Corte Costituzionale, ordinanza 17 dicembre 2021 n. 243
Va dichiarata inammissibile la costituzione di X e Y nei giudizi introdotti, rispettivamente, con le ordinanze iscritte al r.o. n. 203 e n. 204 del 2020;
Va ordinata la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Considerato che, in via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione, nei giudizi introdotti, rispettivamente, con le ordinanze iscritte al r.o. n. 203 e n. 204 del 2020, di X e Y, in quanto effettuata con atti pervenuti l’8 novembre 2021, e dunque largamente tardiva rispetto al termine perentorio di venti giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza di rimessione nella Gazzetta Ufficiale, previsto dall’art. 3 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, essendo la pubblicazione avvenuta il 27 gennaio 2021 (ex plurimis, sentenze n. 75 e n. 57 del 2021, n. 222 del 2018);
che, successivamente alle ordinanze di rimessione, è intervenuto l’art. 260-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), come aggiunto in sede di conversione dalla legge 17 luglio 2020, n. 77;
che tale disposizione, al dichiarato scopo di definire il contenzioso insorto riguardo ai requisiti di partecipazione alla procedura concorsuale in questione, ha autorizzato l’Amministrazione della pubblica sicurezza ad assumere – entro un massimo di 1650 unità per l’anno 2020 e di 550 unità per l’anno 2021 – allievi agenti della Polizia di Stato mediante scorrimento della graduatoria della prova scritta del concorso bandito con decreto del Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza del 18 maggio 2017, a prescindere dal possesso dei nuovi e più stringenti requisiti introdotti dal d.lgs. n. 95 del 2017 (è sufficiente, dunque, il possesso dei precedenti requisiti previsti dal bando); ciò, con riferimento ai soggetti che: a) abbiano riportato alla prova scritta una votazione pari o superiore a quella minima conseguita dai destinatari della norma oggi sottoposta a scrutinio; b) siano stati ammessi alla fase successiva della procedura concorsuale in forza di provvedimenti del giudice amministrativo, ovvero abbiano tempestivamente impugnato gli atti di non ammissione con ricorso giurisdizionale o con ricorso straordinario al Capo dello Stato, sempre che i giudizi risultino pendenti; c) risultino idonei all’esito degli accertamenti dell’efficienza fisica, psicofisici e attitudinali previsti dalla disciplina vigente, ove non già espletati;
che la norma sopravvenuta è atta, dunque, a superare i dubbi di legittimità costituzionale denunciati, rispetto a tutti i candidati che abbiano tempestivamente impugnato gli atti di esclusione dalla procedura, come i ricorrenti nei giudizi principali (fermo restando che, come già rilevato da questa Corte nella citata ordinanza n. 191 del 2021, i candidati che non abbiano tempestivamente impugnato gli atti di esclusione dalla procedura non potrebbero, comunque sia, giovarsi di una eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della norma censurata, posto che la cosiddetta retroattività delle sentenze di accoglimento incontra il limite dei rapporti esauriti, quali quelli rispetto ai quali siano decorsi i termini di inoppugnabilità degli atti amministrativi);
che si impone, pertanto, la restituzione degli atti al giudice a quo, per un nuovo esame della rilevanza delle questioni alla luce dello ius superveniens;
che, come segnalato anche dall’Avvocatura generale dello Stato, proprio a fronte della sopravvenienza del citato art. 260-bis del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, – cui il Ministero dell’interno ha dato attuazione con avviso del 29 settembre 2020, pubblicato sul sito istituzionale della Polizia di Stato – lo stesso TAR Lazio ha dichiarato improcedibili per sopravvenuta carenza d’interesse plurimi ricorsi del tutto analoghi a quelli oggetto dei giudizi a quibus (tra le altre, TAR Lazio, sezione prima-quater, 4 marzo 2021, n. 2631; TAR Lazio, sezione prima-quater, 29 dicembre 2020, n. 14063; TAR Lazio, sezione prima-quater, 26 novembre 2020, n. 12654);
che, a questo riguardo, non può essere, peraltro, accolta la richiesta, formulata in via principale dalla stessa Avvocatura generale dello Stato, che ha invitato questa Corte a dichiarare direttamente le questioni inammissibili «per cessazione della materia del contendere nel giudizio a quo»;
che nel giudizio in via incidentale, infatti, la sopravvenienza di una normativa idonea a superare i dubbi di legittimità costituzionale, prospettati dal giudice rimettente, non giustifica la dichiarazione di cessazione della materia del contendere (sentenza n. 89 del 2017), né legittima questa Corte a dichiarare le questioni inammissibili “per irrilevanza sopravvenuta”;
che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, lo ius superveniens può assumere rilievo solo ai fini della restituzione degli atti al giudice a quo (oltre alla già citata sentenza n. 89 del 2017; in generale, ex plurimis, ordinanze n. 55 del 2020 e n. 260 del 2019), spettando a quest’ultimo verificare l’incidenza della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.