Corte di Cassazione, VI Sez. Penale, 29 gennaio 2025, n. 3755
PRINCIPIO DI DIRITTO
Il delitto di rivelazione di segreti d’ufficio, previsto dall’art. 326, co. 1 c.p., costituisce un reato proprio e punisce unicamente il propalatore qualificato (pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) della notizia riservata e non il soggetto che la riceve, salvo che quest’ultimo non si sia limitato passivamente a riceverla ma – così realizzando un concorso morale nel reato – abbia, con il proprio contegno, contribuito al disvelamento illecito, istigando, inducendo o comunque supportando l’intraneus nella esecuzione della relativa condotta materiale.
TESTO RILEVANTE DELLA PRONUNCIA
- Lo scrutinio degli articolati motivi di impugnazione prospettati dalla difesa presuppone la necessaria descrizione delle situazioni in fatto, cristallizzate dalle due sentenze di merito e non contrastate dal ricorso, che, ad avviso di questa Corte, assumono una dirimente centralita nel definire la vicenda a giudizio.
Ciò anche al fine di puntualizzare I’indifferenza, ai fini della decisione che occupa, di alcune tematiche il cui contenuto, per quanto apprezzato dai Giudici del merito, non incide sulla verifica di legittimita devoluta a questa Corte, cosi da rendere altrettanto ultronee le ragioni di critica mosse, su tali punti, nel ricorso.
- In linea con tale premessa, giova da subito mettere in evidenza che le dichiarazioni di Pietro Amara, oggetto della divulgazione operata da Storari a Davigo nell’aprile del 2020, furono rese a far tempo dal dicembre 2019 nel corso di alcuni interrogatori che vedevano il dichiarante indagato in un procedimento iscritto presso la Procura milanese.
Tali dichiarazioni riguardavano, pacificamente, ipotesi di reato estranee ai fatti oggetto dell’indagine che vedeva Amara in quella sede indagato; vedevano il dichiarante possibile protagonista delle condotte descritte; inerivano alla riferita sussistenza di una associazione segreta che, tra le altre cose, avrebbe influenzato l’azione del Consiglio Superiore della Magistratura all’epoca della consiliatura precedente a quella insediata al momento delle propalazioni, pur coinvolgendo, tra gli altri, due componenti del Consiglio in carica, Mancinetti e Ardita; furono rese da Amara ai due Magistrati del P.M. coassegnatari della relativa indagine (Laura Pedio e, per l’appunto, Storari), i quali procedettero contestualmente a segretare i relativi verbali ai sensi dell’art. 329, comma 3, lettera a), cod. proc. pen., considerato il pacifico coinvolgimento di terze persone diverse dal dichiarante.
2.1. All’iscrizione ex art. 335 cod. proc. pen. della notizia di reato conseguenziale alle dette dichiarazioni si pervenne da parte della Procura milanese il 12 maggio del 2020. 1l reato ipotizzato riguardava la configurabilita di una associazione segreta punita ai sensi della legge n. 17 del 1982 e, pacificamente, tra i soggetti iscritti, risultava Amara ma non erano menzionati Magistrati né, in particolare, i due citati componenti del Consiglio Superiore della Magistratura: circostanza, questa, che ebbe a connotare I’indagine in questione anche dopo la trasmissione degli atti per competenza alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia e sino alla disposta archiviazione.
2.2. Si pud anche dare probatoriamente per incontroverso, per il concordante confluire sul punto delle relative emergenze probatorie, che fu Storari a voler contattare Davigo, che all’epoca non conosceva; e che la scaturigine di tale incontro trovava giustificazione, secondo la prospettazione offerta da entrambi i concorrenti, nelle resistenze che, ad avviso di Storari, l’ufficio di appartenenza e, in particolare, il Procuratore della Repubblica dell’epoca, la co-assegnataria dellindagine nel corso della quale Amara venne sentito e un altro Sostituto procuratore, titolare di un procedimento rispetto al quale dette dichiarazioni potevano rilevare, opponevano alla immediata iscrizione delle possibili situazioni di reato emergenti da tali propalazioni.
2.3. E, infine, pacifico che Storari ebbe a manifestare a Davigo le sue perplessita rispetto alla opportunita di una tale divulgazione in ragione del segreto che copriva le notizie che intendeva rivelargli; e che I’odierno ricorrente ebbe a rassicurarlo, sotto tale profilo, sulla base di una indicazione di principio più volte ribadita anche nel corso del presente processo, quella della non opponibilita del segreto investigativo al Consiglio Superiore della Magistratura e, per esso, ai suoi componenti, tra i quali, per I’appunto, il Davigo.
Rassicurazione, questa, che, ad avviso del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia che ebbe a giudicare separatamente Storari in esito al rito abbreviato da questi scelto, sarebbe stata alla base dell’errore incolpevole sul fatto ex art. 47 cod. pen. in forza del quale il concorrente, per l’affidamento riposto nella qualificata professionalita di Davigo, & stato mandato assolto in ragione della ritenuta insussistenza del dolo, con decisione poi confermata in appello.
2 3. Ciò premesso, ritiene la Corte che nel valutare la tenuta della decisione impugnata riguardo al giudizio di responsabilità ascritto al ricorrente per le condotte di rivelazione allo stesso addebitate, occorra distinguere tra quelle descritte dal primo capoverso del capo di imputazione, legate alla divulgazione resa da Storari a Davigo nell’aprile del 2020; e quelle realizzate da Davigo dopo aver acquisito da Storari la notizia e i verbali coperti da segreto riproducenti le dichiarazioni di Amara, riportandone il contenuto e consegnando copia dei verbali dei citati interrogatori ad alcuni componenti del Consiglio Superiore dalla Magistratura, nonché alle sue collaboratrici amministrative.
La sentenza impugnata, infatti, non merita censure limitatamente alla prima delle due parti di condotta sopra rassegnate.
- In relazione alla prima condotta di rivelazione descritta dall’imputazione, nella conforme valutazione dei Giudici del merito, il ricorrente è stato ritenuto responsabile dell’ipotizzata violazione dell’art. 326, comma 1, cod. pen. perché sarebbe stato concorrente, quale extraneus, di Storari, soggetto tenuto al segreto.
Tanto, per averne decisamente supportato la condotta materiale a fronte dei dubbi paventati dal concorrente qualificato al momento della loro interlocuzione, proprio con riguardo alla presenza del segreto che copriva il dato di indagine da rivelare: in particolare, per quanto gia evidenziato, il ricorrente avrebbe rassicurato I’intraneus in ordine alla non opponibilita del segreto investigativo allo stesso in quanto componente del Consiglio Superiore della Magistratura.
Condotta, questa, adeguatamente cristallizzata dalle emergenze in fatto acquisite, rimaste estranee ai rilievi prospettati dal ricorso, per quanto gia rassegnato; e che si pone in linea con le coordinate interpretative dettate da questa Corte quanto agli elementi costitutivi propri della fattispecie a giudizio, che, come & noto, punisce unicamente il propalatore qualificato (pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) della notizia riservata e non il soggetto che la riceve, salvo che quest’ultimo non si sia limitato passivamente a riceverla ma abbia, con il proprio contegno, contribuito al disvelamento illecito, istigando, inducendo o comunque supportando I’intraneus nella esecuzione della relativa condotta materiale.
Si &, in particolare, precisato che il contributo morale offerto dal concorrente extraneus, in base all’ordinaria disciplina del concorso di persone nel reato, oltre alle tradizionali forme della determinazione e della istigazione, può estrinsecarsi nei modi più vari ed indifferenziati, sottraendosi a qualsiasi catalogazione o tipicizzazione, cui invece deve uniformarsi la condotta dell’autore dell’illecito e, quindi, del concorrente che esegue I’azione vietata dalla norma e non gia quella del partecipe (in termini, Sezioni Unite n. 420 del 28/11/1981, dep. 1982, Emiliani, Rv. 151619, con indicazioni ribadite nel tempo e, in particolare, da Sez. 6, n. 35899 del 30/05/2017, Rv. 270546; Sez. 6, n. 47977 del 18/09/2015, Rv. 265752; Sez. 1, n. 27231 del 30/06/2015; Sez. 1, n. 5842 del 17/10/2011, Rv. 249357).
- Ciò premesso, la difesa, nell’articotato sviluppo dell’argomentare critico sotteso al ricorso, ha messo in gioco temi immediatamente inerenti alla stessa configurabilità in sé del reato, prescindendo dalla specifica posizione del ricorrente; ed ha altresì mosso rilievi in ordine alla correttezza della imputazione mossa a Davigo, mai ricondotta, anche nella valutazione di merito resa a sostegno della ritenuta responsabilita, all’ipotesi della cd. autoria mediata prevista dall’art 48 cod. pen., malgrado I’intervenuta assoluzione del concorrente qualificato per la ritenuta assenza del dolo a lui ascrivibile.
Con altre censure, principalmente agganciate a tale ultimo aspetto, si & contestata la responsabilita di Davigo sotto il versante soggettivo, comunque messo in discussione in ragione della rivendicata applicabilita dell’art. 51 cod. pen., quantomeno in termini di putativa sussistenza dell’obbligo di adempiere ad un dovere.
- Sotto il primo versante, quello inerente alla condotta materiale nel caso tenuta dai concorrenti, si & contestata, anzitutto, la stessa presenza di un segreto da tutelare per la ritenuta abnormita o, comunque, per la illegittimita – in ragione di un asserito difetto di motivazione – della segretazione apposta sui verbali contenenti le dichiarazioni di Amara, disvelate da Storari.
L’assunto è manifestamente infondato, a prescindere dalla stessa possibilita di sindacare la legittimita della segretazione apposta in applicazione della regola stabilita dall‘art. 329 cod. proc. pen. nel contesto afferente al giudizio di responsabilita correlato alla violazione del segreto investigativo.
La rivelazione di Storari ha infatti riguardato il contenuto di dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese – nel corso di una attivita di indagine gia in corso – da un indagato in sede di interrogatorio innanzi al Pubblico Ministero procedente.
A differenza di quanto sostenuto con il ricorso, non rileva che le propalazioni in questione inerissero a fatti estranei alla indagine nel corso della quale furono acquisite, né che le relative notizie di reato non fossero state ancora iscritte alla data della prima condotta a giudizio.
La sede di acquisizione delle relative dichiarazioni, infatti, rendeva le notizie riferite e i relativi atti di verbalizzazione ontologicamente coperti dal segreto investigativo: riguardando anche la posizione di terzi diversi dal dichiarante potenziale imputato, gli stessi furono poi coerentemente segretati dagli inquirenti, ai sensi del primo e del terzo comma dellart. 329 cit., perché esondanti la posizione del solo dichiarante.
Ciò a meno di non volere ritenere, come sembra sostenere il ricorso, che, nelle more della relativa iscrizione, le dichiarazioni dell’indagato, acquisite in sede di indagine dal Pubblico ministero nel corso di un interrogatorio ma relative a potenziali fatti di reato estranei all’oggetto della stessa, debbano considerarsi liberamente ostensibili: soluzione interpretativa all’evidenza non condivisibile, perché destinata a compromettere radicalmente la ratio e la rituale applicazione della regola sottesa alla stessa possibilità di segretazione sancita dall’art. 329 cod. pen.
La circostanza, infine, che a disvelare la notizia sia stato lo stesso soggetto che nel caso ha contribuito formalmente ad apporre il segreto non solo è del tutto inconferente, ma rafforza il complessivo assetto di responsabilità che si legano alla relativa condotta di disvelamento: il dovere assoluto di riservatezza che nel sistema processuale si lega all’apposizione del segreto investigativo prescinde, all’evidenza, da ogni forma di libera disponibilità dello stesso che non trovi sede nelle dinamiche procedimentali interne all’attività di indagine che lo ha giustificato.
- La difesa ha inoltre sostenuto, sempre sotto il versante oggettivo, che nel caso di specie Storari era legittimato a rivelare le notizie in questione a Davigo perchè il segreto investigativo doveva ritenersi inopponibile al Consiglio Superiore della Magistratura e, dunque, anche ai singoli Consiglieri. L’assunto non coglie nel segno, condividendo questa Suprema Corte le ineccepibili considerazioni svolte sul tema dai Giudici del merito.
7.1. In primo luogo, va ribadito un dato essenziale, che peraltro si pone in termini di intima coerenza con le prospettazioni difensive, mettendone tuttavia in luce, al contempo, la intrinseca contraddittorieta logica: le dichiarazioni di Amara, pur potendo riguardare azioni illecite riferibili a Magistrati, non hanno mai visto, al momento della rivelazione di Storari – giacché non v’era ancora iscrizione – e pur dopo liscrizione avvenuta il 12 maggio 2020, la formale presenza di Magistrati soggetti ad indagine in ragione del loro contenuto. Storari, infatti, nel promuovere l’incontro con Davigo, lamentava a monte l’inerzia mostrata dal suo Ufficio rispetto all’esigenza di una pronta iscrizione delle notizie di reato oggetto delle dette propalazioni: il formale coinvolgimento in una indagine di soggetti appartenenti alla Magistratura e, in conseguenza, la stessa possibilita di ritenere prima facie il Consiglio Superiore interessato, nei suoi risvolti istituzionali, alle vicende narrate da Amara, gia sul piano logico presupponeva, dunque, uno sviluppo progressivo del relativo incedere procedimentale, non solo inattuale in quel momento – tant’é che se ne lamentava il ritardo – ma anche eventuale, perché rimesso alle discrezionali scelte valutative, anche sul piano soggettivo, degli inquirenti chiamati al relativo incombente. Scelte non riferibili al solo propalante qualificato.
In altre parole, I’eventuale coinvolgimento del Consiglio Superiore della Magistratura trovava immediata dipendenza logica nella presenza di attivita di indagine svolte nei confronti di Magistrati; e, all’epoca della prima rivelazione – ma, come detto, anche alla data delle altre condotte descritte dall’imputazione -, non solo non ve ne erano formalmente, ma non era neppure certo che ve ne sarebbero state.
7.2. Piuttosto, proprio le ragioni sottese allincontro con Davigo, puntualmente rassegnate dal concorrente e confermate dal ricorrente, danno conto immediato dell’assoluta distonia logica della scelta, da parte dello Storari, di contattare informalmente Davigo per cosi veicolare al Consiglio Superiore la tematica sottesa agli ostacoli asseritamente frapposti al rapido incedere delle indagini correlate alle dichiarazioni di Amara; scelta, questa, decisamente supportata dal comportamento rassicurante sotto tale profilo tenuto dal ricorrente, dall’alto della posizione all’epoca rivestita, oltre che in ragione di una incontroversa autorevolezza acquisita nel tempo grazie al suo percorso professionale.
A fronte del paventato stallo rispetto alla solerte adozione del provvedimento di iscrizione sollecitato da Storari, la via istituzionale da seguire nel definire tale asserita conflittualita interna all’ufficio di provenienza non presentava margini di incertezza forieri di dubbi applicativi, in linea con quanto condivisibilmente rimarcato nelle conformi decisioni dei Giudici del merito.
Anziché portare a conoscenza del Consiglio Superiore della Magistratura la vicenda in questione – contattandone un componente, in via tanto informale quanto meramente confidenziale, con modalita ali’evidenza poco compatibili con la serieta e delicatezza dei temi in gioco -, Storari avrebbe potuto e dovuto rivolgersi al Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello territorialmente competente, chiamato, ex art. 6 d.lgs n. 106/2006, a risolvere i contrasti inerenti all’esercizio dell’azione penale e alliscrizione delle notizie di reato.
7.3. Del resto, che fosse questa, senza incertezza di sorta, sul piano ordinamentale, la corretta via istituzionale da seguire, & aspetto che lo stesso ricorrente ha mostrato non solo di conoscere, ma anche di condividere, affermando, nel corso del suo esame dibattimentale, che tale modalita di azione non venne in concreto privilegiata a causa della ridotta affidabilita della persona che all’epoca temporaneamente rappresentava l’Ufficio della Procura Generale milanese (si veda la sentenza impugnata, pagina 106).
Dato, questo, mai sottoposto a revisione critica da parte del ricorso; e che, di converso, assume una assorbente decisivita nell’ottica della confermata affermazione di responsabilita, anche sotto il versante soggettivo, per quel che più avanti si dira.
7.4. Anche a voler ritenere, come in tesi prospettato dal ricorrente, che le dichiarazioni di Amara – nella parte in cui riguardavano il funzionamento dell’organo di autogoverno della Magistratura nella precedente consiliatura, in tesi influenzato dalla loggia segreta descritta dal predetto dichiarante – potessero in qualche modo investire le competenze ascritte al Consiglio Superiore, prescindendo dal formale coinvolgimento di Magistrati nella relativa indagine, ciò malgrado non si perviene comunque ad una conclusione diversa: una tale prospettiva, infatti, non consentiva e non consente 16 comunque di ritenere le esigenze sottese al segreto investigativo, apposto sui relativi verbali di interrogatorio, recessive rispetto a quelle di acquisizione “consiliare” dei relativi dati conoscitivi, per l’evidente erroneita della ricostruzione della pertinente normativa di riferimento.
A fronte della segretazione imposta dalla disciplina normativa primaria (nel caso in esame dall’art. 329 cit.), si è puntualmente evidenziato nella impugnata sentenza che le fonti normative secondarie destinate ad incidere sul tema (ossia le circolari consiliari deliberate tra il 1994 e il 1995, ivi citate alla pagina 101) rendevano e rendono meramente facoltativo e, dunque, tutt’altro che automatico l’accesso del Consiglio Superiore della Magistratura ad atti coperti dal segreto investigativo, legati a notizie di reato o, comunque, a fatti o circostanze che possano lambire le competenze dell’Ufficio giudiziario procedente: quest’ultimo infatti (in persona del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello o del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale, in forza dell’ultima delle circolari citate, quella del 17 maggio 1995) potrebbe sempre rifiutarne I’ostensione, omettendo la trasmissione e giustificando le ragioni di opportunita di una siffatta scelta.
Il che, ancora una volta, rendeva manifestamente inconferente la soluzione privilegiata dai due concorrenti, vieppil se filtrata alla luce della imprescindibile comparazione tra la delicatezza della materia gestita, per la rilevante connotazione pubblicistica delle ragioni sottese all’apposizione del segreto investigativo, e la chiarezza del percorso istituzionale predisposto dall‘ordinamento nel definire la situazione di difficolta in cui, a suo dire, si era trovato Storari nel gestire l’attività di indagine conseguenziale alle dichiarazioni rese da Amara.
- V’è poi da osservare che il ricorrente ha sostenuto la non configurabilita del reato in questione per la non riscontrata presenza di un pericolo effettivo conseguenziale alla condotta posta in essere da Storari con il concorso del ricorrente, giacché la rivelazione della notizia, più che nuocere all’indagine, avrebbe consentito di ricondurla nei binari della legalita. Tesi, questa, che poi è stata estesa anche alle ulteriori condotte di divulgazione oggetto del tema d’accusa formulato nell’imputazione.
8.1. L’assunto è manifestamente infondato. In caso di violazione del segreto investigativo, l’onere di riservatezza della notizia risulta imposto ex /ege in ragione della previsione di cui all‘art. 329 cit. a prescindere dalla concreta incidenza che abbia assunto il suo disvelamento rispetto all’ordinario e utile sviluppo dell‘indagine.
Va infatti ribadito, secondo un orientamento consolidato di questa Suprema Corte, incidentalmente valorizzato anche dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 4964 del 27/10/2011, dep. 2012 (e da ultimo ribadito da questa Sezione con la sentenza n. 4194 del 30/09/2021, dep. 2022, Rv. 282882), il principio secondo cui, quando è la legge a prevedere I’obbligo del segreto in relazione ad un determinato atto in relazione ad un determinato fatto, il reato sussiste senza che possa sorgere questione circa l’esistenza o la potenzialità del pregiudizio richiesto, in quanto la fonte normativa ha già effettuato la valutazione circa l’esistenza del pericolo, ritenendola conseguente alla violazione dell’obbligo del segreto.
8.2. Dalla rilevata offensività in sé della condotta di rivelazione consegue, quale logico corollario, l’indifferenza di qualsivoglia indagine in fatto diretta ad accertare la positiva incidenza della rivelazione sulla scorta di quanto dal ricorrente evocato sotto tale profilo.
Ci si riferisce, in particolare, alle argomentazioni oggetto del secondo motivo di ricorso, quanto al rilievo da ascrivere, in tesi, al colloquio avuto dall’imputato con il Procuratore Generale della Cassazione riguardo alle notizie acquisite da Storari; e all’incidenza che tale interlocuzione avrebbe assunto rispetto ai contatti intrattenuti tra il Procuratore Generale della Cassazione e il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, dai quali, secondo il ricorrente, sarebbe scaturita l’iscrizione ex art 335 cod. proc. pen., in effetti intervenuta nel maggio del 2020.
8.3. La su richiamata impostazione, diretta a rimarcare la netta distanza tra l’asserita volontà dei concorrenti di sollecitare una pronta iscrizione delle notizie derivanti dalle dichiarazioni di Amara e la strada, ciò malgrado, di fatto comunemente seguita, palesemente distonica rispetto a tale affermato obiettivo, rende parimenti superflue le valutazioni di fatto, in più occasioni sollecitate dalla difesa nei diversi scritti depositati nel corso del presente giudizio, in ordine alla rimarcata necessità di procedere quanto più celermente all’adempimento di tale incombente procedurale, attesa I’evidente inconferenza funzionale del preteso coinvolgimento del Consiglio Superiore della Magistratura rispetto a tale risultato.
- Né merita censure la scelta dei Giudici del merito di inquadrare comunque la responsabilita del ricorrente nello schema del contributo concorsuale offerto alla condotta materiale di disvelamento resa da Storari, in linea con Vimputazione, malgrado il giudicato, per la ritenuta insussistenza del dolo, caduto sull’assoluzione del concorrente, deliberata nell’autonomo giudizio abbreviato svolto nei confronti di quest’ultimo.
9.1. Sostiene la difesa, con i motivi addotti per ottavo e nono, che il concorso prospettato con I’imputazione non poteva più sostenersi giuridicamente una volta assolto Storari per mancanza di dolo; e che i giudici del merito, in difformita dallimputazione, avrebbero ricostruito la responsabilita del ricorrente in termini coerenti alla previsione di cui all’art. 48 cod. pen., tuttavia mai contestata, con conseguente violazione dell‘art. 521 cod. proc. pen.
9.2. L’assunto è infondato per più ragioni.
9.2.1. Giova premettere che I’utilizzo del verbo indurre – di cui pure si & avvalsa la Corte territoriale nell’apprezzare la condotta del ricorrente- non legittima, per cio solo, I’idea, prospettata dallimpugnazione, secondo la quale la ricostruzione della relativa responsabilità sarebbe stata effettuata riconducendone la posizione all’ambito dell’autoria mediata di cui all’art. 48 cod. pen., così distanziandosi dall’imputazione.
E’ vero, piuttosto, il contrario, attesa la specifica presa di posizione assunta sul punto in sentenza (si veda dalla pagina 91) e la coerente assenza di riferimenti argomentativi in ordine a possibili contegni ingannevoli messi in atto dal Davigo nel sostenere l’azione dello Storari.
In questo contesto, l’induzione letteralmente evocata dalla Corte del merito perde i contenuti di tipicita giuridica propri dell’ipotesi di cui all‘art. 48 cod. pen., per assumere un portato coerente al suo più ampio significato ordinario, che ben comprende anche le ipotesi di decisiva persuasione che puntualmente si attagliano alla condotta concorsuale nel caso ascritta al ricorrente, in linea con I’imputazione.
9.2.2. Del resto, quali che siano state le ragioni che, all’esito del separato giudizio di merito, hanno portato a ritenere non punibile Storari, attribuendo assorbente decisivita alle rassicurazioni ed ai chiarimenti offerti da Davigo rispetto alla non opponibilita del segreto investigativo ai componenti del Consiglio Superiore della Magistratura (cosi da portare nell’area dell’errore incolpevole sul fatto disciplinata dal comma 3 dellart. 47 cod. pen. la condotta di disvelamento resa dall’intraneus), le stesse, in presenza di una sovrapponibile ricostruzione della vicenda in fatto, non vincolavano le autonome valutazioni di competenza dei Giudici chiamati a verificare la responsabilita dell’extraneus su tali temi.
Se infatti, secondo il consolidato orientamento espresso da questa Corte, solo una inconciliabile ricostruzione del fatto storico emersa tra i due giudizi autonomamente resi nei confronti di soggetti concorrenti nello stesso reato pud, da un punto di vista statico, ritenersi tale da legittimare il rimedio della revisione – di contro escluso nel caso di un diverso epilogo conseguenziale ad una difforme valutazione di quei fatti, nelle sue derive logiche e giuridiche (ex multis, Sez. 6, n. 16477 del 15/02/2022, Rv. 283317, con i conformi arresti ivi riportati) – alla stessa stregua, da un punto di vista dinamico, le autonome scelte valutative rese nel separato giudizio di merito svolto nei confronti del concorrente lasciano intatto il libero convincimento del giudice chiamato a decidere della posizione del concorrente, non ancora definitivamente giudicato.
Entro tale necessaria prospettiva ermeneutica, non meritano censure le valutazioni congruamente operate dai Giudici del merito, coerenti alla situazione in fatto emersa dagli atti, destinata a dare conto di una condotta illecita che ha trovato fonte nell’autonoma iniziativa di Storari; e che, a fronte dei dubbi ciò malgrado paventati da quest’ultimo, ha trovato un supporto di rilievo nell’opera di convincimento, di sostanziale persuasione e di adeguato consolidamento dell’altrui agire operata dal ricorrente sul concorrente, dissolvendone le incertezze dall’alto della sua indiscussa autorevolezza professionale e in considerazione dello specifico ruolo istituzionale all’epoca rivestito.
9.2.3. In altre parole, la scaturigine del contatto, le modalità dell’interlocuzione tra i due protagonisti, ma anche la qualita soggettiva del concorrente intraneo e la sua possibilita di affrontare e risolvere consapevolmente il tema da affrontare e superare nel relativo contesto fattuale, hanno condivisibilmente consentito ai Giudici del merito, nell’ambito dell’autonoma valutazione di loro competenza, di escludere, nella specie, la presenza dell’inganno induttivo tipicamente proprio dell’autoria mediata; e, al contempo, di confermare il tenore dellimputazione originaria, riconducendo all’area concorsuale la condotta dell’extraneus, in ciò favoriti, per quanto gia evidenziato, dalla atipicita di contenuti del contributo in tal senso configurabile.
- Anche la valutazione resa nel ribadire il dolo del ricorrente con riferimento al concorso nella condotta di rivelazione originariamente resa da Storari non merita censure, dovendosi escludere la fondatezza dei rilievi prospettati sia nel rivendicare la presenza di un errore scusabile ex art. 47 cod. pen., riferibile alla posizione di Davigo alla stessa stregua di quanto gia affermato per Storari nell’autonomo giudizio che ha riguardato lintraneus; sia riguardo alla possibilita di ritenere non punibile nel caso la relativa condotta, perché resa in adempimento di un dovere, quantomeno ritenuto in via meramente putativa.
10.1. Giova nuovamente rimarcare, sotto tale profilo, che, secondo quanto continuativamente affermato dal ricorrente e ribadito negli atti difensivi, I’intenzione da lui perseguita non era altra se non quella di riportare il procedimento all’interno dei “binari della legalita”.
Proprio muovendo da tale ribadita chiave di lettura, tuttavia, emerge in modo incontrovertibile la marcata distonia logica che connota la condotta a giudizio, là dove si consideri che il ricorrente ha espressamente confermato di aver avuto piena contezza che la strada da intraprendere, più coerente al detto proposito, fosse un’altra rispetto a quella poi concretamente seguita (anziché investire il Consiglio Superiore della Magistratura, sollecitare Storari ad interfacciarsi con il Procuratore Generale della Corte di appello di Milano, suo referente istituzionale quanto all’affidamento della tematica sottopostagli); ciò, tuttavia, non senza precisare di non averla suggerita all’intraneus per ragioni all’’evidenza inconsistenti sul piano della rilevanza giuridica (la modesta fiducia serbata nella persona che all’’epoca reggeva il detto Ufficio giudiziario).
10.2. Tale consapevolezza assume, per quanto gia anticipato, un portato di assorbente decisivita.
10.2.1. Per un verso esclude a monte la possibilita di ritenere obbligata, anche nellintimo, seppur erroneo, convincimento dell’imputato, la condotta delittuosa messa in atto, cosi da neutralizzare, senza incertezze, la rivendicata applicabilita dell’art. 51 cod. pen., atteso che, per una scelta del tutto personale e marcatamente arbitraria, il ricorrente – nel manifestare la sua opinione all’intraneus, determinante nel quadro della rivelazione del segreto da questi operata – ha ritenuto di trascurare volutamente quella ritualmente prevista dall’ordinamento per ovviare al problema che si intendeva risolvere.
10.2.2. Per altro verso, costituisce un ulteriore tassello a conferma della piena condivisibilita della valutazione operata dai Giudici del merito nell’escludere, quantomeno con riguardo al Davigo, che la relativa condotta potesse ritenersi ammantata da una erronea comprensione del dato normativo di riferimento, tale da giustificare I’applicabilita dell’art. 47, comma 3, cod. pen.
La consapevolezza del corretto percorso istituzionale da suggerire a Storari per superare la situazione di stallo che questi ebbe a rappresentargli prima di procedere alla rivelazione del segreto; la cautela necessariamente imposta dalla presenza di una segretazione imposta ex /ege; il contenuto normativo, di non particolare complessita, della disciplina regolamentare dettata dallo stesso Consiglio Superiore della Magistratura quanto alle modalita di gestione di vicende di interesse del detto organo coperte dal sequestro investigativo, tutt’altro che rare, costituiscono elementi che, partitamente e globalmente vagliati, danno piena ragione giustificativa della correttezza della decisione sul punto assunta dai Giudici del merito.
Sono, quelli or ora indicati, tutti argomenti che, letti alla luce dello spessore professionale del ricorrente e delle sue specifiche competenze acquisite nel tempo anche sul piano ordinamentale proprio in ragione della carica rivestita all’epoca dei fatti, del tutto coerentemente sono stati apprezzati a sostegno della ritenuta insussistenza di un errore sul fatto.
10.3. Piuttosto, del tutto coerentemente si è ritenuto, dat parte dei Giudici del merito, che la condotta materiale del ricorrente ben si attagliava al dolo generico che caratterizza la fattispecie incriminatrice in disamina, perché destinata a dare conto che nel caso – con il decisivo contributo del ricorrente – & stato consapevolmente attivato, per ragioni di evidente gratuita rispetto allimportanza dei temi in gioco (la sfiducia soggettivamente riposta nella persona preposta alla risoluzione della problematiche che entrambi gli imputati volvano risolvere), un percorso alternativo per forza di cose destinato a mettere in pericolo la riservatezza della notizia coperta dal segreto investigativo; e cio, ancor più considerando il metodo evocato da Storari e validato da Davigo nel portare a conoscenza della vicenda il Consiglio Superiore della Magistratura, compulsato per il tramite di una informale, confidenziale e non consentita consegna ad uno dei suoi componenti di atti processuali coperti da segreto investigativo.
10.4. Le superiori considerazioni rendono evidentemente recessive le criticita sul tema prospettate nel ricorso e nei motivi aggiunti.
Del resto, I’assenza di un movente, di una giustificazione per la quale il ricorrente ebbe a corroborare I’idea del concorrente di privilegiare una soluzione illecita anziché quella favorita dalla immediatezza della situazione prospettatagli da Storari, a fronte di una situazione personale (quella del suo prossimo collocamento a riposo quale terminale di una carriera certamente specchiata) che rendeva poco comprensibile una siffatta volontà criminale, è un aspetto che, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso e, in più occasioni, nel corpo dei motivi aggiunti e delle memorie depositate, non assume alcuna incidenza, anche sul piano della tenuta logica, ai fini della pacifica sussistenza del dolo generico, nei termini richiesti dalla fattispecie che occupa, coerentemente motivati nella impugnata sentenza sulla base delle argomentazioni dianzi esposte.
- Né, infine, la responsabilita del ricorrente può ritenersi preclusa dalla natura del reato in contestazione alla luce della intervenuta esclusione del dolo in capo all’intraneus, autonomamente decretata dalla sentenza di assoluzione di Storari.
Ad avviso della difesa, con argomentazioni meglio definite nel corso della discussione orale, la rivelazione punita ai sensi dell’art. 326 cod. pen. integra un reato proprio esclusivo in cui la dimensione lesiva del fatto sanzionato risulta inscindibilmente correlata alla violazione di un obbligo realizzata abusando delle funzioni o dei poteri da parte dell’autore qualificato.
In siffatti casi, l’abuso, anche nelle sue componenti soggettive, sarebbe espressione di un disvalore che si riflette sulla tipicita della condotta: mancando il dolo dell’intraneus, verrebbe cosi messa in discussione la stessa tipicita dell’agire illecito descritto dalla fattispecie, cosi da rendere evanescente il contributo del concorrente extraneus. Tale assunto non è fondato per le ragioni di seguito indicate.
11.1. In primo luogo, per ragioni di ordine processuale, che contribuiscono a rendere indifferente il rilievo. La ricostruzione dogmatica privilegiata dall’assunto difensivo, ove integralmente condivisa, andrebbe comunque inquadrata e letta, nelle sue ricadute effettuali, alla luce della situazione processuale che ha dato luogo alle due diverse decisioni rese nella specie riguardo alle posizioni dei due concorrenti.
A fronte della facolta, garantita dall’ordinamento ai concorrenti, di farsi giudicare separatamente, accedendo a riti diversi e sottoponendosi a decisioni non congiunte, suscettibili di un potenziale conflitto, I’idea dell’ assorbente incidenza assunta, per i reati quale quello in esame, dall‘atteggiamento volitivo dell’intraneus rispetto alla complessiva tipicitd del fatto, tale da poter incidere anche sulla responsabilita del concorrente extraneus, ove condivisa, non potrebbe comunque mettere in discussione, né tanto meno eliminare, la possibilita, da parte delle rispettive autorita decidenti, di apprezzare in modo autonomo, ma altrettanto unitario e complessivo, la vicenda a giudizio, considerando dunque, seppur incidentalmente, anche la posizione del concorrente non immediatamente coinvolto nel processo di relativa pertinenza.
In altre parole, proprio le connotazioni della fattispecie in questione, se valorizzate nei termini della descritta ricostruzione dogmatica, imporrebbero di ampliare il perimetro della cognizione rimessa al giudice chiamato a vagliare la posizione del concorrente extraneus: la dominante rilevanza ascritta, in siffatte fattispecie, anche ai profili soggettivi e non solo materiali della condotta dell’intraneus nel definire la tipicità del fatto cui dovrebbe accedere il contributo del concorrente non qualificato, non potrebbe che legittimare, nel processo che riguarda esclusivamente quest’ultimo, uno scrutinio incidentale dei tratti identificativi della condotta del concorrente intraneo, anche nei suoi risvolti soggettivi, da apprezzare in via strumentale ed esclusivamente servente alla sola verifica della responsabilita dell’extraneus.
Ragionando diversamente, in siffatte ipotesi, il giudizio relativo allintraneus o, per meglio dire, le correlate valutazioni giuridiche poste a fondamento della decisione da assumere in merito alla rilevanza di detta posizione, finirebbero per avere sempre una potenziale prevalenza vincolante su quelle riguardanti il processo svolto a carico del concorrente extraneus, con evidenti profili di irragionevolezza di ordine logicosistematico.
I relativi spazi decisori finirebbero, infatti, per mantenere una autonomia solo apparente, con grave compromissione del libero convincimento del giudice che sta alla base della scelta di sistema sottesa alla possibilita di accesso alle diverse vie di definizione processuale della medesima vicenda in fatto, ove ascritta al concorso di più persone.
Il tutto mettendo in discussione, in siffatte ipotesi, i gia richiamati principi espressi da questa Corte nel rilevare l’insussistenza di una inconciliabilita tra giudicati, là dove il conflitto tra le decisioni finisca per cadere non sulla ricostruzione del fatto, ma sulle valutazioni che allo stesso si correlano. Ciò premesso, vale evidenziare, nel caso, che la Corte del merito, seppur incidentalmente (si veda la pagina 105 della sentenza impugnata), ha sinteticamente, ma ragionevolmente sottolineato la non sostenibilita della conclusione resa nel separato giudizio di merito, diretta a valorizzare, in termini di assorbente decisivita, il parere reso da Davigo rispetto all’atteggiamento volitivo assunto da Storari; il tutto a fronte della immediatezza offerta dalla soluzione ritualmente apprestata dall’ordinamento al problema che quest’ultimo stava affrontando, non bisognevole di grandi approfondimenti o di conoscenze imposte da specifiche competenze professionali diverse da quelle ordinariamente proprie del detto concorrente.
Per quanto causalmente in grado di incidere sul proposito criminoso dell’intraneus, rendendolo definitivo, il contributo concorsuale offerto da Davigo, dunque, non avrebbe assunto, nel caso, una incidenza tale da neutralizzare a monte |’elemento soggettivo riferibile a Storari, lasciandone inalterata la responsabilita, non diversamente da quanto affermato per il concorrente non qualificato.
Ne consegue che, anche ad accogliere I’impostazione dogmatica prospettata dalla difesa, la stessa finirebbe per non assumere concreta incidenza nel caso, una volta che si ritenga di poter ricostruire in termini identici, per entrambi gli imputati, il giudizio da rendere sul dolo, anche se in termini di strumentalita strettamente funzionale alla valutazione della posizione del solo extraneus, immediatamente sottoposto all’autonomo giudizio devoluto nel caso alla Corte.
11.2. Ma l’assunto difensivo non convince neppure in tesi, perché immediatamente smentito dalla costante giurisprudenza di questa Corte sul tema.
Si suole infatti affermare che, in tema di concorso di persone nel reato, I’assoluzione per difetto dell’elemento soggettivo in capo al concorrente “intraneo” nel reato proprio non esclude di per sé la responsabilita del concorrente “estraneo”, che resta punibile nei casi di autorita mediata di cui all’art. 48 cod. pen. e in tutti gli altri casi in cui la carenza dell’elemento soggettivo riguardi solo il concorrente “intraneo” e non sia quindi estensibile, come deve dirsi nella specie, alla posizione dell’extraneus (Sez. 4, n. 36730 del 20/04/2018, Rv. 273822; Sez. 5, n. 57706 del 28/09/2017, Rv. 272081); e cid anche con riguardo allipotesi di reato in contestazione (Sez. 2, n. 219 del 17/10/2018, dep. 2019, Rv. 274461) o ad altre fattispecie comunque connotate dal rilievo assunto, sul piano della tipicita della condotta, dall’abuso dei poteri o dei doveri gravanti sull’intraneus (in tema di abuso d‘ufficio, Sez. 6, n. 36166 del 18/06/2004, Rv. 229948).
Scelta interpretativa, questa, il cui fondamento riposa su diversi profili di ordine logico-sistematico, indicativi della irrilevanza della non punibilita, per la non imputabilita ma anche per la mancanza di colpevolezza, di uno dei concorrenti (segnatamente dagli artt. 46 comma 2, 111, 112, ultimo comma, 119 cod. pen., oltre che dall’art. 48 cod. pen., là dove si intenda mantenere la relativa figura allinterno della fattispecie concorsuale che ne informa il portato sul piano materiale).
E che si sviluppa ammettendo che dalla combinazione delle norme di parte speciale con quelle sul concorso di persone nel reato discendono tante fattispecie plurisoggettive differenziate quanti sono i concorrenti, aventi in comune il medesimo nucleo di accadimento materiale, ma suscettibili di autonoma considerazione riguardo all’atteggiamento psichico di ciascuno dei compartecipi (considerazioni esposte in motivazione dalla sentenza n. 2157 del 17 gennaio 2019 della Sez. 6, di recente riprese dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 27727 del 14/12/2023, Gambacurta); e ciò alla luce della assorbente centralita comunque da assegnare, anche nei reati propri, al fatto tipico principale riferito normativamente all’autore qualificato, considerato nella sua oggettiva materialita e prescindendo dalla colpevolezza dell’intraneus, cosi da recuperare, all‘area della responsabilita penale, tutte le condotte partecipative atipiche che a quel fatto accedono e che si risolvono in una indebita strumentalizzazione della posizione del concorrente qualificato.
Da qui la definitiva conferma della responsabilita dell’imputato per la condotta di rivelazione realizzata in concorso con Storari, per come descritta nel primo capoverso della relativa imputazione.
- Ad una soluzione diversa deve giungersi con riferimento alle altre condotte di divulgazione messe in luce dall’imputazione, materialmente riferite ad una serie di comportamenti esclusivamente ascritti all’odierno ricorrente.
12.1. Riguardo a tali condotte il reato contestato a Davigo risulta configurato facendo leva sulla giurisprudenza di questa Corte in forza della quale, in tema di rivelazione di segreti d’ufficio, il soggetto ‘estraneo’ risponde del reato a titolo di concorso con l’autore principale qualora abbia rivelato ad altri una notizia segreta riferitagli come tale, giacché realizza una condotta ulteriore rispetto a quella dell’originario propalatore (Sez. 5, n. 1957 del 17/11/2020, dep. 2021, Rv. 280413; Sez. 6, n. 42109 del 14/10/2009, Rv. 245021; Sez. 6, n. 39428 del 31/03/2015, Rv. 264782; Sez. 6, n. 15489 del 26/02/2004, Rv. 229344).
12.2. Siffatta conclusione non può essere accolta per più ragioni.
12.2.1. In primo luogo, perché I‘orientamento interpretativo evocato dalla Corte del merito inquadra !’ipotesi di responsabilita in questione sempre nell‘ottica della responsabilita concorsuale, ricostruita guardando alla figura del propalante qualificato. Nel caso, tuttavia, I’addebito non risulta sia mai stato mosso a Storari.
E, del resto, che si tratti di comportamenti estranei alla prima condotta di rivelazione è dato che, per un verso, trova conferma nella contestata e ritenuta continuazione tra piu fatti, per forza di cose, dunque, diversi tra loro; per altro verso, è aspetto incontrovertibilmente attestato, come puntualmente rimarcato dalla difesa con i motivi aggiunti, nel tenore letterale dell’imputazione, ove risultano contestate singole ipotesi di rivelazione costruite facendo esclusivamente leva sulla qualifica soggettiva di Davigo (viene richiamata la sua qualità di componente del Consiglio Superiore della Magistratura) e sulla violazione dei doveri inerenti a quella funzione o comunque sull’abuso della relativa qualita.
Da qui la manifesta inconferenza del riferimento alla citata giurisprudenza di legittimita, che comunque muove dal diverso presupposto del coinvolgimento nel fatto del soggetto qualificato tenuto al segreto, coinvolto nella rivelazione originaria.
12.2.2. Del resto, anche a voler riportare le condotte in questione all’ambito proprio della prima rivelazione, la lettura interpretativa accolta da questa Corte con gli arresti sopra richiamati deve comunque ritenersi non pienamente condivisibile, là dove rischia di creare talune criticita in punto di tassativita della relativa fattispecie.
Ribadito che la fattispecie in questione punisce unicamente il propalatore (pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) della notizia riservata e non il soggetto che la riceve, quest’ultimo risponde, come gia evidenziato, solo se, invece di limitarsi a ricevere la notizia, abbia influito sulla scelta del pubblico ufficiale di operare la rivelazione.
Tale rigorosa esegesi dei limiti di applicabilita della norma suggerisce di non dare continuita alle opzioni ermeneutiche basate sulla automatica punibilita di colui che abbia ricevuto la notizia ove in seguito la riveli a terzi, sempre che la notizia stessa ehe abbia conservato il suo carattere segreto: in siffatti casi la punibilita dell’extraneus finisce per costituire un’indebita estensione dell’ambito di operatività della previsione penale, che, come tale, si pone in palese violazione del principio di legalità di cui all’art. 25 Cost. e di tassativita della previsione incriminatrice.
Una cosa è, infatti, evidenziare sul piano probatorio la rilevanza di tale successivo segmento di condotta, costituente post factum non punibile, qualora I’extraneus si sia limitato a concorrere nella rivelazione del segreto da parte dellintraneus; altra cosa & “affermarne la rilevanza penalistica ex se in contrasto con la corretta delimitazione dell’ambito di operativita della figura di reato in esame” (in termini, pedissequamente condivisi, in motivazione, Sez. 6, n. 34928 del 17/04/2018).
12.3. Le su esposte considerazioni danno conto dei vizi che inficiano la decisione impugnata in parte qua.
12.3.1. Le condotte di rivelazione materialmente realizzate da Davigo dopo aver ricevuto la notizia coperta da segreto investigativo da Storari, se ricondotte al concorso in tale prima divulgazione illecita, come hanno mostrato di ritenere, sul piano della relativa giustificazione logico-giuridica, i Giudici del merito, non sarebbero punibili, per quanto gia detto.
12.3.2. Di contro, la sentenza impugnata si mostra evidentemente deficitaria sul piano delle relative valutazioni argomentative, laddove, in linea con la struttura e I’oggetto dell’imputazione, le medesime condotte vengano considerate, come necessario, in termini di piena autonomia rispetto alla rivelazione resa da Storari, perché da ricostruire ed esaminare guardando all’obbligo di mantenere il segreto gravante su Davigo, alla luce del suo specifico ruolo istituzionale e dei doveri di riservatezza imposti dalla relativa posizione qualificata.
Aspetti, questi, integralmente pretermessi dalla Corte del merito, perché erroneamente apprezzati facendo esclusivamente riferimento alla posizione del coimputato, eccentrica rispetto alla contestazione in questione.
E che invece, in linea con l’imputazione, andavano adeguatamente scrutinati giacché, nel caso, la peculiare scaturigine che ebbe a giustificare la conoscenza della notizia (il concorso nella condotta illecita di rivelazione resa da Storari) non poteva ritenersi ostativa alla configurabilita di successive e autonome condotte di divulgazione illecite sanzionate ex art. 326 cod. pen., atteso che tale fattispecie deve ritenersi integrata anche quando il pubblico ufficiale o Iincaricato di pubblico servizio diffondano una notizia non appresa per ragioni dell’ufficio o del servizio, bastando che tale notizia dovesse rimanere segreta e che I’interessato, per le funzioni esercitate, avesse I’obbligo di impedirne l’ulteriore diffusione (Sez. 3, n. 11664 del 18/02/2016,Rv. 266321;Sez. 6, n. 49600 del 19/11/2015, Rv. 26 5698; Sez. 6, n. 1898 del 29/09/2004, dep. 2005, Rv. 231443).
13.. Sotto questo versante si impone, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte territoriale, perché sulla base delle emergenze in fatto già acquisite e uniformandosi alle indicazioni di principio rese con le presenti statuizioni decisorie, in linea con il tenore dell’imputazione, rinnovi il giudizio di merito verificando nuovamente la sussistenza dei presupposti della responsabilità dell’imputato per le divulgazioni successive al concorso nella rivelazione di Storari: divulgazioni verificatesi nella sua qualità di soggetto tenuto al segreto perché componente del Consiglio Superiore della Magistratura e, dunque, valutando le relative condotte in considerazione degli obblighi specificamente derivanti da tale funzione istituzionale.
Laddove la nuova verifica di merito non porti ad una conferma del giudizio di responsabilita dell’imputato per tali condotte, sara compito della Corte territoriale rideterminare la pena da irrogare alla luce della gia affermata definitivita del giudizio di responsabilita per il concorso nella rivelazione operata da Storari.
- Lannullamento determina, infine, I’assorbimento, allo stato, di tutti gli ulteriori rilievi prospettati dal ricorso in ordine alle condotte successive alla divulgazione materialmente resa da Storari, comprese quelle involgenti la posizione della parte civile, in quanto essenzialmente correlate alla rivalutazione delle condotte per le quali occorre rinnovare la verifica di merito.