Corte di Cassazione, I Sezione Penale, sentenza 24 settembre 2021, n. 35457
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)
- Il ricorso è fondato. Giova premettere che, con la sentenza n. 88 del 2019, la Corte costituzionale ha ritenuto che il meccanismo di applicazione automatica della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, nei casi di condanna o di patteggiamento della pena per i reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime, previsto dall’art. 222 C.d.S., comma 2, ricorressero o meno le circostanze aggravanti previste dagli artt. 589 bis e 590 bis c.p. (che qualificano negativamente i fatti sul piano della colpevolezza e in rapporto alle quali sono previste pene distinte e graduate), vulnerasse i principi di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità.
Il giudice delle leggi, quindi, ha evidenziato che tale automatismo possa ritenersi giustificato solo quando la condotta è aggravata dallo stato di ebbrezza alcoolica o dall‘uso di sostanze stupefacenti, mentre nelle altre fattispecie di reato meno gravi il giudice deve avere la possibilità di decidere autonomamente, sulla base delle circostanze del caso concreto, se disporre la sospensione o la revoca della patente di guida. L’art. 222 C.d.S., comma 2, pertanto, è stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna o patteggiamento della pena per i citati reati, allorché non ricorra alcuna delle suddette circostanze aggravanti, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa.
Giova premettere altresì, precisa la Corte, che la L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30 avente a oggetto le norme sulla Costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale, disciplina due regole in tema di effetti nel tempo delle pronunce di accoglimento del giudice delle leggi: la prima, di ordine generale, è quella posta dal comma 3, secondo il quale le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, e la seconda è quella disciplinata dal comma 4, con il quale il legislatore ha posto una specifica e distinta regola con riguardo alla materia penale, stabilendo che, “quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali”.
Tale disposizione è stata recepita all’interno del codice di rito, il quale all’art. 673 prevede che, nel caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice (così come in quello della sua abrogazione), il giudice dell’esecuzione revoca la sentenza di condanna, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato, e adotta i provvedimenti conseguenti. In forza del quadro normativo sopra evidenziato, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire che la revoca della patente di guida correlata alla condanna per i delitti di cui agli artt. 589 bis e 590 bis c.p. ha natura di sanzione amministrativa accessoria, attesa la sua finalità precipuamente preventiva e la limitatezza dell’arco di tempo in cui al destinatario è inibito il conseguimento di un nuovo titolo abilitativo alla guida; pertanto, anche nel caso di condotte suscettibili, a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 88 del 2019, di dar luogo, in sede di cognizione, alla più mite sanzione della sospensione, non rientra tra i poteri del giudice dell’esecuzione modificare la statuizione della sentenza di condanna passata in giudicato relativa alla suddetta revoca, esulando questa dall’ambito di applicazione della L. n. 87 del 1953, art. 30, comma 4 (Sez. 1, n. 1804 del 14/11/2019, dep. 2020, Gentile, Rv. 278182).
La Corte costituzionale, tuttavia, con successiva sentenza n. 68 del 27 gennaio 2021, depositata il 16.4.2021 ha evidenziato che non è possibile negare che la revoca della patente, disposta dal giudice penale con la sentenza di condanna o di patteggiamento della pena per i reati ex artt. 589 bis e 590 bis c.p., ha connotazioni sostanzialmente punitive, sia pure non disgiunte da finalità di tutela degli interessi coinvolti dalla circolazione dei veicoli a motore, secondo uno schema tipico delle misure sanzionatorie consistenti nell’interdizione di una determinata attività. In quest’ottica, osserva la Corte, il giudice delle leggi ha dichiarato che la L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30, comma 4, – per come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità – si pone in contrasto con l’art. 3 Cost.
Il giudice delle leggi, infatti, già con la sentenza n. 63 del 2019 aveva esteso alle sanzioni amministrative c.d. punitive il principio di retroattività della lex mitior, ritenendo tale operazione conforme alla logica sottesa alla giurisprudenza costituzionale sviluppatasi, sulla base dell’art. 3 Cost., in ordine alle sanzioni propriamente penali, la quale impone, in linea di massima, di equiparare il trattamento sanzionatorio dei medesimi fatti, a prescindere dalla circostanza che essi siano stati commessi prima o dopo l’entrata in vigore della norma che ha disposto l’abolitio criminis o la modifica mitigatrice.
A maggior ragione, quindi, va escluso – come per le sanzioni penali – che taluno debba continuare a scontare una sanzione amministrativa c.d. punitiva inflittagli in base a una norma dichiarata costituzionalmente illegittima e dunque, non già oggetto di semplice ripensamento da parte del legislatore, ma affetta addirittura da un vizio genetico, il cui accertamento impone, senza possibili eccezioni, di lasciare immune da sanzioni, o di sanzionare in modo più lieve, chiunque dopo di esso commetta il medesimo fatto. Il giudice delle leggi, in modo coerente con i principi affermati nella citata sentenza n. 68 del 2021, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30, comma 4, in quanto interpretato nel senso che la disposizione non si applica in relazione alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, disposta con sentenza irrevocabile ex art. 222 C.d.S., comma 2, (D.Lgs. n. 30 aprile 1992 n. 285).
- In forza di quando sopra, si deve concludere che, alla luce delle sentenze n. 88 del 2019 e n. 68 del 2021 della Corte costituzionale, deve essere annullato con rinvio il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione, in sede di richiesta ex art. 673 c.p.p., ritiene di non poter disporre la pena accessoria della sospensione della patente di guida, in sostituzione a quella della sua revoca, ai sensi dell’art. 222 C.d.S., comma 2, in caso di condanna o patteggiamento della pena per i reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali gravi o gravissime, allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti di cui all’art. 589 bis c.p., comma 2 e art. 590 bis c.p., comma 2.