<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Corte costituzionale, sentenza 12 luglio 2021, n. 152</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em><strong><em>Vanno dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) sollevate, in riferimento agli artt. 3, 4, 16 e 35 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione prima.</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em><em>2.– Data la comunanza delle disposizioni censurate, nonché l’identità di alcuni dei parametri costituzionali invocati e dei profili e delle argomentazioni utilizzate, i giudizi vanno riuniti e decisi con unica pronuncia.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>3.– In via preliminare, deve essere rigettata l’eccezione sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato nell’ambito del giudizio iscritto al reg. ord. n. 126 del 2020.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>3.1.– La difesa statale ritiene inammissibili le questioni per l’insufficiente motivazione in ordine alla loro rilevanza, in quanto sarebbe lacunosa la descrizione del procedimento principale e della situazione personale del ricorrente.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>3.2.– Il rimettente riferisce che il giudizio innanzi ad esso verte su una fattispecie di diniego di rilascio della patente di guida per il carattere ostativo della precedente applicazione di una misura di prevenzione. Il giudice a quo ritiene che la domanda di annullamento debba essere esaminata alla luce della disposizione censurata che – nel disciplinare il provvedimento di diniego del titolo – attribuisce al prefetto un potere di carattere automatico e vincolato. Solo l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale consentirebbe di annullare il provvedimento impugnato.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Gli elementi descrittivi offerti risultano sufficienti a suffragare l’applicabilità della disposizione censurata ed il requisito della rilevanza del dubbio di costituzionalità (ex plurimis, sentenze n. 59 del 2021, n. 267, n. 224 e n. 32 del 2020, n. 199 e n. 105 del 2019, n. 22 del 2018; ordinanze n. 147 e n. 92 del 2020, n. 103 e n. 64 del 2019, n. 242 del 2018, n. 187 e n. 12 del 2017).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>4.– Va inoltre riconosciuta l’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 1, cod. strada, in quanto sollevate dal giudice amministrativo.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Sebbene sul tema vi siano anche decisioni delle sezioni unite civili della Corte di cassazione diversamente orientate (da ultimo, ordinanza 19 novembre 2020, n. 26391), questa Corte ha già riconosciuto la rilevanza e l’ammissibilità, sotto il profilo della titolarità della giurisdizione del giudice a quo, di analoghe questioni sollevate dal giudice amministrativo in ordine alla legittimità dello stesso art. 120 cod. strada (sentenze n. 24 e n. 99 del 2020).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il TAR per la Lombardia richiama tali precedenti di questa Corte e fornisce una non implausibile motivazione, idonea ad escludere che nella specie la giurisdizione del giudice amministrativo possa ritenersi ictu oculi manifestamente insussistente.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>5.– Le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 1, cod. strada, sollevate in riferimento all’art. 3 Cost., non sono fondate.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>5.1.– L’art. 120 cod. strada, rubricato «Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all’articolo 116», al comma 1 menziona, tra i soggetti che «[n]on possono conseguire la patente di guida» anche «coloro che sono o sono stati sottoposti […] alle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423», recante «Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità» (legge poi abrogata dall’art. 120, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, recante «Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136», che ha disciplinato ex novo le misure di prevenzione).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Nella categoria di coloro che non possono conseguire la patente di guida la disposizione censurata include, altresì, «le persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309», recante «Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza».</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>5.2.– Occorre, preliminarmente, esaminare le premesse ermeneutiche su cui si fondano i quesiti formulati dal TAR Lombardia.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Come già accennato, i rimettenti escludono motivatamente che la disposizione censurata si presti a un’interpretazione adeguatrice, la quale estenda al diniego di rilascio i principi affermati da questa Corte in riferimento alla disciplina della revoca del titolo abilitativo.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>5.2.1.– Infatti, con sentenza n. 22 del 2018, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del comma 2 del medesimo art. 120 cod. strada, «nella parte in cui – con riguardo all’ipotesi di condanna per reati di cui agli artt. 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida – dispone[va] che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere” – alla revoca della patente».</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Ciò in base alla considerazione che «[l]a disposizione denunciata – sul presupposto di una indifferenziata valutazione di sopravvenienza di una condizione ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida – ricollega […] in via automatica, il medesimo effetto, la revoca di quel titolo, ad una varietà di fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneità, atteso che la condanna, cui la norma fa riferimento, può riguardare reati di diversa, se non addirittura di lieve, entità». E anche in considerazione della contraddizione insita nel fatto che «agli effetti dell’adozione delle misure di loro rispettiva competenza (che pur si ricollegano al medesimo fatto-reato e, sul piano pratico, incidono in senso identicamente negativo sulla titolarità della patente) – mentre il giudice penale ha la “facoltà” di disporre, ove lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, il prefetto invece ha il “dovere” di disporne la revoca».</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Inoltre, con la successiva sentenza n. 24 del 2020, lo stesso comma 2 dell’art. 120 cod. strada è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, «nella parte in cui dispone[va] che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere” – alla revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza personale».</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Anche in questo caso l’automatismo della revoca della patente da parte del prefetto è stato, infatti, ritenuto contrario ai principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza, attesa la varietà (per contenuto, durata e prescrizioni) delle misure di sicurezza irrogabili, oltreché contraddittorio rispetto al potere riconosciuto al magistrato di sorveglianza, il quale, nel disporre la misura di sicurezza, “può” consentire al soggetto che vi è sottoposto di continuare – in presenza di determinate condizioni ‒ a fare uso della patente di guida.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Infine, con la sentenza n. 99 del 2020, l’art. 120, comma 2, cod. strada è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dei principi di uguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza, nella parte in cui disponeva che il prefetto «provvede» - invece che «può provvedere» – alla revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>5.2.2.– Alla luce di queste pronunce, tutte riferite alla disciplina della revoca della patente di guida, ma in correlazione a distinte fattispecie in essa ricomprese, appare corretta la premessa dei rimettenti, circa l’impossibilità di una generale estensione, in via interpretativa, ai provvedimenti di diniego di rilascio dei principi affermati in riferimento ai casi di revoca del titolo.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>5.3.– D’altra parte, questa Corte ha già escluso che le ragioni che hanno comportato il superamento dell’automatismo della revoca prefettizia ad opera delle richiamate sentenze siano analogamente riferibili al diniego del titolo abilitativo di cui al comma 1 dell’art. 120 cod. strada.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Questa conclusione si fonda sul rilievo che «tale diniego riflette una condizione ostativa che, diversamente dalla revoca del titolo, opera a monte del suo conseguimento e non incide su alcuna aspettativa consolidata dell’interessato. Inoltre non ricorre, in questo caso, la contraddizione, che ha assunto decisivo rilievo in tema di revoca della patente, tra obbligatorietà del provvedimento amministrativo e facoltatività della parallela misura adottabile dal giudice penale in relazione alla medesima fattispecie di reato. Infine, diversamente da quanto presupposto dal giudice a quo, l’effetto ostativo al conseguimento della patente, previsto dalla disposizione censurata, non incide in modo “indifferenziato” sulla posizione dei soggetti condannati per reati in materia di stupefacenti. La diversa gravità del reato commesso, unitamente alla condotta del reo successiva alla condanna, assume, infatti, determinante rilievo ai fini del possibile conseguimento (anche dopo un solo anno nel caso di condanna con pena sospesa) di un provvedimento riabilitativo (ex artt. 178 e 179 del codice penale), che restituisce al condannato il diritto a richiedere la patente di guida» (sentenza n. 80 del 2019 e ordinanza n. 81 del 2020).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>5.3.1.– Questi stessi argomenti risultano estensibili alle questioni relative al diniego di rilascio del titolo a coloro che siano o siano stati sottoposti a misure di prevenzione.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Inoltre, con riferimento a queste ultime è prevista la possibilità di ottenere, sebbene dopo tre anni, la riabilitazione prevista dall’art. 70 del d.lgs. n. 159 del 2011. Essa comporta la cessazione degli effetti pregiudizievoli connessi alla misura, nonché dei divieti previsti dall’art. 67 dello stesso d.lgs. n. 159 del 2011. Anche rispetto a questa ulteriore condizione soggettiva, pertanto, l’ordinamento riconosce un differenziato rilievo della condotta e della personalità del soggetto, con una valutazione che assume rilevanza decisiva ai fini del possibile conseguimento della patente di guida.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>5.4.– Pertanto, i significativi elementi differenziali, che caratterizzano rispettivamente i provvedimenti di diniego di rilascio, di cui al comma 1 dell’art. 120 cod. strada, e quelli di revoca del titolo, giustificano, su un piano di non manifesta irragionevolezza, il diverso trattamento normativo, così escludendo la denunciata violazione dell’art. 3 Cost.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Rimane comunque auspicabile una nuova configurazione delle condizioni ostative del rilascio, nel senso di un migliore coordinamento sistematico delle distinte fattispecie, alla luce delle novità scaturite dalle precedenti decisioni di questa Corte.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>6.– Non sono fondate neppure le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 1, cod. strada, sollevate in riferimento agli artt. 4, 16 e 35 Cost.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>6.1.– Quanto alla dedotta violazione del diritto al lavoro, va escluso che tale diritto non sia, di per sé, esercitabile per il diniego della patente di guida. Inoltre, da tempo, la giurisprudenza di questa Corte ha posto in risalto che, poiché «nessuna norma costituzionale assicura indistintamente a tutti i cittadini il diritto di guidare veicoli a motore, non viola la Costituzione la legge ordinaria che consente l’esercizio del diritto solo a chi abbia certi requisiti: di modo che la patente, come è concessa caso per caso in applicazione d’una norma di legge ordinaria, così può essere tolta, in virtù di un’altra norma di legge ordinaria, senza che ne soffra la libertà di circolazione costituzionalmente garantita» (così la sentenza n. 6 del 1962, richiamata dalla sentenza n. 274 del 2016).</em></p>