CONSIGLIO DI STATO, VII – sentenza 16.07.2024 n. 6380
PRINCIPIO DI DIRITTO
la Corte di Giustizia ha ribadito che l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso da poter essere considerati disposizioni produttive di effetti diretti; (…) qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- L’appello è infondato, per le ragioni di seguito esposte, dovendo la sentenza impugnata essere confermata, sia pure con integrazioni della relativa motivazione.
- Le appellanti contestano, innanzitutto, la sentenza in quanto asseritamente viziata da motivazione carente, evidenziando come la pronuncia impugnata faccia parte di una serie di decisioni adottate dal T.a.r. Liguria in analoghi giudizi promossi dai titolari di concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo.
5.1. Tuttavia, mentre la maggior parte di tali ricorsi riguardava la domanda di annullamento dei provvedimenti con cui le amministrazioni avevano negato l’estensione della durata delle concessioni, prevista dalla legge 145/2018 (commi 682 ss.), avviando contestualmente le selezioni per l’assegnazione di tali aree, con procedura comparativa da svolgersi secondo quanto stabilito dalla legge regionale della Liguria n. 26/2017, col ricorso introduttivo le odierne appellanti hanno, invece, impugnato la determinazione con la quale nel 2022 l’ente locale revocava il proprio precedente provvedimento del 2019 di estensione della durata delle concessioni al 31 dicembre 2033, fissando la nuova scadenza al 31 dicembre 2023 e richiamando quanto statuito dalle sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nn.17 e 18 del 9 novembre 2021.
La declaratoria di improcedibilità sarebbe, quindi, frutto di una motivazione stereotipata e inconferente, del tutto avulsa dal caso di specie, dal petitum del giudizio e dalle specifiche censure sollevate dalle ricorrenti coi motivi di gravame.
5.2. Con il secondo motivo parte appellante critica la sentenza impugnata, in quanto:
- a) in tesi, la qualificazione della sopra indicata legge 118/2022 in termini di legge – provvedimento sarebbe erronea, non presentando i caratteri distintivi della specificità e della concretezza, trattandosi di legge che delega la riforma di un intero settore secondo determinati criteri generali;
- b) la decisione si è limitata a richiamare la sopravvenienza della legge – alla quale ha ricondotto l’effetto retroattivo della caducazione delle proroghe- omettendo di considerare che il provvedimento di autotutela era basato non sulla predetta sopravvenienza bensì sull’orientamento espresso dall’Adunanza plenaria nelle pronunce nn. 17 e 18 del 2021 (…)
- c) l’art. 3 della l. n. 118 del 2022 avrebbe dovuto essere disapplicato, alla luce delle statuizioni contenute nella sentenza della Corte di Giustizia del 20 aprile 2023, causa C 348/22, con la quale è stato riconnesso rilievo, ai fini dell’applicazione dell’art. 12 della c.d. direttiva Bolkestein, al previo accertamento da parte degli Stati membri della sussistenza o meno della scarsità della risorsa naturale oggetto della concessione.
5.3. Su tali basi, dunque, l’appellante ha riproposto le censure non esaminate in conseguenza della statuizione in rito, così in sostanza devolvendo tutta l’originaria materia del contendere.
- Le riassunte censure non sono fondate.
- In primo luogo, non può condividersi la doglianza concernente la carenza di motivazione.
Infatti, è chiaro il percorso logico argomentativo posto a base della declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse ad opera della sentenza.
7.1. Inoltre, non si vede quale sostanziale differenza possa riscontrarsi tra le fattispecie decise dai richiamati precedenti del T.a.r. Liguria: in tutti i giudizi definiti con tali pronunce sono stati, infatti, dichiarati improcedibili in virtù della sopravvenienza normativa i ricorsi con cui gli operatori economici interessati facevano valere la pretesa alla estensione della durata delle concessioni demaniali marittime fino al 31 dicembre 2033.
- Venendo al merito delle questioni deve rilevarsi che i motivi di censura sono stati già ampiamente confutati da questa Sezione in molteplici sentenze di rigetto degli appelli rese su fattispecie analoghe, a definizione dei giudizi in cui erano state impugnate le sentenze del T.a.r. Liguria che hanno dichiarato l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dei ricorsi proposti per l’annullamento dei provvedimenti comunali che hanno negato la proroga al 31 dicembre 2033 in conseguenza dell’entrata in vigore dell’art. 3 della legge 118 del 2022 che ha previsto la scadenza delle concessioni demaniali marittime alla data del 31 dicembre 2023 (cfr., le sentenze Cons. Stato, VII, nn. 2662, 2664, 2679 del 19 marzo 2024).
8.1. Nello specifico, nelle controversie decise con le pronunce ora citate erano state formulate dagli operatori economici, titolari di concessioni demaniali marittime ad uso turistico – ricreativo, contro le sentenze appellate censure di contenuto pressoché identico a quelle dedotte con il secondo motivo del presente appello, censure di cui le predette pronunce hanno ritenuto l’infondatezza, evidenziando in sintesi:
- a) l’incondivisibilità della tesi secondo cui il primo giudice avrebbe dovuto disapplicare l’art. 3 della l. n. 118 del 2022, per contrasto con la disciplina unionale e, segnatamente, con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE alla luce della sentenza della Corte di Giustizia 20 aprile 2023, causa C 348/2022, secondo cui la sopra indicata disposizione trova applicazione esclusivamente nel caso in cui sussista la scarsità della risorsa naturale oggetto della concessione da rilasciarsi, che l’Autorità nazionale avrebbe, quindi, dovuto previamente appurare;
- b) la non configurabilità di alcun diritto dei concessionari alla proroga del rapporto con l’amministrazione;
- c) l’impossibilità di ritrarre dalla pronuncia della Corte di Giustizia, sulla quale è incentrata la contestazione rivolta alla declaratoria di improcedibilità contenuta nella sentenza impugnata, le conseguenze che parte appellante pretende di trarre;
- d) la corretta qualificazione operata dal primo giudice in relazione alla l. n. 118 del 2022
8.2. In particolare, su ciascuno di tali profili – ribadendo quanto già statuito dai richiamati precedenti della Sezione- può evidenziarsi quanto segue.
8.3. Con riguardo al primo aspetto, il ricorso originario non reca alcuna deduzione incentrata sui profili sopra indicati, valorizzati dall’appellante solo con il ricorso in appello, avendo la ricorrente originaria incentrato le proprie argomentazioni su generiche considerazioni in ordine alla valutazione del “caso di specie” e alla tutela del legittimo affidamento rivendicato. In nessun punto del ricorso originario parte appellante ha contestato l’omessa valutazione da parte dell’ente in ordine alla sussistenza o meno dell’esiguità della risorsa naturale oggetto di concessione.
8.3.1. Per vero, neanche nel ricorso in appello si è particolarmente approfondito tale aspetto neanche con riguardo al fatto che la scarsità della risorsa avrebbe dovuto costituire oggetto di preliminare e approfondita verifica, con conseguente perdurante sussistenza dell’interesse alla definizione del giudizio nel merito. Parte appellante non si sofferma, infatti, neanche sui criteri alla luce dei quali l’Amministrazione avrebbe dovuto operare una siffatta valutazione.
8.4. Con riguardo al secondo aspetto, il consolidato orientamento della Sezione, che il Collegio condivide, è nel senso che, a prescindere dall’applicazione della sopra richiamata direttiva europea, non è configurabile alcun diritto dei concessionari alla proroga del rapporto con l’amministrazione, essendo quest’ultima attributaria di poteri e prerogative funzionali ad assicurare il miglior perseguimento degli interessi pubblici implicati; in particolare, a riguardo è stato chiarito che “la gestione dei beni pubblici demaniali, infatti, è retta, anche a livello nazionale, dai principi e dalle norme contenute nel codice della navigazione e nelle disposizioni di contabilità pubblica recate dal Regio decreto n. 2440 del 1923 e dal Regio decreto n. 827 del 1924” (cfr. Cons. Stato, VII, 2662/2024 cit.).
8.5. Inoltre, dalla pronuncia della Corte di Giustizia sulla quale è incentrata la contestazione rivolta alla declaratoria di improcedibilità contenuta nella sentenza impugnata non sono ritraibili le conseguenze che parte appellante pretende di trarre.
8.5.1. Con la sentenza del 20 aprile 2023, causa C 348/22, infatti, la Corte di Giustizia ha ribadito che l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso da poter essere considerati disposizioni produttive di effetti diretti; viene evidenziato, altresì, che “dallo stesso tenore letterale dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123” emerge “che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento”.
8.5.2. Correttamente dunque la sentenza ha soggiunto che non spiega alcuna influenza, ai fini dell’interesse al ricorso (venuto meno per effetto della sopravvenuta legislazione italiana che ha stabilito al 31 dicembre 2023 la scadenza delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo), l’allora pendenza innanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea della questione pregiudiziale sollevata, ai sensi dell’art. 267 TFUE, da T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, ord. 11 maggio 2022, n. 743, in merito all’interpretazione della direttiva 123/2006/CE (c.d. Bolkestein).
8.5.3 Infatti, la circostanza che detta sentenza della Corte di Giustizia rechi riferimento alla valutazione, demandata all’Autorità nazionale, in ordine alla sussistenza o meno della scarsità della risorsa naturale oggetto della concessione da rilasciarsi non dispiega alcuna incidenza nel presente giudizio e, soprattutto, non determina alcun contrasto dell’art. 3 della l. n. 118 del 2022 con la disciplina unionale.
8.5.4. Invero, come pure chiarito nella medesima sentenza della Corte di Giustizia “è necessario che i criteri adottati da uno Stato membro per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili si basino su criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati”, seguendo un approccio “generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso”. (…)
8.6. I richiamati precedenti – rilevato la valenza dirimente ai fini del rigetto del ricorso delle precedenti argomentazioni – hanno poi svolto ulteriori considerazioni che ben si attagliano alla presente fattispecie.
8.7. Il Collegio rileva che con il ricorso originario parte appellante ha essenzialmente sostenuto la spettanza in proprio favore della proroga della concessione di cui era titolare sino al 31 dicembre 2033, in applicazione dell’art. 1, commi 682-683, della legge n. 145 del 2018.
8.7.1. Correttamente, dunque, il primo giudice ha considerato nelle proprie valutazioni e statuizioni quanto dedotto e allegato dalla ricorrente originaria.
8.7.2. (…)
8.7.3. Come già chiarito dall’Adunanza Plenaria nelle sopra richiamate sentenze del 2021, la proroga prevista dall’art. 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 avviene automaticamente, in via generalizzata ed ex lege, senza l’intermediazione di alcun potere amministrativo. Di tale proroga le società appellanti non avrebbero mai potuto beneficiare in quanto, come pure definitivamente chiarito dall’Adunanza Plenaria nelle sentenze nn. 17 e 18 del 2021, le norme legislative nazionali che hanno disposto la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid-19 dall’art. 182, comma 2, decreto legge n.34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020 – sono in contrasto con il diritto unionale e, segnatamente, con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE; tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione.
8.8. Il Collegio condivide, inoltre, la qualificazione operata dal primo giudice in relazione alla l. n. 118 del 2022, in quanto le previsioni riferite all’efficacia delle concessioni demaniali marittime contenute in tale testo normativo integrano una legge provvedimento che non dispone in via generale e astratta, ma, intervenendo su un numero delimitato di situazioni concrete, recepisce e “legifica”, prorogandone il termine, le concessioni demaniali già rilasciate; soccorrono, anche al riguardo, le argomentazioni esplicitate nelle sopra indicate sentenze dell’Adunanza Plenaria in relazione all’art. 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
8.8.1. In altri termini, la legge sopravvenuta in questione – pur rappresentando il precipitato di un procedimento legislativo ordinario – partecipa della natura di atto amministrativo, in quanto non disciplina in via astratta e generale lo statuto di tutte le future concessioni demaniali marittime, ma dispone in concreto su casi e rapporti, ancorché numerosi, specifici e determinati (o, comunque, agevolmente determinabili) – e, dunque, provvede direttamente ed immediatamente per tutte le concessioni in essere al momento della sua entrata in vigore.
8.8.2. Pertanto, la sua emanazione determina ex se l’improcedibilità del ricorso proposto contro l’originario atto amministrativo, in quanto il sindacato del giudice amministrativo incontra un limite insormontabile nell’intervenuta legificazione del provvedimento amministrativo (così Cons. St., sez. IV, 9 marzo 2012, n. 1349).
8.8.3. Al soggetto leso resta la tutela sul piano della giustizia costituzionale, la cui natura incidentale postula l’impugnazione espressa innanzi al giudice amministrativo degli atti di esecuzione della legge-provvedimento: nella specie, però, non risultano ancora intervenuti atti esecutivi della legge-provvedimento, né, comunque, la legge in parola è stata contestata nel presente giudizio.
8.8.4. In ogni caso, anche a prescindere dal suddetto profilo, come già in precedenza rilevato, parte appellante non poteva beneficiare di una proroga inapplicabile perché in contrasto con il diritto dell’Unione, con la conseguenza che “l’effetto della proroga deve considerarsi tamquam non esset, come se non si fosse mai prodotto” (A.P. n. 17 del 2021).
8.8.5. Pertanto, nessun legittimo affidamento delle appellanti può ritenersi sussistente non venendo neppure in rilievo i poteri di autotutela decisoria dell’amministrazione ove solo si consideri che l’atto con cui il Comune di (…) ha inizialmente attestato l’avvenuta proroga della concessione ha assunto una valenza meramente ricognitiva, essendo l’effetto di cui si discute scaturito direttamente dalla legge; ciò con l’ulteriore rilievo che detto atto non reca alcuna specifica valutazione della situazione delle società appellanti, speciale e diversa dalla generalità degli altri concessionari, bensì soltanto un generico richiamo alla proroga ex lege disposta dall’art. 1, commi da 682 a 684 della l. n. 145 del 2018.
8.9. Per completezza si osserva che esula, inoltre, dal presente giudizio ogni questione riferita all’eventuale spettanza di un indennizzo per gli investimenti sostenuti, non oggetto del ricorso originario, ritenendosi, al riguardo, sufficiente rilevare che la natura controversa delle proroghe automatiche disposte dal legislatore nazionale costituisce una problematica risalente e che, come rilevato anche dall’Adunanza Plenaria nelle pronunce del 2021 (i cui principi – come chiarito dalla richiamata giurisprudenza- risultano insuperati, in assenza, allo stato, di contrasti suscettibili di considerazione ai fini di una ulteriore rimessione ai sensi dell’art. 99 c.p.a.), l’ammortamento degli investimenti sostenuti dovrà, ove ne ricorrano i presupposti, costituire oggetto di considerazione in sede di indizione delle procedure competitive di assegnazione delle concessioni, potendo essere supportato dal riconoscimento di un indennizzo in favore dei concessionari uscenti.
8.9.1. Non vantando le società appellanti alcun titolo sull’area oggetto dell’originaria concessione, ormai scaduta, deve dunque escludersi la perdurante sussistenza di un interesse a contestare le determinazioni con le quali l’amministrazione ha doverosamente conformato il proprio operato al diritto unionale, in applicazione del principio di primazia di quest’ultimo.
- In definitiva, deve rilevarsi che, neanche alla luce di quanto ulteriormente dedotto dall’appellante con la memoria conclusiva, si rinvengono ragioni per ripensare l’ora visto orientamento della Sezione, il quale, anzi, nella vicenda qui in esame risulta corroborato anche da quanto statuito dalla Sezione nella recente sentenza 30 aprile 2024, n. 3940: anche quest’ultima pronuncia, respingendo l’appello proposto dalla società gestrice di uno stabilimento balneare su un tratto di arenile situato proprio nel Comune di (…), ha confermato la declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, a seguito dell’entrata in vigore della nuova normativa statale in materia di durata delle concessioni demaniali marittime (art. 3 della l. n. 118 del 2022, da qualificarsi come legge provvedimento), del ricorso originario, integrato da motivi aggiunti, per l’annullamento delle deliberazioni della Giunta Comunale di (…)
9.1. Ne segue che le motivazioni esplicitate dalle sentenze citate per confutare le censure in discorso possono intendersi qui integramente richiamate, ai sensi e per gli effetti degli artt. 88, comma 2, lett. d), e 74 c.p.a..
9.2. Infatti, ai sensi dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a. la sentenza deve contenere “la concisa esposizione dei motivi in fatto e in diritto della decisione, anche con rinvio a precedenti cui intende conformarsi”; l’art., 74 c.p.a. stabilisce poi, con riferimento alle sentenze in forma semplificata, che “la motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme” (C.d.S., Sez. VII, 2 novembre 2022, n. 9553; Sez. VI, 25 febbraio 2021, n. 1636).
9.3. Pertanto, in base ai precetti degli artt. 88, comma 2, lett. d), e 74 c.p.a., nonché in ossequio all’obbligo di sintesi prescritto dall’art. 3, comma 2, c.p.a. (C.d.S., Sez. VII, 9 ottobre 2023, n. 8742), alla motivazione della presente decisione può provvedersi, ai fini della declaratoria dell’infondatezza dei motivi di appello, oltre che con le considerazioni sopra esposte, anche mediante l’integrale richiamo alle motivazioni di cui alle sentenze di questa Sezione nn. 2662, 2664, 2679 del 19 marzo 2024 e n. n. 3940 del 30 aprile 2024, dovendo ribadirsi anche in questa sede le argomentazioni sviluppate nei richiamati precedenti.
- L’appello deve essere, pertanto, respinto.
- Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente grado di giudizio, non essendosi costituito nemmeno avanti a questo Consiglio di Stato il Comune appellato.
- Rimane definitivamente a carico della parte appellante in solido il contributo unificato richiesto per la proposizione del gravame.