motivo illecito</strong> (art.1345 c.c.). Per la Corte l’art.1972 c.c. si riferisce ad una <strong>transazione novativa</strong>, che <strong>elide</strong> il rapporto sottostante <strong>novandolo</strong> con un <strong>nuovo rapporto</strong>. Ove così non fosse, per la Corte la nullità <strong>deriverebbe dal rapporto di collegamento</strong> tra di <strong>due titoli</strong>, poiché in caso di <strong>accordo transattivo conservativo</strong>, come tale <strong>idoneo a lasciare in vita</strong> il <strong>rapporto sottostante nullo</strong>, la nullità di quest’ultimo <strong>produce nullità derivata</strong> della <strong>transazione</strong> che su di esso incide.</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 agosto esce la sentenza della sezione Lavoro della Cassazione n.17015 che si occupa dell’<strong>errore di diritto normalmente irrilevante</strong> nella transazione ex <strong>art.1969</strong> c.c., in quanto investente una <strong>questione oggetto di controversia</strong> tra le parti. Per la Corte, in tema di <strong>annullamento della transazione</strong> ai sensi dell’art.1969 c.c., è <strong>rilevante</strong> (e rende dunque <strong>annullabile la transazione</strong>) il <strong>solo errore di diritto</strong> che – <strong>non investendo direttamente la <em>res controversa</em></strong> – cada su un <strong>presupposto</strong> della stessa e dunque su un <strong>antecedente logico</strong> della transazione, mentre <strong>è irrilevante</strong> l’errore di diritto che cada appunto <strong>su una questione</strong> che sia stata <strong>oggetto di controversia tra le parti</strong> (il c.d. “<strong><em>caput controversum</em></strong>”); per la Corte <strong>non è quindi annullabile</strong> – nel caso di specie – la transazione con la quale le parti abbiano <strong>convenuto</strong> un <strong>determinato corrispettivo</strong> come <strong>incentivo all’esodo</strong> e a tacitazione di tutti i diritti del lavoratore in relazione alla <strong>cessazione del pertinente rapporto di lavoro</strong>, in quanto in tale caso l’errore, incidendo sulle <strong>reciproche concessioni</strong>, attiene <strong>direttamente all’oggetto della transazione</strong>, e non già ad <strong>un relativo presupposto</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2008</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 15 settembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.23674 che si occupa della <strong>transazione novativa</strong> ex art.<strong>1976</strong> c.c., rappresentando come la transazione assuma per l’appunto <strong>carattere novativo</strong> quando le parti, in sede di <strong>accordo transattivo</strong>, <strong>non si limitano a reciproche concessioni</strong>, ma <strong>danno vita</strong> ad <strong>autonomi quanto nuovi rapporti giuridici incompatibili</strong> con la <strong>situazione preesistente</strong> onde la transazione produce l’effetto di <strong>eliminare in radice il conflitto</strong> <strong>solo</strong> a seguito della relativa, <strong>compiuta esecuzione</strong>. La pronuncia sembra valorizzare l’accertamento di un <strong><em>aliquid novi</em> globalmente inteso</strong> al fine di predicare la presenza di una transazione novativa.</p> <p style="text-align: justify;">Il 31 ottobre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n. 26325 che, occupandosi della <strong>quietanza di pagamento</strong> rilasciata dal creditore al debitore <strong>ex art.1199 c.c.</strong>, rappresenta costituire una <strong>confessione stragiudiziale</strong> dell’avvenuto pagamento dell’obbligazione, come tale <strong>revocabile solo per errore o violenza</strong>, ai sensi dell’art.2732 c.c. La quietanza si conferma dunque uno <strong>strumento utile</strong> ad operare <strong>una delle reciproche “<em>concessioni</em>”</strong> che compendiano la transazione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2011</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 30 dicembre esce l’importante sentenza delle <strong>SSUU</strong> n.30174, che si occupa del complesso regime della <strong>transazione</strong> con riguardo alle <strong>obbligazioni solidali</strong>, nel caso in cui sia intervenuto <strong>accordo transattivo</strong> tra il <strong>creditore</strong> e <strong>uno dei condebitori in solido</strong>. In primo luogo le SSUU distinguono <strong>l’ipotesi della transazione parziaria</strong>, che investe dunque <strong>non l’intero credito solidale</strong>, ma <strong>solo una quota ideale del debito</strong> gravante in capo <strong>ad uno dei condebitori solidali</strong>, dalla transazione che investe <strong>l’intera obbligazione solidale</strong>: soltanto <strong>in quest’ultimo caso</strong> (transazione che investe <strong>l’intera obbligazione solidale</strong>, e <strong>non già la quota ideale di condebito solidale</strong> gravante <strong>su uno</strong> dei debitori in solito), <strong>si applica l’art.1304 c.c.,</strong> con conseguente <strong>diritto</strong> dei <strong>condebitori non transigenti</strong> di <strong>profittare</strong> della transazione stipulata da uno di loro con il creditore, <strong>senza che</strong> eventuali <strong>clausole</strong> inserite nella transazione <strong>possano impedirlo; </strong>si tratta di un <strong>diritto potestativo</strong>, riconducibile ad un <strong>caso eccezionale</strong> in cui, ai sensi dell’<strong>art.1372, comma 2, c.c</strong>., il <strong>contratto (di transazione)</strong> produce <strong>per legge</strong> <strong>effetti nei confronti di terzi</strong> (i condebitori solidali non transigenti). Nel diverso caso di <strong>transazione parziaria</strong>, che investe dunque <strong>non l’intera obbligazione solidale</strong>, ma <strong>soltanto la quota ideale di uno</strong> dei condebitori solidali, l’art.1304 c.c. <strong>non si applica</strong>, essendosi al cospetto di una <strong>obbligazione divisibile</strong> in cui <strong>la solidarietà è stata prevista nel solo interesse del creditore</strong> (al fine di <strong>meglio garantirne la soddisfazione</strong> del pertinente credito); è il <strong>giudice del merito</strong> a dover di volta in volta <strong>verificare</strong>, applicando i <strong>canoni di ermeneutica contrattuale</strong> di cui agli articoli 1362 e seguenti c.c., se ci si trovi dinanzi ad una <strong>transazione parziaria</strong> (con conseguente <strong>inapplicabilità</strong> dell’art.1304 c.c.) o ad una <strong>transazione sull’intera obbligazione</strong> (con conseguente <strong>piena applicabilità</strong> dell’art.1304 c.c.). Le SSUU si soffermano poi, più in specie, sul caso in cui <strong>la transazione sia parziaria</strong>, al fine di verificare <strong>come si calcola il residuo credito</strong> che il creditore solidale <strong>può esigere dagli altri condebitori solidali</strong> (che <strong>non possono profittare della transazione</strong> del condebitore transigente per la ridetta <strong>inapplicabilità dell’art.1304 c.c.</strong>): la Corte distingue l’ipotesi in cui il condebitore solidale transigente <strong>abbia pagato al creditore una somma pari o superiore</strong> all’importo della relativa <strong>quota ideale di debito</strong>, fattispecie nella quale – anche al fine di <strong>scongiurare la locupletazione del creditore</strong> medesimo – quest’ultimo <strong>potrà pretendere</strong> dagli altri condebitori solidali non transigenti <strong>l’importo globale del credito decurtato di quanto ricevuto</strong> in pagamento dal condebitore solidale transigente; dall’ipotesi in cui il condebitore solidale transigente <strong>abbia pagato al creditore una somma inferiore</strong> all’importo della relativa <strong>quota ideale di debito</strong>, fattispecie nella quale – anche al fine di <strong>scongiurare un vulnus</strong> ai <strong>condebitori solidali</strong> <strong>non transigenti</strong> (i quali <strong>non possono profittare</strong> della transazione, ma <strong>non possono neppure risultarne</strong> alfine <strong>pregiudicati</strong>, circostanza che <strong>si verificherebbe</strong> se fossero costretti <strong>a pagare in più quel tanto in meno</strong> che ha pagato il condebitore solidale transigente <strong>in forza della transazione</strong> con il creditore) – il creditore in parola potrà pretendere dagli altri condebitori solidali non transigenti <strong>l’importo globale del credito decurtato in misura proporzionale</strong> rispetto a <strong>quanto ricevuto in pagamento</strong> dal condebitore solidale transigente.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2013</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 25 ottobre esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.24164 secondo la quale ai fini della <strong>valida conclusione</strong> di un <strong>contratto di transazione</strong> è <strong>necessario</strong>, da un lato che essa <strong>abbia ad oggetto una “<em>res dubia</em>”,</strong> e dunque che cada su <strong>un rapporto giuridico</strong> avente - almeno nella opinione delle parti - carattere di <strong>incertezza</strong>; e dall’altro che, nell’intento di <strong>far cessare la ridetta “<em>res dubia</em>”</strong> insorta fra loro, i contraenti <strong>si facciano delle reciproche concessioni</strong>. L’<strong>oggetto</strong> della transazione, precisa la Corte nel solco di un <strong>consolidato orientamento</strong> sul tema, <strong>non è</strong> peraltro il <strong>rapporto</strong> o la <strong>situazione giuridica</strong> cui si riferisce la <strong>discorde valutazione</strong> delle parti, ma <strong>la lite</strong> cui questa <strong>ha dato luogo o può dar luogo</strong>, e che le parti stesse <strong>intendono eliminare</strong> mediante le <strong>reciproche concessioni</strong> che si fanno, le quali ultime possono consistere <strong>anche in una bilaterale e congrua riduzione</strong> delle <strong>opposte pretese</strong>, in modo da realizzare un <strong>regolamento di interessi</strong> sulla base di un “<strong><em>quid medium</em></strong>” tra le prospettazioni o pretese iniziali.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2015</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 24 febbraio esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.3598 che puntualizza le <strong>differenti conseguenze</strong> che, in ambito <strong>processuale</strong>, possono essere <strong>ricondotte</strong> rispettivamente ad una <strong>transazione</strong> e ad una <strong>cessazione della materia del contendere</strong>, in presenza della prima - <strong>transazione</strong> tra le parti - il giudice emettendo una <strong>pronuncia di merito</strong> con la quale <strong>rigetta la domanda dell’attore</strong>, stante la <strong>valenza preclusiva</strong> dell'atto transattivo; al cospetto della seconda - <strong>cessazione della materia del contendere</strong> - il giudice emettendo invece una <strong>pronuncia di rito</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 30 settembre esce la sentenza della sezione Lavoro della Cassazione n.19458, alla cui stregua, ai fini dell'annullamento di un contratto perché concluso in stato d'incapacità naturale, il gravissimo pregiudizio a carico dell'incapace costituisce elemento indiziario dell'ulteriore requisito della malafede dell'altro contraente, ma, di per sé, non è idoneo a costituirne la prova assoluta. La Corte conferma nel caso di specie la decisione di merito innanzi ad essa impugnata, che ha respinto la domanda di annullamento di un accordo transattivo proprio per non avere il lavoratore assolto all'onere di allegazione e prova circa la sussistenza del requisito della malafede dell'altro contraente.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2016</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 aprile entra in vigore il <strong>decreto legislativo n.50</strong>, c.d. “<strong><em>codice degli appalti</em></strong>” (d.lgs. 50/16), il cui <strong>art. 217, comma 1, lett. e)</strong>, abroga <strong>l’art. 240 comma 18</strong> del previgente codice n.163.06 secondo cui gli <strong>accordi bonari</strong> conclusi ai sensi del <strong>medesimo articolo</strong> hanno natura <strong>transattiva</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 dicembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.26113 onde, in caso di <strong>transazione</strong> stipulata tra il <strong>creditore</strong> ed <strong>uno dei condebitori in solido</strong> ed avente ad oggetto <strong>la sola quota del condebitore</strong> che l’ha stipulata (transazione “<strong><em>parziaria</em></strong>”), il <strong>residuo debito</strong> gravante sugli altri debitori in solido <strong>si riduce in misura corrispondente</strong> all’<strong>importo</strong> <strong>pagato</strong> dal condebitore che ha transatto, ma questo solo se costui ha versato <strong>una somma pari o superiore</strong> alla <strong>relativa quota ideale di debito</strong>; se invece il pagamento è stato <strong>inferiore</strong> alla <strong>ridetta quota <em>ab origine</em></strong> facente idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati va per la Corte <strong>ridotto</strong> in misura <strong>proporzionalmente</strong> <strong>pari alla quota di chi ha transatto</strong>: in questo caso dunque <strong>la misura della riduzione</strong> per gli altri condebitori in solido che <strong>non abbiano partecipato alla transazione</strong> non è data dal “<strong><em>pagato</em></strong>” dal debitore transigente, ma da “<strong><em>quanto avrebbe dovuto pagare in ragione della propria quota</em></strong>” (e rispetto al quale <strong>quanto ha pagato è meno</strong>); in questo modo, i condebitori solidali <strong>beneficiano della transazione</strong> stipulata dal <strong>condebitore che ha transatto</strong>, in quanto il loro debito <strong>si riduce proporzionalmente dell’importo</strong> che quegli <strong>avrebbe dovuto pagare</strong> al creditore anche se <strong>in realtà</strong> la somma che gli ha <strong>concretamente versato</strong> è stata <strong>inferiore</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2017</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 15 novembre esce l’ordinanza della V sezione della Cassazione n. 27054 onde, in caso di <strong>accertamento fiscale</strong> basato sugli <strong>stessi elementi</strong> su cui sia stata <strong>stipulata una transazione tra privato e INPS</strong>, l'affermazione secondo cui il <strong>risultato dell'attività istruttoria</strong> posto a base dell'avviso di accertamento <strong>non può essere sconfessato</strong> dall'<strong>accordo stragiudiziale raggiunto tra le parti</strong> per la <strong>conciliazione della controversia lavoristica</strong> parallelamente sorta (<strong>prevalendo</strong> dunque su tale <strong>transazione</strong>) postula che agli <strong>esiti di quell'attività lecita</strong> i giudici d'appello abbiano riconosciuto <strong>idoneità a sorreggere l'atto impositivo</strong>, che sia <strong>impedita solo da quell'accordo</strong>: quando <strong>non sia possibile riscontrare</strong> ciò, l’accertamento <strong>non potrà superare</strong> le risultanze evincibili dall’<strong>atto transattivo</strong> (che dunque in questi casi deve assumersi <strong>prevalente</strong>).</p> <p style="text-align: justify;">Il 12 settembre esce la sentenza delle <strong>SSUU</strong> n. 21109 che ribadisce la <strong>non divulgabilità</strong> della <strong>corrispondenza intercorsa tra i difensori</strong> e avente ad oggetto la <strong>proposta conciliativa</strong> ex art. 91, comma 1, c.p.c..</p> <p style="text-align: justify;">Il 13 ottobre esce l’ordinanza della III sezione della Cassazione n. 24077 secondo cui la <strong>richiesta di risarcimento del danneggiato</strong> alla <strong>assicurazione del danneggiante</strong>, a mezzo <strong>lettera raccomandata,</strong> quale <strong>condizione di proponibilità</strong> dell’<strong>azione</strong> ai sensi e nei termini di cui all’<strong>art. 22, L. n. 990 del 1969</strong>, integra un <strong>atto giuridico in senso stretto</strong>, e non piuttosto un <strong>atto negoziale</strong>, né una <strong>proposta transattiva</strong>, sicché l’indicata condizione deve ritenersi <strong>soddisfatta anche</strong> quando la richiesta stessa <strong>venga formulata da un legale</strong> in nome e per conto del danneggiato, pure se <strong>privo di procura scritta</strong>, o se lo stesso <strong>sia minorenne</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2018</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 14 febbraio esce la sentenza della V sezione del <strong>Consiglio di Stato</strong> n. 956 che, in materia di <strong>gare</strong>, richiede che il <strong>concorrente</strong>, in sede di <strong>dichiarazione di tutte le vicende pregresse</strong>, concernenti <strong>fatti risolutivi, errori o altre negligenze</strong> comunque rilevanti ai sensi dell’<strong>art. 38, comma 1, lett. f</strong>), del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, occorse in <strong>precedenti rapporti contrattuali</strong> con <strong>PPAA diverse</strong> dalla stazione appaltante, <strong>dichiari anche</strong> gli <strong>inadempimenti</strong> che abbiano dato luogo ad una <strong>conclusione transattiva della vicenda</strong> poiché <strong>rilevanti</strong> al fine di valutare <strong>l’affidabilità professionale dell’appaltatore</strong>. L’inosservanza di tale onere comporta <strong>irrimediabilmente l’esclusione</strong> dalla gara e <strong>non può essere sanato</strong>, mediante ricorso al <strong>soccorso istruttorio</strong>, istituto <strong>non utilizzabile</strong> per sopperire alla <strong>mancanza di dichiarazioni o documenti essenziali</strong> ai fini dell’<strong>ammissione</strong> alla gara.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 marzo esce la sentenza della sezione lavoro della Cassazione n.6598 onde, in tema di <strong>pubblico impiego</strong> e <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=7%3dHcAVL%26J%3d5c%265%3dZ9XJe%26s%3dUHc7YO%26S%3dlNAN_vujx_75_9yWt_ID_vujx_60DU1.8zPmNAMiAzSwNzXm5.zR_vujx_605C1M_9yWt_ID5V_9yWt_IDDdQhDbOb8X_9yWt_IDP5_9GrO5Am5_rJ_pCtCrTz9q95Rs_8zQgC7JmHrPi_C5_9q6zRs_N99rMrRxCCM_rI5_CuOzTeFv_9_p9xGxNzKeLv_Je_76LhIARe_76Lx90ReNr.FxG3_PUwg_ajOAK_wIBPg9_9yWt_JBH9X_LiQ0JiNACv_Lh1T_VMSxG_4ChCBK_vu5r9ejx_78vKeC3_PUwg_Z0OAK_g54NeCxL_vujx_78UCK%268%3d%26zQ%3d7YPe6">in materia di <strong>sospensione cautelare</strong> disposta ai sensi dell’<strong>art. 97 d.P.R. n. 3/1957</strong>, ove il <strong>potere disciplinare</strong> risulti <strong>regolarmente esercitato</strong> e applicata la conseguente <strong>sanzione disciplinare</strong> (nella fattispecie il <strong>licenziamento per giusta causa</strong>), l’eventuale <strong>revoca</strong> del licenziamento, intervenuta a seguito di <strong>accordo transattivo conciliativo</strong>, <strong>non</strong> può essere considerata quale <strong>riconoscimento dell’infondatezza dell’addebito contestato</strong>, conseguendone che <strong>non potrà essere richiesta la differenza</strong> tra <strong>retribuzione</strong> che si <strong>sarebbe percepita</strong> in <strong>assenza della sospensione</strong> e l’<strong>assegno alimentare riconosciuto</strong>, dovendo trovare applicazione il comma 2 del citato art. 97 d.P.R. n. 3/1957.</a> Il Collegio precisa che la circostanza, pur enfatizzata nel caso di specie dalla Corte di merito, che <strong>successivamente alla risoluzione del rapporto di lavoro</strong> <em>inter partes</em>, fosse intervenuto un <strong>accordo transattivo</strong> fra le parti, idoneo di per sé a <strong>porre nel nulla gli effetti</strong> connessi al <strong>tempestivo esercizio della azione disciplinare</strong>, non presenta <strong>valore decisivo</strong> ai fini della soluzione della delibata questione, non emergendo dalla statuizione emessa dai giudici del gravame, <strong>alcun elemento</strong> che sia idoneo a far ritenere che <strong>le parti abbiano inteso</strong>, con il <strong>sopravvenuto accordo</strong>, disciplinare anche i <strong>diritti avanzati dal lavoratore</strong> in relazione al periodo di <strong>sospensione cautelare dal servizio. </strong>Privo di fondamento – prosegue la Corte - è l'assunto della Corte distrettuale secondo cui le parti <strong>avrebbero stipulato</strong> una <strong>transazione conservativa</strong>, con <strong>ricostituzione del rapporto</strong> ed <strong>eliminazione delle conseguenze sfavorevoli</strong> connesse con il licenziamento, così come non appare condivisibile l'ulteriore argomentazione onde la sanzione sarebbe stata <strong>posta nel nulla</strong> per <strong>scelta del datore di lavoro</strong> che ha <strong>rinunciato</strong> ad esercitare il proprio <strong>potere disciplinare</strong>, revocando la sanzione. Il <strong>potere disciplinare</strong> risulta infatti per la Corte <strong>esercitato pienamente</strong> da parte datoriale, e <strong>non è emerso sia stato inficiato</strong> dai <strong>fatti sopravvenuti</strong> enunciati dalla Corte di merito, inidonei, dunque, ad impingere in alcun modo nella <strong>vicenda scrutinata</strong>. Il <strong>carattere meramente transattivo</strong> della <strong>revoca del licenziamento disciplinare</strong> a suo tempo intimato fa sì che essa <strong>non possa considerarsi</strong> come <strong>riconoscimento dell'infondatezza dell'addebito</strong> su cui si era basato. Pertanto, <strong>non si è verificata</strong> la <strong>prima</strong> delle due ipotesi cui il cit. art. 97 riconnette il <strong>diritto alla differenza</strong> tra <strong>retribuzione</strong> e <strong>assegno alimentare</strong>, vale a dire <strong>l'accertata infondatezza dell'addebito</strong>; né sussiste <strong>l'altra ipotesi</strong>, inerente alla <strong>tardiva attivazione del procedimento disciplinare</strong>. In altre parole, non avendo <strong>in sede conciliativa</strong> le parti <strong>stabilito alcunché</strong> circa la <strong>sorte delle retribuzioni</strong> durante il periodo di <strong>sospensione cautelare</strong>, si deve applicare <strong>puramente e semplicemente il cit. art. 97</strong>, che <strong>non consente il recupero</strong> della differenza tra <strong>retribuzione</strong> e <strong>assegno alimentare</strong> quante volte l'addebito sia stato <strong>comunque ritualmente e tempestivamente accertato</strong> all'esito del <strong>procedimento disciplinare</strong>, seppur poi <strong>in concreto</strong> non sia stata <strong>eseguita</strong> (o sia stata <strong>revocata</strong>) la relativa <strong>sanzione</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 25 giugno esce la sentenza della III sezione del <strong>Consiglio di Stato</strong> n. 3925 che, in materia di <strong>gare</strong>, richiede che il <strong>concorrente</strong>, in sede di <strong>dichiarazione di tutte le vicende pregresse,</strong> concernenti <strong>fatti risolutivi, errori o altre negligenze</strong>, comunque rilevanti ai sensi dell’<strong>art. 38, comma 1, lett. f),</strong> del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, occorse in <strong>precedenti rapporti contrattuali</strong> con <strong>PPAA diverse</strong> dalla stazione appaltante, dichiari anche <strong>gli inadempimenti</strong> che abbiano dato luogo ad una <strong>conclusione transattiva della vicenda</strong> poiché <strong>rilevanti</strong> al fine di <strong>valutare l’affidabilità professionale</strong> dell’appaltatore. L’<strong>inosservanza</strong> di tale onere comporta <strong>irrimediabilmente l’esclusione dalla gara</strong> e <strong>non può essere sanato</strong> mediante ricorso al <strong>soccorso istruttorio</strong>, istituto <strong>non utilizzabile</strong> per sopperire alla <strong>mancanza di dichiarazioni o documenti essenziali</strong> ai fini dell’<strong>ammissione</strong> alla gara.</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 luglio esce la sentenza della V sezione del <strong>Consiglio di Stato</strong> n. 4192 che afferma rientrare nel <strong>perimetro della cognizione</strong> del <strong>giudice dell'ottemperanza</strong> la valutazione circa gli <strong>effetti</strong> prodotti su un <strong>decreto ingiuntivo non opposto</strong> da un <strong>successivo contratto transattivo</strong> intervenuto tra le parti, trattandosi di <strong>questione preliminare di merito</strong> che il giudice è <strong>tenuto a risolvere</strong> per valutare se sussiste il <strong>diritto di agire in via esecutiva</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 12 luglio esce la sentenza della III sezione del <strong>Consiglio di Stato</strong> onde <strong>non può dar luogo ad esclusione dalla gara</strong> un <strong>accordo transattivo</strong> tra una impresa ed una P.A., nel caso in cui tale accordo transattivo sia di <strong>contenuto meramente patrimoniale</strong> e <strong>non abbia dato luogo</strong>, propriamente, ad una <strong>«<em>condanna</em>» al risarcimento del danno</strong> o ad <strong>altre sanzioni</strong>, ai sensi dell’<strong>art. 80 del codice degli appalti</strong>; secondo il Collegio, il concetto di <strong>condanna</strong> non può che essere <strong>di stretta interpretazione</strong>, proprio per le <strong>conseguenze espulsive</strong> che derivano dalla <strong>fattispecie tipizzata dal legislatore</strong>, e che per definizione presuppone una <strong>statuizione giudiziale condannatoria</strong> e non già un <strong>mero accordo transattivo</strong> (art. <strong>1965</strong> c.c.).</p> <p style="text-align: justify;">Il 7 novembre esce la sentenza della sezione lavoro della Cassazione n. 28448 che, al fine di riconoscere al <strong>verbale di conciliazione sindacale</strong> valore <strong>transattivo</strong>, richiede l’accertamento dello <strong>schema tipico</strong> di tale <strong>tipo contrattuale</strong> (in particolare gli elementi <strong>dell’<em>aliud datum et retentum</em></strong>) dovendo <strong>diversamente</strong> ritenersi formata una <strong>mera dichiarazione di scienza</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">L’8 novembre esce la sentenza della III sezione del <strong>TAR Sicilia</strong> – Catania che riconosce <strong>illegittimo un provvedimento di proroga</strong> di un <strong>contratto pubblico</strong> adottato sulla base di una <strong>transazione stipulata</strong> con la ditta interessata; i provvedimenti di <strong>proroga dei contratti pubblici</strong>, infatti, vanno per il Tar <strong>considerati illegittimi</strong> perché <strong>in contrasto con l’art. 97 Cost.,</strong> oltre che con i <strong>principi comunitari</strong> di <strong>concorrenza</strong>, <strong>non discriminazione</strong>, <strong>parità di trattamento</strong>, <strong>proporzionalità</strong>, nonché, in generale, con la <strong>normativa comunitaria</strong>, che all’<strong>art. 31, comma 1, n. 4, lett. b), Direttiva 2004/18</strong> consente agli Stati membri il <strong>rinnovo dell’affidamento</strong>, con ricorso alla <strong>procedura negoziata</strong>, solo quando ricorrono le <strong>condizioni in esso indicate</strong>, tra le quali rileva che la <strong>possibilità del rinnovo</strong> sia indicata sin dall’<strong>avvio del confronto competitivo</strong> e <strong>l’importo totale</strong> previsto per la <strong>prosecuzione</strong> sia individuato <strong>nel bando</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 7 novembre esce la sentenza della Cassazione penale, sez. III, n. 50157, che affronta la problematica di come disporre la confisca per equivalente, in caso di accordi transattivi con il Fisco. Sostiene la Corte che nel caso di accordi conciliativi con l’erario, deve attribuirsi rilevanza alla quantificazione del profitto operata in sede amministrativa, ma il giudice penale, in forza dell’inesistenza di una pregiudiziale tributaria, ben può discostarsi dalla determinazione dell’ammontare del profitto come risultante nell’accordo, purché ne dia congrua motivazione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2019</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 20 febbraio esce l’ordinanza della Corte di Cassazione civile, sez. III, n. 4022, che affronta la fattispecie della risoluzione del contratto, con riferimento alla gravità dell’inadempimento. Afferma la Corte che la gravità dell’inadempimento, ai sensi dell’art. 1455 c.c., va commisurata all’interesse che la parte adempiente aveva o avrebbe potuto avere alla regolare esecuzione del contratto e non alla convenienza, per detta parte, della domanda di risoluzione rispetto a quella di condanna all’adempimento (Nella fattispecie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, la quale - sul presupposto che la richiesta pronuncia, annullando gli sforzi compiuti per comporre la lite, non corrispondesse all’interesse della parte istante - aveva respinto la domanda di risoluzione di una transazione).</p> <p style="text-align: justify;"><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=4%3d6YPS0%26F%3dJZ%26s%3dWJXAa%268%3dR6YLVC%26O%3d1KyJ_ArXt_L2_wulq_70_ArXt_K72QF.5nL2KyIx8nOBKnT22.nN_ArXt_K7fF56l5C0_wulq_70Q_IVwi_SkdSaEdQTDXS_IVwi_Skg8Iy9_w0_H5BJfT2Fs9_B65_mbj_HCE0q9_8IiC72sTt_Y_sIE6r6A6_7dJY_7a_y6g6A2nI_Ka6c_7_VBVJ.9yG5_IVwi_TkOCD_xIDIh9_ArXt_L5I9Z_EjQBCjNC6w_LjtU_VOLyG_66iCDD_wulq_88xDfC5_IVwi_SAOCD_h56G2f5tfCzE_wulq_88W6L%268%3d%262J%3d9WNaD">Il 27 febbraio esce l’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. III Civile, n. 5721/19,</a> che si pronuncia sugli effetti della transazione, proposta da una delle parti, in ambito di adempimento dell’onere della prova. La Corte di legittimità, logicamente, chiarisce che la proposta di accordo transattivo, proveniente da una delle parti, non può assumere valore probatorio (ad esempio, confessorio), nel corso del giudizio instaurato: tale proposta di definizione bonaria non può assumere un valore probatorio contrario alla parte che l’abbia avanzata, al solo fine di definire o di evitare l’insorgere di una controversia giudiziale.</p> <p style="text-align: justify;">Il giorno 11 marzo esce l’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. I civile, n. 6922, che si pronuncia, in tema di procedure concorsuali, sul caso di <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=A%3dDVNZH%26C%3dHg%261%3dTHgJV%266%3dYDVJcK%26L%3dyR7G_9yfq_J9_5rjx_E7_9yfq_ID0ND.BvIzR7FvEvL0RvQz9.vK_9yfq_ID16DQ_5rjx_E7Ha_5rjx_E7QhMaQgFSHg_5rjx_E7TM146Pq2AM_665Xn_K991JrXvF5C_s00AnCv_C_nD4G6Jz0vCv_S12_7P2G6Q72_tFr_G9C96u9_y2_w9y4zBv2_uCyC_Z4N.9AKy_Ih1c_TwS7D_0M8ItC_5rjx_F5UCT_EvU6CvR769_Pdtg_ZILAK_z6uG8D_9yfq_JBrDrGy_Ih1c_S9n2rMS7D_t9zGrGtE_9yfq_JBQ6X%26B%3d%26vJ%3dKaJVJ">concordato preventivo senza transazione e non applicabilità della regola dell'infalcidiabilità del credito IVA. Sostiene la Corte di legittimità che nell’ambito del concordato preventivo, la previsione dell'infalcidiabilità del credito IVA, di cui all'art. 182-ter della Legge Fallimentare, trova applicazione solo nell'ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale. Infatti la regola dell'infalcidiabilità del credito IVA è inclusa nella disciplina speciale del concordato preventivo con transazione fiscale. E non si può pretendere di estenderla ai casi regolati dalla disciplina generale del concordato preventivo senza transazione.</a></p> <p style="text-align: justify;">Il 22 marzo esce l’ordinanza della Cassazione civile, sez. II, ordinanza n, 8240/2019, che si pronuncia sui presupposti per la configurabilità di una “transazione divisionale” (negozio con il quale, in sede di divisione ereditaria, gli eredi contestualmente dividono ma anche “transigono” sulle rispettive quote). La Corte afferma che non è sufficiente la consapevolezza della sproporzione delle quote, o dei beni indicati nell'accordo divisorio, per far presumere la volontà di transigere. Pertanto, afferma la Corte di legittimità che ai fini dell’interpretazione di un negozio come transazione divisionale, nel quale la causa transattiva prevale su quella divisionale, non è possibile presumere la volontà di transigere con rinuncia ai propri diritti, sulla base della semplice consapevolezza della sproporzione delle quote o dei beni indicati nell’accordo divisorio, in mancanza non solo dell’aliquid datum aliquid retentum, ma anche di un mero disaccordo tra gli eredi e di qualsiasi espressa rinuncia o menzione della volontà di comporre future controversie.</p> <p style="text-align: justify;"> Il giorno 11 aprile esce l’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. II civile, n. 10187, che si pronuncia in tema di effetti dell'ammissione al gratuito patrocinio in caso di composizione della lite, per via transattiva. Il principio di diritto sostenuto dalla Cassazione è il seguente: <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=4%3d8UPSB%26B%3dJZ%26u%3dSKSFV%268%3dR8ULVE%26K%3d1K1F_ArZp_L2_yqlq_96_ArZp_K74MF.5pH2K1Ex8pKBKpP22.pJ_ArZp_K7u5FJ_yqlq_96KT_yqlq_96SaGZSZ0WKR_yqlq_96e_2tC2Jz98El_15_GhJAFj970v_1_BGlIx_5lB5F_ZJtKv_38E197Lh_1_9Iv4DIy5_2_J2E2_6m6xK19_y0uE_tCs1_A63Ev2_wKA_0u_3tJv_42_4vC9Fz9I0vDx_5lB52_s9C6.oJ6C_yqlq_06DKt_I8Ly3x_IXsi_Tkdxh_u5FJs5C2h1tKlH_ArZp_KW2J6_Dl42Lt_HjtW_Sw6t12C_yqlq_9VDKt_3tDw128u_HjtW_Swelg%26w%3d%260z%3dTMRCQ">l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fino a quando non sia revocata, continua, pur in caso di composizione della lite, a produrre i suoi effetti, vale a dire vi è l’obbligo dell’Erario di procedere all’anticipazione degli onorari e delle spese dovuti al difensore, il quale, pertanto, ha il diritto alla relativa liquidazione. Allo Stato, piuttosto, spetta il diritto al relativo recupero, ove ne sussistano le condizioni.</a></p> <p style="text-align: justify;">Il 29 aprile esce l’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. lavoro, n. 11354, che si pronuncia in un caso di azione risarcitoria (promossa dai genitori per la figlia minore), e di accordo transattivo intervenuto in corso di causa. Sostiene la corte che l’accordo transattivo con l'azienda sanitaria per il risarcimento dei danni derivanti da responsabilità medica e non esclude il rimborso delle spese sostenute per cure all'estero. Viene pertanto accolta la richiesta di una coppia di genitori, che sono stati obbligati a recarsi in America per un ciclo di terapie per la figlia e l’ azienda sanitaria viene condannata a rimborsare le spese da loro sostenute. Viene, dunque, considerato irrilevante il fatto che madre e padre abbiano raggiunto un accordo transattivo con l’azienda sanitaria per la chiusura del giudizio civile risarcitorio riguardante la responsabilità della struttura e dei medici per la patologia della figlia.</p> <p style="text-align: justify;"> Il 30 luglio esce l’ordinanza della Corte di Cassazione civile, sez. II, n. 20547, che afferma il principio di diritto secondo cui in caso di transazione della causa tra le parti, l’onorario professionale va parametrato e determinato in base al valore della domanda giudiziale introduttiva, ovviamente in caso di causa introdotta con domanda di valore determinato, e non invece con riferimento al valore dell’importo transatto.</p> <p style="text-align: justify;">Il 30 luglio esce l’ordinanza della sez. IV del Consiglio di Stato, n. 5391, che rimette all’Adunanza Plenaria la risoluzione delle seguenti questioni di diritto:</p> <ol style="text-align: justify;"> <li>a) se per le fattispecie sottoposte all’esame del giudice amministrativo e disciplinate dall’art. 42 <em>bis</em> del testo unico sugli espropri (c.d. acquisizione sanante), l’illecito permanente dell’Autorità viene meno solo nei casi da esso previsti (l’acquisizione del bene o la sua restituzione), salva la conclusione di un contratto traslativo tra le parti, di natura transattiva;</li> <li>b) se, pertanto, la ‘rinuncia abdicativa’, salve le questioni concernenti le controversie all’esame del giudice civile, non può essere ravvisata quando sia applicabile l’art. 42 bis;</li> <li>c) se, ove sia invocata la sola tutela restitutoria e/o risarcitoria prevista dal codice civile e non sia richiamato l’art. 42 <em>bis</em>, il giudice amministrativo può qualificare l’azione come proposta avverso il silenzio dell’Autorità inerte in relazione all’esercizio dei poteri <em>ex</em> 42 <em>bis</em>;</li> <li>d) se, in tale ipotesi, il giudice amministrativo può conseguentemente fornire tutela all’interesse legittimo del ricorrente applicando la disciplina di cui all’art. 42 <em>bis</em> e, eventualmente, nominando un Commissario ad acta già in sede di cognizione</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>In cosa si compendia la transazione?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>fondamentalmente, nel <strong>superare una lite</strong> (<em>trans agere</em>), e dunque nel <strong>prevenire</strong> tale lite o nel <strong>porvi fine</strong>, attraverso un contratto che ha natura di <strong>contratto di scambio</strong>;</li> <li>il <strong>mezzo</strong> che le parti utilizzano per raggiungere questo <strong>obiettivo</strong> (<strong>funzione</strong> della transazione e dunque <strong>causa</strong> del contratto, connessa agli <strong>interessi</strong> delle parti medesime) sono le <strong>reciproche concessioni</strong> che esse si fanno (<strong><em>aliquid datum</em></strong>, <strong><em>aliquid retentum</em></strong>); si tratta dunque di un contratto di scambio <strong>a titolo oneroso</strong>;</li> <li>le reciproche concessioni – il <strong>dare</strong>, il <strong>promettere</strong> o il <strong>ritenere</strong> del codice del 1865 – presuppongono la <strong>disponibilità dei diritti</strong>, onde la transazione è <strong>nulla</strong> (art.<strong>1966</strong>c.) se tali diritti non sono <strong>disponibili in capo alle parti</strong>;</li> <li>le reciproche concessioni possono <strong>limitarsi a porre fine</strong> ad una <strong>lite già cominciata</strong> o a <strong>prevenirne una che può sorgere</strong>, senza <strong>creare</strong>, <strong>modificare</strong> od <strong>estinguere</strong> <strong>rapporti diversi</strong> rispetto a quello che ha <strong>formato oggetto della pretesa o della contestazione</strong> fra le parti (c.d. transazione <strong>pura o interna</strong>: art.1965, <strong>comma 1</strong>, c.c., in cui ad un <strong>precedente assetto di interessi</strong> le parti <strong>affiancano</strong> l’<strong>accordo transattivo</strong>); in questo caso <strong>l’oggetto del contratto</strong> di transazione ex art.1346 c.c. <strong>è sempre integralmente una <em>res litigiosa</em></strong>;</li> <li>le reciproche concessioni possono <strong>porre fine</strong> ad una <strong>lite già cominciata</strong> o a <strong>prevenirne una che può sorgere</strong>, <strong>sostituendo integralmente</strong> il precedente rapporto e con esso <strong>il pregresso assetto degli interessi</strong> con un <strong>nuovo regolamento degli interessi</strong> medesimi (c.d. transazione <strong>novativa</strong>: art.1976 c.c., in cui ad un <strong>precedente assetto di interessi</strong> le parti <strong>sostituiscono</strong>, <strong>sovrapponendovelo</strong>, l’<strong>accordo transattivo</strong>); in questo caso <strong>l’oggetto del contratto</strong> di transazione ex art.1346 c.c. <strong>è sempre integralmente una <em>res litigiosa</em></strong>;</li> <li>le reciproche concessioni possono anche <strong>porre fine ad una lite già cominciata</strong> o <strong>prevenirne una che può sorgere</strong>, <strong>creando</strong>, <strong>modificando</strong> od <strong>estinguendo</strong> <strong>rapporti diversi</strong> rispetto a quello che ha <strong>formato oggetto della pretesa o della contestazione</strong> fra le parti (c.d. transazione <strong>mista o esterna</strong>: art.1965, <strong>comma 2</strong>, c.c., in cui rilevano i <strong>collegamenti negoziali</strong> tra contratti aventi <strong>cause proprie ed autonome</strong>, ed in cui laddove si crei <strong>un nuovo rapporto</strong>, esso <strong>non si sovrappone integralmente</strong> all’accordo originario, ma al limite <strong>vi si affianca </strong>non già <strong>semplicemente </strong>come <strong>accordo transattivo</strong>, ma come <strong>nuovo regolamento di interessi</strong>); in questo caso <strong>l’oggetto del contratto</strong> di transazione ex art.1346 c.c. <strong>può essere solo parzialmente una <em>res litigiosa</em></strong>;</li> <li>ciò che <strong>muove</strong> le reciproche concessioni, e sul quale esse <strong>incidono</strong>, è comunque proprio una “<strong><em>res litigiosa</em></strong>”, vale a dire una <strong>contrapposizione</strong>, un <strong>dissenso</strong> (anche <strong>solo potenziale)</strong>, un <strong>conflitto tra pretese </strong>e dunque<strong> tra interessi</strong>, una <strong>controversia</strong> o una <strong>contestazione</strong>, che si sia già <strong>approdati o meno ad un processo</strong>;</li> <li>si ha <strong><em>res litigiosa</em></strong> quando <strong>non si ha certezza</strong> su <strong>tutto</strong> o <strong>una parte</strong> del <strong>rapporto</strong> sul quale la transazione incide (tanto in <strong>fatto</strong> quanto in <strong>diritto</strong>), e dunque quando <strong>più a monte</strong> si ha una <strong><em>res dubia</em></strong>, che può involgere <strong>l’interpretazione</strong> del rapporto tra le parti e che può derivare dalle <strong>circostanze più varie</strong> – di tipo tanto <strong>oggettivo</strong> (incertezza delle parti su una situazione giuridica presente) quanto <strong>soggettivo</strong> (opinione incerta su una <strong>situazione giuridica futura</strong>) – e che può sospingere a <strong>voler scongiurare un giudizio</strong> financo la parte che sia <strong>più o meno consapevole della propria ragione</strong>;</li> <li>per transigere occorre la <strong>forma scritta meramente <em>ad probationem</em></strong>, salvo che <strong>coinvolga i diritti</strong> di cui <strong>all’art.1350</strong>, laddove occorre invece la <strong>forma scritta <em>ad substantiam</em></strong> e dunque <strong>a pena di nullità</strong>; è del pari <strong>a pena di nullità</strong> la <strong>forma scritta</strong> richiesta laddove una delle parti sia una <strong>Pubblica Amministrazione</strong>;</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali sono i contratti e gli atti dai quali la transazione va distinta?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>dall’<strong>arbitrato</strong>, ed in particolare dall’<strong>arbitrato rituale</strong> che, pur avendo ormai secondo la giurisprudenza <strong>natura negoziale</strong>, <strong>non tende a prevenire una lite</strong> o a <strong>porvi fine</strong> attraverso delle <strong>reciproche concessioni</strong>, ma tende piuttosto a <strong>devolvere</strong> – <strong>in alternativa al giudice ordinario</strong> – ad <strong>uno o più arbitri</strong> una <strong>controversia</strong>, peraltro <strong>in difetto di reciproche concessioni</strong>; più complessa la differenza con l’<strong>arbitrato irrituale</strong> che non a caso è talvolta visto dalla giurisprudenza come un <strong>mandato delle parti a transigere</strong>, conferito <strong>all’arbitro irrituale</strong> il quale procede con una <strong>decisione</strong> che vale <strong>accertamento</strong> o <strong>transazione</strong> <strong>impugnabile</strong> nei limiti del <strong>mandato conferito</strong>;</li> <li>dal <strong>negozio di accertamento</strong>: la transazione è un <strong>contratto tipico</strong> dalla <strong>natura costitutiva</strong> e <strong>dispositiva</strong> caratterizzato dalle <strong>reciproche concessioni</strong>, capace di far luogo ad un <strong>rapporto nuovo</strong> tra le parti e la cui <strong>causa</strong> si compendia nell’<strong>interesse delle parti a dirimere una controversia</strong>, presupponendo una <strong>lite presente o futura</strong>; il negozio di accertamento è un <strong>contratto atipico</strong> o talvolta <strong>un atto unilaterale</strong> (come nel caso della <strong>ricognizione di pagamento ex art.1988</strong>c.) dalla <strong>natura dichiarativa e ricognitiva</strong>, nel quale <strong>non sono presenti reciproche concessioni</strong> ma si provvede a <strong>conferire certezza</strong>, con <strong>effetti <em>ex tunc</em></strong>, ad un <strong>rapporto giuridico che già esiste</strong>, con <strong>causa</strong> che si compendia nell’<strong>interesse delle parti ad eliminare</strong>, per l’appunto, una <strong>situazione di incertezza</strong> che investe <strong>l’originario rapporto</strong> che le avvince.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quale è l’oggetto del contratto di transazione e cosa occorre ricordare in proposito?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta di “<strong><em>diritti</em></strong>”, come dimostra <strong>l’art.2113 c.c.</strong> in tema di <strong>lavoro subordinato</strong>; si oppone tuttavia che <strong>l’inesistenza del diritto vantato</strong> (o del <strong>rapporto affermato</strong>) <strong>non rende</strong> in realtà la transazione <strong>priva di oggetto</strong>;</li> <li>si tratta <strong>in via immediata e diretta</strong> della <strong>lite</strong>, mentre le <strong>situazioni giuridiche delle parti</strong> che vi sono coinvolte (massime, <strong>i diritti</strong>) ne costituiscono solo <strong>l’oggetto mediato e indiretto</strong>; si oppone tuttavia come i <strong>requisiti dell’oggetto del contratto</strong> generalmente previsti <strong>dall’art.1346 c.c.</strong> (possibile, lecito, determinato, determinabile) <strong>difficilmente possono attagliarsi</strong> alla <strong>lite</strong>;</li> <li>si tratta della <strong>situazione giuridica </strong>(<strong>già controversa</strong> ed ormai)<strong> composta</strong>, per come essa <strong>consegue</strong> alle <strong>reciproche concessioni</strong> e che consente la <strong>composizione della lite</strong> tra le parti; si oppone tuttavia che in questo modo <strong>si confonde l’oggetto</strong> della transazione <strong>con i relativi effetti</strong>; peraltro si tratta di una tesi che sembra <strong>non compatibile</strong> con la c.d. <strong>transazione complessa (o esterna)</strong> di cui all’art.1965, <strong>comma 2</strong>, c.c., laddove <strong>la lite viene composta</strong> giusta <strong>prestazioni che sono estranee</strong> (esterne rispetto) alla <strong>situazione giuridica controversa</strong>;</li> <li>si tratta delle <strong>reciproche concessioni</strong>; si oppone tuttavia come esse siano <strong>più connesse alla funzione</strong> (<strong>causa</strong>) della transazione che al relativo <strong>oggetto</strong>, anche se <strong>vi sono contratti</strong> come la <strong>compravendita</strong> laddove <strong>cosa e prezzo contribuiscono ad individuare</strong> tanto l’<strong>oggetto</strong> quanto la <strong>causa</strong> del pertinente contratto;</li> <li>si tratta <strong>sia della lite</strong> che delle <strong>reciproche concessioni delle parti per comporla</strong>; la teoria, di origine <strong>dottrinale</strong>, collega la <strong>concessione</strong> di una parte all’altra al <strong>correlato abbandono della propria pretesa</strong>, onde ciascuno dei contraenti è disposto a <strong>rinunciare alla propria pretesa</strong> (abbandono) nei termini in cui essa è stata formulata ed <strong>a venire contestualmente incontro</strong> (in tutto o in parte) alle pretese della controparte (concessione), <strong>a condizioni di reciprocità</strong>;</li> <li>si tratta dei <strong>diritti di cui si dispone</strong>, e dunque delle <strong>prestazioni</strong> in cui consistono le <strong>reciproche concessioni delle parti</strong>; si tratta di una opzione ermeneutica capace di abbracciare tanto la transazione semplice (o interna) ex art.1965, comma 1, c.c., quanto quella complessa (o esterna) di cui al comma 2, che coinvolge <strong>prestazioni estranee</strong> rispetto alla <strong>situazione giuridica controversa</strong>;</li> <li>il <strong>codice civile</strong> si riferisce <strong>implicitamente</strong> – sul crinale della <strong>liceità</strong> - all’<strong>oggetto</strong> della transazione laddove <strong>la dichiara <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/1771.html">nulla</a></strong>se <strong>i diritti “<em>oggetto della lite</em>”</strong> (e non <strong>della transazione</strong>), per <strong>loro natura</strong> o per <strong>espressa disposizione di legge</strong>, sono <strong><a href="http://www.brocardi.it/dizionario/2294.html">sottratti alla disponibilità</a> delle parti</strong> (art.<strong>1966, comma 2</strong>, c.c.), norma che sembra optare per <strong>la lite</strong> quale <strong>oggetto</strong> del contratto; e laddove <strong>la dichiara nulla</strong> se “<strong><em>relativa</em></strong>” ad un <strong>contratto illecito</strong> (art.<strong>1972</strong>, comma 1), norma che sembra far riferimento ancora una volta <strong>alla lite</strong> <strong>sul contratto</strong> (e <strong>non al contratto illecito</strong> dal quale la lite è scaturita); poiché in entrambi tali casi <strong>la transazione è nulla</strong>, parrebbe trattarsi di <strong>nullità</strong> per <strong>illiceità dell’oggetto ex art.1346 c.c.;</strong> con riguardo alla <strong>transazione su contratto nullo</strong>, va tuttavia chiarito che per parte della dottrina la transazione è <strong>nulla per nullità del relativo oggetto</strong> solo laddove sia “<strong><em>relativa</em></strong>” ad un <strong>contratto illecito</strong> (il negozio è illecito perché <strong>orientato al raggiungimento di un effetto contrario alla legge</strong>, ed il legislatore si preoccupa di <strong>impedire il raggiungimento</strong> di detto effetto illecito <strong>indirettamente</strong> e <strong>giusta transazione</strong>) e non anche laddove si riferisca <strong>ad un atto illecito</strong> (in questo caso è <strong>l’atto o il fatto <em>ex se</em></strong> che viene assunto <strong>contrario alla legge</strong>, e <strong>non</strong> la <strong>situazione giuridica che ne discende</strong>, onde mentre le <strong>conseguenze dell’atto illecito</strong> sia per le <strong>parti</strong> che verso i <strong>terzi</strong> sono <strong>disciplinate dalla legge</strong> e collegate al ridetto atto <strong>quale sanzione</strong> per chi lo ha posto in essere, per quanto concerne la <strong>situazione giuridica che discende</strong> dall’atto illecito, di essa le parti <strong>possono disporne validamente ed efficacemente</strong> giusta <strong>transazione</strong>, con <strong>effetti tra le parti medesime</strong> senza che sia pregiudicata la <strong>valutazione come illecito</strong> dell’atto a monte e senza che si determinino le conseguenze di tale atto illecito <strong>rispetto ai terzi</strong>, che restando disciplinate <strong>dalla legge</strong>);</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa si intende per “capacità di disporre dei propri diritti” ai sensi dell’art.1966, comma 1, c.c.?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>la norma si riferisce alla <strong>capacità di agire in generale</strong>: laddove difetti, il contratto è <strong>annullabile</strong> ex art.1425 c.c.;</li> <li>la norma si riferisce alla <strong>specifica legittimazione a transigere</strong>: laddove difetti, il contratto è <strong>inefficace</strong>;</li> <li>la norma si riferisce <strong>sia</strong> alla <strong>capacità di agire</strong> in generale, sia alla <strong>legittimazione a transigere</strong> in particolare, e dunque la transazione <strong>è annullabile</strong> dove manchi la prima e <strong>inefficace</strong> dove difetti la seconda;</li> <li>per la teoria del <strong><em>contrarius actus</em></strong>, la <strong>capacità (potere) di transigere</strong> va <strong>riconosciuta</strong> a chi ha la <strong>capacità (potere) di porre in essere l’atto</strong> che <strong>crea la situazione giuridica controversa</strong> (<strong><em>res dubia</em></strong>, <strong><em>res litigiosa</em></strong>).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa si intende per diritti “<em>sottratti alla disponibilità delle parti</em>” ai sensi dell’art.1966, comma 2, c.c., con conseguente nullità della transazione?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>teoria <strong>soggettiva</strong>: la norma fa riferimento alla <strong>posizione delle parti</strong> rispetto all’<strong>oggetto della lite</strong> e dunque alla <strong>capacità di disporre</strong>; in questi casi <strong>per legge espressamente</strong> ovvero (<strong>implicitamente</strong>) la <strong>natura dei diritti</strong> rende <strong>nulla</strong> la transazione sui medesimi, a cagione della <strong>posizione specifica delle parti</strong> rispetto a tali diritti, non potendone <strong>esse</strong> disporre <strong>in quanto tali</strong>;</li> <li>teoria <strong>oggettiva</strong>: la norma fa riferimento al <strong>solo</strong> <strong>oggetto della transazione, </strong>vale a dire ai<strong> diritti </strong>sui cui essa<strong> cade,</strong> onde – <strong>in disparte</strong> la <strong>posizione delle parti</strong> – <strong>per legge espressamente</strong> ovvero (<strong>implicitamente</strong>) la <strong>natura dei diritti</strong> rende <strong>nulla</strong> la transazione sui medesimi (diritti <em>ex se</em> “<strong><em>intransigibili</em></strong>”, a prescindere dalle parti che ne sono titolari).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>In quale modo la disciplina della transazione intercetta quella dell’obbligazione solidale?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>la norma di riferimento è l’art.1304 c.c., laddove afferma che la <strong><a href="http://www.brocardi.it/dizionario/4212.html">transazione</a></strong>fatta dal <strong><a href="http://www.brocardi.it/dizionario/1530.html">creditore</a></strong> con <strong>uno dei <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/1667.html">debitori in solido</a></strong> <strong>non produce effetto</strong> nei confronti degli <strong>altri</strong>, se questi <strong>non dichiarano di volerne profittare</strong>; in sostanza, i condebitori in solido <strong>possono dichiarare di voler profittare</strong> (diritto <strong>potestativo</strong>) della <strong>transazione</strong> fatta dal <strong>creditore</strong> con uno di essi;</li> <li>l’art.1304 c.c. <strong>non si applica</strong> al caso in cui la transazione <strong>sia parziaria</strong>, riguardi cioè (<strong>non l’intero debito solidalmente condiviso</strong> dai condebitori, ma) <strong>la sola quota di debito</strong> del <strong>condebitore transigente</strong>; la transazione può cadere <strong>sulla quota del condebitore solidale</strong> (e dunque l’art.1304 c.c. è <strong>inapplicabile</strong>) allorché si tratti di <strong>obbligazione per relativa natura scindibile</strong> e <strong>non</strong> si sia al cospetto di una <strong>solidarietà pattuita nell’interesse di uno dei condebitori</strong> (circostanza nella quale è <strong>inammissibile una divisione in quote</strong>); in queste fattispecie il creditore <strong>può consentire a transigere con uno</strong> dei condebitori <strong>limitatamente</strong> appunto alla <strong>quota di debito</strong> di tale condebitore solidale, <strong>non essendo necessario</strong> un <strong>preventivo scioglimento della solidarietà</strong> stante appunto la <strong>scindibilità dell’obbligazione</strong> e la possibilità che lo <strong>scioglimento della solidarietà</strong> avvenga – con riguardo al condebitore transigente - <strong>contestualmente alla transazione</strong> sulla quota; la possibilità di transigere <strong>con riguardo alla quota</strong> del condebitore solidale <strong>non postula di necessità titoli diversi</strong> che legano le obbligazioni avvinte dalla solidarietà, potendo essa operare anche <strong>al cospetto di un titolo unico</strong>, laddove il <strong>vincolo solidale</strong> abbia il <strong>solo scopo</strong> di garantire una <strong>migliore realizzazione del proprio credito</strong>, potendo perciò <strong>l’autonomia negoziale</strong> spiegata dal creditore <strong>con uno</strong> dei condebitori <strong>escludere tale vincolo solidale</strong> per una <strong>specifica quota parte</strong> del debito in parola, ovvero <strong>quella riferita al condebitore transigente</strong>; quando la transazione cade <strong>su una quota</strong> del debito solidale e coinvolge <strong>il solo condebitore solidale titolare di tale quota</strong>, gli altri condebitori solidali <strong>non vantano nessun titolo</strong> per poter <strong>profittare</strong> di tale transazione, potendo solo ottenere dal creditore che <strong>il proprio debito solidale si riduca</strong> dell’importo già pagato dal condebitore transigente; una volta <strong>accertato</strong> che oggetto della transazione <strong>è la quota</strong> di uno dei condebitori solidali, si pone il problema di stabilire <strong>quale sia il credito residuo</strong> che il creditore <strong>può azionare</strong>, <strong>in solido</strong>, nei confronti degli <strong>altri condebitori non transigenti</strong>, che <strong>non possono profittare della transazione</strong> proprio perché <strong>non è applicabile l’art.1304 c.c.,</strong> profilandosi in proposito tre tesi: b.1) il credito verso gli altri condebitori solidali non transigenti <strong>si riduce in proporzione alla quota transatta</strong>, onde dato <strong>un credito di 100</strong> diviso tra <strong>cinque condebitori solidali</strong>, ciascuno dei quali sarebbe tenuto alla <strong>quota ideale di 20</strong>, riducendo <strong>in proporzione</strong> il credito, a valle del pagamento da parte del condebitore transigente <strong>di un importo pari a 15</strong> (<20 in forza della transazione), gli altri condebitori <strong>restano tenuti</strong> per un <strong>importo complessivo pari ad 80</strong>; b.2) il <strong>credito</strong> verso gli <strong>altri condebitori solidali non transigenti</strong> si <strong>riduce in misura pari</strong> a <strong>quanto percepito dal creditore</strong> in virtù della stipulata transazione onde, dato ancora una volta un <strong>credito di 100</strong> diviso tra <strong>cinque condebitori solidali</strong>, ciascuno dei quali sarebbe tenuto alla <strong>quota ideale di 20</strong>, riducendo il credito <strong>di quanto percepito dal creditore</strong> a valle del pagamento da parte del condebitore transigente di un <strong>importo pari a 15</strong> (<20 in forza della transazione), gli altri condebitori restano tenuti per un <strong>importo complessivo pari ad 85</strong> (e <strong>non ad 80</strong>); b.3) <strong>tesi mediana abbracciata dalle SSUU</strong>: occorre tenere conto che nella <strong>transazione parziaria</strong> (che si riferisce alla <strong>quota di debito solidale</strong> del debitore transigente, e <strong>non all’intera obbligazione solidale</strong>) non si può giungere <strong>né ad una locupletazione del creditore</strong>, giusta <strong>incasso finale di un importo maggiore</strong> di quello <strong>dovutogli</strong>, né ad un <strong>aggravamento della posizione</strong> di <strong>quei condebitori solidali che sono rimasti estranei</strong> alla transazione stipulata da uno di essi, <strong>non potendosi essi avvantaggiare</strong> della ridetta transazione per <strong>inapplicabilità dell’art.1304</strong>c., ma <strong>non potendo neppure restarne vulnerati</strong>, anche per quanto concerne il <strong>successivo regresso</strong> nei rapporti interni tra loro, onde va <strong>distinta</strong> l’ipotesi in cui il debitore solidale transigente <strong>ha versato una somma pari o superiore alla relativa quota ideale</strong> di debito (nell’esempio fatto sopra, <strong>20 o più</strong>), fattispecie in cui il <strong>credito residuo si riduce di pari importo</strong> (<strong>80 o meno</strong>) anche al fine di <strong>scongiurare una locupletazione del creditore</strong>, dalla diversa ipotesi in cui il debitore solidale transigente <strong>abbia pagato meno di quanto dovuto</strong> in virtù della propria quota ideale (nell’esempio fatto, <strong>15 e dunque meno di 20</strong>), fattispecie in cui il <strong>credito residuo</strong> si <strong>riduce</strong> in misura <strong>proporzionale alla quota di chi ha transatto</strong> (80 = 100 – 20), anche al fine di <strong>scongiurare un aggravamento</strong> nella <strong>posizione di chi non ha partecipato</strong> alla transazione;</li> <li>l’<strong>1304</strong> c.c. si applica dunque al <strong>diverso caso</strong> in cui la transazione <strong>non sia parziaria</strong>, riguardi <strong>l’intero debito solidalmente condiviso</strong> dai condebitori (e <strong>non una quota</strong> di esso); in questo caso, la <strong>transazione</strong> – proprio perché investe <strong>l’intero debito solidale</strong>, e <strong>non già solo una quota</strong> del medesimo – diviene in qualche modo <strong>comune a tutti i condebitori solidali</strong>. In queste ipotesi si assiste ad una <strong>deroga</strong> del <strong>principio</strong> per cui <strong>il contratto produce normalmente effetti per le sole parti che lo concludono</strong> ex art.<strong>1372</strong> c.c., poiché in questo caso la <strong>transazione</strong> tra il creditore solidale <strong>e uno dei</strong> condebitori <strong>estende i propri effetti agli altri</strong> condebitori solidali, che <strong>possono dichiarare di volerne profittare</strong>. In tale fattispecie, gli altri condebitori solidali <strong>possono mettersi in una situazione analoga</strong> a quella che <strong>avrebbero avuto</strong> se <strong>avessero partecipato anch’essi alla transazione</strong>, dal momento che la transazione del condebitore solidale <strong>incide sull’intero debito</strong>, e <strong>non sulla sola quota ideale di debito</strong> del condebitore che transige, con la conseguenza onde gli altri condebitori <strong>non dovranno pagare l’intero ridotto di quanto pagato</strong> <em>pro quota</em> dal condebitore solidale transigente (ad esempio, dati 5 condebitori solidali, 100-20 = 80), ma dovranno pagare <strong>l’importo totale decurtato dalla concessione transattiva “globale” del creditore</strong> (nell’esempio fatto, e supponendo che il <strong>condebitore transigente</strong> abbia <strong>ottenuto</strong> di dover <strong>pagare complessivamente</strong> quanto in origine dovuto ridotto di 30, <strong>100-30 = 70</strong>, che andrà pagato <strong>in solido da tutti e 5 i condebitori</strong> solidali); peraltro, attribuendo l’art.1304 c.c. ai condebitori solidali non transigenti <strong>un diritto potestativo</strong> che consente loro di <strong>profittare della transazione stipulata</strong> dal creditore con <strong>uno di loro</strong>, tali ultimi due soggetti <strong>non potrebbero neppure escludere tale effetto</strong> attraverso una <strong>clausola derogatoria</strong> rispetto a tale regime;</li> <li>stante la <strong>diversità degli effetti</strong> che si producono <strong>a seconda</strong> <strong>dell’incidenza della transazione</strong> – onde in caso di transazione <strong>sull’intero debito solidale</strong>, si applica <strong>l’art.1304</strong>c., mentre nel caso opposto di <strong>transazione parziaria solo sulla quota del condebitore solidale transigente</strong>, l’art.1304 c.c. <strong>non si applica</strong> – il giudice di merito deve accertare <strong>cosa le parti abbiano realmente voluto</strong> con la transazione, con i diversi effetti che ne derivano, attraverso i <strong>canoni ermeneutici</strong> di cui agli <strong>articoli 1362 e seguenti c.c..</strong></li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali vizi possono incidere sulla transazione e con quali effetti?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>se la transazione scaturisce da <strong>dolo</strong> o da <strong>violenza</strong>, si applica la <strong>disciplina generale dei contratti</strong> e dunque scatta <strong>l’annullabilità</strong>;</li> <li>se la transazione scaturisce da <strong>errore</strong>, ed in particolare da <strong>errore di diritto</strong> relativo alle <strong>questioni</strong> che sono stata <strong>oggetto di controversia tra le parti</strong>, l’annullabilità è <strong>esplicitamente esclusa</strong>, in via <strong>derogatoria</strong> rispetto alla <strong>disciplina generale</strong>, dall’<strong>1969</strong> c.c.;</li> <li>le parti attraverso la transazione <strong>vogliono evitare di ricercare</strong> <strong>chi tra loro ha giuridicamente ragione</strong> e chi <strong>torto</strong>, onde essa <strong>chiude la lite</strong> tra le parti stesse <strong>in modo indipendente</strong> dalla <strong>situazione litigiosa preesistente</strong>, che è quella <strong>in funzione della quale</strong> si transige, sicché in caso di <strong>errore</strong> o di <strong>inesatta conoscenza</strong> delle <strong>questioni</strong> che le parti <strong>intendono superare</strong> con la transazione, tali errori ed inesattezze <strong>non rilevano <em>ex post</em></strong> a fini di <strong>annullabilità</strong>, diversamente opinando dovendo assumersi <strong>inutile</strong> la transazione stessa;</li> <li>dottrina e giurisprudenza, per questo motivo, assumono <strong>irrilevante</strong> <strong>non solo l’errore di diritto</strong>, ma anche <strong>lo stesso errore di fatto</strong>, che dunque <strong>non può essere motivo di annullamento</strong> del contratto di transazione (quand’anche l’art.1969 c.c. menzioni <strong>il solo errore di diritto</strong>): stante una lite, e stante <strong>l’ontologica impossibilità</strong> che <strong>entrambe le parti siano nella ragione</strong>, è inevitabile che <strong>una di esse si trova in errore</strong> o su <strong>circostanze di fatto</strong>, o sulla relativa <strong>qualificazione giuridica</strong>, il che <strong>le sospinge</strong> verso la transazione;</li> <li>la <strong>irrilevanza dell’errore</strong> (<strong>di</strong> <strong>diritto</strong>, con <strong>estensione</strong> all’errore <strong>di fatto</strong>) – e con essa la <strong>non annullabilità</strong> della transazione - riguarda <strong>solo l’errore</strong> che <strong>investa le questioni</strong> che sono state <strong>oggetto di controversia tra le parti</strong>, ovvero il <strong>d. <em>caput controversum</em></strong>; se l’errore cade su <strong>questioni diverse</strong>, evidentemente la transazione <strong>è annullabile</strong>, e dunque l’errore <strong>è rilevante</strong>, sempre che sia <strong>essenziale e riconoscibile</strong> ai sensi della disciplina generale (art.1428 c.c.);</li> <li><strong>non è</strong> sul <strong><em>caput controversum</em></strong>, ed <strong>è rilevante</strong> – con conseguente <strong>annullabilità per errore</strong> della transazione - l’errore che cade <strong>sui presupposti</strong> del <strong><em>caput controversum</em></strong> medesimo, ovvero su <strong>un relativo antecedente logico</strong>, sicché l’errore (essenziale e riconoscibile) <strong>non riguarda direttamente</strong> la <strong>questione oggetto di controversia</strong> tra le parti, ma <strong>un antecedente logico</strong> o comunque un <strong>presupposto</strong> di detta questione controversa;</li> <li>lo dimostra l’art.<strong>1971</strong>c. che legittima una delle parti a chiedere <strong>l’annullamento della transazione</strong> quando l’altra è stata <strong>consapevole della temerarietà della propria pretesa</strong>: si tratta di una ipotesi in cui si riscontra <strong>l’errore di fatto o di diritto</strong> di una parte che cade <strong>sulla pretesa</strong> dell’altra, e tale <strong>pretesa oggetto di errore</strong> è stata un <strong>antecedente logico</strong> della <strong>questione</strong> poi <strong>oggetto di controversia</strong> tra le parti (<strong><em>caput controversum</em></strong>) e di successiva transazione; in questo caso l’errore, oltre che <strong>essenziale</strong>, è <strong>riconoscibile</strong> in quanto <strong>controparte è stata pienamente consapevole</strong> della <strong>temerarietà della propria pretesa</strong>;</li> <li>lo dimostra l’art.<strong>1972</strong>c., che legittima una delle parti a chiedere <strong>l’annullamento della transazione</strong> laddove ha <strong>ignorato la causa di nullità del titolo</strong> sul quale la transazione <strong>è poi intervenuta</strong>: in questo caso si ha <strong>errore essenziale e riconoscibile</strong> (il titolo su cui è intervenuta la transazione <strong>è nullo</strong>) che concerne tuttavia <strong>non direttamente la questione</strong> <strong>oggetto di controversia</strong> tra le parti (<strong><em>caput controversum</em></strong>) e di <strong>successiva transazione</strong>, ma un relativo <strong>antecedente logico</strong>, ovvero la <strong>nullità del titolo</strong> che detta questione ha poi generato;</li> <li>lo dimostra l’art.<strong>1973</strong>c., laddove legittima a chiedere <strong>l’annullamento della transazione</strong> fatta sulla base di <strong>documenti in seguito riconosciuti falsi</strong>: in questo caso l’errore essenziale e riconoscibile cade su <strong>documenti falsi</strong> che hanno costituito <strong>meri</strong> <strong>presupposti</strong> o <strong>antecedenti logici</strong> della <strong>questione</strong> poi <strong>oggetto di controversia</strong> tra le parti (<strong><em>caput controversum</em></strong>) e di <strong>successiva transazione</strong>;</li> <li>lo dimostra l’art.<strong>1974</strong>c., laddove legittima a chiedere <strong>l’annullamento della transazione</strong> fatta su <strong>una lite</strong> che risulti poi essere stata <strong>già decisa con sentenza passata in giudicato</strong>: in questo caso l’errore essenziale e riconoscibile cade su <strong>una sentenza ormai in giudicato</strong> la cui <strong>erronea inesistenza</strong> ha costituito il <strong>presupposto</strong> o l’<strong>antecedente logico</strong> della <strong>questione</strong> poi <strong>oggetto di controversia</strong> tra le parti (<strong><em>caput controversum</em></strong>) e di <strong>successiva transazione</strong>;</li> <li>sul crinale della nullità, la transazione è nulla: k.1) in generale, secondo il disposto dell’<strong>1418 c.c</strong>.; k.2) più in specie, quando <strong>coinvolge diritti indisponibili</strong> (art.1966, comma 2, c.c.); k.3) ancora, quando è relativa <strong>ad un contratto nullo perché illecito</strong>, ancorché le parti <strong>abbiano trattato della nullità</strong> di questo;</li> <li>sul versante della <strong>rescindibilità</strong>, ai sensi dell’<strong>1970</strong> c.c. la transazione (lo si ricava <strong>per esclusione</strong>) mentre <strong>si può rescindere per stato di pericolo</strong> (art.1447 c.c.) <strong>non si può invece rescindere per lesione</strong> ex art.<strong>1448</strong> c.c., palesandosi tale rimedio <strong>ontologicamente incompatibile</strong> con la <strong>natura</strong> del <strong>contratto transattivo</strong>: intervenuta la transazione, <strong>non si può tornare</strong> ad <strong>accertare</strong> le <strong>situazioni giuridiche originarie</strong> sulle quali essa <strong>ha inciso</strong>, e dunque <strong>non è possibile valutare</strong> la sussistenza o meno di una <strong>lesione</strong> che le parti stesse, nel <strong>dispiegarsi dell’autonomia negoziale</strong> ad esse affidata, hanno <strong>escluso</strong> <strong>proprio addivenendo alla transazione</strong> che si vorrebbe rescindere; la dottrina (minoritaria) che ne predica la <strong>mera natura dichiarativa o di accertamento</strong> assume poi <strong>non rescindibile</strong> la transazione a cagione proprio del fatto che <strong>da essa non discendono in realtà</strong> (in via <strong>costitutiva e dispositiva</strong>) <strong>prestazioni corrispettive</strong> dal cui <strong>squilibrio</strong> potrebbe affiorare una <strong>lesione <em>ultra dimidium</em></strong>, quanto piuttosto il <strong>mero accertamento</strong> della <strong>situazione giuridica originaria</strong>, alla quale le parti conferiscono il predicato della <strong>certezza incontrovertibile</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre ricordare in particolare della transazione su lite concernente documenti falsi?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>è prevista <strong>dall’art.1968 c.c</strong>.;</li> <li>la transazione ha ad oggetto <strong>una lite</strong>, e <strong>quest’ultima coinvolge</strong> documenti falsi; <strong>non si transige sulla falsità</strong> del documento, materia <strong>non disponibile</strong> dalle parti, ma <strong>sull’uso o sul non uso</strong> del <strong>documento</strong> della cui falsità si discute <strong>tra le parti</strong>, quale <strong>oggetto di reciproche concessioni</strong>;</li> <li>si tratta di una transazione che <strong>presuppone una lite giudiziale</strong>, <strong>non</strong> trovando applicazione laddove <strong>non vi sia</strong> in corso <strong>un giudizio civile di falso</strong>;</li> <li><strong>durante</strong> un giudizio civile di falso, può dunque intervenire una <strong>transazione che coinvolge la falsità</strong> del documento per cui è processo (in termini di <strong>utilizzo</strong> del documento stesso);</li> <li>tale transazione <strong>è valida</strong>, ma <strong>è inefficace</strong> finché non è <strong>omologata dal Tribunale</strong>, sentito il PM, onde si è al cospetto, per la dottrina, di <strong>una <em>condicio iuris</em> di efficacia</strong> della transazione;</li> <li>a differenza di <strong>altre ipotesi</strong> previste dal codice civile in cui il Tribunale <strong>può</strong>, in sede di omologazione, <strong>modificare l’accordo che omologa</strong> (tipico il caso dell’<strong>accordo di separazione consensuale</strong>, per quanto concerne <strong>affidamento e mantenimento dei figli</strong>: art.<strong>158, comma 2</strong>, c.c.) in questo caso il Tribunale <strong>può solo omologare o non omologare</strong>, <strong>non potendo modificare</strong> l’accordo transattivo siccome raggiunto dalle parti.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre ricordare in particolare della transazione novativa?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>è prevista <strong>all’art.1976</strong>;</li> <li>si ha – <strong>a monte</strong> - un <strong>rapporto</strong> ed un <strong>assetto di interessi tra le parti precedente</strong>, sul quale la transazione <strong>incide</strong>, e che viene <strong>estinto per novazione</strong>;</li> <li>si ha - <strong>a valle</strong> – un <strong>nuovo rapporto</strong>, e dunque un <strong>nuovo assetto di interessi</strong>, che si <strong>sostituisce integralmente, </strong>si<strong> sovrappone</strong> al <strong>rapporto originario</strong> <strong>novato</strong> (senza che peraltro siano coinvolti <strong>altri rapporti giuridici</strong> tra le parti, <strong>ancorché collegati</strong> al rapporto originario);</li> <li>per una parte della dottrina, essendo la transazione <strong>sempre costitutiva</strong>, essa <strong>è sempre novativa</strong>, sicché <strong>è superfluo isolare una figura peculiare</strong> di transazione definendola, per l’appunto, novativa, potendosi solo distinguere tra transazione “<strong><em>integralmente</em></strong>” o solo “<strong><em>parzialmente</em></strong>” novativa; per chi invece identifica la <strong>natura</strong> della transazione semplice in <strong>dichiarativa</strong>, la transazione novativa è quella <strong>peculiare transazione</strong> che produce <strong>effetti costitutivi</strong>, ovvero che <strong>collega</strong> <strong>due negozi distinti</strong> tra loro, <strong>uno generale transattivo dichiarativo</strong> e l’<strong>altro speciale transattivo costitutivo e dispositivo</strong>;</li> <li>sui rapporti tra <strong>transazione e novazione</strong>, in dottrina ed in giurisprudenza affiorano <strong>due diverse posizioni</strong>: e.1) seppure siano presenti <strong>elementi di omogeneità</strong>, occorre <strong>distinguere</strong> la <strong>novazione</strong> – che incide sulle singole <strong>obbligazioni</strong> di cui al <strong>rapporto originario</strong> – dal <strong>contratto di transazione</strong> e dai relativi <strong>effetti</strong> contestualmente <strong>estintivi del precedente rapporto</strong> e <strong>costitutivi del nuovo</strong>, con conseguente maggiore <strong>elasticità</strong> – per quanto concerne <strong>globalmente</strong> il <strong>rapporto sul quale si incide</strong> - nell’<strong>accertamento</strong> sul crinale <strong>oggettivo</strong> dell’<strong><em>aliquid novi</em></strong> e su quello <strong>soggettivo</strong> dell’<strong><em>animus novandi</em></strong> in capo alle parti; e.2) la transazione novativa costituisce un <strong>contratto</strong> che <strong>scatuisce dalla imprescindibile combinazione</strong> tra <strong>funzione transattiva</strong> e <strong>funzione novativa</strong>, onde <strong>è necessario sempre accertare</strong> – con riferimento al <strong>rapporto globalmente inteso</strong> e dunque al <strong>complessivo assetto degli interessi</strong> tra le parti - dal punto di vista <strong>oggettivo</strong> l’<strong><em>aliquid novi</em></strong> e dal punto di vista <strong>soggettivo</strong> l’<strong><em>animus novandi</em></strong> in capo alle parti medesime;</li> <li>in caso di <strong>inadempimento</strong>, a differenza di quanto accade nella <strong>transazione che non abbia carattere novativo</strong>, <strong>non è possibile agire</strong> per la <strong>risoluzione del contratto</strong>, salvo il solo caso in cui le parti <strong>si siano espressamente riservato tale diritto</strong> (art.<strong>1976 </strong>c.); la transazione novativa <strong>fa venire meno l’originario rapporto</strong> sul quale <strong>incide in modo totalizzante e sostitutivo</strong>, onde il <strong>rapporto originario ormai definitivamente eliso non può rivivere</strong> tramite la <strong>risoluzione</strong> del contratto di transazione novativa, a meno che le parti non abbiamo <strong>espressamente previsto</strong> in via <strong>derogatoria</strong> tale possibilità.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p>