<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 624-bis c.p., risultando il divieto di bilanciamento tra circostanze di segno opposto idoneo a garantire la personalizzazione della pena.</strong></p> <p style="text-align: justify;">La Suprema Corte, nello scrutinare la presente controversia, prendeva le mosse dalle seguenti ragioni di</p> <p style="text-align: justify;">FATTO E DIRITTO</p> <p style="text-align: justify;">Secondo la Sezione V penale il ricorso era infondato e doveva essere rigettato.</p> <p style="text-align: justify;">Il primo motivo proposto dal ricorrente era inammissibile per difetto di rilevanza della questione di costituzionalità: il Collegio chiariva che, quanto all’aggravante di cui all’art. 625 c.p. comma 1, n. 5, (oggetto dei rilievi difensivi del ricorrente), nella sentenza del primo giudice non se ne faceva menzione alcuna. Ne conseguiva che tale circostanza non poteva ritenersi addebitabile all’imputato, sicché la questione di costituzionalità riferita all’operatività del divieto di bilanciamento previsto dall’art. 624 bis c.p., comma 4 era priva di attualità e rilevanza.</p> <p style="text-align: justify;">In ogni caso, per la Corte, la questione era anche manifestamente infondata in relazione a tutti i parametri di costituzionalità proposti: art. 3 Cost., art. 25 Cost. comma 2 e art. 27 Cost.</p> <p style="text-align: justify;">In merito il Collegio richiamava un indirizzo giurisprudenziale (Sez. 2, n. 20208 del 27/04/2016) secondo il quale è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 628 c.p., comma 3, n. 3 bis, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., in quanto l’esclusione dal bilanciamento tra attenuanti ed aggravanti si fonda sul legittimo esercizio della discrezionalità del legislatore, estrinsecantesi in una tutela rafforzata dell’inviolabilità del domicilio, non potendo altresì ritenersi integrata la violazione del principio rieducativo della sanzione penale, essendo previste pene non irragionevolmente differenti e, comunque, proporzionate alla maggiore gravità dei fatti commessi all’interno del domicilio.</p> <p style="text-align: justify;">Tale percorso interpretativo aveva interessato anche altre ipotesi di divieto di bilanciamento tra circostanze di segno opposto: art. 590 quater c.p. (Sez. 4, n. 49919 del 18/10/2018; Sez. 4, n. 1805 del 12/12/2018)</p> <p style="text-align: justify;">La questione richiamata – chiosava ancora la Corte – era stata oggetto di scandaglio anche da parte della Corte Costituzionale con la sentenza n. 88 del 2019 (legittimità costituzionale dell’art. 590 quater c.p.), la quale precisava ancora una volta lo spazio decisionale concesso al legislatore in relazione ai divieti di bilanciamento tra circostanze aggravanti ed attenuanti, dichiarando infondate le questioni proposte, sollevate in riferimento all’art. 3 Cost., art. 25 Cost., comma 2 e art. 27 Cost.</p> <p style="text-align: justify;">Il Collegio rappresentava che il Giudice delle leggi, nella motivazione, rievocava da un lato come le modifiche che avevano interessato i reati di omicidio e lesioni stradali fossero caratterizzate da particolare severità; e dall’altro, che tale carica di disvalore penale, riservata alle condotte sanzionate, rientrasse nell’ambito dell’esercizio non irragionevole della discrezionalità del legislatore.</p> <p style="text-align: justify;">La Corte di Cassazione a conferma di tali assunti citava i seguenti indirizzi ermeneutici della Corte Costituzionale: sentenza n. 179 del 2017; sentenza n. 233 del 2018; sentenza n. 142 del 2017; ecc.</p> <p style="text-align: justify;">In forza di tale iter argomentativo, per la Corte, la manifesta infondatezza della questione proposta appariva evidente. Secondo il Collegio, infatti, il legislatore, nel caso della disciplina afferente al reato di furto in abitazione, ha optato per un graduale ma inesorabile aggravamento del complessivo trattamento afflittivo predisposto dall’ordinamento penale nei confronti di aggressioni ritenute particolarmente allarmanti nei confronti del bene-patrimonio poiché coinvolgenti spazi di vita privata ed individuale che rendono la condotta lesiva dotata di una carica di offensività potenziale molto più incisiva rispetto a quella contemplata nell’ipotesi base prevista dall’art. 624 c.p..</p> <p style="text-align: justify;">Parallelamente il legislatore ha agito sul regime delle circostanze aggravanti, del loro bilanciamento e persino sul versante della ricerca di nuove forme di legittima difesa “anticipate”.</p> <p style="text-align: justify;">Per la Corte, anche nel caso del divieto di cui all’art. 624 bis c.p. comma 4, ricorrevano particolari esigenze di protezione di beni costituzionalmente tutelati, poiché il patrimonio della vittima viene aggredito mediante l’invasione di un luogo privato, dove si esprime la personalità individuale e si realizzano diritti inviolabili della persona.</p> <p style="text-align: justify;">A sostegno di tale opzione ermeneutica, il Collegio rappresentava le seguenti argomentazioni: 1) gli effetti sanzionatori che derivavano dalla fattispecie indicata non risultavano tali da violare i principi di ragionevolezza e proporzionalità; 2) era comunque possibile garantire l’individualizzazione della pena; 3) le circostanze di cui all’art. 625 c.p. erano tutte idonee ad aggravare l’oggettiva manifestazione del reato.</p> <p style="text-align: justify;">Secondo la Sezione V, pertanto, doveva essere affermata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 624-bis c.p., comma 4, in relazione all’art. 3 Cost., art. 25 Cost., comma 2 e art. 27 Cost.</p> <p style="text-align: justify;">Per la Corte il secondo motivo era infondato.</p> <p style="text-align: justify;">Il Collegio menzionava l’orientamento giurisprudenziale (Sez. U, n. 31345 del 23/3/2017) secondo cui, ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 624-bis c.p., rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico nè accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale.</p> <p style="text-align: justify;">In particolare, l’indirizzo rammentato dalla Corte aveva evidenziato tre elementi necessari ai fini della sussistenza dell’ipotesi di reato prevista dall’art. 624-bis c.p.: a) l’utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne; b) la durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità; c) la non accessibilità del luogo, da parte di terzi, senza il consenso del titolare.</p> <p style="text-align: justify;">La Corte di Cassazione aderiva all’indirizzo ermeneutico secondo cui integra la nozione di privata dimora, l’immobile che, seppure non abitato ed in cattivo stato di manutenzione, tuttavia non sia abbandonato, facendo leva soprattutto sul carattere di stabilità del rapporto che leghi il luogo fisico con la vita privata del titolare del diritto e sul fatto che la dimora abbia una concreta connotazione che la riconduca alla personalità del titolare.</p> <p style="text-align: justify;">Il Collegio affermava che, nel caso di specie, sussistevano i presupposti di fatto per la configurabilità in capo al ricorrente della predetta condotta.</p> <p style="text-align: justify;">Per la Sezione V anche il terzo motivo era infondato.</p> <p style="text-align: justify;">La Corte condivideva il principio secondo cui risponde del delitto di furto consumato e non tentato colui che, pur non essendosi allontanato dal luogo di commissione del reato, abbia conseguito, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva (Sez. 5, n. 2726 del 24/10/2016; Sez. 5, n. 48880 del 17/9/2018; ecc).</p> <p style="text-align: justify;">Secondo il Collegio non risultava pertinente nemmeno il richiamo alla giurisprudenza in tema di furti nei supermercati (Sez. U, n. 52117 del 17/07/2014): nel caso di specie, infatti, non erano presenti i presupposti individuati dall’indirizzo appena rievocato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Alessandro Piazzai</em></strong></p>