<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 26 novembre 2020 n. 26984</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.- Il ricorso è fondato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Le disposizioni del regolamento n. 44/01 vanno interpretate in modo autonomo, alla luce del sistema nel quale s’inseriscono e delle finalità che perseguono (Corte giust. 13 luglio 2006, causa C103/05, Reisch Montage, punto 29; 2 ottobre 2008, causa C-372/07, Hassett e altri, punto 17). 2.1.- Ai fini della ricostruzione del sistema, illuminante è l’undicesimo “considerando” del regolamento, nel quale si legge che "le norme sulla competenza devono presentare un alto grado di prevedibilità ed articolarsi intorno al principio della competenza del giudice del domicilio del convenuto, la quale deve valere in ogni ipotesi salvo in alcuni casi rigorosamente determinati, nei quali la materia del contendere o l’autonomia delle parti giustifichi un diverso criterio di collegamento...".</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La giurisdizione dei giudici dello Stato membro nel cui territorio il convenuto ha il proprio domicilio costituisce quindi la regola generale. E a tale regola si può derogare in casi limitati ed espressamente enumerati, che non tollerano interpretazioni estensive, le quali produrrebbero l’effetto di privare le parti della scelta, che a loro altrimenti spetterebbe, del foro giurisdizionalmente competente, rischiando di condurle dinanzi a un giudice che non è quello del domicilio di alcuna di esse (Corte giust. in causa C372/07, cit., punto 19; 18 maggio 2006, causa C-343/04, CEZ, punto 26). 3.- Al titolo generale di giurisdizione fissato dall’art. 2 del regolamento, dunque, si può derogare, a norma del successivo art. 3, comma 1, soltanto se ricorrano i presupposti per l’applicabilità dei titoli giurisdizionali speciali o esclusivi.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>I titoli di giurisdizione che comportano una deroga in senso proprio, peraltro, sono quelli esclusivi, giacché l’art. 5 del regolamento, là dove stabilisce che "la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro" quando ricorra una delle ipotesi ivi enumerate, si limita ad aggiungere alla competenza giurisdizionale generale un’altra, soltanto concorrente.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.1.- È il foro esclusivo che, invece, non consente l’applicazione di quello generale del convenuto, come stabilisce l’art. 22 del regolamento, che enumera le competenze esclusive che si applicano "indipendentemente dal domicilio".</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In questo giudizio occorre quindi, per poter escludere che la controversia sia devoluta alla competenza giurisdizionale del giudice italiano, che è il giudice dello Stato membro in cui è domiciliato il convenuto, verificare se sia applicabile uno dei titoli giurisdizionali previsti dall’art. 22 del regolamento.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.- Di quei titoli rileva, in particolare, la previsione di foro esclusivo per le controversie sulla validità, nullità o scioglimento delle società o persone giuridiche e sulla validità delle decisioni dei rispettivi organi, che l’art. 22, punto 2, riserva allo Stato membro in cui la società ha la sua sede, per determinare la quale vanno applicate le norme del diritto internazionale privato del giudice del foro. I giudici della sede della società si trovano difatti nella posizione migliore per conoscere delle controversie che vertano esclusivamente, se non essenzialmente, sulla validità di una o più decisioni degli organi della società (Corte giust. 12 maggio 2011, causa C-144/10, Berliner Verkehrsbetriebe, punto 37).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 22, punto 2, tuttavia, non si può interpretare estensivamente: se si ritenesse che questo foro si applichi a ogni controversia in cui si discuta della validità di una o più decisioni degli organi di una società, non si rispetterebbe uno degli scopi generali del regolamento, che è quello affermato nell’undicesimo considerando e che, si è visto, consiste nella ricerca di un alto grado di prevedibilità delle regole di competenza giurisdizionale. Sicché si minerebbe il principio di certezza del diritto. 4.1.- S’impone quindi un’interpretazione restrittiva della norma, proprio perché la regola in esso enunciata è esclusiva e idonea a privare le parti di un contratto di ogni autonomia nella scelta di un altro foro (Corte giust. in causa C-144/10, cit., punto 33).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.- In questo contesto, nessuna delle domande proposte da F.A. nei confronti di S.M. consente di radicare il titolo di giurisdizione esclusiva stabilito dall’art. 22, punto 2 del regolamento. Senz’altro non lo consente la domanda con la quale si fa valere l’inadempimento dei patti parasociali che attore e convenuto hanno stipulato e dei quali si è dato conto in narrativa. Il patto parasociale del quale si discute è quello concernente l’attività gestoria che S.M. avrebbe dovuto svolgere nella qualità di amministratore, ossia un c.d. sindacato di gestione. Il sindacato di gestione, tuttavia, non è capace, di per sé, d’interferire direttamente con le decisioni, perché esplica effetti obbligatori, circoscritti alle sfere giuridiche degli stipulanti, e postula, per avere attuazione, che l’amministratore recepisca le direttive del sindacato e autonomamente decida di dare ad esse esecuzione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.1.- La qualificazione come obbligatoria dell’efficacia dei patti è assunta in più accezioni, nessuna delle quali corrispondente in pieno a quella generale di diritto civile. L’accezione più comune è che l’efficacia è obbligatoria, perché il patto non è idoneo a produrre effetti nei confronti della società, ma soltanto nei confronti dei soci. In virtù, poi, dell’efficacia obbligatoria, si afferma che l’atto compiuto o anche il contratto stipulato in violazione del patto resta valido ed efficace anche tra le parti, di modo che la violazione non è opponibile ai terzi.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ancora, l’efficacia è qualificata come obbligatoria, in quanto il patto fissi ulteriori o particolari obblighi, di solito strumentali all’esecuzione di esso; in tal senso, l’obbligatorietà dà corpo alla dimensione organizzativa del patto, che scaturisce dalla natura ancipite più volte evocata. 5.2.- A ogni modo, l’ambito circoscritto alle parti dell’efficacia dei patti non consente di ritenere che essi possano comunque incidere sulla "validità delle decisioni" degli organi della società, la quale rispetto ai patti è comunque terza.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.- Non riesce a radicare il titolo di giurisdizione esclusiva stabilito dall’art. 22, punto 2 neanche la domanda con la quale l’attore fa valere la responsabilità del convenuto nella qualità di amministratore.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Queste sezioni unite (con ord. 12 gennaio 2005, n. 385) hanno avuto già occasione di stabilire, al riguardo, che, in tema di ambito della giurisdizione italiana, tra le domande inerenti alla "validità, nullità o scioglimento delle società o persone giuridiche o delle decisioni dei loro organi" - che l’art. 16 n. 2, della convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, resa esecutiva con la L. 21 giugno 1971 n. 804, di tenore corrispondente all’art. 22, punto 2, del regolamento n. 44/01, affida alla giurisdizione esclusiva dello Stato in cui esse hanno sede - non rientra quella proposta da un socio contro altro socio e amministratore della società da entrambi costituita per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni derivanti da irregolarità da quest’ultimo commesse nella detta veste.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ciò perché una siffatta controversia non coinvolge il patto costitutivo della società o atti da essa compiuti tramite i suoi organi rappresentativi, nè comunque è proposta contro la società medesima, ma riguarda soltanto i rapporti tra i due soci, ed è diretta a far valere una responsabilità del convenuto di natura personale, ancorché ricollegata a comportamenti assertivamente implicanti abuso della posizione di socio o di amministratore.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.1.- Il carattere univoco della norma, si è aggiunto, si specchia nella ratio di essa, la quale risponde all’esigenza che le cause incidenti sull’esistenza o sugli atti di società (o persona giuridica) siano riservate al giudice dell’ordinamento nazionale in cui la società stessa si trovi ed operi: la norma persegue un obiettivo non compromesso da decisioni che altri giudici adottino nei rapporti fra i soci, senza riflessi (se non meramente indiretti) sulla vita dell’ente, e quindi senza il pericolo di un foro Europeo shopping in materia societaria.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.- In definitiva, nella controversia in esame è operativo il titolo generale di giurisdizione, che è quello riferito al domicilio del convenuto, che è in Italia: correttamente la controversia è stata promossa di fronte al giudice italiano.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il ricorso per cassazione va quindi accolto e va dichiarata la giurisdizione italiana, previa cassazione della sentenza d’appello e rimessione delle parti dinanzi al primo giudice, il quale liquiderà anche le spese di questo giudizio.</em></p> <em>Emilio Barile La Raia</em>