Corte Costituzionale, sentenza 30 novembre 2021 n. 223
Vanno dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 18 della legge della Regione Puglia 1° agosto 2003, n. 11 (Nuova disciplina del commercio), come modificato e integrato dall’art. 12 della legge della Regione Puglia 7 maggio 2008, n. 5, recante «Modifiche e integrazioni alla legge regionale 1° agosto 2003, n. 11 (Nuova disciplina del commercio)», sollevate, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, dalla Corte di cassazione, sezione seconda civile.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
3.– Le ordinanze di rimessione sollevano questioni identiche, sicché i relativi giudizi vanno riuniti per essere unitariamente trattati e definiti con unica decisione.
4.– I rimettenti muovono, come detto, dalla prospettiva secondo cui l’evocata norma statale, sopravvenuta nel 2011, costituisca parametro interposto idoneo, ratione temporis, a valutare la legittimità costituzionale di una disciplina legislativa regionale previgente, in quanto risalente a un arco temporale anteriore all’entrata in vigore del parametro stesso.
4.1.– Tale assunto non è condivisibile e rende le questioni così prospettate non fondate.
4.2.– Nel caso di successione nel tempo di discipline statali che costituiscono parametro interposto ai fini del riparto di competenza fra Stato e Regioni, infatti, la valutazione della legittimità costituzionale di una norma regionale non può prescindere dalla considerazione del pertinente quadro normativo statale vigente al momento della sua entrata in vigore (ex plurimis, sentenze n. 42 del 2021 e n. 5 del 2020).
Pertanto, se, come nel caso in esame, nell’esercizio di una competenza esclusiva trasversale, lo Stato in un momento successivo introduce nuove e diverse previsioni, l’antinomia determina unicamente un vizio sopravvenuto di violazione del riparto di competenza tra Stato e Regioni e deve essere esclusa l’illegittimità della norma regionale per il periodo precedente l’insorgenza del vizio stesso. Secondo il costante orientamento di questa Corte, difatti, l’intervento di un nuovo parametro statale non produce l’illegittimità costituzionale della norma regionale per il suo intero arco di vigenza, ma solo con riguardo al periodo successivo all’entrata in vigore della novella statale (sentenze n. 189 del 2021, n. 70 del 2020 e n. 218 del 2017).
Tale conclusione non è scalfita dal rilievo che i rimettenti vorrebbero attribuire alla retroattività, sancita dagli artt. 136, primo comma, Cost. e 30, terzo comma, della legge n. 87 del 1953, delle sentenze che pronunciano l’illegittimità di una norma di legge. Se, infatti, le sentenze che dichiarano l’illegittimità costituzionale operano ex tunc, è altrettanto vero che «la naturale retroattività degli effetti [di tali pronunce] non è senza eccezioni» e, per quanto qui rileva, «diversa è la decorrenza in caso di “illegittimità costituzionale sopravvenuta”» (sentenza n. 246 del 2019), la quale produce effetti a partire dal momento in cui diviene «attuale la discrasia […] della distribuzione delle competenze» (sentenza n. 189 del 2021).
Alla luce delle considerazioni svolte, si deve escludere che l’evocato parametro interposto, entrato in vigore il 6 dicembre 2011 e privo di efficacia retroattiva, sia idoneo, ratione temporis, a determinare la dedotta illegittimità costituzionale della denunciata norma regionale per il periodo precedente alla novella legislativa statale. Quanto al periodo successivo, resta solo da precisare che questa Corte non può, d’ufficio, procedere a considerarlo perché la valutazione di legittimità costituzionale della norma, per tale periodo, non si pone in rapporto di pregiudizialità con le questioni sollevate, in quanto l’eventuale pronuncia di incostituzionalità non rileverebbe nei giudizi a quibus.
4.3.– Le questioni prospettate dagli odierni rimettenti devono, pertanto, essere dichiarate non fondate.