<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, VI-2 Sezione Civile, ordinanza 30 giugno 2021, n. 18634</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il primo motivo del ricorso di T.G. denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 c.p.c., degli artt. 1005 e 1013 c.c., degli artt. 63 e 67 disp. att. c.c., e degli artt. 115 e 116 c.p.c., sul presupposto della qualità di mero usufruttuario del ricorrente, in quanto tale non obbligato a concorrere alle spese di manutenzione straordinaria dell’immobile.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il secondo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 o 92 c.p.c., in quanto la Corte d’appello avrebbe dovuto condannare alle spese la controparte o al più compensare le stesse.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di Consiglio.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>In tema di <strong>esecuzione degli obblighi di fare e di non fare</strong>, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo emesso, ai sensi dell’art. 614 c.p.c., comma 2, per il <strong>rimborso delle spese anticipate dalla parte istante</strong>, l’opponente può in tale sede far valere contestazioni circa la <strong>congruità delle spese</strong>, e non già, come risulta dal primo motivo di ricorso, mettere in discussione l’obbligo di fare consacrato nel titolo esecutivo giudiziale, ovvero contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata, peraltro nella specie risultante da sentenza passata in giudicato. Il ricorrente solleva <strong>un’eccezione di difetto di legittimazione passiva</strong> rispetto all’esecuzione dell’obbligo di ripristino della terrazza alla terrazza a livello, statuito nella sentenza n. 935/2012 della Corte d’appello di Palermo, deducendo l’alienazione della nuda proprietà dell’unità immobiliare avvenuta nel 2004, e dunque in epoca ben anteriore alla formazione del titolo medesimo.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>D’altro canto, osserva la Corte, <strong>l’alienazione della cosa litigiosa durante il corso del processo non può, per sé sola, determinare il trasferimento all’acquirente dell’obbligazione di risarcire i danni cagionati da un’indebita attività dell’alienante, avente ad oggetto la cosa stessa</strong>. Invero, l’art. 111 c.p.c., u.c., per il quale la sentenza pronunziata contro l’alienante spiega i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui, non si riferisce a qualunque ipotesi di successione a titolo particolare verificatasi nel corso del processo, ma solo alle <strong>ipotesi in cui il diritto che forma oggetto della successione si identifichi con quello sul quale si svolgeva la controversia</strong>, e che costituiva l’<strong>oggetto immediato dell’accertamento giurisdizionale</strong>. Essendo, nella specie, oggetto dell’accertamento il rapporto, di natura obbligatoria e non reale, attinente al risarcimento dei danni da illecito per il difetto di manutenzione del bene, nessun rilievo assume comunque l’alienazione dello stesso in corso di causa.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Nè rivela qui consistenza la considerazione della disciplina dettata dall’art. 67 disp. att. c.c. a proposito delle spese dovute dall’usufruttuario della porzione compresa nell’edificio condominiale (disciplina che, peraltro, dopo la riformulazione operata con la L. n. 220 del 2012, prevede la responsabilità solidale tra nudo proprietario e usufruttuario per il pagamento dei contributi), in quanto sono qui oggetto di lite le spese di esecuzione di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare, e non il riparto delle spese regolate dall’art. 1123 c.c. in ragione della quota come conseguenza dell’appartenenza in comune delle cose, degli impianti e dei servizi condominiali.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Quanto al secondo motivo, prosegue la Corte, esso è infondato, atteso che la regolamentazione delle spese dell’opposizione ex art. 614 c.p.c. va comunque effettuata sulla base del <strong>principio di soccombenza</strong>, mentre la compensazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, ove ravvisi le ragioni di cui all’art. 92 c.p.c., comma 2, sicché la pronuncia di condanna non può essere censurata in cassazione (da ultimo, Cass. Sez. 6 - 3, 26/04/2019, n. 11329).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il ricorso va perciò rigettato, non dovendosi provvedere in ordine alle spese del giudizio di cassazione, in quanto gli intimati non hanno svolto attività difensive.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater - da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p>