TAR LAZIO – ROMA, Sezione II BIS, sentenza 31 luglio 2024 n. 15533
PRINCIPIO DI DIRITTO
A mente dell’art. 823, comma secondo, c.c., spetta all’autorità amministrativa, oltre alla facoltà di valersi dei mezzi a difesa della proprietà e del possesso ordinariamente concessi al quisque de populo, anche la facoltà di procedere in via amministrativa.
E’ questa la c.d. autotutela esecutiva, il cui unico presupposto è ravvisabile (oltre che nel carattere demaniale od indisponibile del bene di proprietà pubblica) nell’occupazione sine titulo del bene pubblico, senza che a legittimare lo stato di fatto possa rilevare un’eventuale iniziale tolleranza in merito all’occupazione del bene, non radicando un simile contegno dell’amministrazione alcuna posizione di diritto o di interesse legittimo in capo all’occupante sine titulo.
Detto potere, inoltre, ha natura doverosa e vincolata e non necessita né della preventiva comparazione con gli interessi del privato occupante, non potendosi giammai ingenerare un affidamento “legittimo” in presenza di una situazione connotata da evidente abusività, né di specifica motivazione, se non quella necessaria a dare atto dell’accertamento dell’abusiva occupazione e nei confronti del quale non è configurabile il vizio di eccesso di potere, perché l’esercizio del potere di autotutela esecutiva si giustifica unicamente in ragione della perdurante occupazione sine titulo del bene pubblico.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Con atto di gravame notificato e depositato nei termini di rito, l’associazione ricorrente avversava la determinazione dirigenziale n. 256 del 27.12.2021 emanata dal dirigente del competente servizio del comune di Nettuno con la quale l’autorità municipale le ordinava di provvedere, entro 30 giorni, allo sgombero dei locali siti in via Piscina-Tre Cancelli n. 2, appartenenti al patrimonio indisponibile dell’ente ed adibiti a sala operativa e base per i mezzi antincendio boschivo (AIB) territoriali.
In particolare, l’amministrazione comunale rilevava che, con delibera commissariale n. 33 del 23.7.2018, il suddetto immobile era stato individuato come sede del centro operativo comunale (COC) ed intercomunale (COI) di protezione civile, nonché come base operativa dei mezzi antincendio boschivo operanti sul territorio.
Ancora, con determina dirigenziale n. 45 del 18.12.2014, l’amministrazione comunale aveva preso atto delle convenzioni sottoscritte con le associazioni di volontariato e protezione civile per il quinquennio 2014/2019, successivamente prorogato di ulteriori nove mesi con determina dirigenziale n. 49 del 20.1.2020.
Con determina n. 1153 del 6.11.2020, invece, l’amministrazione prendeva atto della graduatoria delle organizzazioni di volontariato di protezione civile conseguente alla selezione indetta con avviso pubblico approvato con determina del 5.10.2020.
Tra le organizzazioni di volontariato selezionate a seguito della suddetta procedura vi era anche l’associazione ricorrente con la quale tuttavia, per come è dato evincere dalle premesse del provvedimento impugnato, non veniva sottoscritta alcuna convenzione in ragione di inadempimenti asseritamente commessi dalla medesima.
In particolare, a seguito di sopralluogo compiuto l’1.12.2020 presso i locali in questione, sarebbero state accertate alcune modifiche strutturali compiute senza autorizzazione degli uffici comunali, oltre all’avvenuta installazione di nuove serrature senza la consegna delle relative chiavi al personale dell’ente.
In definitiva, le anzidette modificazioni dello stato dei luoghi, in uno a “comportamenti ripetitivi ritenuti lesivi nei confronti dell’amministrazione”, il cui compimento veniva contestato all’associazione ricorrente, invitandola altresì al ripristino dello status quo ante ed alla consegna delle chiavi al personale comunale, venivano considerate dal comune ragione sufficiente per intimare all’associazione il rilascio dei locali de quibus, provvedimento contro il quale parte ricorrente avanzava il presente gravame, preliminarmente rappresentando in fatto quanto segue.
Con convenzione del 27.11.2014, l’amministrazione comunale di Nettuno e l’associazione nazionale Carabinieri – nucleo protezione civile Anzio e Nettuno, regolavano i propri rapporti, il comune intendendo avvalersi della collaborazione dell’associazione ricorrente per l’attività di protezione civile (in conformità a quanto previsto dalla l. n. 225/1992) per tutte le attività di previsione, prevenzione soccorso e superamento di emergenza in esito ad eventi calamitosi di qualsiasi origine.
Dal canto proprio, l’associazione si impegnava a fornire la propria collaborazione con l’amministrazione comunale a titolo gratuito, mettendo a disposizione sia personale volontario che i propri mezzi ed attrezzature al fine di fronteggiare le citate emergenze.
La durata della convenzione veniva fissata in cinque anni, prorogabili su concorde volontà delle parti e con facoltà, per entrambe le parti, di recedere previo avviso scritto da inviarsi entro tre mesi dalla scadenza e, per l’amministrazione comunale, di recedere unilateralmente, in qualsiasi momento e senza diritto per l’associazione ad alcun rimborso a qualsiasi titolo, in caso di sopravvenienza di circostanze idonee a vanificare gli accordi convenzionalmente stabiliti.
In seguito, con delibera commissariale assunta con i poteri della giunta n. 33 del 23.7.2018, il comune di Nettuno, in considerazione del fatto che il nuovo piano di emergenza comunale aveva previsto l’individuazione di una sede del comitato operativo comunale (C.O.C.) ovvero intercomunale (C.O.I), individuava a tal fine il locale comunale ex delegazione Anagrafe di Tre Cancelli sito in Via Tre Cancelli- Piscina n.2, nel quale allocare sia la base operativa del C.O.C che la base operativa dei mezzi antincendio boschivi (AIB) territoriali.
Ancora, in data 5.12.2018, il presidente dell’associazione ricorrente informava il comando di polizia locale di aver trovato, alle ore 15 del 22.11.2018, l’inferriata d’ingresso della sede COI di Tre Cancelli completamente spalancata e, al fin di preservare la custodia delle costose attrezzature contenute all’interno della sede, di aver sostituito le serrature dell’ingresso, rendendosi disponibile a richiesta dell’autorità municipale a fornirne le chiavi, di cui comunque egli si riservava di mantenere la custodia.
Provveduto, poi, a prorogare per nove mesi la durata delle convenzioni in essere, esponeva ancora la ricorrente come il comune di Nettuno avesse indetto un avviso pubblico per la selezione di organizzazioni di volontariato di protezione civile con le quali sottoscrivere nuove convenzioni e che l’associazione in questione si fosse utilmente collocata in graduatoria.
Tuttavia, non si addiveniva alla stipula di una nuova convenzione, piuttosto muovendosi, ad opera del comune, una serie di obiezioni, sintetizzate nella nota del 28.4.2021, con la quale, riprendendo gli esiti del sopralluogo effettuato l’1.12.2020, veniva contestato:
– il cambio delle serrature e la mancata consegna di copia delle chiavi;
– la sostituzione di un lavandino del bagno con un lavello da cucina in metallo;
– la chiusura del piatto doccia, sul quale venivano posizionati un armadio ed una scaffalatura;
– il generale cattivo stato di manutenzione della sede, che risultava sporca e maleodorante;
– il posizionamento all’esterno della sede, senza autorizzazione, di un soggetto luminoso a forma di pupazzo di neve e di un’immagine religiosa.
In seguito, rimasta senza esito la diffida impartita dal comune, sopraggiungeva il provvedimento avversato, contro il quale l’associazione ricorrente avanzava i seguenti motivi di ricorso.
Con il primo, essa lamentava l’eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e carenza di motivazione, ritenendo che l’amministrazione comunale avesse erroneamente individuato nella convenzione stipulata il 27.11.2014 il titolo legittimante l’occupazione dell’immobile comunale sito in località Tre Cancelli.
Infatti, sosteneva la ricorrente, detto atto non recava in alcun punto la disciplina della concessione dei locali appartenenti al patrimonio indisponibile del comune.
Viceversa, detto atto era da individuarsi, nella prospettazione fornita da parte ricorrente, nella delibera commissariale n. 33 del 23.7.2018, con la quale la sede comunale di via Tre Cancelli veniva adibita a base operativa per i mezzi antincendio boschivo territoriali, in uno con l’inserimento della ricorrente nella graduatoria delle organizzazioni di volontariato di protezione civile predisposta a seguito dell’avviso pubblico comunale del 5.10.2020; in altre parole, a parere della ricorrente, l’inserimento in detta graduatoria e la destinazione, da parte della delibera commissariale, della sede comunale di via Tre Cancelli a sede operativa dei mezzi antincendio boschivo legittimerebbe la medesima alla regolare detenzione ed uso dei locali in questione.
Ove mai poi, sempre secondo la ricorrente, si volesse ritenere che il rapporto concessorio abbia fonte nella convenzione del 27.11.2014, l’associazione ricorrente censurava comunque l’irrazionalità e l’illogicità della motivazione addotta dall’amministrazione comunale con il provvedimento avversato.
Infatti, l’ente sarebbe stato messo al corrente del cambio della serratura (conseguenza dell’effrazione subita dalla porta di ingresso ai locali) sin dal 6.12.2018, e mai sarebbero state negate al personale del comune l’accesso o la disponibilità delle chiavi.
Quanto alle modifiche strutturali asseritamente apportate senza autorizzazione dell’ente, parte ricorrente riconduceva le medesime esclusivamente alla sostituzione di un fatiscente lavandino in ceramica con uno nuovo in acciaio, al posizionamento di un armadio rimuovibile per permettere ai volontari di cambiarsi e all’installazione di alcuni addobbi natalizi.
Con il secondo mezzo di censura, parte ricorrente lamentava la violazione di legge e della convenzione stipulata il 27.11.2014, asserendo essere la convenzione (scaduta nel 2019 e prorogata, con atto dell’amministrazione comunale, per ulteriori 9 mesi) sarebbe stata rinnovata per consenso tacito o fatti concludenti e, comunque, l’amministrazione resistente non avrebbe mai esplicitamente fatto pervenire un atto di recesso unilaterale, in violazione dell’art. 11 della l. n. 241/1990.
Infine, parte ricorrente avanzava domanda di sospensione cautelare del provvedimento avversato, anche inaudita altera parte.
Con decreto n. 787/2022 veniva accolta l’istanza cautelare ex art. 56 c.p.a. mentre, con ordinanza n. 1398 del 2.3.2022, il Collegio respingeva la domanda di sospensione avanzata ai sensi dell’art. 55 c.p.a., pronuncia questa seguita da una decisione di senso contrario assunta dal Consiglio di Stato a seguito di appello cautelare avanzato dalla ricorrente.
Si costituiva in giudizio il comune di Nettuno.
Si costituiva con nuovo difensore anche l’associazione ricorrente.
In prossimità dell’udienza di discussione nel merito dell’affare, l’amministrazione resistente depositava memoria ex art. 73 c.p.a., prendendo posizione, contestandoli, sui motivi di ricorso addotti da controparte.
All’udienza pubblica del 15.7.2024, l’affare veniva trattenuto in decisione.
Viene all’esame del Collegio il gravame, avanzato dall’associazione ricorrente (operante nel settore del volontariato di protezione civile ai sensi del d.lgs. n. 1/2018), avverso l’ordinanza con cui il comune di Nettuno le intimava la restituzione, libera da cose e persone, di un immobile appartenente al patrimonio indisponibile del comune e, segnatamente, della già delegazione anagrafica di via Tre Cancelli n. 2.
In estrema sintesi, tale atto viene ritenuto illegittimo dalla ricorrente in quanto il titolo legittimante l’occupazione dell’immobile de quo avrebbe dovuto rinvenirsi non nella convenzione conclusa tra di essa ed il comune di Nettuno il 27.11.2014 quanto, piuttosto, nell’inclusione della medesima tra le organizzazioni di volontariato di protezione civile utilmente incluse nella graduatoria approvata dall’ente il 6.11.2020 in uno con la destinazione del bene in questione a sede dei gruppi antincendio boschivo locali, avvenuta con deliberazione commissariale del 23.7.20218.
In subordine, ove il titolo legittimante alla concessione in uso dei locali comunali fosse stato rinvenuto nella convenzione del 27.11.2014, parte ricorrente ne asseriva la perdurante validità e l’inefficacia di eventuali recessi mai manifestati nelle forme di legge.
D’altro canto, parte resistente riconduce il titolo di legittimazione alla fruizione dei locali di proprietà comunale all’anzidetta convenzione conclusa nel 2014, ponendo a fondamento dell’intimazione di sgombero i ripetuti inadempimenti degli obblighi convenzionalmente assunti che l’associazione avrebbe commesso.
Ad avviso del Collegio, nessuna delle due prospettazioni contrapposte coglie nel segno.
Va innanzitutto precisato che costituisce circostanza non contestata in giudizio l’afferenza del bene anzidetto al patrimonio indisponibile dell’ente locale.
Ne consegue quindi che, a mente dell’art. 823, comma secondo, c.c., spetta all’autorità amministrativa, oltre alla facoltà di valersi dei mezzi a difesa della proprietà e del possesso ordinariamente concessi al quisque de populo, anche la facoltà di procedere in via amministrativa.
E’ questa la c.d. autotutela esecutiva, il cui unico presupposto è ravvisabile (oltre che nel carattere demaniale od indisponibile del bene di proprietà pubblica) nell’occupazione sine titulo del bene pubblico, senza che a legittimare lo stato di fatto possa rilevare un’eventuale iniziale tolleranza in merito all’occupazione del bene, non radicando un simile contegno dell’amministrazione alcuna posizione di diritto o di interesse legittimo in capo all’occupante sine titulo.
Detto potere, inoltre, ha natura doverosa e vincolata e non necessita né della preventiva comparazione con gli interessi del privato occupante, non potendosi giammai ingenerare un affidamento “legittimo” in presenza di una situazione connotata da evidente abusività, né di specifica motivazione, se non quella necessaria a dare atto dell’accertamento dell’abusiva occupazione e nei confronti del quale non è configurabile il vizio di eccesso di potere, perché l’esercizio del potere di autotutela esecutiva si giustifica unicamente in ragione della perdurante occupazione sine titulo del bene pubblico.
Nel caso di specie, premesso l’indiscusso carattere di bene patrimoniale indisponibile rivestito dall’immobile comunale oggetto dell’ordine di rilascio avversato, occorre indagare in ordine alla sussistenza di un eventuale titolo legittimante l’occupazione da parte dell’associazione ricorrente.
Al riguardo, come premesso, è opinione del Collegio che tale titolo non sia rinvenibile né nella convenzione conclusa tra il comune di Nettuno e l’associazione nazionale carabinieri – nucleo di protezione civile Anzio Nettuno il 27.11.2014, né nella deliberazione commissariale n. 33 del 23.7.2018 né, tantomeno, nell’inclusione della ricorrente nella graduatoria delle organizzazioni del volontariato di protezione civile scaturente dall’avviso pubblico indetto il 5.10.2020.
Non la prima in quanto atto con il quale l’associazione si impegnava a fornire le prestazioni dei volontari propri aderenti in occasione di eventi ed attività di protezione utilizzando i propri mezzi e le proprie attrezzature.
Non la seconda, in quanto atto con il quale il Commissario straordinario dell’ente individuava l’immobile comunale di via Tre Cancelli quale sede operativa dei centri operativi comunale ed intercomunale di protezione civile (COC e COI) e base operativa dei mezzi antincendio boschivi operanti nel territorio.
Non, infine, la terza, il cui contenuto, peraltro, questo Collegio non conosce (non essendo la relativa graduatoria versata in atti da alcuna delle parti del presente giudizio) e del quale, dalla prospettazione offerta dalle parti, si può ritenere che essa avesse ad oggetto l’elenco delle organizzazioni di volontariato di protezione civile ritenute dall’amministrazione resistente idonee a formar parte di altrettante convenzioni con l’ente (attesa peraltro l’intervenuta scadenza delle convenzioni precedentemente concluse, la cui durata era stata espressamente prorogata per soli nove mesi con determinazione del 20.1.2020) e quindi, di certo, non la concessione in uso di locali di proprietà comunale.
In definitiva, nessuno degli atti anzidetti ha avuto ad oggetto la concessione di beni dell’amministrazione comunale, limitandosi il primo a disciplinare l’apporto collaborativo dato dall’associazione per esigenze di protezione civile e di emergenza, ed il secondo a permettere, all’associazione ricorrente ed a tutte le altre organizzazioni di volontariato di protezione civile operanti in ambito locale e dotate di mezzi antincendio boschivo, di collocare i predetti mezzi nell’immobile comunale in questione.
Pertanto, l’uso dei locali dell’ex delegazione anagrafica comunale di via Tre Cancelli n. 2 da parte dell’associazione ricorrente deve ritenersi frutto di un mero comportamento di fatto mantenuto da parte dell’amministrazione, inidoneo a formare titolo giuridico legittimante l’occupazione dei medesimi.
Di conseguenza, appare pienamente legittima, alla stregua dell’indirizzo ermeneutico sopra rammentato, la decisione dell’amministrazione di rientrare in possesso del bene appartenente al proprio patrimonio indisponibile facendo ricorso ai poteri di autotutela possessoria riconosciutigli dall’ordinamento.
In conclusione, quindi, il gravame proposto va respinto siccome infondato.
Il regime delle spese segue la soccombenza ed esse si liquidano, in favore dell’amministrazione resistente, nella misura indicata in dispositivo.