Cass. Civ., Sez. Unite, Sent. n. 35385 del 18 dicembre 2023
Massima
“Ai fini dell’attribuzione e della quantificazione dell’assegno divorzile va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale”.
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Fatti di causa
La Corte di Appello di Bologna, ha parzialmente riformato la decisione di primo grado, che aveva, quanto alle condizioni del divorzio, assegnato la casa coniugale alla donna e posto a carico dell’ex marito un assegno divorzile di € 1.600,00 mensili ed un contributo al mantenimento del figlio di € 700,00 mensili, oltre il 100% delle spese straordinarie. In particolare, ha osservato che la misura fissata dal Tribunale risultava eccessiva e, in considerazione della disponibilità economica attuale dell’ex marito, della breve durata (legale) del matrimonio (sette anni) e del profilo solamente assistenziale dell’assegno (in relazione alla mancanza di reddito attuale della ex moglie), appariva equo determinare l’importo nella misura di € 400,00 mensili ed il contributo paterno al mantenimento del figlio, maggiorenne ma non autosufficiente, doveva essere ridotto ad € 400,00 mensili.
Avverso la suddetta pronuncia, la donna ha proposto ricorso per cassazione – affidato a tre motivi – nei confronti dell’ex marito, il quale ha resistito con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria n. 30671/2022, la Prima Sezione civile della Suprema Corte rimette la causa alla Prima Presidente, per le valutazioni di sua competenza in ordine alla possibile assegnazione della presente controversia alle Sezioni unite per la sua soluzione.
Con decreto della Prima Presidenza si è disposta la trattazione del procedimento in udienza pubblica, dinanzi alle Sezioni Unite.
Motivi della decisione
La decisione si basa su tre principali motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art 5 , comma VI, Legge n. 898/1970, l’erronea ed omessa valutazione dei fatti e dei documenti di causa e l’omesso apprezzamento della disparità patrimoniale, con particolare riferimento agli emolumenti e alle ricchezze dell’ex coniuge alle condizioni economiche della ricorrente stessa;
b) violazione e falsa applicazione dell’art 5, comma VI, l. n. 898/1970, stante la totale pretermissione del criterio assistenziale, potenzialmente rilevante ex se, per avere la Corte territoriale considerato preponderante il criterio compensativo, obliterando completamente quello assistenziale, e, in ogni caso, la non corretta interpretazione di quello compensativo, non essendo, a tali fini, necessario che il coniuge economicamente più debole abbia sacrificato «aspettative lavorative», occorrendo piuttosto che costui abbia dato un fattivo contributo al ménage domestico ed alla formazione del patrimonio comune;
c) violazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell’art 6 della legge 898/1970, in merito alla determinazione del contributo di mantenimento del figlio, per non aver i giudici d’appello correttamente apprezzato le sostanze paterne.
Principio di diritto
Per l’attribuzione e la quantificazione, ai sensi dell’art. 5, comma 6, L. n. 898/1970, dell’assegno divorzile, avente natura, oltre che assistenziale, anche perequativo-compensativa, nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga una relazione di continuità tra la fase «di fatto» di quella medesima unione e la fase «giuridica» del vincolo matrimoniale, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l’assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi, occorrendo vagliare l’esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano conformato la vita all’interno del matrimonio e cui si possano ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa/professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato, successivamente al divorzio.
Rif. legislativo: art 5 , comma VI, Legge n. 898/1970