Corte di Cassazione civile, ordinanza 19 Luglio 2024, n. 19951
PRINCIPIO DI DIRITTO
In relazione alle procedure di reclutamento del personale della P.A. vengono in rilievo due opposti interessi: da un lato, quello alla pubblicità della procedura e di tutti i suoi atti, inclusi quelli relativi alla fase preselettiva, destinata alla verifica della sussistenza, in capo ai candidati, dei requisiti professionali, psico-attitudinali e dei titoli richiesti per la partecipazione alla selezione; dall’altro lato, quello dei predetti candidati, di non divulgare le informazioni personali attinenti alla loro persona, se non per quanto strettamente necessario ai fini dell’assicurazione della regola di trasparenza della procedura selettiva.
Il bilanciamento di tali interessi è assicurato dalle linee guida diffuse dal Garante della Privacy nel 2011 mediante la distinzione tra i dati concernenti le graduatorie e gli esiti del concorso, che possono e devono essere resi pubblici sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, e i dati inerenti la valutazione dei titoli, anche di precedenza o preferenza, dei singoli candidati, che invece possono essere resi accessibili ai soli diretti interessati, ovverosia ai partecipanti alla procedura selettiva, mediante apposite procedure di autenticazione
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Motivi della decisione
Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 35 del D.Lgs. n. 165 del 2001, 19 del D.Lgs. n. 193 del 2006, 22 e 24 della legge n. 241 del 1990, 13 del D.P.R. n. 184 del 2006, anche in relazione ai principi affermati dall’art. 8 della Convenzione E.D.U. e dalla Direttiva del Parlamento Europeo del Consiglio n. 95/46, dell’art. 5 del Regolamento del Parlamento Europeo n. 679 del 2016, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché il Tribunale avrebbe erroneamente accolto l’opposizione sul presupposto della necessaria pubblicità da attribuire alle procedure di selezione previste per il reclutamento del personale della P.A., ritenendo detto principio estensibile anche alla fase preselettiva, attinente la valutazione dei titoli richiesti per la partecipazione al concorso, senza tuttavia considerare che, nel bilanciamento degli opposti interessi alla pubblicità della procedura, ed alla riservatezza dei dati personali dei partecipanti, deve escludersi la sussistenza di un diritto di accesso indiscriminato ai dati contenenti informazioni psico-attitudinali dei candidati.
La censura è fondata.
In relazione alle procedure di reclutamento del personale della P.A. vengono effettivamente in rilievo due opposti interessi: da un lato, quello alla pubblicità della procedura e di tutti i suoi atti, inclusi quelli relativi alla fase preselettiva, destinata alla verifica della sussistenza, in capo ai candidati, dei requisiti professionali, psico-attitudinali e dei titoli richiesti per la partecipazione alla selezione; dall’altro lato, quello dei predetti candidati, di non divulgare le informazioni personali attinenti alla loro persona, se non per quanto strettamente necessario ai fini dell’assicurazione della regola di trasparenza della procedura selettiva.
Il bilanciamento di tali interessi è stato assicurato, dalle linee guida diffuse dal Garante della Privacy nel 2011, mediante la distinzione tra i dati concernenti le graduatorie e gli esiti del concorso, che possono e devono essere resi pubblici sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, e i dati inerenti la valutazione dei titoli, anche di precedenza o preferenza, dei singoli candidati, che invece possono essere resi accessibili ai soli diretti interessati, ovverosia ai partecipanti alla procedura selettiva, mediante apposite procedure di autenticazione (cfr. pag. 7 del ricorso).
Ne deriva che, nel caso di specie, poteva essere diffuso sul sito istituzionale del Comune di P l’esito della valutazione preselettiva del concorso per l’assunzione del comandante della Polizia Municipale, e dunque l’esclusione di uno dei candidati, ma non anche la motivazione di detta esclusione, e segnatamente la mancanza di uno dei requisiti previsti dal bando, rappresentato dalla prestazione di servizio almeno quinquennale presso organi pubblici di polizia (cfr. pag. 3 del controricorso).
Tale specifica informazione, attinente al mancato possesso della qualifica richiesta dal bando, infatti, in quanto attinente ad un dato personale del candidato, non avrebbe potuto essere diffusa e resa disponibile a tutti mediante pubblicazione integrale della delibera del 9.2.2012 sul sito internet dell’ente locale, ma avrebbe dovuto essere resa accessibile ai soli diretti interessati, e dunque al candidato escluso ed agli altri partecipanti alla selezione, mediante opportune procedure di autenticazione, idonee ad assicurare il bilanciamento tra gli opposti interessi, alla pubblicità della procedura e delle sue fasi, ed alla tutela delle informazioni riservate della persona che vi prende parte.
Con il secondo motivo, il Garante denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 1 del D.Lgs. n. 33 del 2013, dalla Direttiva del Parlamento Europeo del Consiglio n. 95/46, dell’art. 5 del Regolamento del Parlamento Europeo n. 679 del 2016, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché il Tribunale avrebbe erroneamente fatto riferimento, per giustificare la pubblicazione della motivazione dell’esclusione del candidato dalla selezione, al principio dell’accesso civico e della trasparenza dell’azione dell’ente locale.
La censura è assorbita dall’accoglimento della precedente.
In definitiva, va accolto il primo motivo del ricorso e dichiarato assorbito il secondo.
[…]