Cass. civ., sez. I, ord., 22 febbraio 2022, n. 5857
PRINCIPIO DI DIRITTO
In materia di insinuazione al passivo del fallimento, la domanda di ammissione del credito con rango ipotecario comprende necessariamente in sé anche quella di ammissione in semplice chirografo, da considerare come subordinata in ragione del riferimento al mero accertamento del credito per la causale che lo caratterizza; cosicché su tale domanda il giudice del merito, ove anche ritenga l’ipoteca revocabile, è tenuto a pronunciare comunque, in base al principio di completezza di cui all’art. 112, primo comma, cod. proc. civ..
In materia di cessione dei crediti in blocco ex art. 58 del T.u.b., la questione dell’essere il credito compreso tra quelli ceduti è rilevabile d’ufficio dal giudice di merito, attenendo al fondamento della domanda proposta dal cessionario; e la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che la controparte non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- – La prima censura svolta dalla Claris Finance è calibrata su una domanda subordinata, sicché il relativo esame va posposto a quello degli altri motivi.
III. – Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Come correttamente ritenuto dalla corte d’appello, la concessione di ipoteca è in sé un atto pregiudizievole per i restanti creditori. Ciò in quanto la valutazione dell’idoneità dell’atto dispositivo a costituire un pregiudizio, quanto della possibile incidenza, sul valore del bene, della causa di prelazione connessa all’ipoteca, va compiuta con riferimento non al momento del compimento dell’atto, ma con giudizio prognostico proiettato verso il futuro.
Varie volte condivisibilmente è stato affermato che nell’azione revocatoria ordinaria il presupposto è costituito dal pregiudizio alle ragioni del creditore, che include anche il semplice pericolo di danno (v. Cass. n. 25733-15).
Ed è appena il caso di aggiungere che il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore consiste, da questo punto di vista, nella insufficienza dei beni del debitore a offrire la garanzia patrimoniale, sicché è rilevante ogni aggravamento della già esistente insufficienza dei beni del debitore ad assicurare quella garanzia (v. Cass. n. 5269-18).
Ne segue che l’atto di concessione di ipoteca è di per sé comunque pregiudizievole, nel senso appena detto, ove (come nella specie la corte d’appello ha accertato in fatto) l’ipoteca sia di entità tale da assorbire, se fatta valere, l’intero valore dei beni del debitore.
Che poi la dimostrazione dell’eventus damni spetti al curatore è affermazione della ricorrente certamente condivisibile, ma è anche inutile, visto che nella specie dalla sentenza si evince che l’onere era stato giustappunto assolto nei termini appena esposti.
- – Il terzo motivo del ricorso principale è in parte inammissibile e in parte manifestamente infondato. Nessuna correlazione intercorre tra l’affermata esistenza di un piano di risanamento attestato, nel contesto del quale eventualmente inserire l’operazione alla quale si allude, e l’esistenza della componente soggettiva della scientia decoctionis.
Quando l’atto di disposizione sia (come nella specie) successivo al sorgere del credito, unica condizione soggettiva per l’esercizio della revocatoria ordinaria è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie (v. Cass. n. 5618-16, Cass. n. 16221-19), e correttamente la corte d’appello ha desunto la scientia dalla natura dell’operazione stessa, oltre che dalla notevole esposizione debitoria della società già esistente al momento dell’atto e ben nota alla banca siccome desumibile dai bilanci dell’anno 2003.
- – Il quarto motivo è manifestamente infondato. Costituisce espressione di indirizzo consolidato che è soggetto ad azione revocatoria, ove concorrano le altre condizioni previste dalla legge, l’atto di concessione della garanzia ipotecaria a fronte di debito scaduto, atteso che la costituzione della garanzia non ha il connotato della doverosità proprio dell’adempimento (che è un atto giuridico in senso stretto).
Ciò è quanto in linea di principio giustifica l’esclusione della revocatoria, ai sensi del terzo comma dell’art. 2901 cod. civ., mentre la costituzione di ipoteca si fonda sulla libera determinazione del debitore, il quale, attraverso la prestazione della garanzia, dà luogo alla modifica del suo patrimonio con rischio di compromissione delle pregresse ragioni degli altri creditori (v. Cass. n. 16570-02, Cass. n. 6321-10, Cass. n. 8243-13, Cass. n. 1414-20).
- – Il quinto motivo del ricorso principale resta così assorbito, poiché la revocabilità dell’atto costitutivo della garanzia è prioritariamente sostenuta – nella sentenza – dall’assoggettamento all’azione pauliana, senza rilevanza dunque del distinto tema, pur affrontato dalla corte d’appello, dell’assoggettabilità anche a revocatoria fallimentare.
VII. – Viceversa, è fondato il primo motivo del ricorso principale. La corte d’appello, rigettando in toto il gravame nonostante l’affermata esistenza della legittimazione attiva, ha mancato di pronunciare sulla domanda di ammissione del credito al chirografo.
Tale domanda, diversamente da quanto obiettato dalla difesa della curatela del fallimento, era da considerare certamente compresa dall’alveo del gravame, poiché l’istanza di ammissione al passivo con grado ipotecario implica, ove formulata dal creditore totalmente escluso, anche e proprio (seppur subordinatamente) quella di accertamento del credito in eventuale ordinario rango chirografario.
VIII. – La fondatezza del suddetto motivo di ricorso principale implica che debba essere esaminato anche il ricorso incidentale condizionato del Fallimento. Due, in questo caso, i motivi.
Col primo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ. poiché, diversamente da quanto sostenuto dalla corte territoriale a presidio dell’affermata rilevazione d’ufficio, da parte del primo giudice, di un’eccezione di merito riservata alle parti del contratto di cessione, era interesse della stessa curatela eccepire non tanto l’invalidità del contratto per vizi inerenti al rapporto tra cedente e cessionario, quanto l’esistenza stessa della cessione dei crediti quale base della possibilità della Claris Finance di svolgere l’insinuazione.
Col secondo è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per avere la corte d’appello infondatamente affermato che il tribunale fosse incorso in ultrapetizione nell’escludere in Claris Finance la titolarità del credito per il quale era stata avanzata la domanda di ammissione al passivo.
- – I motivi, tra loro connessi, sono fondati nel senso che segue.
La motivazione esibita dalla corte veneta in relazione all’accoglimento del primo motivo dell’appello di Claris Finance fa leva sull’ultrapetizione della sentenza di primo grado nel punto relativo alla affermata carenza di legittimazione attiva.
In proposito va tuttavia osservato che la corte d’appello ha richiamato l’istituto della legitimatio ad causam col fine di distinguere la questione di legittimazione da quella di merito sulla effettiva titolarità del rapporto controverso; e ha osservato che nella concreta fattispecie la società appellante, affermandosi titolare esclusiva del credito in forza del contratto di cessione, aveva consentito di rilevare dalla stessa sua prospettazione di essere il soggetto titolare della pretesa creditoria. Simile assunto è giuridicamente errato, poiché confonde i piani dell’indagine.
Come emerge dal ricorso per cassazione il tribunale non aveva ritenuto la società semplicemente carente di legittimazione attiva formale, vale a dire della legittimazione correlabile alla mera postulazione di giudizio. Il tribunale aveva ritenuto, invece, che il credito non potesse esser vantato dalla Claris Finance perché non compreso tra quelli aventi le caratteristiche indicate nell’atto di cessione (mutui denominati in euro, mutui classificati dalla cedente come in bonis, mutui che non presentano alcuna rata scaduta e non pagata alla data di valutazione, mutui che seppure in bonis siano stati classificati come a sofferenza in base alle istruzioni dell’autorità di vigilanza).
Il senso della pronuncia di primo grado era dunque (ed è) quello di una statuizione affermativa del non essere il credito compreso tra quelli ceduti in blocco, poiché non avente le caratteristiche a tal riguardo necessarie in base al negozio di cessione.
Questa era la questione sottesa, certamente rilevabile d’ufficio dal giudice di merito.
Invero la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta (v. Cass. n. 24798-20).
Sul menzionato punto controverso, devoluto anche all’appello, l’argomentazione della corte territoriale non è pertinente.
- – Conclusivamente vanno accolti il primo motivo del ricorso principale e i due motivi dell’incidentale condizionato. La sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla medesima corte d’appello di Venezia, che, in diversa composizione, rinnoverà il giudizio uniformandosi ai seguenti principi:- in materia di insinuazione al passivo del fallimento, la domanda di ammissione del credito con rango ipotecario comprende necessariamente in sé anche quella di ammissione in semplice chirografo, da considerare come subordinata in ragione del riferimento al mero accertamento del credito per la causale che lo caratterizza; cosicché su tale domanda il giudice del merito, ove anche ritenga l’ipoteca revocabile, è tenuto a pronunciare comunque, in base al principio di completezza di cui all’art. 112, primo comma, cod. proc. civ.; – in materia di cessione dei crediti in blocco ex art. 58 del T.u.b., la questione dell’essere il credito compreso tra quelli ceduti è rilevabile d’ufficio dal giudice di merito, attenendo al fondamento della domanda proposta dal cessionario; e la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che la controparte non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta.
- – La corte d’appello provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.