<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, sentenza 29 luglio 2020 n. 175</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata la manifesta inammissibilità del ricorso per conflitto di attribuzione promosso dal Coordinamento delle associazioni e dei comitati dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori (CODACONS) nei confronti delle Regioni Lombardia e Veneto.</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>Considerato che il Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori (CODACONS) ha promosso conflitto di attribuzione tra enti nei confronti delle Regioni Lombardia e Veneto, in riferimento «ai comportamenti formali posti in essere» da queste, per violazione delle attribuzioni costituzionalmente riservate allo Stato dagli artt. 117, commi secondo, lettere d), q) e h), terzo, e 120, comma secondo, della Costituzione;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che il ricorrente dichiara espressamente di agire in via suppletiva dello Stato e chiede a questa Corte di «accertare e dichiarare a chi spettano, in base alle norme costituzionali sopra richiamate, le attribuzioni per la gestione della c.d. fase 2, nell’ambito dell’emergenza COVID19»;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che va innanzitutto rilevato, sotto il profilo soggettivo, che l’art. 39, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), attribuisce la legittimazione a proporre ricorso per lo Stato al «Presidente del Consiglio dei ministri o [ad] un Ministro da [questi] delegato» e per la Regione al «Presidente della Giunta regionale in seguito a deliberazione della Giunta stessa»;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che, in forza del chiaro tenore letterale della richiamata disposizione, la costante giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che «“nessun elemento letterale o sistematico [...] consente di superare la chiara limitazione soggettiva che si ricava dagli artt. 134 della Costituzione e 39, terzo comma, della citata legge n. 87 del 1953”» (sentenza n. 130 del 2009);</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che, consapevole di ciò, il ricorrente deduce di «agire in via suppletiva dello Stato» e che tale azione sarebbe ammissibile in quanto non impedirebbe al soggetto originariamente titolare di agire, in qualsiasi momento, per assumere in proprio la titolarità del conflitto;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che la predetta azione suppletiva è del tutto estranea al nostro ordinamento e la sua prospettazione è quindi inidonea a superare la chiara e inequivoca limitazione soggettiva alla proposizione del conflitto tra enti;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che il conflitto è carente anche del requisito oggettivo;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, è ritenuto idoneo a innescare un conflitto intersoggettivo di attribuzione anche un comportamento, purché questo sia un «comportamento significante, imputabile allo Stato o alla Regione», «dotato di efficacia e rilevanza esterna e – anche se preparatorio o non definitivo – diretto, in ogni caso, «“ad esprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di esercitare una data competenza, il cui svolgimento possa determinare una invasione nella altrui sfera di attribuzioni o, comunque, una menomazione altrettanto attuale delle possibilità di esercizio della medesima” (sentenza n. 332 del 2011; nello stesso senso, sentenze n. 382 del 2006, n. 211 del 1994 e n. 771 del 1988)» (così sentenza n. 22 del 2020);</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che, nel caso di specie, i menzionati elementi non possono ritenersi sussistenti;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che, infatti, oggetto di contestazione sono comportamenti – ovverosia dichiarazioni riportate dagli organi di stampa e ritenute «imputabili» alla Regione Lombardia, peraltro non meglio specificate né rispetto ai contenuti né con riguardo ai soggetti istituzionali che le avrebbero poste in essere, e il «Progetto per la riapertura delle attività produttive» della Regione Veneto del 17 aprile 2020 – evidentemente sprovvisti dei richiamati requisiti di efficacia e rilevanza esterna e, comunque sia, intrinsecamente inidonei a esprimere in modo chiaro e inequivoco la pretesa di esercitare una competenza invasiva della sfera di attribuzioni costituzionali statali;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che, pertanto, la minaccia di lesione è puramente congetturale e il conflitto è promosso a fini meramente consultivi, come del resto emerge chiaramente dal ricorso, con il quale viene espressamente chiesto a questa Corte di «accertare e dichiarare a chi spettano, in base alle norme costituzionali sopra richiamate, le attribuzioni per la gestione della c.d. fase 2, nell’ambito dell’emergenza COVID19»;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che, in conclusione, l’iniziativa del ricorrente si mostra come una forzatura dei meccanismi di instaurazione del conflitto tra enti, dal che deriva la manifesta inammissibilità del conflitto e l’assorbimento della connessa istanza di sospensione.</em></p>