Cass. pen., sez. V, sentenza 6 settembre 2021 n. 32930
PRINCIPIO DI DIRITTO
In tema di reati fallimentari, mentre il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; viceversa, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie di bancarotta preferenziale
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- 1. Il ricorso è fondato. La giurisprudenza di legittimità e, in particolare, quella di questa Sezione, ha tracciato linee ben definite per distinguere i casi nei quali deve ritenersi configurabile il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva ovvero quello di bancarotta fraudolenta preferenziale. La complessità della materia e delle fattispecie concrete che possono delinearsi all’esame giurisdizionale hanno indotto, invero, ad una serie di equivoci ed anche a ritenere la sussistenza di un contrasto interpretativo sul tema giuridico proposto dalla ricorrente, contrasto che, invece, il Collegio non rileva, quanto meno negli arresti più recenti (nè, come si vedrà emerge con certezza neppure dall’analisi delle motivazioni delle sentenze meno recenti). In un’ottica di sintesi, che può aiutare a fare chiarezza pur nella rilevata complessità del tema, possono essere individuate tre direttrici ermeneutiche stilate dalle pronunce di legittimità, corrispondenti a tre distinte, principali fattispecie; alla loro base, una comune ratio di discrimine: gli amministratori o i soci risponderanno di bancarotta distrattiva o di bancarotta preferenziale a seconda della ragione creditoria soddisfatta attraverso il prelievo di somme durante la fase di dissesto della fallita. Pertanto: a) il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti, operati dai soci in favore della società poi fallita, in conto capitale integra la fattispecie di bancarotta fraudolenta per distrazione, poiché tali versamenti non danno luogo ad un credito liquido ed esigibile nel corso della vita della società e, nei loro riguardi, opera il criterio di postergazione previsto dall’art. 2467 c.c.(Sez. 5, n. 25773 del 20/2/2019, Scarpaci, Rv. 277577; Sez. 5, n. 50188 del 10/5/17, Mascellani, Rv. 271775-01; Sez. 5, n. 41143 del 20/05/2014, Zavaroni, Rv. 261250-01; Sez. 5, n. 34505 del 06/06/2014, Marchesi, Rv. 264277-01; Sez. 5, n. 42710 del 03/07/2012, De Falco, Rv. 254456-01; Sez. 5, n. 25292 del 30/05/2012, Massocchi, Rv. 253001-01; Sez. 5, n. 2273 del 06/12/2004 – dep. 2005, Martella, Rv. 231289-01). Nelle pronunce più tradizionali dell’opzione in esame, che tuttavia trovano eco ancora recenti (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 50495 del 14/06/2018, Sestili, Rv. 274602), la qualificazione giuridica come condotte di bancarotta fraudolenta distrattiva delle restituzioni che l’amministratore liquidi in favore di sé stesso nel periodo di dissesto ruota intorno all’elemento soggettivo del reato, piuttosto che alla natura del credito, ma non smentisce l’approdo suddetto: nel caso in cui il creditore si identifichi nello stesso soggetto che assume le vesti di amministratore della società, infatti, si sottolineava il significato ben diverso e più grave della sua condotta rispetto alla mera volontà di privilegiare un creditore in posizione paritaria rispetto a tutti gli altri; b) il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo o prestito integra la fattispecie di bancarotta preferenziale: in tal caso, i finanziamenti, non avendo “natura di conferimenti di capitale di rischio”, “rappresentano il sorgere di un effettivo ed esigibile credito (chirografario) in capo ai soci, senza che da ciò consegua effettivo depauperamento dell’asse patrimoniale” (Sez. 5 n. 14908 del 7/3/2008, Frigerio, Rv. 239487-01; Sez. 5, n. 13318 del 14/2/2013, Viale, Rv. 254985-01; Sez. 5, n. 8431 del 1/2/2019, Vesprini, Rv. 276031-01; vedi anche, non massimate, le pronunce più recenti Sez. 5, n. 19354 del 2021 e Sez. 5, n. 13062 del 2021, nonché Sez. 5, n. 11399 del 18/1/2021); c) il prelievo di somme da parte dell’amministratore a titolo di pagamento per le prestazioni lavorative svolte in favore della società poi fallita, durante il periodo di dissesto, integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, non essendo scindibile la sua qualità di creditore da quella di amministratore, qualora, anche per l’assenza di Delib. assembleare che stabilisca la misura dei suoi compensi, i prelievi di somme in pagamento dei crediti verso la società in dissesto non sono definiti nella loro congruità e non sono fondati su dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata e oggettiva valutazione (Sez. 5, n. 17792 del 23/2/2017, Rossi, Rv. 269639; Sez. F, n. 27132 del 13/8/2020, Villardita, Rv. 279633, rispetto a somme sproporzionate al lavoro svolto; Sez. 5, n. 49509 del 19/07/2017, Allia, Rv. 271464-01, nel caso di un amministratore che si sia liquidato somme per il lavoro prestato nell’interesse della società, senza l’indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata valutazione, quali, ad esempio, gli impegni orari osservati, gli emolumenti riconosciuti a precedenti amministratori o a quelli di società del medesimo settore, i risultati raggiunti). Anche la pronuncia Sez. 5, n. 32378 del 12/4/2018, Fagiolo, Rv. 273576 può considerarsi non difforme, sostanzialmente, all’orientamento dominante, nonostante sia stata ritenuta una vera e propria voce dissonante per aver configurato, nell’ipotesi peculiare decisa, il reato di bancarotta preferenziale (cfr. la sentenza Vesprini, che evoca un contrasto; la sentenza Fagiolo ha deciso una fattispecie in cui l’amministratore della fallita aveva prelevato per sé stesso dal conto della società compensi proporzionati alla quantità e alla qualità dell’attività svolta, ribadendo come debba essere, invece, racchiusa nello schema della bancarotta distrattiva la condotta dell’amministratore che si attribuisca un compenso sproporzionato). Gli orientamenti che si sono passati in rassegna, dunque, solo apparentemente divergono, laddove invece si riferiscono a diverse ipotesi, che richiedono soluzioni differenti.
2.1. Nel caso di specie, il ricorso evidenzia che il versamento del cui rimborso l’imputata è accusata, configurato come delitto di bancarotta distrattiva, era stato corrisposto a titolo di prestito e, dunque, avrebbe dovuto essere inquadrato, più correttamente, quale delitto di bancarotta preferenziale, previa verifica della natura del conferimento. La Corte d’Appello, dal canto suo, non si è occupata di discernere la natura del versamento corrisposto dalla ricorrente alla società, ma ha ritenuto di aderire all’orientamento di legittimità che, a suo dire, professerebbe in ogni caso la configurabilità del delitto di bancarotta distrattiva nell’ipotesi di prelievi da parte del socio o dell’amministratore che sia anche creditore della fallita. La censura della ricorrente è centrata. Si è poc’anzi evidenziato che non può ritenersi esistente un orientamento interpretativo attuale che proponga sempre, tout court, indipendentemente dalla natura del credito vantato, la sussistenza del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, in presenza di un prelievo di somme da parte dell’amministratore o del socio della fallita, durante il periodo di dissesto. La stessa sentenza Scarpaci del 2019, citata come espressione dell’opzione più rigorosa nel voler configurare sempre un’ipotesi di bancarotta distrattiva, in realtà premette esplicitamente, in motivazione, che, “nel caso in esame, il ricorrente non ha chiarito a quale titolo le risorse finanziarie fossero state conferite alla società”, con ciò mostrando anzitutto di aderire alla tesi che distingue la natura del credito al fine di qualificare la condotta di reato, e ribadendo, successivamente, il principio consolidato secondo cui, in caso di versamenti effettuati in conto capitale – ipotesi evidentemente prospettatasi nella fattispecie sulla base degli elementi di fatto ricostruiti nei giudizi di merito – le somme versate devono essere destinate al perseguimento dell’oggetto sociale e possono essere restituite solo quando tutti gli altri creditori siano stati soddisfatti, versandosi, quindi, nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione nei confronti dell’amministratore di una società che proceda al rimborso di finanziamenti erogati dai soci in violazione della regola, applicabile nel caso di specie, della postergazione, di cui all’art. 2476 c.c..
2.2. Alla luce di quanto si è sinora chiarito, il Collegio, aderendo all’opzione interpretativa che è stata ben chiarita dalla sentenza Vesprini, evidenzia come, nel caso di specie, il giudice d’appello avrebbe dovuto ispirarsi al principio di diritto secondo cui, in tema di reati fallimentari, mentre il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; viceversa, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie di bancarotta preferenziale. L’erogazione di somme che a vario titolo i soci effettuano alle società da loro partecipate, infatti, in generale, può avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento, destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva “in conto capitale” (o altre simili denominazioni), versamento, quest’ultimo, che non dà luogo ad un credito esigibile, se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione, ed è più simile al capitale di rischio che a quello di credito, connotandosi proprio per la postergazione della sua restituzione al soddisfacimento dei creditori sociali e per la posizione del socio quale residua claimant (Sez. civ. 1, n. 24861 del 09/12/2015, Rv. 637899). La citata sentenza Vesprini ha, altresì, fornito le coordinate civilistiche per distinguere la natura dei versamenti effettuati dal socio o amministratore, evidenziando che “stabilire se, in concreto, un determinato versamento tragga origine da un mutuo, o se invece sia stato effettuato quale apporto del socio al patrimonio dell’impresa collettiva, è questione di interpretazione della volontà delle parti (Sez. civ. 1, n. 7692 del 31/03/2006, cit.); più in particolare, “i versamenti in conto capitale sono assoggettati all’onere di contabilizzazione nel patrimonio netto della società come riserve di capitale ed alla distinta indicazione di tale natura nella nota integrativa”, mentre “l’individuazione della natura del versamento dipende dalla ricostruzione della comune intenzione delle parti, la cui prova va desunta in via principale dal modo in cui il rapporto ha trovato concreta attuazione, dalle finalità pratiche cui appare diretto e dagl’interessi allo stesso sottesi, e solo in subordine dalla qualificazione che i versamenti hanno ricevuto in bilancio, la cui portata può risultare determinante, in mancanza di una chiara manifestazione di volontà negoziale, in considerazione della sottoposizione del bilancio all’approvazione dei soci” (Sez. civ. 1, n. 15035 del 08/06/2018, Rv. 649557)”.
- Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata per nuovo esame, affinché la Corte d’Appello si adegui al principio di diritto affermato come sopra, evidenziando le ragioni specifiche di configurabilità del reato di bancarotta distrattiva o preferenziale, rapportandole al titolo causale dei conferimenti effettuati dal legale rappresentante della fallita, che, secondo la prospettazione evincibile dalla stessa sentenza impugnata e dal ricorso, si rivelerebbero avere natura di “prestiti” o “mutui” e non di conferimenti in conto capitale.