Corte Costituzionale, sentenza 19 dicembre 2024 n. 210
PRINCIPIO DI DIRITTO
Va dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera v), numero 2), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 2 dicembre 2019, n. 12 (Codice del commercio), sollevata, in riferimento agli artt. 4, 5 e 9 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), dal Consiglio di Stato, sezione sesta;
Vanno, altresì, dichiarati inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 65 della legge prov. Bolzano n. 12 del 2019, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 41, 97, 117, secondo comma, lettere a), e) e q), della Costituzione, dal Consiglio di Stato, sezione sesta.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- 1. Il Consiglio di Stato, sezione sesta, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera v), numero 2), e dell’art. 65 della legge prov. Bolzano n. 12 del 2019;
1.1. La prima disposizione censurata stabilisce che per «somministrazione» si intende, «nell’ambito dell’attività di commercio su aree pubbliche, il consumo immediato dei prodotti stessi, con esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l’osservanza delle norme vigenti in materia igienico-sanitaria»;
1.2. La seconda disposizione censurata (come sostituita dall’art. 12, comma 7, della legge prov. Bolzano n. 12 del 2020) statuisce che, «[t]enuto conto di quanto disposto dall’articolo 181, comma 4- bis, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, […] le concessioni di posteggio per l’esercizio del commercio su aree pubbliche con scadenza al 31 dicembre 2020 di cui all’articolo 22, comma 1, lettera a), sono rinnovate per la durata di dodici anni […]»;
1.3. Secondo il rimettente, la prima norma violerebbe l’art. 9 dello statuto speciale, che attribuisce alle Province autonome competenza legislativa concorrente in materia di commercio, in quanto contrasterebbe con l’art. 27, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 114 del 1998, che definisce il «commercio sulle aree pubbliche»;
- Quanto alla seconda norma censurata, essa violerebbe:
- a) l’art. 117, secondo comma, lettera q), Cost., che assegna allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di profilassi internazionale, in quanto applicherebbe il rinnovo dodicennale previsto dall’art. 181, comma 4-bis, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, alle sole concessioni di posteggio su area pubblica non implicanti il servizio assistito di somministrazione;
- b) l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in quanto la Provincia autonoma non potrebbe esercitare la propria competenza legislativa in materia di commercio in contrasto con la norma statale sul rinnovo delle concessioni, dettata nella materia della tutela della concorrenza;
- c) gli artt. 3, 41 e 97 Cost., «poiché potrebbe tradursi in una palese disparità di trattamento tra gli esercenti della Provincia autonoma di Bolzano e quelli del restante territorio nazionale, violando contestualmente l’art. 41 Costituzione ponendo un limite ingiustificato all’iniziativa economica privata, nonché l’art. 97 Costituzione secondo il quale la pubblica amministrazione deve essere imparziale»;
- d) l’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost., in quanto lederebbe la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi di cui agli artt. 49 e 56 TFUE, imponendo «restrizioni non giustificate da superiori esigenze di pubblici interessi quali l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza e la sanità pubblica».
- La prima questione, concernente l’art. 3, comma 1, lettera v), numero 2), della legge prov. Bolzano n. 12 del 2019, non è fondata. Il rimettente lamenta la violazione dell’art. 27, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 114 del 1998, che definisce il commercio su aree pubbliche («Ai fini del presente titolo si intendono: a) per commercio sulle aree pubbliche, l’attività di vendita di merci al dettaglio e la somministrazione di alimenti e bevande effettuate sulle aree pubbliche, comprese quelle del demanio marittimo o sulle aree private delle quali il comune abbia la disponibilità, attrezzate o meno, coperte o scoperte») senza escludere da tale ambito la somministrazione di alimenti e bevande con servizio assistito ai tavoli;
- La norma statale esprimerebbe un principio fondamentale della materia, vincolante per la competenza legislativa concorrente spettante alle Province autonome in materia di commercio (art. 9, numero 3, dello statuto speciale). Il giudice a quo, però, non considera la riforma del Titolo V della Costituzione, a seguito della quale le regioni ordinarie hanno acquisito potestà residuale in materia di commercio, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. (in questo senso, sentenze n. 187 del 2022, n. 195 e n. 164 del 2019). Questa Corte, applicando la cosiddetta clausola di maggior favore di cui all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), ha esteso alle autonomie speciali la competenza legislativa residuale in materia di commercio spettante alle regioni ordinarie: tale estensione ha riguardato sia le regioni speciali dotate di potestà statutaria primaria in materia di commercio (come la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia: sentenze n. 98 del 2017, punto 6.4. del Considerato in diritto, e n. 165 del 2007) sia, a fortiori, quelle titolari di competenza concorrente nella stessa materia, come le Province autonome.;
- Esplicita sul punto è la sentenza n. 183 del 2012: «Posto che tale ultima disposizione costituzionale [art. 117, quarto comma, Cost.] rende il commercio oggetto di potestà legislativa residuale, non è dubbio che essa trovi applicazione a vantaggio della Provincia autonoma, con esclusione della meno favorevole disciplina statutaria (ex plurimis, sentenze n. 18 del 2012, n. 150 del 2011 e n. 247 del 2010; ordinanza n. 199 del 2006)»;
- Si può poi ricordare che, riguardo alla Regione autonoma Sardegna, la sentenza n. 18 del 2012 formula un riferimento alla «materia del commercio, riservata alla potestà legislativa residuale delle Regioni»;
- La questione basata sulla violazione di un principio fondamentale statale, limite della (asserita) competenza legislativa concorrente provinciale, non tiene conto della spettanza, alle Province autonome, di una competenza più ampia, sulla base dell’art. 117, quarto comma, Cost. e della clausola di maggior favore;
8.Con riferimento specifico alla materia del commercio, dalla giurisprudenza di questa Corte risulta che, dopo il 2001, il d.lgs. n. 114 del 1998 ha acquisito carattere cedevole e, dunque, si applica solo alle regioni che non abbiano adottato una propria legislazione nella materia del commercio (sentenze n. 187 del 2022, n. 164 del 2019 e n. 98 del 2017);
- Nel giudicare su una questione analoga a quella ora in esame (era censurata una legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia per contrasto con il d.lgs. n. 114 del 1998), questa Corte l’ha dichiarata non fondata ritenendo non più vincolante, dopo il 2001, il d.lgs. n. 114 del 1998 (sentenza n. 98 del 2017). Tali considerazioni esimono dal verificare l’effettivo contrasto tra la norma provinciale censurata (che esclude il servizio assistito ai tavoli dal concetto di somministrazione nel commercio su aree pubbliche) e il quadro normativo statale, nel quale l’art. 3, comma 1, lettera f-bis), del d.l. n. 223 del 2006, come convertito, contiene analoga esclusione, seppur non con riferimento specifico al commercio su aree pubbliche;
- Le questioni concernenti l’art. 65 della legge prov. Bolzano n. 12 del 2019 sono inammissibili per incompleta ricostruzione del quadro normativo;
10.1. L’art. 65 della legge prov. Bolzano n. 12 del 2019 è censurato in quanto limiterebbe l’ambito del rinnovo dodicennale delle concessioni di posteggio su area pubblica (previsto dall’art. 181, comma 4-bis, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito), circoscrivendolo alle sole concessioni non implicanti il servizio assistito di somministrazione. Il giudice a quo lamenta la violazione di diversi parametri costituzionali, ma tutte le censure fanno leva sul contrasto con il citato art. 181, comma 4-bis, norma interposta;
10.2. Dunque, la norma provinciale è contestata là dove escluderebbe, in modo implicito, il rinnovo in determinati casi. Il giudice a quo non tiene conto, nella sua argomentazione, della direttiva 2006/123/CE. Come noto, tale direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi (art. 1), intendendosi per «”servizio”: qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo 50 del trattato fornita normalmente dietro retribuzione» (art. 4);
10.3. Tale direttiva è stata recepita in Italia con il d.lgs. n. 59 del 2010, che inizialmente aveva incluso il commercio su aree pubbliche nel proprio ambito di applicazione (ad esso era dedicato l’art. 70). Poco dopo, questa Corte si è trovata a giudicare di una disposizione di una legge toscana che escludeva l’applicazione dell’art. 16 del medesimo d.lgs. n. 59 del 2010 al commercio su aree pubbliche. In base all’art. 16, «[n]elle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili, le autorità competenti applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali ed assicurano la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalità atti ad assicurarne l’imparzialità, cui le stesse devono attenersi» (comma 1);
10.4. Nei casi di cui al comma 1, «il titolo è rilasciato per una durata limitata e non può essere rinnovato automaticamente, né possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorché giustificati da particolari legami con il primo» (comma 4). La sentenza n. 291 del 2012 di questa Corte ha dichiarato la disposizione della legge toscana costituzionalmente illegittima, per violazione della direttiva servizi e della competenza legislativa statale in materia di concorrenza;
10.5. In seguito, l’applicabilità della direttiva servizi al commercio su aree pubbliche ha trovato ulteriori conferme (sentenze n. 239 e n. 39 del 2016, n. 165 e n. 49 del 2014 e n. 98 del 2013). Ciononostante, l’art. 1, comma 686, della legge n. 145 del 2018 ha poi modificato in più punti il d.lgs. n. 59 del 2010, escludendo l’applicazione dello stesso decreto (e, dunque, della direttiva servizi) al commercio su aree pubbliche;
10.6. In particolare, nell’art. 7 del d.lgs. n. 59 del 2010, relativo ai servizi esclusi, è stato aggiunto il riferimento al «commercio al dettaglio sulle aree pubbliche» (lettera f-bis); nell’art. 16 è stato aggiunto il comma 4-bis («Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al commercio su aree pubbliche di cui all’articolo 27 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114») e, infine, è stato abrogato l’art. 70 del d.lgs. n. 59 del 2010;
10.7. Successivamente, l’art. 181, comma 4-bis, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, fra le diverse misure di sostegno alle attività economiche nel periodo della pandemia, ha rinnovato le concessioni di posteggio per l’esercizio del commercio su aree pubbliche «aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020 […] per la durata di dodici anni». L’art. 181, comma 4-bis, è stato attuato dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 25 novembre 2020 (Linee guida per il rinnovo delle concessioni di aree pubbliche);
10.8. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella segnalazione AS 1721 del 15 febbraio 2021, censurava le citate disposizioni della legge n. 145 del 2018 e del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, auspicandone la modifica e aggiungendo che, in assenza di modifiche, gli operatori avrebbero dovuto disapplicarle. La necessità di procedure concorrenziali nel settore del commercio su aree pubbliche, in attuazione della direttiva servizi, era già stata affermata più volte dall’AGCM (ad esempio, segnalazione AS 1335 del 15 dicembre 2016) ed è stata poi ribadita (segnalazione AS 1785 del 6 agosto 2021);
10.9. Anche la giurisprudenza amministrativa ha confermato la soggezione del commercio su aree pubbliche alla direttiva servizi e la possibilità di disapplicare le norme statali censurate dall’AGCM (si vedano Consiglio di Stato, sezione settima, sentenze 9 maggio 2024, n. 4163, e 19 ottobre 2023, n. 9104; TAR Lazio, sezione seconda-ter, sentenza 17 giugno 2022, n. 8136). Tale posizione risulta coerente con il sopra citato art. 4 della direttiva servizi e con l’art. 2, che elenca i settori esclusi, senza menzionare il commercio;
10.10. Inoltre, la CGUE ha statuito che «[l]’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che l’attività di vendita al dettaglio di prodotti costituisce un “servizio” ai fini dell’applicazione di tale direttiva» (CGUE, grande sezione, sentenza 30 gennaio 2018, nelle cause riunite C360/15 e C-31/16, paragrafo 97), e che «[l]’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che: l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso da poter essere considerati disposizioni produttive di effetti diretti» (CGUE, terza sezione, sentenza 20 aprile 2023, in causa C-348/22, AGCM);
10.11. Da ultimo, l’art. 11 della legge n. 214 del 2023 ha regolato le «Modalità di assegnazione delle concessioni per il commercio su aree pubbliche», abrogando le norme (introdotte nel d.lgs. n. 59 del 2010 dalla legge n. 145 del 2018) che sottraevano il commercio su aree pubbliche all’ambito di applicazione dello stesso d.lgs. n. 59 del 2010 e stabilendo che, «[a] decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, le concessioni di posteggio per l’esercizio del commercio su aree pubbliche sono rilasciate, per una durata di dieci anni, sulla base di procedure selettive […]». L’art. 11 ha però fatto salva – nei commi 4 e 5 – la proroga già disposta fino al 2032 dall’art. 181, comma 4-bis, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito. 3.2.- Il rimettente non prende posizione sul quadro normativo sopra esposto, che avrebbe fatto emergere le possibili vie da percorrere;
10.12. Dal momento che l’art. 181, comma 4-bis, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito (oltre all’art. 11 della legge n. 214 del 2023, che ha fatto salva la proroga già disposta fino al 2032), appare in contrasto con l’art. 12 della direttiva servizi (sul quale si vedano, di recente, l’ordinanza n. 161 e la sentenza n. 109 del 2024 di questa Corte), norma considerata self-executing dalla CGUE, il giudice avrebbe potuto disapplicare tali norme nell’ambito della causa di sua competenza. In alternativa alla disapplicazione, però, avrebbe potuto altresì rimettere a questa Corte la questione di legittimità costituzionale concernente le norme sul rinnovo dodicennale delle concessioni (art. 181, comma 4-bis, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, e art. 11 della legge n. 214 del 2023), dato che tali norme componevano il quadro normativo rilevante nel suo giudizio, rappresentando il fondamento della pretesa dei concessionari;
10.13. Come precisato di recente da questa Corte, quello che conta per legittimarne l’intervento è la denuncia della violazione di una norma europea (contenuta nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nei trattati o anche di diritto derivato, come nel caso di specie) che presenti un nesso con interessi o principi di rilievo costituzionale (sentenza n. 181 del 2024; si vedano anche le sentenze n. 15 del 2024, n. 44 e n. 11 del 2020 e n. 20 del 2019), in modo che sia assicurato il “tono costituzionale” della questione,
10.14. Il giudice, ove ravvisi l’incompatibilità del diritto nazionale con il diritto dell’Unione dotato di efficacia diretta, non applica la normativa interna, all’occorrenza previo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia (art. 267 TFUE), ovvero solleva una questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost.;
10.15. La competenza di questa Corte non può in alcun modo ostacolare o limitare il potere dei giudici comuni di proporre un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia e di non applicare la legge statale incompatibile con il diritto dell’Unione (CGUE, grande sezione, sentenza 22 giugno 2010, in cause riunite C-188-10 e C-189/10, Melki e Abdeli; CGUE, grande sezione, sentenza 22 febbraio 2022, in causa C-430/21, RS);
- In definitiva, è il giudice comune a decidere, in relazione alle caratteristiche del caso concreto, se disapplicare la legge oppure sollevare una questione di legittimità costituzionale, ferma restando la possibilità di proporre un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, ex art. 267 TFUE. Rinvio pregiudiziale che potrà essere proposto anche da parte di questa Corte, investita della questione di legittimità costituzionale, allorché esistano dei dubbi sull’interpretazione del diritto dell’Unione;
- Infatti, la Corte di giustizia ha il compito di assicurare, con la sua interpretazione, l’uniforme applicazione del diritto dell’Unione, garantendo così l’eguaglianza degli Stati membri davanti a tale diritto (art. 2 TUE);
- La “comunità delle Corti” e il “dialogo” che si svolge tra le stesse, improntato al principio della leale collaborazione, promuovono la piena attuazione del principio del primato del diritto europeo e assicurano il buon funzionamento delle interdipendenze tra i diversi sistemi giuridici, nazionali ed eurounitario;
- Il sistema è improntato a un concorso di rimedi, destinato ad assicurare la piena effettività del diritto dell’Unione e, per definizione, ad escludere ogni preclusione;
- Il sindacato accentrato di costituzionalità non si pone in antitesi con un meccanismo diffuso di attuazione del diritto europeo, ma con esso coopera a costruire tutele sempre più integrate;
- Sarà il giudice a scegliere il rimedio più appropriato, ponderando le peculiarità della vicenda sottoposta al suo esame. L’interlocuzione «con questa Corte, chiamata a rendere una pronuncia erga omnes, si dimostra particolarmente proficua, qualora l’interpretazione della normativa vigente non sia scevra di incertezze o la pubblica amministrazione continui ad applicare la disciplina controversa o le questioni interpretative siano foriere di un impatto sistemico, destinato a dispiegare i suoi effetti ben oltre il caso concreto, oppure qualora occorra effettuare un bilanciamento tra princìpi di carattere costituzionale» (sentenza n. 181 del 2024);
- Le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Provincia autonoma di Bolzano sono assorbite.