Massima
Tutte le volte in cui il programma criminoso divisato presenta come concreta scaturigine un evento-reato-inadempimento diverso da quello previsto e voluto da chi pone in essere la condotta, la fattispecie sanzionatoria si complica a cagione della necessità di tener conto della ineludibile (e costituzionalmente imposta) natura personale della responsabilità penale. Ne consegue un complesso intreccio tra ipotesi in cui a “sbagliare” (in senso lato) è un solo soggetto (art.83 c.p.), magari con specifici effetti lesivi od omicidiari (art.586 c.p) e fattispecie in cui invece sono coinvolti nell’errore – più o meno prevedibile – un numero maggiore di concorrenti nell’impresa delittuosa (art.116 c.p.).
Crono-articolo
Nel diritto romano, l’aberratio delicti non appare concepibile, essendo il dolus malus tutto calibrato sull’intenzione orientata al fatto, come tale incompatibile con un fatto non voluto dal relativo autore. Dalla constatazione dei giuristi successivi, ed in particolare medievali, onde il semplice dolus malus, e la connessa nozione di elemento soggettivo principe del crimen, proprio perché integralmente tarato sulla intenzione, non sia sufficiente a fornire una soluzione per le diverse fattispecie che possono presentarsi nella vita quotidiana, nasce l’esigenza di prevedere una disciplina specifica per le ipotesi in cui l’evento realizzato sia diverso da quello voluto, quando non addirittura più grave del primo. Si giunge per questa via alla nota massima di Bartolo da Sassoferrato (doctrina Bartoli) onde “Si delinquit in plus incidendo in aliam speciem delicti…”: ovvero – con riguardo al dolo – è sufficiente che la condotta illecita posta in essere ab origine rechi in sé stessa, riconoscibile, la tendenza all’ulteriore evento poi realizzato.
1889
La codificazione liberale Zanardelli non prevede né l’aberratio ictus né tampoco l’aberratio delicti ; viene invece disciplinato in via generale l’error in persona all’art.52, secondo il cui disposto quando alcuno, per errore o per altro accidente, commetta un delitto in pregiudizio di persona diversa da quella contro la quale aveva diretta la propria azione, non sono poste a carico di lui le circostanze aggravanti che derivano dalla qualità dell’offeso o danneggiato, e gli sono valutate le circostanze che avrebbero diminuita la pena per il delitto, se l’avesse commesso in pregiudizio della persona contro la quale la sua azione era diretta.
1930
Nel codice penale Rocco l’aberratio delicti è prevista all’art.83, laddove la si configura – al pari dell’aberratio ictus di cui al precedente art.82, entrambi collocati nel capo dedicato al concorso di reati – come scaturigine di un errore nei mezzi di esecuzione del reato o di una non meglio specificata “altra causa”, che cagiona un evento diverso da quello voluto, in alternativa (monolesiva) o in aggiunta (plurilesiva) a quello voluto. L’error in persona viene invece specificamente disciplinato all’art.60, con previsione di uno specifico regime in tema di circostanze aggravanti ed attenuanti in qualche modo avvinte alla persona offesa.
1948
Viene varata la Costituzione che prevede la natura personale della responsabilità penale, cui è connessa la funzione tendenzialmente rieducativa della pena (art.27): il condannato deve percepire la pena come tendenzialmente rieducativa per la commissione di un fatto penalmente rilevante che gli viene rimproverato, circostanza particolarmente importante in fattispecie, come l’aberratio delicti, nella cui orbita un evento viene addebitato ad un soggetto anche se non è esattamente quello che egli ha voluto e per il quale è dunque astrattamente rimproverabile.
1980
Il 4 luglio esce la sentenza della I sezione della Cassazione, Longhin, alla cui stregua è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 116 c.p. in relazione all’art. 3 Cost., per la diversità di trattamento rispetto alle ipotesi previste dall’art. 83 c.p. (nel senso che, mentre in tal caso del reato diverso commesso dallo stesso autore questi risponde a titolo di colpa, col primo si risponde a titolo di dolo di un reato non voluto e commesso da un concorrente). Non si tratta infatti, per la Corte, di situazioni identiche, poiché nell”aberratio delicti la responsabilità per il reato diverso sorge dal puro rapporto di causalità, mentre nel cosiddetto concorso anomalo si richiede che il reato diverso possa rappresentarsi alla psiche dell’agente come uno sviluppo logicamente prevedibile di quello voluto, affermandosi in tal modo la necessaria presenza di un coefficiente di colpevolezza.
1983
Il 2 maggio esce la sentenza della Cassazione n.4144, Steiner, secondo la quale nell’aberratio ictus i due eventi – il voluto (non realizzato) e il non voluto (realizzato) – debbono essere caratterizzati dalla stessa natura del bene o interesse giuridico offeso; nell’aberratio delicti invece detta uguaglianza tra i due eventi lesivi (mutuata dalla uguaglianza tra i beni o interessi giuridici offesi) va esclusa, dovendo porsi a carico del reo un evento intrinsecamente diverso da quello voluto.
1985
*Il 16 maggio esce la sentenza della Cassazione n.4754, Toscano, che ribadisce come nell’aberratio ictus i due eventi – il voluto (non realizzato) e il non voluto (realizzato) – debbano essere caratterizzati dalla stessa natura del bene o interesse giuridico offeso; nell’aberratio delicti invece detta uguaglianza tra i due eventi lesivi (mutuata dalla uguaglianza tra i beni o interessi giuridici offesi) va esclusa, dovendo porsi a carico del reo un evento intrinsecamente diverso da quello voluto.
1986
Il 24 febbraio esce la sentenza della IV sezione della Cassazione n.1673, Perinciolo, alla cui stregua l’art.83 c.p., nel disciplinare una ipotesi di “evento diverso da quello voluto dall’agente”, stabilisce che qualunque sia in concreto nelle singole fattispecie il determinismo causale che compendia l’aberratio (delicti), l’evento non voluto può essere posto a carico dell’agente solo se dal comportamento di questi sia stato cagionato per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o per altra causa, l’esistenza di una causalità materiale comunque verificatasi tra l’azione o l’omissione e l’evento diverso in concreto realizzato palesandosi sufficiente per giustificare la relativa addebitabilità, senza che sia necessaria la colpa, non potendosi identificare come ipotesi di colpa l’errore e le altre cause menzionate nell’art.83. In sostanza, è sufficiente per la Corte il dolo del reato voluto, mentre per quello non voluto si risponde per responsabilità oggettiva, quand’anche la punibilità sia prevista ex lege a titolo di colpa.
1988
Il 30 aprile esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.5250, Guarino, che afferma come l’art.116 c.p. non possa considerarsi fattispecie speciale rispetto all’art.83 c.p.; secondo la Corte, quando nell’ambito di un concorso di persone nel reato sia commesso un reato diverso da quello voluto e non sussista quel nesso di prevedibilità ed evitabilità che contraddistingue l’art.116 c.p., scatta l’art.83 c.p. Più in particolare, per la Corte l’art.116 c.p. assoggetta, nel quadro della maggiore pericolosità che connota la delinquenza associata, la deviazione individuale dal piano concordato perpetrata da uno dei concorrenti ad una disciplina più severa di quella predisposta dall’art.83 per la divergenza tra voluto e realizzato che connota la condotta di un solo soggetto agente (c.d. esecuzione monosoggettiva). Stante la diversità riscontrabile tra le situazioni disciplinate dalle due norme, l’art.83, comma 1, c.p., atteso il carattere generale della disciplina dell’aberratio delicti, può tuttavia trovare applicazione anche nell’ambito della partecipazione criminosa, ogni qual volta il reato diverso sia dall’esecutore materiale (o dagli esecutori materiali, in ipotesi di esecuzione frazionata) commesso per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione o per altra causa – purché non assistita dal coefficiente psichico della rappresentazione e della volontà – fattispecie nella quale tutti i concorrenti rispondono a titolo di colpa (come accadrebbe se si trattasse di fattispecie monosoggettiva), sempre che il fatto sia preveduto dalla legge come delitto colposo. Qualora poi – prosegue la Corte – accanto al reato non voluto venga realizzato anche quello concordato tra i partecipi, tutti i concorrenti rispondono di entrambi i reati (voluto e realizzato; non voluto e realizzato) secondo le regole previste dall’art.81 c.p. in tema di concorso formale e materiale di reati, salva la diminuzione di pena per il concorrente che non volle il reato diverso e meno grave. La diversità di disciplina che, secondo la Corte, caratterizza l’aberratio delicti plurilesiva ex art.83, comma 2, c.p., da un lato, e la deviazione individuale dal piano concordato siccome disciplinata dall’art.116 c.p. in ambito concorsuale – con conseguente impossibilità di applicare alla ipotesi di realizzazione cumulativa (116) la regola prevista per l’ipotesi di esecuzione monosoggettiva (83) – si spiega considerando che nelle ipotesi di concorso, contrariamente a quanto avviene in caso di realizzazione monosoggettiva, il concorrente che affida ad altri (od anche ad altri) il dominio dell’accadimento è da ritenere che necessariamente si rappresenti, in relazione anche alla specifica natura del reato concordato ex ante, che taluno dei partecipi possa andare oltre i limiti dell’accordo divisato, prendendo di propria iniziativa decisioni autonome funzionali a superare le eventuali difficoltà del momento, che sempre possono insorgere durante la concreta esecuzione dell’impresa criminosa; onde, qualora il reato diverso commesso dall’esecutore materiale si prospetti come lo sviluppo logico e prevedibile dell’accordo criminoso, nell’evolversi proteiforme delle situazioni umane, egli risponde anche di tale reato a titolo di dolo (e non di colpa, come accadrebbe applicando l’art.83), e la pena per esso prevista è diminuita ove il reato realizzato sia più grave.
1989
Il 16 luglio esce la sentenza della Cassazione n.7089, alla cui stregua la fattispecie di cui all’art.586 c.p. (morte o lesioni come conseguenza non voluta di altro delitto doloso) è da assumersi speciale rispetto a quella generale richiamata di cui all’art.83 c.p. (aberratio delicti), con maggiore severità sanzionatoria (le pene ex art.589 e 590 c.p. “sono aumentate”) giustificata dalla maggior gravità dell’offesa che involge beni di primaria importanza quali la vita e l’integrità fisica.
1995
Il 2 febbraio esce la sentenza della IV sezione della Cassazione n.1129 che – in tema di morte o lesioni quali conseguenza non voluta di un delitto ex art.586 c.p. – inizia con l’affermare come si sia al cospetto di un evento diverso che è conseguenza non voluta di altro reato doloso per errore nei mezzi di esecuzione o per altra qualsiasi causa, nel cui contesto l’elemento soggettivo con riguardo all’evento non voluto (morte o lesioni) è ravvisabile nella commissione stessa del reato doloso base, che si pone come ipotesi di colpa specifica. Per conseguenza, ai fini dell’accertamento dell’elemento soggettivo nel reato di cui all’art.586 c.p. è superflua – per la Corte – un’indagine specifica in ordine alla sussistenza in concreto di una colpa generica, palesandosi sufficiente quella circa la condotta esecutiva del reato doloso (base) e circa l’assenza, nel determinismo eziologico dell’evento non voluto, di fattori eccezionali non imputabili all’agente e da costui non dominabili. La Corte procede conseguentemente nell’iter motivazionale affermando – in contrario avviso rispetto a precedenti arresti ratione materiae – che non può dirsi sussistere un rapporto di genus a species tra le due disposizioni, in quanto – al di là delle differenze riscontrabili sul crinale del nesso psicologico ed appena evidenziate – già da un punto di vista oggettivo mentre nell’ipotesi di cui all’art.83 c.p. il nesso di causalità lega specificamente la condotta maldestra dell’agente (errore nei mezzi di esecuzione o altra causa) all’evento realizzato e non voluto, nella differente ipotesi di cui all’art.586 c.p. il nesso eziologico avvince il delitto voluto e commesso a quello non voluto ed in ogni caso realizzato(si).
1996
Il 9 gennaio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.175, Ferraioli, che assume non applicabile l’art.83, comma 2, c.p. in tema di aberratio delicti plurilesiva qualora l’evento voluto (e non realizzato) si configuri come delitto meramente tentato, e non già consumato.
2009
Il 29 maggio esce la sentenza delle SSUU n.22676 che dapprima richiama la tesi onde non si configurerebbe un rapporto di genus a species tra gli articoli 83 c.p., da un lato, e 586 c.p., dall’altro – in quanto nel caso della morte o delle lesioni quali conseguenza non voluta scaturita da altro delitto doloso il legislatore non subordina esplicitamente l’operatività dell’art.586 c.p. all’errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o ad altra causa – per poi tuttavia smentirne le statuizioni e ribadire la sussistenza di detto rapporto di specialità tra le due disposizioni, in quanto in entrambi i casi si riscontra una condotta base dolosa posta in essere dal soggetto agente ed una conseguente produzione, non voluta, anche di un’altra e diversa offesa, mentre nel caso dell’art.586 c.p. si riscontrano taluni elementi specializzanti e segnatamente: a) la natura necessariamente di delitto del reato base; b) la natura specifica dell’offesa prodotta, che deve necessariamente compendiarsi nella morte o nelle lesioni inferte alla vittima.
2018
L’11 luglio esce la sentenza della IV sezione della Cassazione n.31633, secondo la quale nella fattispecie della caduta di una persona addosso a un’altra che si trovi vicino, a causa di uno strattone o di una spinta, piuttosto che un’ipotesi di costringimento fisico ex art. 46, comma 2, cod.pen. (ipotesi che non sembra attagliarsi al caso in esame, atteso che essa si riferisce piuttosto per la Corte alla fattispecie del soggetto coartato che é ridotto a longa manus dell’autore reale), potrebbe semmai ravvisarsi una condotta materiale corrispondente al delitto di percosse mediante uno strattone o una spinta a danno di X (viene richiamata Sez. 5, n. 51085 del 13/06/2014, Battistessa) e/o a quello di violenza privata (allo scopo di costringere fisicamente la vittima a lasciare il passo libero), dalla quale é derivato un evento non corrispondente alla volontà del soggetto attivo e in danno di altra persona Y (nel caso di specie, lesioni), secondo uno schema per certi versi rapportabile sia all’aberratio ictus (con riferimento alla diversità della persona offesa rispetto a quella cui si era rivolta la condotta del soggetto attivo), sia all’aberratio delicti (con riferimento all’evento diverso da quello voluto).
Il 28 agosto esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.39075 che fa il punto sui rapporti tra concorso anomalo ex art.116 c.p. e aberratio delicti plurioffensiva. Per la Corte, l’applicazione dell’istituto dell’aberratio delicti è nel caso di specie mal invocato. Invero, secondo la previsione dell’art. 83 c.p. l’evento non voluto addebitabile all’agente a titolo di colpa, frutto di errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o di altra causa, è tale soltanto quando sia assolutamente diverso e, cioè, di altra natura rispetto a quello perseguito, perché, ove, invece, tale diversità sia da escludere – o perché l’evento verificatosi costituisca una sorta di progressione naturale e prevedibile di quello voluto, ovvero perché risulti di entità maggiore o più grave di questo ultimo – anche il secondo evento va addebitato all’agente a titolo di dolo, sia pure alternativo od eventuale (vengono richiamate le sentenze della Sez. 1, n. 3168 del 20/12/1988, Ingrassia, e della Sez. 2, n. 19293 del 03/02/2015, Bedogni); trattasi di norma da riferire dunque, per la Corte, all’esecuzione monosoggettiva di un reato in cui il determinismo causale aberrante sia stato cagionato da errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o da qualsiasi altra causa e in relazione al quale il condizionamento materiale comunque esistente tra l’azione o l’omissione e l’evento diverso giustifica l’addebitabilità a titolo di colpa in conseguenza del dolo che sottende il reato voluto (viene richiamata ancora la sentenza della Sez. 4, n. 1673 del 20/06/1985, Perinciolo). Nella specie – prosegue la Corte – si verte invece in ipotesi di reato complesso a realizzazione plurisoggettiva (lesioni e rapina) rispetto al quale la divergenza tra il voluto e realizzato è disciplinato dall’art. 116 cod. pen. che costituisce norma speciale rispetto a quella generale dell’art. 83 cod. pen.. La Corte ha già precisato in proposito che la diversità di disciplina che caratterizza l’aberratio delicti plurilesiva e la deviazione individuale del piano concordato disciplinata dall’art. 116 nell’ambito del concorso di persone e l’impossibilità di applicare alla ipotesi di realizzazione cumulativa la regola contenuta nel secondo comma dell’art. 83, si spiega considerando che nell’ipotesi di concorso, contrariamente a quanto avviene nella realizzazione monosoggettiva, il concorrente, che affida ad altri (o anche ad altri) il dominio dell’accadimento, necessariamente si rappresenta, in relazione anche alla natura del reato concordato, che taluno dei partecipi possa andare oltre i limiti dell’accordo o che prenda di sua iniziativa delle decisioni autonome per superare le difficoltà che possono insorgere durante l’esecuzione dell’impresa criminosa. Di conseguenza, qualora il reato diverso, commesso dall’esecutore materiale, si prospetti come lo sviluppo logico e prevedibile dello accordo criminoso, nell’evolversi delle situazioni umane, egli risponde anche di tale reato a titolo di dolo e la pena per esso prevista è diminuita ove il reato realizzato sia più grave ( viene richiamata ancora la sentenza della Sez. 1, n. 5250 del 27/04/1987, Guarino). Nel caso a giudizio nondimeno, chiosa la Corte, le modalità dell’azione e le dichiarazioni della p.o. nella logica lettura fornitane dai giudici di merito danno conto di una partecipazione piena e diretta del prevenuto alla consumazione della rapina in danno della vittima in considerazione della finalizzazione dell’aggressione allo spossessamento del bene.
Questioni intriganti
In cosa si compendia la aberratio delicti?
- in un errore-inabilità;
- che incide sulla esecuzione del reato;
- che produce una divergenza tra quanto realizzato alfine e quanto voluto ab origine, in termini di reato diverso da quello voluto;
- tale evento-reato diverso è l’unico che si realizza (aberratio delicti monolesiva: si vuole danneggiare il bene X e si ferisce A) ovvero si aggiunge a quello divisato (aberratio delicti plurilesiva: si vuole danneggiare il bene X e si ferisce anche A);
- si distingue dall’aberratio ictus: e.1) per la disomogeneità tra il bene giuridico preso di mira dal soggetto agente e quello effettivamente leso a cagione dell’errore nell’uso dei mezzi di esecuzione; e.2), secondo altra tesi, per qualcosa di più della semplice disomogeneità tra i due soggetti passivi o i due oggetti materiali, rispettivamente, preso di mira ed effettivamente colpito, come si evince dalla clausola di esclusione posta all’incipit dell’art.83, “fuori dei casi preveduti nell’articolo precedente”: in sostanza l’ipotesi-base è l’aberratio ictus, in cui si offende persona diversa rispetto a quella presa di mira, mentre per l’aberratio delicti occorrerebbe sempre qualcosa di più (senza tuttavia spiegare di cosa si tratti);
- l’agente risponde per l’evento non voluto a titolo di colpa: f.1) la responsabilità colposa è solo quoad poenam, mentre il reale titolo soggettivo di imputazione dell’evento non voluto è la responsabilità oggettiva (tesi prevalente in dottrina e giurisprudenza); f.2) la responsabilità colposa è strutturale, sicché va accertata la colpa quale concreto elemento che consente di rimproverare il fatto al relativo autore sul crinale soggettivo, dovendosi interpretare l’art.83 in senso costituzionalmente orientato e conforme tanto all’art.27, comma 1, Cost., quanto alle sentenza della Corte costituzionale 364.88 e 1085.88 (dottrina minoritaria); f.3) la responsabilità è per colpa presunta, in quanto la violazione dolosa di una legge penale, quale che essa sia, implica colpa con riguardo all’evento lesivo concretamente realizzato, ancorché diverso da quello divisato; questa tesi è contrastata da chi assume che, stante la evidente constatazione onde non tutte le norme penali hanno una finalità cautelare, la colpa deve essere connessa esclusivamente ad un evento che compendia la realizzazione del rischio insito nella norma cautelare violata, allorché configurabile.
Quali problemi pone in particolare l’aberratio delicti plurilesiva ex art.83, comma 2, c.p.?
- lo stadio, consumato o meramente tentato, dell’evento voluto: si contendono il campo due tesi distinte: a.1) si configura aberratio delicti plurilesiva solo se l’evento voluto sia stato consumato; a.2) si configura aberratio delicti plurilesiva anche quando l’evento voluto ha raggiunto il solo stadio del tentativo, dovendo assumersi per “evento” tanto la lesione quanto la messa in pericolo dell’interesse penalmente tutelato: diversamente opinando, in caso di mero tentativo scatterebbe il comma 1 e la aberratio monolesiva, con la conseguenza onde risponderebbe solo a titolo colposo (o rimarrebbe addirittura non punito, laddove non sia prevista la punibilità colposa) per l’evento non voluto chi in realtà ha posto in essere atti diretti ed inequivoci orientati all’evento voluto;
- il richiamo esplicito – operato dall’art.83, comma 2 – alle “regole sul concorso di reati”: b.1) non si è in presenza di un vero e proprio concorso di reati, ma di una figura atipica e sui generis, in quanto nell’aberratio delicti l’evento ulteriore viene imputato al soggetto agente – sotto le mentite spoglie della colpa – in realtà su basi meramente oggettive ed ex lege, mentre nelle ipotesi di vero concorso di reati tutti i reati in concorso vengono imputati all’agente non solo su basi oggettive, ma anche (e necessariamente) su basi soggettive; con la conseguenza onde, stante l’interpretazione maggiormente rigorosa, non è possibile scomporre i reati in concorso al fine di applicare al reo la disciplina più favorevole tanto sul crinale processuale (durata massima della custodia cautelare) che sostanziale (applicazione dell’amnistia, dell’indulto etc.); b.2) si è in presenza di un vero e proprio concorso di reati, ed in particolare di un concorso fra reato doloso e reato colposo, dovendosi accertare per il secondo una colpa effettiva in capo al soggetto agente, con la conseguenza onde, stante l’interpretazione maggiormente garantista, sarà possibile scomporre i reati in concorso al fine di applicare al reo la disciplina più favorevole tanto sul crinale processuale che sostanziale;
- l’ipotesi in cui gli eventi non voluti che si realizzano, anziché essere uno solo, siano due o più: c.1) stante il silenzio del legislatore sul punto, ad uno degli eventi non voluti si applica l’art.83 c.p., che è particolarmente rigoroso (specie per chi ritiene che l’evento non voluto sia imputato a titolo di responsabilità oggettiva), mentre agli altri vanno applicati i principi generali in ordine alla responsabilità per colpa effettiva, che andrà dunque accertata anche in relazione alla concretizzazione dei rischi di cui alla regola cautelare violata dall’agente con la propria condotta; c.2) si tratta di una ipotesi non prevista esplicitamente dal legislatore, che all’art.83, comma 2, c.p. ha previsto solo al massimo due eventi lesivi, onde va scongiurata l’analogia in malam partem ed occorre applicare la più garantista e generale disciplina del concorso formale di reati, onde nel caso di realizzazione dell’evento voluto si avrà concorso tra un fatto doloso e due o più fatti colposi, mentre nel caso in cui l’evento voluto non si sia realizzato, si avrà concorso tra più eventi colposi.
quaQQQ
Quali figure si connettono in modo più o meno problematico all’aberratio delicti?
- la morte o le lesioni come conseguenza non voluta di un delitto doloso ex 586 c.p., che richiama l’art.83 c.p. con previsione di aumento delle pene previste per l’omicidio e per le lesioni. Si contendono il campo due tesi: a.1) l’art.83 è la fattispecie generale della quale l’art.586 rappresenta la fattispecie speciale, allorché il fatto voluto sia un delitto doloso e quello realizzato sia la morte o le lesioni della vittima, con aumento di pena giustificato a cagione della peculiare importanza degli interessi offesi; a.2) non esiste un rapporto di genus a species tra le due disposizioni, in quanto – al di là delle possibili differenze riscontrabili sul crinale del nesso psicologico – già da un punto di vista oggettivo mentre nell’ipotesi di cui all’art.83 c.p. il nesso di causalità lega specificamente la condotta maldestra dell’agente (errore nei mezzi di esecuzione o altra causa) all’evento realizzato e non voluto, nella differente ipotesi di cui all’art.586 c.p. il nesso eziologico avvince il delitto voluto e commesso a quello non voluto (morte o lesioni della vittima) ed in ogni caso realizzato(si);
- il concorso anomalo ex 116 c.p.: tuttavia b.1) il concorso anomalo si riferisce sia ai delitti che alle contravvenzioni; trova applicazione qualunque sia stato il decorso eziologico che ha condotto al reato diverso da quello voluto; presuppone un minimo di coefficiente psicologico nel partecipe che non ha voluto il reato ulteriore, ma che era comunque nella possibilità di rappresentarsi ex ante la commissione anche del diverso reato quale sviluppo logicamente prevedibile di quello voluto; si applica solo laddove sia stato commesso il solo fatto diverso rispetto a quello voluto, dovendosi applicare l’art.83, comma 2, laddove si siano realizzati entrambi gli eventi, quello voluto e quello non voluto; b.2) l’aberratio delicti ex art.83 c.p. si riferisce ai soli delitti e non anche alle contravvenzioni; scaturisce solo da un errore nell’uso dei mezzi di esecuzione (o da una non meglio specificata “altra causa”); secondo la tesi più accreditata, è attribuito all’autore a titolo di mera responsabilità oggettiva, palesandosi il richiamo alla colpa solo quoad poenam, senza che possa rintracciarsi alcun coefficiente psicologico effettivo tra soggetto agente e reato diverso non voluto; è l’unica fattispecie applicabile, anche in ipotesi di concorso di persone nel reato, laddove si sia realizzato tanto l’evento voluto quanto quello non voluto, in quanto l’art.116 c.p. scatta (secondo la dottrina più accreditata) solo quando sia stato realizzato dai concorrenti il solo evento non voluto, con disciplina diversa per chi lo volle (più grave) e per chi non lo volle (meno grave).