Cass. civ., Sez. Unite, Sent., (data ud. 06/07/2021) 09/09/2021, n. 24414
GUIDA ALLA LETTURA
Le Sezioni Unite sono investite di una questione di massima di particolare importanza che rappresenta da sempre il busillis tanto della giurisprudenza (italiana e comunitaria) quanto della dottrina.
L’anodina questione circa la compatibilità tra l’ordine di esposizione del crocifisso e la libertà di insegnamento e di coscienza in materia religiosa, intesa quest’ultima anche come libertà negativa (nelle forme di ateismo e agnosticismo), affonda le radici nel fascismo ed è tuttora in essere.
Nel caso de quo, l’ordine di ostensione del crocifisso nelle aule veniva impartito dal dirigente scolastico previa emanazione della circolare. In virtù della predetta, il dirigente scolastico, esprimeva condivisione per la scelta degli studenti in quanto coerente con la cultura italiana, che ha nel pensiero cristiano una componente fondamentale, e con le leggi e la Costituzione di questo Paese ed invitava formalmente tutti i docenti a rispettare e a tutelare la volontà degli studenti, autonomamente determinatasi ed espressa con chiarezza nel verbale di assemblea salvo applicazione di una sanzione come nella vicenda in esame. Il docente di lettere rimuoveva sistematicamente il crocifisso dalla parete dell’aula prima di iniziare le sue lezioni, per poi ricollocarlo al suo posto al termine delle stesse. A tal proposito, il dirigente lo sanzionava con una sospensione dell’attività per 30 giorni, per non ottemperanza a quanto prescritto dalla circolare.
Sulla scorta delle motivazioni addotte dal ricorrente (docente di lettere), la Suprema Corte deve stabilire se la circolare del dirigente scolastico, rivolta a tutti gli insegnanti della classe, si pone in contrasto con il principio della libertà di insegnamento del docente dissenziente che desideri fare lezione senza essere costretto nella matrice religiosa impressa dal simbolo affisso alla parete, e se collida con il divieto di discriminazione su base religiosa.
I temi coinvolti sono quelli della laicità e della non discriminazione, i quali non solo rimandano alla necessaria equidistanza tra le istituzioni e le religioni nell’orizzonte multiculturale della società, ma anche interrogano al fondo le stesse radici e ragioni dello stare insieme tra individui in uno spazio comune come è quello della scuola.
In primo luogo, occorre esaminare la valenza giuridica della delibera di assemblea studentesca a favore dell’esposizione del crocifisso e se risulta la sussistenza o meno di una disciplina che imponga l’ostensione del simbolo.
In secondo luogo, il caso invita ad esaminare gli effetti simbolici del crocifisso sull’insegnante dissenziente e non sullo studente, presentando dunque una particolarità rispetto ai precedenti.
Le Sezioni Unite dapprima esaminano l’ordinanza di rimessione, accogliendone il ragionamento di fondo.
Innanzitutto, la Sezione Lavoro osserva che l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche non è imposta da disposizioni di legge ma solo da regolamenti, risalenti nel tempo, applicabili tuttavia alle sole scuole medie inferiori e alle scuole elementari.
La medesima ritiene non dirimente il richiamo alla decisione della Grande Camera della Corte di Strasburgo nel caso Lautsi ed altri c. Italia, data la non completa sovrapponibilità delle fattispecie in quanto nel caso specifico viene in rilievo il valore del simbolo in relazione non all’utente del servizio bensì al soggetto che è chiamato a svolgere la funzione educativa.
Infine, l’ordinanza di rimessione dubita della compatibilità della affissione del crocifisso nella scuola pubblica con il principio di laicità, rilevando che il docente della scuola pubblica potrebbe fondatamente sostenere che quel collegamento si pone in contrasto con il principio stesso. Quest’ultimo è inteso non come indifferenza di fronte all’esperienza religiosa, bensì come tutela del pluralismo, a sostegno della massima espansione della libertà di tutti, secondo criteri di imparzialità e richiama a sostegno della motivazione la sentenza della Corte Costituzionale n. 67 del 2017.
Dunque, la Sezione Lavoro conclude affermando che si ravvisa neII ’esposizione del simbolo una lesione della libertà di religione.
La Suprema Corte passa poi all’esame del caso con una lettura costituzionalmente orientata. Invero, entrano in gioco principi fondamentali quali la libertà religiosa, il principio di laicità nelle sue diverse declinazioni, il pluralismo, il divieto di discriminazioni, alla libertà di insegnamento nella scuola pubblica aperta a tutti. Tali principi, costituiscono la bussola per rinvenire nell’ordinamento la regola per la soluzione del caso.
Chiosa la Corte che tra libertà religiosa positiva e negativa, non c’è un aspetto di quella libertà destinato a prevalere in maniera assoluta sull’altro, ma c’è un dovere di garantire le diverse libertà di coscienza e le differenti sensibilità.
Secondo le Sezioni Unite, il principio di laicità implica un regime di pluralismo confessionale e culturale e presuppone l’esistenza di una pluralità di sistemi di senso o di valore, di scelte personali riferibili allo spirito o al pensiero, che sono dotati di pari dignità e, si potrebbe dire, nobiltà. Ne consegue una pari tutela della libertà di religione.
Infatti, anche la libertà di manifestazione dei propri convincimenti morali o filosofici è garantita in connessione con la sfera intima della coscienza individuale, conformemente all’interpretazione dell’art. 19 Cost. che tutela la libertà di religione, non solo positiva ma anche negativa: vale a dire anche la professione di ateismo e di agnosticismo. Il principio di laicità deve affondare le radici in un ambiente assolutamente neutrale ed in tal senso, l’esposizione del crocifisso quale simbolo di una religiosa precisa potrebbe minare tale neutralità.
La Suprema Corte passa poi all’esame del quadro giurisprudenziale di riferimento e in particolare dei precedenti.
Dapprima esamina l’indirizzo del Consiglio di Stato che con sentenza n.556 del 2006 ha escluso categoricamente che l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, sia lesiva dei contenuti delle norme fondamentali del nostro ordinamento costituzionale. Ciò in quanto il crocifisso è atto ad esprimere in chiave simbolica l’appartenenza ai valori di solidarietà umana tipici della società civile italiana che rimane laica, e dunque esso non può un atto di culto in quanto tale e quindi la mera presenza non influenzerebbe nessuno.
Diverse sono le questioni affrontate dalla giurisprudenza di questa Corte.
Affrontando la questione sotto il profilo penale della causa di giustificazione, la Corte (Cass. pen., Sez. IV, 1° marzo 2000, n. 4273), nel mandare assolto Io scrutatore, ha affermato che costituisce giustificato motivo di rifiuto dell’ufficio la manifestazione della libertà di coscienza, il cui esercizio determini un conflitto tra la personale adesione al principio supremo di laicità dello Stato e l’adempimento dell’incarico.
La Corte esamina il quadro normativo a sostegno dell’ostensione del crocifisso.
La medesima, sulla scorta dell’ordinanza di rimessione, evidenzia che l’ esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche non è prevista da alcuna disposizione di rango legislativo, ma è, essa stessa, affidata e appesa a un quadro normativo lacunoso ed alquanto obsoleto.
L’esposizione del crocifisso, difatti, è prevista da regolamenti che includono il crocifisso tra gli arredi scolastici: si tratta dell’art. 118 del regio decreto 30 aprile 1924, n. 965, e dell’art. 119 del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297 (e della tabella C allo stesso allegata), rispettivamente per le scuole medie ed elementari. Il citato art. 118 del regio decreto— inserito nel capo XII relativo ai locali e aII’arredamento scolastico — dispone che ogni istituto di istruzione media “ha la bandiera nazionale; ogni aula, l’immagine del Crocifisso e il ritratto del Re”; l’art. 119 del regio decreto n. 1297 del 1928, a sua volta, stabilisce che gli arredi delle varie classi scolastiche sono elencati nella tabella C, allegata allo stesso regolamento, e tale elencazione include il crocifisso per ciascuna classe elementare.
In ordine alla esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche il quadro normativo di riferimento è, dunque, debole per la mancanza di una previsione legislativa rivolta a disciplinare la fattispecie. L’esposizione del crocifisso non è stabilita da una Iegge ma bensì è lasciata ad una scelta squisitamente discrezionale del dirigente scolastico.
A tal proposito, la soluzione prospettata dalla Corte è quella dell’ accomodamento ragionevole intesa come ricerca, insieme, di una soluzione mite, intermedia, capace di soddisfare le diverse posizioni nella misura concretamente possibile, in cui tutti concedono qualcosa facendo, ciascuno, un passo in direzione dell’altro.
Seguendo questa prospettiva, le soluzioni vanno ricercate attraverso un dialogo costruttivo in vista di un equo contemperamento delle convinzioni religiose e culturali presenti nella comunità scolastica, dove la plurale e paritaria coesistenza di laici e credenti, cattolici o appartenenti ad altre confessioni, è un valore inderogabile.
L’accomodamento ragionevole favorisce, insieme al raggiungimento di soluzioni concrete più eque, l’incontro e la creazione di un clima di mutuo rispetto, di condivisione e di comune appartenenza, di coesione e di intesa, particolarmente utile in uno spazio vitale di con- vivenza organizzata come l’aula scolastica.
La Corte costituzionale ha al riguardo chiaramente riconosciuto che gli artt. 19 e 21 Cost. tutelano immediatamente l’opinione religiosa propria della persona, essendo indifferente che essa si iscriva o meno in quella di una minoranza (sentenza 117 del 1979, cit.); ha affermato che in materia di religione, non valendo il numero, si impone la pari protezione della coscienza di ciascuna persona che si riconosca in una fede, quale che sia la confessione religiosa di appartenenza.
Ed è proprio sulla base dell’ accomodamento ragionevole che il dirigente scolastico deve adottare la decisione.
Non esiste un crocifisso di Stato. La laicità italiana non è “neutralizzante”: non nega le peculiarità e le identità di ogni credo e non persegue un obiettivo di tendenziale e progressiva irrilevanza del sentire religioso, destinato a rimanere nella intimità della coscienza dell’individuo ma è improntata sul pluralismo. Secondo la Corte, la laicità della Costituzione si fonda su un concetto inclusivo e aperto di neutralità e non escludente di secolarizzazione: come tale, riconosce la dimensione religiosa presente nella società e si alimenta della convivenza di fedi e convinzioni diverse.
Sulla scorta dei principi enucleati dai precedenti giurisprudenziali e dalla lettura costituzionalmente orientata, la Corte conclude affermando che ’affissione del crocifisso di per sé non ostacola il docente nell’esercizio di alcuna delle sue libertà. L’ affissione può risultare non condivisa dal docente ma da sola non è in grado di influenzare le proprie convinzioni personali in materia religiosa né pregiudicare la possibilità di esprimerle e di manifestarle, come cittadino e come docente, nell’ambiente scolastico. Le convinzioni personali dell’insegnante, orientate alla negazione di qualsiasi realtà della dimensione divina, come pure la libertà di manifestazione delle stesse, restano tali.
Tuttavia, l’ordine del dirigente scolastico, pena la sua irregolarità, deve improntarsi ad un approccio dialogante con il docente dissenziente e deve essere volto alla ricerca di soluzioni condivisibili che possano permettere allo stesso di manifestare la propria libertà religiosa (positiva o negativa) in conformità ai principi costituzionali, in un ambiente, come quello scolastico, che deve risultare pertanto neutrale e favorevole all’inclusione.
PRINCIPI DI DIRITTO
<<L’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche non è prevista da alcuna disposizione di rango legislativo, ma è, essa stessa, affidata e appesa a un quadro normativo fragile, sia per il grado non primario della fonte che detta esposizione contempla, sia, soprattutto, per l’epoca pre-costituzionale della emanazione della relativa disciplina, un’epoca segnata, tra l’altro, da un confessionalismo di Stato e da una struttura fortemente accentrata e autoritaria dello Stato stesso>>
<<In ordine alla esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche il quadro normativo di riferimento è, dunque, debole per la mancanza di una previsione legislativa rivolta a disciplinare la fattispecie. L’esposizione del crocifisso non è stabilita da una Iegge.>>
<<L’esposizione autoritativa del crocifisso nelle aule scolastiche non è compatibile con il principio supremo di laicità dello Stato. L’obbligo di esporre il crocifisso è espressione di una scelta confessionale. La religione cattolica costituiva un fattore di unità della nazione per il fascismo; ma nella democrazia costituzionale l’identificazione dello Stato con una religione non è più consentita.
La Costituzione esclude che “la religione possa considerarsi strumentale rispetto alle finalità dello Stato e viceversa” (Corte cost., sentenza n. 329 del 1997}.>>
<< … / … anche la libertà di manifestazione dei propri convincimenti morali o filosofici è garantita in connessione con la sfe- ra intima della coscienza individuale, conformemente all’interpretazione dell’art. 19 Cost. (che tutela la libertà di religione, non solo positiva ma anche negativa: vale a dire anche la professione di ateismo e di agnosticismo)”. Il principio di laicità si pone come condizione e limite del pluralismo, nel senso di garantire che il luogo pubblico deputato al conflitto tra i sistemi indicati sia neutrale e tale permanga nel tempo>>.
<<La Costituzione, che annovera tra i suoi principi fondamentali il principio di laicità, esclude che il crocifisso possa essere un simbolo identificativo della Repubblica italiana.
Ciò che unisce il popolo italiano, formato dall’insieme dei suoi cittadini in un determinato momento storico, sono i valori, le istituzioni e i principi della Carta costituzionale, la quale, con le sue risposte rigeneranti, disegna i tratti di una società nuova indicandone le linee evolutive e alcuni potenziali traguardi.
La bandiera è l’unico dei simboli della Repubblica del quale la Costituzione si occupa (art. 12) … / … >>.
<<In base alla Costituzione repubblicana, ispirata al principio di laicità dello Stato e alla salvaguardia della libertà religiosa positiva e negativa, non è consentita, nelle aule delle scuole pubbliche, l’affissione obbligatoria, per determinazione dei pubblici poteri, del simbolo religioso del crocifisso.>>
<< … / … in virtù del principio supremo di laicità dello Stato, è garantita la pari libertà di coscienza di ciascuna persona che si riconosca in una fede, quale che sia la confessione di appartenenza, ed anche se si tratta di un credo ateo o agnostico, di professarla liberamente e di farne propaganda nelle forme ritenute più opportune, attesa la previsione aperta e generale dell’art. 19 Cost., purché l’esercizio di tale diritto di propaganda e diffusione del proprio credo religioso non si traduca nel vilipendio della fede da altri professata, secondo un accertamento che il giudice di merito è tenuto ad effettuare con rigorosa valutazione delle modalità con le quali si esplica la propaganda o la diffusione, denegandole solo quando si traducano in un’aggressione o in una denigrazione della diversa fede da altri professata>>.
<<La disposizione regolamentare non può più essere letta come implicante l’obbligo di esporre il crocifisso nelle scuole, ma va interpretata nel senso che l’aula può accoglierne la presenza allor- quando la comunità scolastica interessata valuti e decida in autonomia di esporlo, nel rispetto e nella salvaguardia delle convinzioni di tutti, affiancando al crocifisso, in caso di richiesta, gli altri simboli del- le fedi religiose presenti all’interno della stessa comunità scolastica e ricercando un ragionevole accomodamento che consenta di favorire la convivenza delle pluralità. >>
<< L’art. 118 del regio decreto n. 965 del 1924, che comprende il crocifisso tra gli arredi scolastici, deve essere interpretato in conformità alla Costituzione e alla legislazione che dei principi costituzionali costituisce svolgimento e attuazione, nel senso che la comunità scolastica può decidere di esporre il crocifisso in aula con valutazione che sia frutto del rispetto delle convinzioni di tutti i componenti della medesima comunità, ricercando un “ragionevole accomodamento” tra eventuali posizioni difformi>>.
<<E’ illegittima la circolare del dirigente scolastico che, nel richiamare tutti i docenti della classe al dovere di rispettare e tutela- re la volontà degli studenti, espressa a maggioranza in una assemblea, di vedere esposto il crocifisso nella Ioro aula, non ricerchi un ragionevole accomodamento con la posizione manifestata dal docente dissenziente.>>
<<L’illegittimità della circolare determina l’invalidità della sanzione disciplinare inflitta al docente dissenziente per avere egli, contravvenendo all’ordine di servizio contenuto nella circolare, rimosso il crocifisso dalla parete dell’aula all’inizio delle sue lezio- ni, per poi ricollocarlo al suo posto alla fine delle medesime>>.
<<Tale circolare, peraltro, non integra una forma di discriminazione a causa della religione nei confronti del docente, e non de- termina pertanto le conseguenze di natura risarcitoria previste dalla legislazione antidiscriminatoria, perché, recependo la volontà degli studenti in ordine alla presenza del crocifisso, il dirigente scolastico non ha connotato in senso religioso l’esercizio della funzione pubblica di insegnamento, né ha condizionato la libertà di espressione culturale del docente dissenziente>>
<<La scuola pubblica italiana è un luogo istituzionale, ma è anche uno spazio pubblico condiviso in cui la presenza della simbologia religiosa, quando costituisce l’effetto di una scelta che proviene dal basso e non di una determinazione unilaterale del potere pubblico, non rappresenta la visione generale dello Stato-istituzione, ma descrive ricognitivamente le fedi, le culture e le tradizioni dello Stato- comunità : di quella comunità di persone che abita tale spazio>>
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.— Le Sezioni Unite sono investite di una questione di massima di particolare importanza.
La questione riguarda la compatibilità tra l’ordine di esposizione del crocifisso, impartito dal dirigente scolastico di un istituto professionale statale sulla base di una delibera assunta a maggioranza dall’assemblea di classe degli studenti, e la libertà di insegnamento e di coscienza in materia religiosa, intesa quest’ultima anche come libertà negativa, da assicurare ad ogni docente.
2.— La questione sorge in un caso nel quale è stata applicata una sanzione disciplinare al docente di lettere per avere sistematicamente rimosso il crocifisso dalla parete dell’aula prima di iniziare le sue le- zioni, per poi ricollocarlo al suo posto al termine delle stesse.
3.— Nel rimettere alle Sezioni Unite la soluzione della questione di massima, la Sezione Iavoro di questa Corte osserva che l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche non è imposta da disposizioni di legge ma solo da regolamenti, risalenti nel tempo, applicabili tuttavia alle sole scuole medie inferiori e alle scuole elementari, passando poi a ricostruire il quadro giurisprudenziale di riferimento e confrontando gli approdi del Consiglio di Stato e della Corte di cassazione.
L’ordinanza di rimessione dubita della compatibilità, in tal caso, della affissione del crocifisso nella scuola pubblica con il principio di laicità, rilevando che “il docente della scuola pubblica, non confessionale, potrebbe fondatamente sostenere che quel collegamento si pone in contrasto con il principio di laicità dello Stato, inteso ’non come indifferenza di fronte all’esperienza religiosa, bensì come tutela del pluralismo, a sostegno della massima espansione della libertà di tutti, secondo criteri di imparzialità (Corte cost. n. 67 del 2017), e ravvisre neII’esposizione del simbolo una lesione della sua libertà di co- scienza e di religione, minata dal richiamo di valori propri di un determinato credo religioso a fondamento dell’attività pubblica prestata”.
La Sezione rimettente afferma inoltre che la rilevata insussistenza, da parte della Corte d’appello, di una discriminazione diretta nel provvedimento del dirigente scolastico non basta di per sé a esclude- re la configurabilità di una discriminazione indiretta, giacché l’esposizione del crocifisso potrebbe porre “il docente non credente o aderente ad un credo religioso diverso da quello cattolico, in una situazione dì svantaggio rispetto all’insegnante che a quel credo aderisce … [omissis]
Nell’ordinanza si sottolinea che dalla astratta configurabilità di una discriminazione indiretta discenderebbe l’ulteriore questione della va- lutazione sulla sussistenza o meno di una “finalità legittima” che giustifichi la compressione del diritto di libertà religiosa del docente, e se questa possa essere rappresentata dalla volontà manifestata dall’assemblea di classe: soluzione che tuttavia finirebbe per collìdere con il principio, affermato dalla Corte costituzionale, secondo cui in materia di religione nessun rilievo può essere attribuito al criterio quantitativo.
4.— La fattispecie presenta posizioni in conflitto o in tensione all’interno dello spazio pubblico scolastico: il diritto degli studenti, i quali si riconoscono nel simbolo del crocifisso che hanno deliberato di vedere affisso sulla parete della Ioro aula, e la libertà del docente, che si esprime attraverso una resistenza alla affissione.
5.— L’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche non è prevista da alcuna disposizione di rango legislativo, ma è, essa stessa, affidata e appesa a un quadro normativo fragile, sia per il grado non primario della fonte che detta esposizione contempla, sia, soprattutto, per l’epoca pre-costituzionale della emanazione della relativa disciplina, un’epoca segnata, tra l’altro, da un confessionalismo di Stato e da una struttura fortemente accentrata e autoritaria dello Stato stesso.
6.— In ordine alla esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche il quadro normativo di riferimento è, dunque, debole per la mancanza di una previsione legislativa rivolta a disciplinare la fattispecie. L’esposizione del crocifisso non è stabilita da una Iegge.
E tuttavia, le Sezioni Unite non sono sole nell’esame della questione di massima.
Per un verso, sono guidate dalla forza peculiare dei principi fondamentali che entrano in gioco, dalla libertà religiosa al principio di laicità nelle sue diverse declinazioni, al pluralismo, al divieto di discriminazioni, alla libertà di insegnamento nella scuola pubblica aperta a tutti. Tali principi, definiti dalla Costituzione italiana, dalle Carte dei diritti e dalle Corti che ne sono gli interpreti, costituiscono la bus- sola per rinvenire nell’ordinamento la regola per la soluzione del caso. Per altro verso, sono supportate da una fitta rete di precedenti giudiziali e di contributi della dottrina.
7.— Occorre muovere dalla esposizione del quadro giurisprudenziale di riferimento.
Il Consiglio di Stato (Sez. VI, 13 febbraio 2006, n. 556) ha escluso che l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, disposta dalle autorità competenti in esecuzione delle norme regolamentari degli anni venti del secolo scorso, sia lesiva dei contenuti delle norme fondamentali del nostro ordinamento costituzionale che danno forma e sostanza al principio di laicità che connota oggi Io Stato italiano. Ciò in quanto “il crocifisso è atto ad esprimere, … in chiave simbolica ma in modo adeguato, l’origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi diritti, di riguardo alla sua libertà, di autonomia della coscienza mora- le nei confronti dell’autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione, che connotano la civiltà italiana.
7.2.— Diverse sono le questioni affrontate dalla giurisprudenza di questa Corte.
Affrontando la questione sotto il profilo penale della causa di giustificazione, la Corte (Cass. pen., Sez. IV, 1° marzo 2000, n. 4273), nel mandare assolto Io scrutatore, ha affermato che costituisce giustificato motivo di rifiuto dell’ufficio la manifestazione della libertà di coscienza, il cui esercizio determini un conflitto tra la personale adesione al principio supremo di laicità dello Stato e l’adempimento dell’incarico a causa dell’organizzazione elettorale in relazione alla presenza nella dotazione obbligatoria di arredi dei locali destinati a seggi elettorali, pur se casualmente non di quello di specifica designazione, del crocifisso o di altre immagini religiose. Il crocifisso è un simbolo religioso e la sua esposizione obbligatoria in un ’auIa scolastica (nel caso adibita a seggio elettorale) viola il principio di laicità dello Stato.
Il principio di laicità “implica un regime di pluralismo confessionale e culturale … e presuppone, quindi, … l’esistenza di una pluralità di sistemi di senso o di valore, di scelte personali riferibili allo spirito o al pensiero, che so- no dotati di pari dignità e, si potrebbe dire, nobiltà. Ne consegue una pari tutela della libertà di religione e di quella di convinzione, comunque orientata : infatti, anche la libertà di manifestazione dei propri convincimenti morali o filosofici è garantita in connessione con la sfera intima della coscienza individuale, conformemente all’interpretazione dell’art. 19 Cost. (che tutela la libertà di religione, non solo positiva ma anche negativa: vale a dire anche la professione di ateismo e di agnosticismo)”. Il principio di laicità — prosegue la Corte — si pone come “condizione e limite del pluralismo, nel senso di garantire che il luogo pubblico deputato al conflitto tra i sistemi indicati sia neutrale e tale permanga nel tempo”.
Successivamente chiamata a pronunciarsi in sede di controllo sulla misura disciplinare della rimozione inflitta ad un giudice che aveva rifiutato di amministrare giustizia in presenza del crocifisso, questa Corte, a Sezioni Unite, con la sentenza 14 marzo 2011, n. 5924, ha rigettato l’impugnazione dell’ incoIpato sul rilievo che la estrema san- zione era stata applicata perché quel giudice aveva persistito nella astensione dal Iavoro anche dopo che per lui era stata attrezzata un’aula nuda di ogni simbolo.
Esattamente la decisione impugnata ha risolto il conflitto tra l’obbligo della prestazione professionale ed il di- ritto di libertà religiosa e di coscienza, assicurando prevalenza a quest’ultimo, soltanto quando le modalità dell’esercizio dovuto delle funzioni contrastano con l’espressione delle libertà stesse in modo di- retto e con vincolo di causalità immediata”.
Intervenendo in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, queste Sezioni Unite (ordinanza 10 luglio 2006, n. 15614) hanno statuito che la controversia avente ad oggetto la contestazione della legittimità deII’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche, …/…sulla base di provvedimenti dell’autorità scolastica con- seguenti a scelte dell’amministrazione, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo [omissis]. Secondo la Corte regolatrice, “il crocifisso, per il suo valore escatologico e di simbolo fondamentale della religione cristiana”, “non può certamente … essere considerato alla stregua di qualsiasi componente dell’arredo scolastico”, e “la sua stessa presenza” evoca “indubbiamente … problematiche che tra- scendono la sfera del pubblico servizio”.
7.3.— Nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo rilevano, soprattutto, le pronunce, della Seconda Sezione e della Grande Camera, nel caso Lautsi c. Italia [omissis].
La Camera della Seconda Sezione, nella sua sentenza del 3 novembre 2009, ha concluso per la violazione dell’art. 2 del Protocollo n. 1, esaminato congiuntamente all’art. 9 della Convenzione, riconoscendo che l’esposizione obbligatoria del simbolo di una particolare confessione nell’esercizio della funzione pubblica relativamente a situazioni specifiche sottoposte al controllo governativo, in particolare nelle aule scolastiche, limita il diritto dei genitori di educare i propri figli secondo le Ioro convinzioni e il diritto degli alunni di credere o di non credere, trattandosi di restrizioni incompatibili con il dovere che grava sullo Stato di rispettare la neutralità nell’esercizio della funzione pubblica, in particolare nel campo dell’istruzione.
La Seconda Sezione ha ritenuto :
[omissis]
-che Io Stato è tenuto alla neutralità confessionale nell’ambito dell’istruzione pubblica, dove la presenza ai corsi è richiesta in- dipendentemente dalla religione, e deve cercare di inculcare negli studenti l’abitudine ad un pensiero critico.
[omissis]
Con la sentenza del 18 marzo 2011, la Grande Camera è giunta alla soluzione opposta, ritenendo che la decisione di mantenere il croci- fisso nelle aule delle scuole pubbliche rientra nei limiti di cui dispone l’ItaIia nel quadro del suo obbligo di rispettare, nell’esercizio delle proprie funzioni in materia di educazione e di insegnamento, il diritto dei genitori di garantire le Ioro convinzioni religiose e filosofiche, e non viola l’art. 2 del Protocollo n. 1 della Convenzione.
Nella sua sentenza finale, la Corte di Strasburgo ha affermato che il crocifisso appeso al muro è un simbolo essenzialmente passivo, al quale non può attribuirsi una influenza sugli allievi paragonabile a quella che può avere un discorso didattico o la partecipazione ad attività religiose: la percezione soggettiva della ricorrente non può da so- la essere sufficiente a caratterizzare la violazione lamentata.
Infine, la Grande Camera ha riconosciuto che la scuola pubblica italiana garantisce al suo interno il pluralismo e la libertà religiosa e di coscienza, in quanto la presenza del crocifisso non è associata ad un insegnamento obbligatorio della religione cattolica, è assicurata agli alunni la libertà di portare propri simboli religiosi, è garantito a tutte le confessioni religiose di attivare proprie forme di presenza e ai non credenti di esprimere liberamente il proprio pensiero.
8.— La Corte costituzionale ha esplicitamente escluso che il fondamento legislativo dell’esposizione del crocifisso possa identificarsi negli artt. 159 e 190 del testo unico in materia di istruzione approva- to con il d.lgs. n. 297 del 1994, attenendo il Ioro oggetto e il Ioro contenuto solo aII’onere di spesa per gli arredi.
9.— La Corte d’appello di Perugia, con la sentenza qui impugnata, muove dalla premessa della inesistenza di una norma che preveda l’affissione del crocifisso nelle aule degli istituti scolastici secondari superiori: le disposizioni regolamentari, tuttora in vigore, che prevedono l’affissione del simbolo nelle aule scolastiche riguarderebbero esclusivamente gli istituti di istruzione elementare (regio decreto n. 1297 del 1928) e quelli di istruzione media inferiore (regio decreto n. 965 del 1924).
9.1.— Occorre verificare se questo presupposto interpretativo sia esatto o se, diversamente, il provvedimento dirigenziale denunciato e la sanzione disciplinare conseguente alla sua violazione possano trovare la Ioro base giuridica nella norma regolamentare dell’art. 118 del regio decreto n. 965 del 1924.
Il Collegio delle Sezioni Unite ritiene, seguendo il pubblico ministero, che la norma regolamentare contenuta nell’art. 118 del regio decreto n. 965 del 1924 — la quale, nell’ambito deIl’ arredamento scolastico, dispone che della immagine del crocifisso siano dotate le aule scolastiche di tutte le scuole medie — si riferisca anche alle scuole superiori.
9.2. – L’art. 118 del regio decreto è ancora formalmente in vigore.
Il più recente intervento normativo ha dunque ripristinato, nella sua vigenza, il regio decreto n. 965 del 1924, superando l’effetto abrogativo inizialmente contemplato.
9.3. – Il problema della vigenza del regio decreto n. 965 del 1924 va tuttavia affrontato anche sotto il profilo della compatibilità con la Costituzione della previsione contenuta nell’art. 118.
Il pubblico ministero, nelle sue conclusioni scritte, ritiene che la fonte regolamentare sia illegittima “per contrasto con i principi costituzionali di laicità dello Stato e di separazione tra la sfera civile e quella religiosa”, e suggerisce pertanto di risolvere il rilevato contra- sto attraverso Io strumento della disapplicazione. Le Sezioni Unite condividono, nella sostanza, la prospettiva indicata dal pubblico ministero; ritengono tuttavia che l’art. 118 del regio decreto n. 965 del 1924 sia suscettibile di essere interpretato in sen- so conforme alla Costituzione e alla legislazione che dei principi costituzionali costituisce svolgimento e attuazione.
9.4.— Nel contesto ordinamentale nel quale la disposizione regolamentare fu emanata, con la religione cattolica come sola religione dello Stato ed elemento costitutivo della compagine statale e con il ri- conoscimento alla Chiesa e alla religione cattolica di un preciso valore politico, come fattore di unità della nazione, l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche aveva un carattere obbligatorio ed esclusivo ed era espressione di quel regime confessionale.
9.5.— Questa concezione viene ab imis rovesciata con l’avvento della Costituzione repubblicana.
L’esposizione autoritativa del crocifisso nelle aule scolastiche non è compatibile con il principio supremo di laicità dello Stato. L’obbligo di esporre il crocifisso è espressione di una scelta confessionale. La religione cattolica costituiva un fattore di unità della nazione per il fascismo; ma nella democrazia costituzionale l’identificazione dello Sta- to con una religione non è più consentita.
La Costituzione esclude che “la religione possa considerarsi strumentale rispetto alle finalità dello Stato e viceversa” (Corte cost., sentenza n. 329 del 1997}.
La Corte costituzionale (sentenza n. 334 del 1996), in tema di formula del giuramento decisorio nel processo civile, ha chiarito che la laicità implica che il valore della religione non può essere messo a frutto dallo Stato per il raggiungimento delle sue finalità : “[…] alla distinzione dell’ordine delle questioni civili da quello dell’esperienza religiosa corrisponde […], rispetto all’ordinamento giuridico dello Stato e delle sue istituzioni, il divieto di ricorrere a obbligazioni di ordine religioso per rafforzare l’efficacia dei propri precetti”. La “distinzione tra ’ordini’ distinti, che caratterizza neII’ essenziaIe il fondamentale o ‘supremo’ principio costituzionale di laicità o non confessionalità dello Stato, […] significa che la religione e gli obblighi morali che ne derivano non possono essere imposti come mezzo al fine dello Stato”. La religione appartiene infatti “a una dimensione che non è quella dello Stato e del suo ordinamento giuridico, al quale spetta soltanto il compito di garantire le condizioni che favoriscano la libertà di tutti e, in questo ambito, della libertà di religione”.
Il crocifisso di Stato nelle scuole pubbliche entra in conflitto anche con un altro corollario della laicità: l’imparzialità e l’equidistanza che devono essere mantenute dalle pubbliche istituzioni nei confronti di tutte le religioni, indipendentemente da valutazioni di carattere numerico, non essendo più consentita una discriminazione basata sul maggiore o minore numero degli appartenenti aII’una o all’altra di es- se. Ed entra in conflitto con il pluralismo religioso come aspetto di un più ampio pluralismo dei valori: Io spazio pubblico non può essere occupato da una sola fede religiosa, ancorché maggioritaria.
Va inoltre considerato che la libertà religiosa è una posizione giuridica soggettiva degli individui, magari raccolti in formazioni sociali, mentre non rappresenta esercizio di quella libertà imporre l’affissione del crocifisso alle pareti delle scuole pubbliche per effetto di una scelta del potere pubblico. L’affissione autoritativa del simbolo non è esplicazione della libertà religiosa positiva e, allo stesso tempo, imponendo l’omogeneità attraverso l’esclusione implicita di chi in esso non si riconosce o comunque non desidera subirne l’esposizione, comprime la libertà religiosa, nella sua valenza negativa, del non credente. La libertà religiosa negativa merita la stessa tutela e la stessa protezione della libertà religiosa positiva.
Più in generale, la Corte costituzionale ha affermato (con la sen- tenza n. 440 del 1995, in tema di reato di bestemmia) che nella “nostra comunità nazionale … hanno da convivere fedi, culture e tradizioni diverse”: insegnamento puntualmente ripreso dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. I, 17 aprile 2020, n. 7893), secondo cui, in virtù del principio supremo di laicità dello Stato, è garantita la pari libertà di coscienza di ciascuna persona che si riconosca in una fede, quale che sia la confessione di appartenenza, ed anche se si tratta di un credo ateo o agnostico, di professarla liberamente e di farne propaganda nelle forme ritenute più opportune, attesa la previsione aperta e generale dell’art. 19 Cost., purché l’esercizio di tale diritto di propaganda e diffusione del proprio credo religioso non si traduca nel vilipendio della fede da altri professata, secondo un accertamento che il giudice di merito è tenuto ad effettuare con rigorosa valutazione delle modalità con le quali si esplica la propaganda o la diffusione, denegandole solo quando si traducano in un’aggressione o in una denigrazione della diversa fede da altri professata.
9.6.— E’ questo, del resto, l’insegnamento che proviene dalla comparazione con altre esperienze giurisprudenziali.
9.8.— La Costituzione, che annovera tra i suoi principi fondamentali il principio di laicità, esclude che il crocifisso possa essere un simbolo identificativo della Repubblica italiana.
Ciò che unisce il popolo italiano, formato dall’insieme dei suoi cittadini in un determinato momento storico, sono i valori, le istituzioni e i principi della Carta costituzionale, la quale, con le sue risposte rigeneranti, disegna i tratti di una società nuova indicandone le linee evolutive e alcuni potenziali traguardi.
La bandiera è l’unico dei simboli della Repubblica del quale la Costituzione si occupa (art. 12).
10.— L’esposizione del crocifisso non è più un atto dovuto, non essendo costituzionalmente consentito imporne la presenza. L’espunzione dal significato della disposizione regolamentare dell’art. 118 del regio decreto n. 965 del 1924 dell’obbligo di esposi- zione del crocifisso non si traduce, tuttavia, in un divieto di affissione del simbolo.
10.1- La disposizione regolamentare non può più essere letta come implicante l’obbligo di esporre il crocifisso nelle scuole, ma va interpretata nel senso che l’aula può accoglierne la presenza allor- quando la comunità scolastica interessata valuti e decida in autonomia di esporlo, nel rispetto e nella salvaguardia delle convinzioni di tutti, affiancando al crocifisso, in caso di richiesta, gli altri simboli del- le fedi religiose presenti all’interno della stessa comunità scolastica e ricercando un ragionevole accomodamento che consenta di favorire la convivenza delle pluralità.
Là dove la disposizione regolamentare era caratterizzata da esclu- sività (solo quel simbolo), c’è ora spazio per una interpretazione estensiva in direzione della pluralità dei simboli, ispirata ad un uni- versalismo concreto, fondato empiricamente e democraticamente re- sponsivo rispetto alla mutata composizione etnica e quindi anche reli- giosa della popolazione.
L’originario carattere assoluto e incondizionato della esposizione del simbolo cristiano cede il posto alla possibilità di risposte articolate e non uniformanti, in base ad una linea di composizione dei possibili conflitti all’interno della istituzione scolastica, secondo il principio ba- se della sussidiarietà orizzontale che trova spazio e riconoscimento nell’art. 118 Cost.
11.— Il venir meno dell’obbligo di esposizione, dunque, non si traduce automaticamente nel suo contrario, e cioè in un divieto di presenza del crocifisso nelle aule scolastiche.
11.1— Cospira in questa direzione, innanzitutto, il principio di laicità, definito dalla Corte costituzionale “non come indifferenza dello Stato di fronte all’esperienza religiosa, bensì come tutela del pluralismo, a sostegno della massima espansione della libertà di tutti, secondo criteri di imparzialità” (sentenze n. 67 del 2017 e n. 254 del 2019). “Il principio di laicità, quale emerge dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione” — ha affermato la Corte costituzionale nella sentenza n. 203 del 1989 — “implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale”.
La laicità della Costituzione si fonda su un concetto inclusivo e aperto di neutralità e non escludente di secolarizzazione: come tale, riconosce la dimensione religiosa presente nella società e si alimenta della convivenza di fedi e convinzioni diverse.
11.2— La scuola pubblica italiana è un luogo istituzionale, ma è anche uno spazio pubblico condiviso in cui la presenza della simbologia religiosa, quando costituisce l’effetto di una scelta che proviene dal basso e non di una determinazione unilaterale del potere pubblico, non rappresenta la visione generale dello Stato-istituzione, ma descrive ricognitivamente le fedi, le culture e le tradizioni dello Stato- comunità : di quella comunità di persone che abita tale spazio.
La scuola pubblica è un luogo aperto che favorisce l’inclusione e promuove l’incontro di diverse religioni e convinzioni filosofiche, e dove gli studenti possono acquisire conoscenze sui loro pensieri e sulle loro rispettive tradizioni.
11.3— L’apertura e l’incontro rappresentano la prospettiva attraverso la quale l’ordinamento italiano guarda alla affissione del croci- fisso nelle aule scolastiche, in un ambiente inclusivo e disponibile ad accogliere la presenza di altri simboli: interpretando l’uno e gli altri come mezzi di dialogo interreligioso e interculturale, anziché di divisione e di conflittualità; come strumenti di confronto, di comprensione reciproca e di arricchimento al contatto con identità “altre”, non di integralistica rivendicazione di dogmi da imporre.
12.— La presenza o meno nelle scuole del crocifisso rientra, dunque, nell’ambito dell’autonomia delle singole istituzioni scolastiche.
12.1— Si tratta di soluzione che appare al Collegio per un verso coerente con il ruolo dell’autonomia delle istituzioni scolastiche in base alla riforma del Titolo V della Parte Il della Costituzione, intervenuta con la legge di revisione costituzionale n. 3 del 2001.
12.2— Simile competenza si appalesa per altro verso in sintonia con la legislazione scolastica.
L’istituzione scolastica è concepita infatti dal testo unico come una comunità, “una comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e civica” (art. 3), con organi collegiali, a partire dal consiglio di classe (art. 5), istituiti al fine di realizzare la partecipazione alla gestione della scuola, e con la previsione (art. 12 e seguenti) di assemblee degli studenti (concepite come “occasione di partecipazione democratica per l’approfondimento dei problemi della scuola e della società in funzione della formazione culturale e civile degli studenti”) e dei genitori.
L’esposizione del simbolo religioso non è un atto di propaganda. Non rappresenta uno strumento di proselitismo. E’ un atto di testimonianza, di professione della fede religiosa da parte dei componenti di quella comunità di vita in formazione che è una classe di scuola.
Nel contesto della scuola pubblica italiana, i profili della didattica, la scelta dei libri di testo e i contenuti delle attività formative non so- no in alcun modo influenzati dalla esposizione del crocifisso. La libertà di insegnamento del docente — presidio di pluralismo culturale e di Stato democratico — non ne rimane affatto incisa o toccata: quel sim- bolo non interferisce con la possibilità di ciascun insegnante di pro- spettare la propria concezione del mondo, della vita e della posizione in esso occupata dall’uomo, o più in generale di manifestare le pro- prie convinzioni in materia religiosa nell’ambito scolastico.
13— Ai fini della soluzione della questione di massima vengono in rilievo il contesto comunitario di riferimento e la circostanza che l’esposizione del crocifisso deriva da una richiesta degli studenti riuniti in assemblea di classe, ancorché mediata attraverso l’ordine di servi- zio del dirigente scolastico che richiama il deliberato dell’assemblea studentesca e ad esso dà esecuzione. Non siamo in presenza di un crocifisso di Stato.
14.— In generale, di fronte alla tensione strutturale tra libertà religiosa positiva e negativa, non c’è un aspetto di quella libertà destinato a prevalere in maniera assoluta sull’altro, ma c’è un dovere di garantire le diverse libertà di coscienza e le differenti sensibilità.
15— La Corte costituzionale insegna che “Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri.
Per questo la Corte costituzionale opera normalmente un ragionevole bilanciamento dei valori coinvolti nella normativa sottoposta al suo esame, dal momento che la Costituzione italiana, come le altre Costituzioni democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento [omissis].
Il bilanciamento improntato a criteri di proporzionalità e di ragionevolezza consente di evitare che si abbia la prevalenza assoluta di uno dei valori coinvolti e il sacrificio totale dell’altro, e garantisce una tutela unitaria, sistemica e non frammentata di tutti gli interessi costituzionalmente implicati.
16— Il Collegio delle Sezioni Unite ritiene che un criterio di valutazione e di giudizio analogo debba essere seguito quando vengano in considerazione diverse libertà di coscienza. Occorre evitare che ci sia un tutto per una delle due libertà e un nulla per l’altra, che un diritto si trasformi in “tiranno” nei confronti dell’altro, che l’esito finale si identifichi, in violazione del principio pluralista, con una soltanto delle diverse opzioni in campo, che la tensione tra diritti di pari dignità si trasformi in scontro tra valori.
17— La strada da percorrere, raccomandata in materia di libertà religiosa da una autorevole dottrina anche sulla base di esperienze comparate, è quella delI’ accomodamento ragionevole, intesa come ricerca, insieme, di una soluzione mite, intermedia, capace di soddisfa- re le diverse posizioni nella misura concretamente possibile, in cui tutti concedono qualcosa facendo, ciascuno, un passo in direzione dell’altro.
Seguendo questa prospettiva, le soluzioni vanno ricercate in concreto, non sulla linea di chiusure e di contrapposizioni, ma attraverso un dialogo costruttivo in vista di un equo contemperamento delle convinzioni religiose e culturali presenti nella comunità scolastica, do- ve la plurale e paritaria coesistenza di laici e credenti, cattolici o appartenenti ad altre confessioni, è un valore inderogabile.
L’accomodamento ragionevole favorisce, insieme al raggiungimento di soluzioni concrete più eque, l’incontro e la creazione di un clima di mutuo rispetto, di condivisione e di comune appartenenza, di coesione e di intesa, particolarmente utile in uno spazio vitale di con- vivenza organizzata come l’aula scolastica.
La Corte costituzionale ha al riguardo chiaramente riconosciuto che gli artt. 19 e 21 Cost. tutelano immediatamente l’opinione religiosa propria della persona, essendo indifferente che essa si iscriva o meno in quella di una minoranza (sentenza 117 del 1979, cit.); ha affermato che in materia di religione, non valendo il numero, si impone la pari protezione della coscienza di ciascuna persona che si riconosca in una fede, quale che sia la confessione religiosa di appartenenza (sentenza n. 440 del 1995, cit.).
La regola di maggioranza senza correttivi non può utilizzarsi nel campo dei diritti fondamentali, che è dominio delle garanzie per le minoranze e per i singoli. I diritti fondamentali svolgono un ruolo contro-maggioritario, sicché, abbandonato il criterio quantitativo, il “pe- so” assunto dai soggetti coinvolti non può fare ingresso quale decisivo criterio di bilanciamento delle libertà. Anche nelle formazioni sociali ove si svolge la personalità del singolo, la libertà religiosa che accompagna questo sviluppo della persona umana non può essere governa- ta dal criterio della maggioranza che prevale e della minoranza che capitola.
19.— Affidare la soluzione del conflitto tra i diritti ora alla semplice prevalenza del gruppo più numeroso ora al potere di veto asso- luto e paralizzante del singolo va incontro allo stesso limite.
20.— Calando questi principi nella fattispecie, è evidente che la circolare adottata dal dirigente scolastico il 21 ottobre 2008 non è conforme al modello e al metodo di una comunità dialogante che ricerca insieme la composizione di diritti uguali e contrari, e non esprime una soluzione di mediazione o di compromesso.
Il docente, anch’egli componente della comunità scolastica, è rimasto in effetti estraneo al processo deliberativo: hanno votato gli studenti nella Ioro assemblea adottando una deliberazione a maggioranza, ma non c’è stata una conforme e successiva deliberazione del consiglio di classe, che si è limitato ad una presa d’atto.
Soprattutto, il dirigente scolastico non ha tenuto conto della voce del docente dissenziente, venendo meno al compito di aiutare gli studenti e il docente a trovare una soluzione di compromesso da tutti sostenibile e rispettosa delle diverse sensibilità.
Non è stata tentata la strada della ricerca deII’accomodamento ragionevole, l’unica capace di promuovere il pluralismo non divisivo nell’ambiente — l’aula scolastica — in cui si animano le relazioni tra studenti e tra questi e gli insegnanti.
Non è stato stimolato un approccio orientato aII’ intesa. Non è stato ricercato un consenso condiviso.
Non sono state valutate, in particolare, le molte possibilità in campo sulle modalità di affissione del crocifisso, tra le quali: (a) l’affissione sulla parete della stessa aula, accanto al crocifisso, di un simbolo o di una frase capace di testimoniare l’appartenenza al patrimonio della nostra società anche della cultura laica; (b) la diversa collocazione spaziale del crocifisso, non alle spalle del docente; (c) l’uso non permanente della parete, con il momentaneo spostamento del crocifisso, in modi formalmente e sostanzialmente rispettosi del significato del simbolo per la coscienza morale degli studenti, durante l’orario di lezione dell’insegnante dissenziente.
21.1— E’ armonica con i principi — rilevano le Sezioni Unite — la determinazione del dirigente scolastico che rifletta, nella soluzione adottata, un equo contemperamento: che cioè, neII’autorizzare, a tu- tela della coscienza morale degli alunni e della loro libertà positiva di religione, l’affissione del crocifisso, richiesta, a maggioranza, nell’assemblea studentesca, consenta altresì alla libertà negativa del docente dissenziente di incidere sul quomodo della collocazione del simbolo religioso, e così di Iasciare traccia di sé nella regola a tal fine elaborata, secondo un principio di proporzionalità della limitazione, conformemente alla natura chiaroscurale del bilanciamento del diritto fondamentale.
22.— L’accomodamento ragionevole in materia religiosa è una indicazione che proviene anche dall’esperienza di altre Corti.
23.— Un altro aspetto della questione di massima sollevato dall’ordinanza di rimessione attiene alla possibilità o meno di censurare la disposizione di servizio adottata dal dirigente scolastico di esposizione del crocifisso sotto il profilo dell’applicazione della normativa antidiscriminatoria riferita all’ambiente di lavoro.
Si ha discriminazione diretta (art. 2, comma 1, Iettera a) “quando, per religione, per convinzioni personali, per handicap, per età o per orientamento sessuale, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situa- zione analoga”.
Si configura discriminazione indiretta (art. 2, comma 1, Iettera b) “quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le perso- ne che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di handicap, le persone di una particolare età di un orientamento sessuale in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone”.
[omissis]
In questo caso la discriminazione non si manifesta nel trattamento, ma negli effetti pregiudizievoli che esso produce, in quanto percepiti in modo diverso da persone con caratteristiche differenti.
Ai sensi del comma 3, “[n]eI rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza e purché la finalità sia legittima, nell’ambito del rap- porto di Iavoro o dell’esercizio dell’attività di impresa, non costituisco- no atti di discriminazione ai sensi dell’art. 2 quelle differenze di trattamento dovute a caratteristiche connesse alla religione, alle convinzioni personali, alI’handicap, all’età o all’orientamento sessuale di una persona, qualora, per la natura dell’attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, si tratti di caratteristiche che costituiscono un requisito essenziale o determinante ai fini dello svolgimento dell’attività medesima”.
26— Tanto premesso, le Sezioni Unite ritengono che la dimensione fattuale del caso di specie induca ad escludere la sussistenza della discriminazione indiretta prospettata daII’ ordinanza di rimessione.
26.1.— Nella valutazione delle Sezione Unite, è determinante la considerazione che, con il recepire la volontà espressa dall’assemblea degli studenti in ordine alla presenza del simbolo, il dirigente scolasti- co non ha connotato in senso religioso l’esercizio della funzione pubblica di insegnamento.
[omissis]
Il sistema educativo della scuola pubblica è, e resta a tutti gli effetti, obiettivo, pluralista e orientato allo sviluppo del senso critico: improntato ai valori costituzionali di uno Stato laico in una società aperta, esprime nel sistema ordinamentale, e realizza nella quotidianità del rapporto tra docente e studenti, i principi di pluralismo, libertà, rispetto e valorizzazione delle diversità, tolleranza. La scuola italiana crede nel pluralismo e nella tolleranza.
Il Collegio fa proprie le valutazioni del pubblico ministero: “non vi sono, ragionevolmente, elementi per sostenere che l’esercizio della libertà e l’autonomia didattica del singolo docente siano pregiudicati o impediti dal simbolo”.
26.2— Ad avviso del Collegio, la percezione soggettiva del ricorrente non può da sola essere sufficiente a caratterizzare, e ad integrare, la “situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre perso- ne” alla quale si riferisce il citato art. 2, comma 1, Iettera b), del d.lgs. n. 216 del 2003 : l’esistenza di una commistione tra l’esposizione del simbolo e l’attività di insegnamento va saggiata concretamente, valutando se, nel contesto scolastico di riferimento, esistano elementi che possano far pensare ad una compenetrazione tra la collocazione di queII’ arredo e l’attività di docenza.
L’affissione del crocifisso non ostacola il docente nell’esercizio di alcuna delle sue libertà, anche quella di criticare davanti alla classe, in forme legittime e rispettose della altrui coscienza morale, il significato e la stessa presenza del simbolo.
26.3— L’affissione del crocifisso può risultare “sgradita” al ricorrente, ma da sola non è in grado né di intaccare la sfera delle sue convinzioni personali e delle sue opzioni in materia religiosa, né di pregiudicare la possibilità di esprimerle e di manifestarle, come cittadino e come docente, nell’ambiente scolastico. Le convinzioni personali dell’insegnante, orientate alla negazione di qualsiasi realtà della dimensione divina, come pure la libertà di manifestazione delle stesse, restano tali e non sono minacciate in ragione della presenza di quelle altrui, anche opposte e confliggenti, e delle rappresentazioni simboliche che di esse facciano gli studenti. Il principio di intangibilità del foro interno della persona e il diritto di professare liberamente la propria non-credenza non appare violato per il solo fatto di convivere – in quel peculiare ambiente lavorativo che è la scuola — con segni, rappresentazioni o manifestazioni di un pensiero diverso, non imposto dall’autorità ma richiesto dai fruitori del servizio scolastico: di ciò si permea, d’altra parte, una società democratica e libera nelle manifestazioni di pensiero.
26.4— L’ordine di servizio del dirigente scolastico è, per le ragioni esposte retro, al punto 22 delle Ragioni della decisione, illegittimo, perché la determinazione adottata non riflette un approccio dialogante, rivolto a ricercare un consenso condiviso e a superare le posizioni in tensione attraverso un ragionevole accomodamento sulle modalità di esposizione del crocifisso; [omissis]
29— Passando allo scrutinio dei motivi di ricorso, è preliminare in ordine logico l’esame del terzo motivo, con cui il ricorrente si duole della violazione del principio costituzionale supremo di laicità dello Stato.
29.1— La doglianza è, per quanto di ragione, fondata.
Ha errato la Corte d’appello a non riconoscere l’illegittimità dell’ordine di servizio del dirigente scolastico in data 21 ottobre 2008 con cui i docenti della classe III A sono stati dichiarati tenuti “a rispettare e a tutelare la volontà degli studenti, autonomamente determinatasi ed espressa con chiarezza nel verbale dell’assemblea”.
Tale ordine di servizio è illegittimo, perché, a fronte del dissenso manifestato dal docente, l’amministrazione scolastica non ha ricercato né promosso un accomodamento da tutti sostenibile, sollecitando i protagonisti a valutare le molte possibilità praticabili sulle modalità di esposizione del crocifisso, e neppure ha adottato la soluzione maggiormente armonica con i principi.
31.— Per effetto deII’ accogIimento del terzo motivo, resta assorbito l’esame del quinto (sulla contestata applicazione, in tema di esposizione del crocifisso, del principio per cui “ciò che non è vietato è consentito”), del sesto (in tema di “autotutela” del lavoratore) e del settimo motivo di ricorso (sulla illegittimità della sanzione).
Ne consegue che il tema del se e della misura della sanzione disciplinare implica un apprezzamento di merito che, nella residuale porzione di contestazione disciplinare ancora attiva, riguardante appunto le espressioni offensive, dovrà essere svolto dal giudice del rinvio.
32.— Sono, invece, infondati il secondo e il quarto motivo, con i quali si censura che la Corte d’appello abbia negato che la costrizione dell’insegnante a fare lezione sotto un crocifisso leda la libertà di co- scienza e di religione del lavoratore e la libertà di insegnamento riconosciuta al docente.
Infatti, nel contesto dell’attività che si svolge nella scuola, la presenza del crocifisso, allorché derivi da una richiesta degli studenti di vedere esposto il simbolo sulla parete della Ioro aula, non intacca, per il suo carattere passivo, né le convinzioni personali del docente né la sua libertà di insegnamento.