Cass. pen., IV, ud. dep. 07.02.2022, n. 4143
MASSIMA
Il comma 6 dell’art. 189 C.d.S. che disciplina il reato di fuga è considerato dalla giurisprudenza di legittimità un reato omissivo di pericolo per la cui configurabilità è richiesto il dolo che deve investire l’inosservanza dell’obbligo di fermarsi in relazione all’evento dell’incidente concretamente idoneo a produrre ripercussioni lesive alle persone, e non anche l’esistenza di un effettivo danno per le stesse.
Il successivo comma 7, del summenzionato articolo, disciplinante la fattispecie di mancata prestazione dell’assistenza occorrente dopo un investimento, deve intendersi, invece, come reato di danno; ai fini della sua integrazione non è sufficiente la mera consapevolezza che dall’incidente possano essere derivate conseguenze per le persone, necessitando che un tale pericolo appaia essersi concretizzato in effettive lesioni dell’integrità fisica, almeno sotto il profilo del dolo eventuale. Per quanto concerne tale ultimo profilo, la Corte ha osservato che il dolo eventuale, pur configurandosi normalmente in relazione all’elemento volitivo, può attenere anche all’elemento intellettivo quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato accettandone, per ciò stesso, il rischio.
PRINCIPIO DI DIRITTO
- Il giudizio sulla tenuità, nella prospettiva delineata dall’ art. 131 bis, richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133 c.p., comma 1, delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza e dell’entità del danno o del pericolo.
- Ai fini dell’esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131- bis c.p., è sufficiente l’assenza di uno soltanto dei presupposti richiesti dalla norma.
- Le determinazioni adottate dal giudice a quo in ordine alla ravvisabilità della particolare tenuità del fatto, sono insindacabili in sede di legittimità ove siano supportate da motivazione conforme alle indicazioni enucleabili dalla predetta pronuncia delle Sezioni Unite ed esente da vizi logico-giuridici.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il ricorso è inammissibile.
- L’art. 189 C.d.S., comma 1, dispone: “L’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l’obbligo di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona.”
- Il successivo comma 6 prevede che “Chiunque, nelle condizioni di cui comma 1, in caso di incidente con danno alle persone, non ottempera all’obbligo di fermarsi, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni (…)”. Secondo il prevalente orientamento maturato in sede di legittimità, il reato di fuga previsto dall’art. 189 C.d.S., comma 6, è un reato omissivo di pericolo, per la cui configurabilità è richiesto il dolo, che deve investire essenzialmente l’inosservanza dell’obbligo di fermarsi in relazione all’evento dell’incidente concretamente idoneo a produrre ripercussioni lesive alle persone, e non anche l’esistenza di un effettivo danno per le stesse (Sez. 4 n. 34335 del 3/6/2009, Rizzante, Rv. 245354).
- Come tutte le norme incriminatrici volte alla tutela avanzata d’interessi, la concretezza dell’evento che giustifica la previsione non può giungere sino ad un’effettiva constatazione del tipo di nocumento procurato. Non a caso, infatti, la previsione utilizza il termine aspecifico di “danno”, volutamente ignorando il più preciso riferimento a quello di “lesione”.
- Il comma 7 sanziona una condotta ulteriore e diversa rispetto a quella repressa dal comma precedente: quella del conducente che, coinvolto in un incidente stradale, comunque ricollegabile al suo comportamento, non ottemperi all’obbligo di prestare l’assistenza occorrente alle persone ferite. In tale ultima evenienza, non basta la consapevolezza che dall’incidente possano essere derivate conseguenze per le persone, occorrendo che un tale pericolo appaia essersi concretizzato, almeno sotto il profilo del dolo eventuale, in effettive lesioni dell’integrità fisica. Può, pertanto, affermarsi che il reato di mancata prestazione dell’assistenza occorrente dopo un investimento (art. 189 C.d.S., comma 7) esiga un dolo meramente generico, ravvisabile in capo all’utente della strada il quale, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare in termini di immediatezza la concreta eventualità che dall’incidente sia derivato danno alle persone, non ottemperi all’obbligo di prestare la necessaria assistenza ai feriti (Sez. 4, n. 33294 del 14/05/2008, Curia, Rv. 242113). Dolo che, come si è più sopra ricordato, può ben configurarsi anche come eventuale (Sez. 4, n. 33772 del 15/06/2017, Dentice Di Accadia Capozzi, Rv. 271046, la quale ha affermato che l’elemento soggettivo del reato di mancata prestazione dell’assistenza occorrente in caso di incidente può essere integrato anche dal dolo eventuale, ravvisabile in capo all’agente che, in caso di sinistro comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, o anche solo la possibilità, che dall’incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso, non ottemperi all’obbligo di prestare assistenza ai feriti. In motivazione, la Corte ha osservato che il dolo eventuale, pur configurandosi normalmente in relazione all’elemento volitivo, può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso il rischio).
- Ciò premesso, il Collegio rileva che il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Esso non si confronta con la compiuta motivazione la quale ha evidenziato come l’imputato, dopo un impatto contro la vettura della persona offesa, impatto risultato “di una certa entità come riscontrato dai danni riportati dai mezzi”, senza scendere dal proprio mezzo ed omettendo qualsiasi accertamento sulle condizioni dell’altro conducente, si allontanava repentinamente dal luogo dell’incidente.
- Analoga valutazione di inammissibilità attinge il secondo motivo di ricorso giacché, anche sul punto, il ricorso non si confronta con la motivazione resa dall’impugnata sentenza che ha sottolineato come la condotta complessiva dell’imputato e l’assenza di qualsivoglia iniziativa risarcitoria nei confronti della persona offesa non consentono di ritenere il fatto di particolare tenuità sotto il profilo dell’offesa al bene giuridico protetto. Si tratta, all’evidenza, di motivazione congrua e corretta in diritto.
- Il giudizio sulla tenuità, nella prospettiva delineata dall’art. 131-bis c.p., richiede, infatti, una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133 c.p., comma 1, delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590) e che, ai fini dell’esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, è sufficiente l’assenza di uno soltanto dei presupposti richiesti dalla norma (Sez. 3, n. 34151 del 18/06/2018, Foglietta e altro, Rv. 273678).
- In questa cornice, le determinazioni adottate dal giudice a quo in ordine alla ravvisabilità della particolare tenuità del fatto, sono insindacabili in sede di legittimità ove, come nel caso di specie, siano supportate da motivazione conforme alle indicazioni enucleabili dalla predetta pronuncia delle Sezioni Unite ed esente da vizi logico-giuridici.
- Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.