<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, sentenza 23 ottobre 2020 n. 222</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 54, commi 2, 3, 4 e 5, della legge della Regione Veneto 4 novembre 2002, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo).</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.1.– Entrambe le eccezioni sono infondate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.2.– Per la parte invocata dall’ente intervenuto, la norma in questione così dispone: «[f]ermo restando quanto disposto nei riguardi dei concessionari dall’articolo 1, commi 682 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, per le necessità di rilancio del settore turistico e al fine di contenere i danni, diretti e indiretti, causati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, le amministrazioni competenti non possono avviare o proseguire, a carico dei concessionari che intendono proseguire la propria attività mediante l’uso di beni del demanio marittimo, lacuale e fluviale, i procedimenti amministrativi per la devoluzione delle opere non amovibili, di cui all’articolo 49 del codice della navigazione, per il rilascio o per l’assegnazione, con procedure di evidenza pubblica, delle aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La norma in questione, pertanto, richiama in premessa il contenuto della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), nella parte in cui dispone che la durata delle concessioni dei beni demaniali marittimi «vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge» sia prorogata di quindici anni (art. 1, commi 682 e 683); quindi stabilisce che, per il medesimo periodo, restino sospesi i procedimenti di rilascio o di assegnazione delle aree oggetto di tali concessioni, laddove i concessionari intendano proseguire la loro attività.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.3.– Secondo la Regione Veneto, la proroga della concessione e la sospensione del procedimento di rilascio dell’area sarebbero applicabili anche al rapporto oggetto del giudizio principale, determinando così la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione in capo alla società che aveva impugnato il relativo avviso di gara.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale profilo è tuttavia estraneo al giudizio incidentale, i cui requisiti di ammissibilità, con riguardo alle condizioni dell’azione nell’ambito del processo principale, debbono essere valutati con riferimento al tempo di adozione dell’ordinanza di rimessione, senza che assumano rilievo circostanze sopravvenute (ex plurimis sentenze n. 85 del 2020 e n. 264 del 2017).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’eccezione di inammissibilità della questione è, pertanto, infondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.4.– Né, del resto, la proroga ex lege delle concessioni balneari può assumere rilievo in questa sede come jus superveniens, così da imporre un riesame della rilevanza delle questioni da parte del giudice rimettente, come richiesto dalla Regione Veneto.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Infatti, la modifica normativa potrebbe interferire sulle disposizioni censurate solo se il concessionario uscente avesse manifestato l’intento di proseguire la propria attività; ma tale circostanza di fatto non è neppure stata allegata dalla Regione, mentre è incontestato il dato secondo cui lo stesso concessionario non si è avvalso della facoltà di proroga della concessione, quantunque attribuitagli ex lege.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.– Passando al merito, la prima questione è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.1.– Questa Corte ha più volte affermato che la disciplina delle concessioni su beni demaniali marittimi investe diversi ambiti materiali, attribuiti alla competenza sia statale, sia regionale, ma che particolare rilevanza, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento delle concessioni, «assumono i principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale» (sentenze n. 86 del 2019 e n. 40 del 2017); principi corrispondenti ad ambiti riservati alla competenza esclusiva statale dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>A tale proposito, un ruolo centrale è svolto dal citato art. 16 del d.lgs. n. 59 del 2010, che – attuando il contenuto dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno – prescrive la predeterminazione dei criteri e delle modalità atti ad assicurare l’imparzialità delle procedure di selezione per l’assegnazione dei titoli concessori e, per i profili inerenti alla presente fattispecie, dispone che non possano essere «accordati vantaggi al prestatore uscente».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.2.– In tale quadro si collocano le disposizioni oggetto di censura.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Esse, infatti, prevedono il riconoscimento di un indennizzo, in favore del gestore uscente, al momento della cessazione delle concessioni demaniali marittime, differenziando la disciplina della Regione Veneto da quella prevista per il resto del territorio nazionale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La legge statale, infatti, non assegna alcun rilievo alle componenti economico-aziendali dell’impresa del concessionario uscente, in caso di definizione del rapporto; ciò vale, come si è detto, anche per il caso in cui questi abbia realizzato opere non amovibili, che in base all’art. 49 cod. nav. possono essere acquisite al demanio senza alcun compenso o rimborso, ovvero senza oneri che gravino sul subentrante.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.3.– Con il meccanismo delineato dalle norme censurate, il subentro nel rapporto concessorio è condizionato al pagamento di un indennizzo in favore del concessionario uscente; e tale meccanismo, all’evidenza, influisce «sulle possibilità di accesso al mercato di riferimento e sulla uniforme regolamentazione dello stesso, potendo costituire, per le imprese diverse dal concessionario uscente, un disincentivo alla partecipazione al concorso che porta all’affidamento» (sentenza n. 157 del 2017).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Di qui la violazione del parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.4.– Le contrarie argomentazioni della Regione Veneto non possono essere condivise.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ed infatti, anche a voler ipotizzare, in linea del tutto astratta, che le disposizioni in questione siano riconducibili alla materia «governo del territorio», in quanto funzionali, come affermato dalla Regione, a obiettivi di “federalismo demaniale”, dev’essere ribadito che, secondo il costante orientamento di questa Corte, le norme che stabiliscono i criteri e le modalità di affidamento delle concessioni demaniali marittime sono riconducibili alla competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ed «in siffatta competenza esclusiva, le pur concorrenti competenze regionali trovano così un limite insuperabile» (sentenze n. 161 del 2020 e n. 109 del 2018).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il fatto, poi, che la stessa normativa dell’Unione europea consenta ai legislatori nazionali di adottare garanzie per l’ammortamento degli investimenti effettuati dal gestore uscente non permette, in sé solo, alle Regioni di alterare le modalità con cui il legislatore statale, nell’ambito della sua competenza esclusiva, ha inteso dare attuazione a detta prerogativa; né alla Regione è consentito di intervenire quando il legislatore non si sia avvalso di questa possibilità, tenuto conto che, ai fini di tale attuazione, assume rilievo il riparto costituzionale delle competenze (art. 117, quinto comma, Cost.).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Per tale assorbente ragione non può avere seguito l’ulteriore richiesta formulata dalla Regione Veneto di disporre la restituzione degli atti al giudice a quo, onde consentirgli di interpellare in via pregiudiziale la Corte di giustizia dell’Unione europea, «chiedendo se gli artt. 49 e 56 TFUE e l’articolo 12 della Direttiva servizi ostino ad una normativa nazionale o regionale che riconosca un’adeguata remunerazione dei capitali investiti dal concessionario uscente, configurando questi un “indebito vantaggio” al prestatore uscente […] ovvero se questo genere di misure sia consentito dal diritto sovranazionale», né quella, avanzata in via alternativa, di rivolgere il medesimo interpello onde accertare la possibile contrarietà al diritto dell’Unione Europea dell’art. 49 cod. nav., nella parte in cui esclude ogni rimborso a favore del concessionario uscente che abbia realizzato opere inamovibili destinate ad essere acquisite al demanio.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Con riguardo a tale ultima norma, inoltre, non sussistono nemmeno, per evidente mancanza di pregiudizialità, le condizioni perché questa Corte – come pure richiesto dalla stessa Regione – sollevi d’ufficio questione di legittimità costituzionale «per contrarietà agli artt. 2, 3, 41 e 42 della Costituzione».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’intervento del legislatore regionale, infine, non è consentito neppure nella lamentata situazione di inerzia del legislatore statale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Questa Corte, in fattispecie analoga alla presente quanto all’incisione della posizione del gestore uscente, ha affermato che «l’enunciata finalità di tutelare […] l’affidamento e la certezza del diritto degli operatori locali, non vale ad escludere il vulnus arrecato dalla disposizione in esame alla competenza esclusiva dello Stato, in materia di tutela della concorrenza», poiché spetta unicamente allo Stato di «disciplinare in modo uniforme le modalità e i limiti della tutela dell’affidamento dei titolari delle concessioni già in essere nelle procedure di selezione per il rilascio di nuove concessioni» (sentenza n. 1 del 2019).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.– Resta assorbita la questione formulata con riferimento al parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong> </strong></p>