<p style="text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, sentenza 20 maggio 2021 n. 101</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera a), della legge della Regione autonoma Sardegna 21 febbraio 2020, n. 3 (Modifiche alle leggi regionali n. 45 del 1989 e n. 8 del 2015 in materia di Piano di utilizzo dei litorali), che aggiunge il comma 1-bis all’art. 43 della legge della Regione autonoma Sardegna 23 aprile 2015, n. 8 (Norme per la semplificazione e il riordino di disposizioni in materia urbanistica ed edilizia e per il miglioramento del patrimonio edilizio); vanno altresì dichiarate non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, lettere b), c) e d), della legge reg. Sardegna n. 3 del 2020, promosse, in riferimento agli artt. 9, 117, secondo comma, lettere l), m) ed s), della Costituzione e all’art. 3 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), nonché in relazione all’art. 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), dal Presidente del Consiglio dei ministri; infine, vanno dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera b), della legge reg. Sardegna n. 3 del 2020, promosse, in riferimento agli artt. 9, 117, secondo comma, lettere l), m) ed s), Cost. e all’art. 3 dello statuto speciale, nonché in relazione all’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, dal Presidente del Consiglio dei ministri.</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>2.− La Regione autonoma Sardegna ha, preliminarmente, eccepito l’inammissibilità del ricorso, rilevando che esso non avrebbe tenuto conto delle competenze che l’art. 3, primo comma, lettera f), dello statuto attribuisce al legislatore regionale. Infatti, come stabilito nelle norme di attuazione dello stesso statuto (art. 6 del d.P.R. 22 maggio 1975, n. 480, recante «Nuove norme di attuazione dello statuto speciale della regione autonoma della Sardegna»), nel disciplinare l’edilizia e l’urbanistica, le leggi sarde potrebbero occuparsi anche di profili attinenti alla tutela paesaggistica del territorio, talché la legge reg. Sardegna n. 3 del 2020 rappresenterebbe legittima attuazione delle norme statutarie.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>2.1.− L’eccezione non è fondata.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il ricorso statale, infatti, deduce la violazione dell’art. 3 dello statuto speciale, sostenendo che la legge parzialmente impugnata contrasti con un istituto di uniforme applicazione, disciplinato dalla legislazione dello Stato, di cui lo stesso art. 3 imporrebbe il rispetto.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>2.2.− La Regione rileva, altresì, l’inammissibilità del ricorso per carenza d’interesse all’impugnazione, derivante dalla mancata dimostrazione dei danni che la legge regionale arrecherebbe al bene tutelato. L’assenza di un interesse concreto all’impugnazione, inoltre, comporterebbe l’oscurità delle censure, le quali risulterebbero non adeguatamente motivate.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>2.3.− Nemmeno questi rilievi colgono nel segno.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, costantemente affermato che l’interesse a proporre l’impugnazione, nel giudizio in via principale, consiste nella tutela delle competenze legislative per come ripartite nella Costituzione: il corretto inquadramento delle competenze legislative rappresenta, in questo senso, l’utilità che ci si attende dalla pronuncia richiesta (ex plurimis, sentenze n. 56 del 2020, n. 178 del 2018 e n. 195 del 2017). Nel caso di specie, è, peraltro, indicato con chiarezza qual è il pregiudizio che l’illegittimo esercizio delle competenze regionali determinerebbe sui beni sottoposti a vincolo: nella tesi del ricorrente, le disposizioni impugnate consentirebbero, infatti, di mantenere le strutture sugli arenili oltre i limiti prescritti dall’autorizzazione paesaggistica, recando un danno visibile al valore paesaggistico delle spiagge. E il ricorso descrive, seppur sinteticamente, le ragioni per cui, ove fosse accertato il contrasto con la legge statale sulla tutela paesaggistica, risulterebbero violati gli ulteriori parametri costituzionali evocati.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>3.− Passando al merito delle questioni, giova richiamare brevemente le norme evocate quali parametro interposto di costituzionalità, perché utili alla definizione delle questioni promosse, sia con il primo, sia con il secondo motivo del ricorso.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il contenuto precettivo dell’art. 146 cod. beni culturali riguarda chiunque intenda intervenire, in ogni modo potenzialmente significativo, sui beni sottoposti a vincolo paesaggistico, e ciò indipendentemente dalla regolazione edilizia e urbanistica vigente sul territorio regionale. L’art. 146, infatti, rivolgendosi direttamente ai «proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell’articolo 142 […]», impone di non «distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione»; prescrive «l’obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere» e il dovere di «astenersi dall’avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l’autorizzazione». L’art. 146 cod. beni culturali prosegue affermando che l’autorizzazione paesaggistica «costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio», e che «[l]’autorizzazione è efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l’esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione».</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La legge statale, dunque, definisce il valore prioritario dell’autorizzazione paesaggistica e ne prescrive i termini di efficacia. Nelle parole della Corte di legittimità, «l’autorizzazione dell’ente preposto alla tutela del vincolo» costituisce, appunto, «un presupposto dell’efficacia» di qualsiasi altro titolo che abiliti a utilizzare il bene paesaggistico, posto che «il permesso di costruire legittima l’esecuzione di interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio secondo la relativa disciplina e dando concreta attuazione alle scelte operate con gli strumenti di pianificazione, l’autorizzazione paesaggistica concerne una valutazione circa l’incidenza di un intervento sull’originario assetto dei luoghi soggetti a particolare protezione, mentre la concessione demaniale consente il godimento del bene demaniale entro i limiti stabiliti dal provvedimento» (Corte di cassazione, sezione terza penale, sentenza 30 luglio 2013, n. 32966).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>4.− L’impugnazione dell’art. 1, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 3 del 2020 deve intendersi riferita alle sole lettere b), c) e d), cui si rivolgono le censure del ricorrente e cui va, pertanto, circoscritto l’oggetto del giudizio.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>4.1.− Le questioni non sono fondate, perché le disposizioni impugnate non determinano, nel contesto normativo in cui s’inseriscono, l’effetto temuto dal ricorrente.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Come detto, l’art. 22-bis della legge reg. Sardegna n. 45 del 1989 disciplina i Piani di utilizzo dei litorali: questi costituiscono uno strumento di pianificazione comunale, avente ad oggetto l’utilizzazione delle aree demaniali marittime con finalità turistico-ricreative. Più precisamente, i PUL disciplinano gli interventi per la costruzione di parcheggi e strutture a servizio della balneazione, della ristorazione e delle attività ludico-ricreative connesse all’uso del mare (comma 3), prevedendo che, ove necessario, tali interventi si realizzino dopo aver ottenuto l’autorizzazione paesaggistica (comma 4). Il posizionamento delle strutture previste in tali Piani, inoltre, è consentito nei litorali urbani e metropolitani senza limiti di tempo, mentre fuori da essi è ammesso nel periodo tra il 1° aprile e il 31 ottobre, fermo restando che «il posizionamento delle strutture di facile rimozione finalizzate all’esercizio di attività sportive e ludico-ricreative connesse all’uso del mare» è, comunque sia, ammesso senza limiti temporali (comma 5). Visto che non tutti i Comuni sardi hanno adottato il proprio PUL, l’art. 22-bis detta anche norme sulle attività dei titolari delle concessioni demaniali marittime già esistenti e valide «in assenza di PUL».</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>L’art. 1, comma 2, lettere b), c) e d), della legge reg. Sardegna n. 3 del 2020 ha modificato l’art. 22-bis, ai commi 6 e 9, eliminando la limitazione all’utilizzo delle strutture rimovibili sui litorali nella sola stagione balneare e permettendo, in astratto, il posizionamento delle strutture stesse per tutto l’anno. Inoltre, ha previsto che il PUL tenga conto delle concessioni già in essere, nei limiti di quanto stabilito nei titoli abilitativi e autorizzatori, e che, in assenza di Piani, le attività assentite siano mantenute e proseguano, in forza del titolo concessorio.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>4.1.1.− Il legislatore sardo ha disciplinato materie sulle quali ha competenza legislativa – edilizia, urbanistica e gestione delle concessioni con finalità turistico-ricreative che comportino il posizionamento di strutture di facile rimozione su beni del demanio marittimo (art. 3, primo comma, lettera f, dello statuto; artt. 40 e 41 della legge della Regione autonoma Sardegna 12 giugno 2006, n. 9, recante «Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali») – e non ha previsto deroghe alla legge statale sull’autorizzazione paesaggistica, che è invece espressamente richiamata nell’art. 22-bis, comma 4, della legge reg. Sardegna n. 45 del 1989.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Nell’art. 22-bis della legge reg. Sardegna n. 45 del 1989, dunque, non sono state introdotte norme che consentano al titolare della concessione – nel caso in cui l’autorizzazione paesaggistica imponga la rimozione stagionale dei manufatti – di mantenere, invece, questi ultimi sul litorale per tutto l’anno. Non v’è, inoltre, riferimento alcuno alla proroga dell’efficacia della autorizzazione paesaggistica sino alla scadenza della concessione demaniale.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>4.1.2.− Si può osservare, in proposito, che non esiste incompatibilità tra la legislazione regionale che consenta il posizionamento di manufatti per l’intero anno e la legislazione statale sulla tutela dei beni paesaggistici, se la prima garantisce che l’attuazione della seconda sia, senza eccezioni, assicurata.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Ogni tratto di costa possiede caratteristiche peculiari: sulla base di queste, l’autorità preposta alla tutela del vincolo è chiamata a stabilire le prescrizioni cui l’interessato deve adempiere per utilizzare il bene senza danneggiarne il valore paesaggistico. Di conseguenza, nel caso in cui, in relazione alle specificità dell’intervento proposto e dell’area vincolata, detta autorità rilasci un’autorizzazione paesaggistica con obblighi di rimozione stagionale del manufatto, l’interessato dovrà rimuoverlo alla fine della stagione balneare e procedere a riposizionarlo l’anno successivo, per tutta la durata dell’autorizzazione. Per le operazioni di smontaggio e rimontaggio periodico di strutture stagionali munite di autorizzazione paesaggistica non occorre ottenere, ogni volta, provvedimenti autorizzatori, come previsto nel punto A.28, Allegato A, del d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31 (Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>4.1.3.− Il posizionamento di strutture per l’esercizio delle attività svolte in regime di concessione demaniale marittima, di cui all’art. 1, comma 2, lettere b), c) e d), della legge reg. Sardegna n. 3 del 2020, dunque, s’intende condizionato all’osservanza dell’art. 146 cod. beni culturali, dato che, nel contesto normativo descritto, quest’ultimo non trova ostacoli applicativi. Questa Corte ha, d’altronde, già avuto modo di affermare che gli istituti di protezione ambientale e paesaggistica validi su tutto il territorio nazionale trovano applicazione, ove non derogati, pur in assenza di specifici o reiterati richiami da parte della legislazione regionale (in tal senso, da ultimo, sentenze n. 54 e n. 29 del 2021, n. 258 del 2020).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>In tali termini, le questioni promosse nel primo motivo del ricorso non sono fondate.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>5.− A simili esiti non si può pervenire in riferimento alle censure formulate nel secondo motivo del ricorso, a cagione, sia della diversità del contenuto delle disposizioni impugnate, sia del contesto normativo all’interno del quale esse sono inserite.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Occorre esaminare partitamente le questioni dell’art. 2, comma 1, lettera a), della legge reg. Sardegna n. 3 del 2020 e le questioni dell’art. 2, comma 1, lettera b), della stessa legge regionale.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>5.1.− Le questioni dell’art. 2, comma 1, lettera a), nella parte in cui modifica l’art. 43 della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015 sono fondate. Il comma 1-bis del menzionato art. 43, introdotto dalle disposizioni impugnate, viola l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’art. 146 cod. beni culturali, e l’art. 3 dello statuto speciale.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Nel nuovo comma 1-bis è stabilito che «il posizionamento delle strutture di facile rimozione a scopo turistico-ricreativo è ammesso per l’intero anno solare». Dalla formulazione letterale della disposizione si evince che il legislatore regionale autorizza ex lege il posizionamento delle strutture sugli arenili, dietro comunicazione di almeno dieci mesi di operatività. Si tratta, infatti, di un’asserzione, rivolta a chicchessia, per cui il mantenimento di tali manufatti in situ per tutto l’anno è senz’altro ammesso, e che, proprio per questo, è lesiva dell’art. 146 cod. beni culturali.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Si deve, inoltre, considerare che nell’art. 43 della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015 non sono altrove presenti riferimenti alla necessità dell’autorizzazione paesaggistica. Anzi, l’unico richiamo testuale a tale autorizzazione è inserito nella disposizione in cui si è stabilito che la sua efficacia, per le strutture ubicate nella fascia dei trecento metri dalla battigia marina, è prorogata sino alla scadenza del titolo concessorio demaniale, e, fuori dal demanio, «fino al perdurare della relativa esigenza», in palese violazione dell’art. 146, comma 4, cod. beni culturali, che ne definisce l’efficacia temporale quinquennale (si veda, con riferimento a una legge della Regione Siciliana, la sentenza n. 172 del 2018). Nemmeno all’esito di una ricerca sul piano sistematico è possibile rintracciare riferimenti alla necessità di ottenere l’autorizzazione al posizionamento delle strutture per tutto l’anno. All’interno della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015 – sul riordino di varie funzioni edilizie e urbanistiche – l’art. 43, di cui si tratta, è il solo articolo del Capo III, appositamente dedicato al posizionamento delle strutture a servizio della balneazione, nel Titolo III su «[d]isposizioni transitorie, abrogazioni e disposizioni finali».</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>5.1.1.− «Il mantenimento delle opere precarie in questione» – come questa Corte ha già affermato – non può certo avvenire «in mancanza della necessaria positiva valutazione di compatibilità paesaggistica» (sentenza n. 232 del 2008), potendosi determinare uno sfruttamento delle coste che svilirebbe le loro bellezze naturali. È chiaro che, in assenza del controllo periodico delle autorità paesaggistiche preposte alla tutela del vincolo, la legge regionale che permette di posizionare, per tutto l’anno, le strutture turistico-ricreative, può produrre un danneggiamento, indiscriminato, del valore preminente connaturato al litus maris.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Per le su esposte ragioni, va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, lettera a), della legge reg. Sardegna n. 3 del 2020, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’art. 146 cod. beni culturali – che reca «norme di grande riforma economico-sociale», valide anche per le Regioni a statuto speciale (ex plurimis, sentenze n. 172 del 2018 e n. 189 del 2016) – e dell’art. 3 dello statuto speciale.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>È assorbito l’esame degli ulteriori profili di censura.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>5.2.− Le questioni dell’art. 2, lettera b), della legge reg. Sardegna n. 3 del 2020, invece, non sono fondate.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La disposizione impugnata prevede l’abrogazione dell’art. 43, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015, secondo cui «in via transitoria il permesso di costruire per la realizzazione delle strutture di cui al comma 1 non può avere durata superiore a quella della stagione balneare». Tale intervento normativo non ha capacità lesiva della competenza statale ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., riguardando esclusivamente il permesso di costruire: un titolo edilizio, la cui disciplina ricade nella competenza del legislatore sardo.</em></p>