<p style="text-align: justify;"> Il primo motivo di ricorso è infondato. Il Collegio è consapevole che, in tema di appropriazione indebita d’uso, si sono formati differenti orientamenti giurisprudenziali. Secondo un orientamento più risalente, l’appropriazione indebita d’uso non è prevista come reato. Al riguardo è stato statuito che:"non è prevista come reato la semplice appropriazione indebita d’uso, poiché elemento essenziale del delitto di cui all’art. 646 c.p., è l’inversione del possesso in dominio. L’uso, come qualsiasi profitto che si ricavi illegittimamente dalla cosa posseduta, può essere assunto, in concorso dell’elemento subiettivo, come elemento di prova dell’avvenuta appropriazione, ma non può, di per se, essere considerato sufficiente ad integrare l’estremo obiettivo del delitto. Occorre soprattutto che all’atto materiale, che ecceda le facoltà inerenti al possesso, si accompagni, esplicita od implicita ma inequivocabile, la manifestazione della volontà del soggetto attivo di tenere come propria la cosa" (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3502 del 20/12/1965 Ud. (dep. 28/01/1966) Rv. 100333). Ed ancora: "La semplice appropriazione indebita d’uso non è prevista come ipotesi di reato, giacché elemento essenziale del delitto previsto dallo art. 646 c.p., è l’inversione del possesso in dominio. L’uso, come qualsiasi profitto che si ricavi illegittimamente dalla cosa posseduta, può essere assunto, in concorso dell’elemento subiettivo, come elemento di prova dell’avvenuta appropriazione indebita, ma non può, di per se, essere considerato sufficiente a integrare l’elemento obiettivo del delitto previsto dal predetto articolo. Occorre soprattutto che all’atto materiale che eccede le facoltà inerenti al possesso si accompagni esplicita o implicita, ma inequivocabile, la manifestazione di volontà del soggetto attivo di tenere come propria la cosa". (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1534 del 24/11/1970 Ud. (dep. 23/03/1971) Rv. 117263; conforme Sez. 2, Sentenza n. 9208 del 22/2/1983, Rv 161008). A conclusioni opposte perviene un differente orientamento che ha statuito che: "L’appropriazione indebita può consistere anche nel solo uso della cosa, il quale è un modo di esercitarne il diritto di proprietà, se l’uso stesso non sia assolutamente consentito, atteso il titolo del possesso, ovvero risulti diverso da quello che, secondo questo titolo, è legittimo, divenendo cosi manifestamente un mezzo per effettuare l’appropriazione, se accompagnato dalla volontà di disporre della cosa come se fosse propria" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2954 del 15/12/1971 Ud. (dep. 03/05/1972) Rv. 120966; nel senso che l’appropriazione indebita d’uso integri il reato di cui all’art. 646 c.p., cfr Sez. 3, Sentenza n. 3445 del 2/2/1995, Riv. 203402). Tanto premesso, il Collegio ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale che considera sussistente il reato di appropriazione indebita, anche nell’ipotesi di uso indebito della cosa, qualora ricorrano determinate circostanze. Quello che conta è che l’uso indebito del bene, sia avvenuto trascendendo completamente - come nel caso di specie i limiti del titolo in virtù del quale l’agente deteneva in custodia il bene, di modo che l’atto comporti un impossessamento, sia pure temporaneo, del bene, determinandosi così quell’inversione del possesso che costituisce l’elemento oggettivo della struttura del reato (in tal senso N. 47665 del 2009 Rv. 245370 - 01; n. 44650 del 2015 Rv. 264899 - 0). Il reato alla data odierna è però estinto per intervenuta prescrizione. Per quanto riguarda la richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., si osserva che questa Corte ha già avuto modo di escludere che in relazione ad un reato già estinto per il decorso del termine di prescrizione, possa essere rilevata la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto (Sez. 3, n. 27055 del 26/05/2015, Sorbara; Sez. 3, n. 50215 del 08/10/2015, Sani). Infatti la definizione del procedimento con una pronuncia di estinzione per prescrizione rappresenta un esito più favorevole per l’imputato: mentre la dichiarazione di prescrizione estingue il reato, la declaratoria di non punibilità per la particolare tenuità del fatto lascia del tutto intatto il reato nella sua esistenza sia storica che giuridica e, inoltre, diverse sono le conseguenze scaturenti dalle due distinte tipologie di proscioglimento. Ne consegue chela sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.</p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Domiziana Pinelli</em> Corte di Cassazione, II, sentenza del 31.05.2019, n. 24471</p>