TAR LAZIO – ROMA, V – sentenza 04.10.2023 n. 14681
PRINCIPI DI DIRITTO
Il principio generale di ragionevolezza dell’azione amministrativa in tema di concorsi pubblici con quiz a risposta multipla, vista la speditezza della complessiva attività di selezione, impone che “le domande siano formulate in modo tale da non compromettere l’efficienza intrinseca del risultato e la par condicio degli aspiranti…” (Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 13 settembre 2012, n.4862). Parimenti, i quesiti non devono formulare domande ambigue e confondenti, tali da condurre il candidato a scegliere tra la “meno errata” o “l’approssimativamente più accettabile”, lasciando dunque spazio ad una possibile interpretazione soggettiva della Commissione (così Cons. Stato, Sez. III, 1° agosto 2022, n. 6756, e in senso analogo Sez. II, 5 ottobre 2020, n.5820). Pertanto, nel caso in esame, il quesito rispetto al quale la parte ricorrente avrebbe fornito una risposta errata, è sostanzialmente illegittimo per la sua non puntuale formulazione poiché conduce a più risposte esatte e non già ad un’unica risposta “oggettivamente” corretta.
Con il ricorso depositato il 15 settembre 2022 e i successivi motivi aggiunti parte ricorrente ha impugnato agli atti relativi alla procedura di cui al Concorso pubblico, per titoli ed esami, a 1858 – aumentati ai 4801 giusta comunicazione del 22 giugno u.s. – posti di consulente protezione sociale nei ruoli del personale dell’INPS, area C, posizione economica C1»; nonché la delibera del 21 dicembre 2022 con cui la Commissione esaminatrice ha approvato la graduatoria dei candidati vincitori, domandandone l’annullamento previa sospensione dell’efficacia.
Si è costituita l’amministrazione resistente controdeducendo a quanto sostenuto nell’atto introduttivo.
Con ordinanza nr. 6572/2022 il Collegio ha rigettato la domanda cautelare. Tale provvedimento è stato riformato dal Consiglio di Stato con ordinanza nr. 5568/2022.
All’udienza pubblica del 5 aprile 2023, stante la necessità di integrare il contraddittorio, il ricorrente ha chiesto di essere autorizzato alla notificazione del ricorso per pubblici proclami in ragione dell’elevatissimo numero di controinteressati.
Con ordinanza nr. 5859/2023 è stata autorizzata l’integrazione del contraddittorio mediante pubblici proclami e in data 11 aprile 2023 parte ricorrente ha dato prova dell’avvenuta notifica.
All’udienza del 19 luglio 2023 la causa è stata discussa e trattenuta in decisione.
Il ricorso è fondato deve essere accolto.
La ricorrente ha partecipato al concorso pubblico, per titoli ed esami, a 1858 posti di consulente protezione sociale nei ruoli del personale dell’I.N.P.S., area C, posizione economica C1, superando la prima prova scritta, secondo quanto previsto dall’art. 7, comma 2, del bando, con il punteggio di 23,52; nella seconda prova scritta, ella ha, invece, conseguito il punteggio complessivo di 20,4 e non è stata, conseguentemente, ammessa a partecipare alla prova orale, riservata ai «candidati che riportano il punteggio di almeno 21/30 in ciascuna delle due prove scritte» (art. 10, comma 1, del bando).
Il punteggio conseguito nella seconda prova, tuttavia, risulterebbe illegittimo, alla luce dell’errore in cui sarebbe incorsa la commissione nel valutare la scorrettezza della risposta fornita dalla ricorrente ad uno dei quesiti formulati.
In particolare, nella seconda prova scritta, la domanda a risposta multipla n. 25 (Cod.: L00008) era così formulata: «Come è denominato il principio costituzionale a cui si è uniformato l’ordinamento tributario italiano in base al quale tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche? A: Principio di equità B: Principio di universalità C: Principio di capacità contributiva».
Come si evince dagli atti, in sede di correzione è emerso che la risposta esatta sarebbe stata quella indicata al punto «B: Principio di universalità» e non invece quella di cui al punto «C: Principio di capacità contributiva», indicata dalla ricorrente.
Se la ricorrente avesse fornito la risposta giudicata corretta dalla Commissione, ella avrebbe riportato un punteggio pari a 21,36 e sarebbe, quindi, stata ammessa a partecipare alla prova orale.
Ebbene, quanto al merito dalla risposta fornita dalla ricorrente al richiamato quesito, il Collegio ritiene di condividere la statuizione resa dal Consiglio di Stato in sede cautelare in quanto “la norma costituzionale di riferimento (articolo 53, comma 1) va letta nel suo intero contenuto (“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”) che non riporta segni sintattici di separazione nelle proposizioni in essa presenti, onde la formulazione del quesito appare quantomeno ambigua, sì da poter ritenere corretta anche la risposta data dalla ricorrente, comunque conforme al principio in generale ritenuto ricavabile dalla prefata disposizione della Carta fondamentale”.
D’altra parte, è principio consolidato che le domande somministrate in un concorso pubblico devono rispondere al principio generale di ragionevolezza dell’azione amministrativa al fine di consentire risposte in tempi brevi. Deve ritenersi infatti che il metodo dei test selettivi con domande a risposta multipla richieda che tali domande, in quanto destinate a ricevere risposta in tempi brevi, per facilitare la speditezza della complessiva attività di selezione, siano formulate in modo tale da non compromettere l’efficienza intrinseca del risultato e la par condicio degli aspiranti. Le stesse debbono pertanto essere congrue, chiare e neutre e non prestarsi a interpretazioni divergenti; quanto sopra sulla base di una formulazione chiara, non incompleta o ambigua, con corrispondente univocità di risposta (Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 13 settembre 2012, n.4862).
Al di fuori di questi parametri, il criterio invalida la selezione, facendole acquisire un carattere incongruo ed aleatorio, quando non arbitrario, non essendovi una certezza circa le risposte, ritenute corrette dall’Amministrazione in base ai parametri unilateralmente fissati dal soggetto che ha predisposto i questionari.
In tale prospettiva, se è vero che il giudice non può sostituire il proprio apprezzamento a quello dell’Amministrazione, è anche vero che non può esimersi dal considerare e valutare l’eventuale vizio, tecnico o logico, dell’apprezzamento dell’Amministrazione, ove una tale mancanza sia in concreto oggettivamente riscontrabile.
Nel caso in esame, la risposta fornita dalla ricorrente – alla luce della formulazione del quesito e delle risposte predisposte dall’Amministrazione – ben poteva essere ritenuta corretta.
Il quesito in parola si mostra, quindi, illegittimo perché, a causa della sua non puntuale formulazione, può condurre a più risposte esatte e non già ad un’unica risposta “oggettivamente” corretta, e perché – come più volte precisato dalla giurisprudenza amministrativa – lascia spazio anche a una possibile interpretazione soggettiva da parte della Commissione (viste le plurime soluzioni alla domanda), che non deve formulare “… domande ambigue e confondenti ai candidati, tali per cui questo debba scegliere tra le multiple risposte la “meno errata” o l'”approssimativamente più accettabile“, per così dire, anziché quella – l’unica, incontestabilmente – corretta sul piano scientifico, essendo un tale metodo di formulazione dei quesiti scorretto, e inaccettabile, proprio in base ai principi della c.d. riserva di scienza, alla quale anche la pubblica amministrazione deve attenersi nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica, certamente sindacabile sotto questo riguardo dal giudice amministrativo” (così Cons. Stato, Sez. III, 1° agosto 2022, n. 6756, e in senso analogo Sez. II, 5 ottobre 2020, n.5820).
Per le ragioni che precedono il ricorso viene accolto con attribuzione alla parte ricorrente del previsto punteggio per la risposta corretta e conseguente superamento delle prove scritte e ammissione alla prova orale.
Conclusivamente, assorbita ogni ulteriore censura, il ricorso e i motivi aggiunti sono fondati e vanno accolti e per l’effetto – considerato il superamento della prova orale cui parte ricorrente è stata ammessa con “riserva” – vanno annullati gli atti impugnati e la graduatoria finale di merito nella parte in cui il ricorrente risulta ammesso e posizionato ma con la clausola di “riserva”, con definitivo consolidamento della sua posizione nella graduatoria medesima.
La peculiarità della questione controversa giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.