Cass. pen., V, ud. dep. 22.03.2023, n. 12101
PRINCIPIO DI DIRITTO
Una declinazione particolare del diritto di critica è costituito da quello di satira, che costituisce una modalità corrosiva e spesso impietosa del primo. Diversamente dalla cronaca e dalla stessa critica, la satira è sottratta al parametro della verità, in quanto esprime mediante il paradosso e la metafora surreale un giudizio ironico su un fatto, ma, per la giurisprudenza di legittimità, rimane assoggettata al limite della continenza e della funzionalità delle espressioni o delle immagini rispetto allo scopo di denuncia sociale o politica perseguito. Conseguentemente, nella formulazione del giudizio critico, possono essere utilizzate espressioni di qualsiasi tipo, anche lesive della reputazione altrui, purché siano strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato dall’opinione o comportamento preso di mira e non si risolvano, anche in questo caso, in un’aggressione gratuita e distruttiva dell’onore e della reputazione del soggetto interessato (…).
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il ricorso è fondato.
Preliminarmente deve darsi atto che l’imputato ha rinunziato alla prescrizione nel giudizio d’appello all’udienza del 2 febbraio 2022 e dunque successivamente alla maturazione della medesima.
- In tema di esimenti connesse all’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero, la giurisprudenza di questa Corte si esprime ormai in termini consolidati in riferimento ai requisiti caratterizzanti il necessario bilanciamento dei beni in conflitto, individuati nell’interesse sociale all’informazione, nella continenza del linguaggio e nella verità del fatto narrato.
- Nella delineata prospettiva, è stato evocato anche il parametro dell’attualità della notizia, nel senso che una delle ragioni fondanti della esclusione della antigiuridicità della condotta lesiva della altrui reputazione deve essere ravvisata nell’interesse generale alla conoscenza del fatto nel momento storico, e dunque nell’attitudine della informazione a contribuire alla formazione della pubblica opinione, in modo che il cittadino possa liberamente orientare le proprie scelte nel campo della formazione sociale, culturale e scientifica (tra le tante, Sez. 5, n. 39503 del 11/05/2012, Clemente, Rv. 254789).
- Con specifico riferimento al diritto di critica, il rispetto del principio di verità si declina peculiarmente, in quanto la critica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale e non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica (Sez. 5, n. 25518 del 26/09/2016, dep. 2017, Volpe, Rv. 270284, Sez. 5, n. 7715 del 04/11/2014, dep. 2015, Caldarola).
- Nella delineata prospettiva, il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero che si specifichi nell’esercizio del diritto di critica ovvero di asserzione di verità deve, comunque, essere contemperato con i principi costituzionali di cui agli 2e 3 Cost. In questo senso, anche l’errore sulla veridicità dei fatti o sulla correttezza dei giudizi oggetto della condotta incriminata non esclude, tuttavia, il dolo richiesto dalla norma perché non ricade sugli elementi costitutivi della fattispecie, potendo il reato essere consumato anche propalando la verità, ed essendo sufficiente, ai fini della configurabilità dell’elemento soggettivo, la consapevolezza di formulare giudizi oggettivamente lesivi della reputazione della persona offesa (Sez. 5, n. 47973 del 07/10/2014, De Salvo, Rv. 261205). Di guisa che anche la formulazione del pensiero critico non può ritenersi avulsa dalla necessaria continenza, non potendo il medesimo essere espresso mediante eccessive forme di biasimo e di riprovazione.
- Siffatta impostazione si pone in linea con la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, secondo cui la incriminazione della diffamazione costituisce una interferenza con la libertà di espressione e quindi contrasta, in principio, con l’art. 10 CEDU, a meno che non sia “prescritta da//a legge”, non persegua uno o più degli obiettivi legittimi ex art. 10 par. 2 e non sia “necessaria in una società democratica”.
- In riferimento agli enunciati limiti, la Corte EDU ha, in varie pronunce, sviluppato il principio inerente la “verità del fatto narrato” per ritenere “giustificabile” la divulgazione lesiva dell’onore e della reputazione: ed ha declinato l’argomento in una duplice prospettiva, distinguendo tra dichiarazioni relative a “fatti” e dichiarazioni che contengano un “giudizio di valore”, sottolineando come anche in quest’ultimo sia comunque sempre contenuto un nucleo fattuale che deve essere sia veritiero che oggettivamente sufficiente per permettere di trarvi il giudizio, versandosi, altrimenti, in affermazione offensiva “eccessiva”, non scriminabile perché assolutamente priva di fondamento o di concreti riferimenti fattuali. In tal senso, la Corte Europea si riferisce principalmente al diritto di critica, politica, etica o di costume e, in generale, a quel diritto strettamente contiguo, sempre correlato con il diritto alla libera espressione del pensiero, che è il diritto di opinione, indicando quali siano i limiti da non travalicare nel caso di critica politica.
- Nella delineata prospettiva si pone la sentenza CEDUMengi vs. Turkey, del 27.2.2013, che costituisce ancora la più avanzata ricognizione della posizione della Corte in materia di art. 10 della Carta nella distinzione tra diritto di critica e diritto di cronaca, distinguendo tra statement of facts (oggetto di prova) e vacue judgements (non suscettibili di dimostrazione), rilevando come nel secondo caso il potenziale offensivo della propalazione, nella quale è tollerabile – data la sua natura – “exaggeration or even provocation”, sia neutralizzato dal fatto che la stessa si basi su di un nucleo fattuale (veritiero e rigorosamente controllabile) sufficiente per poter trarre il giudizio di valore negativo; se il nucleo fattuale è insufficiente, il giudizio è “gratuito” e pertanto ingiustificato e diffamatorio.
- Nel quadro così sommariamente delineato, ove il giudice pervenga, attraverso l’esame globale del contesto espositivo, a qualificare quest’ultimo come prevalentemente valutativo, i limiti dell’esimente sono costituiti dalla rilevanza sociale dell’argomento e dalla correttezza di espressione (Sez. 5, n. 2247 del 02/07/2004, Rv. 231269; Sez. 1, n. 23805 del 10/06/2005, Rv. 231764), sempre che sussista un rapporto di leale confronto tra l’opinione critica ed il fatto che la genera.
- Il limite immanente all’esercizio del diritto di critica è pertanto costituito, in definitiva, dal fatto che essa non sia avulsa da un nucleo di verità e non trascenda in attacchi personali finalizzati ad aggredire la sfera morale altrui (ex multis Sez. 5, n. 31263 del 14/09/2020, Capozza, Rv. 279909).
- Una declinazione particolare del diritto di critica è costituito da quello di satira, che costituisce una modalità corrosiva e spesso impietosa del primo. Diversamente dalla cronaca e dalla stessa critica, la satira è sottratta al parametro della verità, in quanto esprime mediante il paradosso e la metafora surreale un giudizio ironico su un fatto, ma, per la giurisprudenza di legittimità, rimane assoggettata al limite della continenza e della funzionalità delle espressioni o delle immagini rispetto allo scopo di denuncia sociale o politica perseguito. Conseguentemente, nella formulazione del giudizio critico, possono essere utilizzate espressioni di qualsiasi tipo, anche lesive della reputazione altrui, purché siano strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato dall’opinione o comportamento preso di mira e non si risolvano, anche in questo caso, in un’aggressione gratuita e distruttiva dell’onore e della reputazione del soggetto interessato (ex multis Sez. 5, Sentenza n. 320 del 14/10/2021, dep. 2022, Mihai, Rv. 282871; Sez. 1, Sentenza n. 5695 del 05/11/2014, dep. 2015, Montanari, Rv. 262531; Sez. 5, Sentenza n. 37706 del 23/05/2013, Rumiz, Rv. 257255).
- In proposito si è altresì rilevata la necessità che la satira non si proponga alcuna funzione informativa e non divenga lo schermo strumentale per veicolare fatti storicamente non corrispondenti al vero, quantomeno nel loro nucleo essenziale, ancorché presentati in veste ironica e scherzosa (Sez. 5, Sentenza n. 34129 del 10/05/2019, Melia, Rv. 277002).
- Come eccepito dal ricorrente, deve ritenersi che i giudici del merito non abbiano fatto buon governo di questi consolidati principi. È infatti evidente l’intento satirico degli scritti, enfatizzato dalla struttura in versi dei componimenti oggetto dei volantini e dei manifesti diffusi dall’imputato e dal marcato carattere canzonatorio del loro contenuto. Nè in tale contenuto è ravvisabile il tentativo mascherato di veicolare l’informazione relativa a fatti specifici non veritieri idonei a ledere la reputazione della persona offesa, quanto piuttosto la volontà di censurare la ritenuta compiacenza dell’Accademia della Dieta Mediterranea e del suo direttore verso le gerarchie ecclesiastiche e di criticare la autoreferenzialità del suddetto ente, sostanzialmente additato come inutile.
- In tal senso correttamente ricostruito il significato degli scritti menzionati, deve allora ritenersi che i medesimi, pure pungenti nel ricorso ad alcune espressioni colorite e financo volgari, non abbiano debordato dai limiti dell’esercizio del diritto di satira politica e sociale come in precedenza ricostruiti, non traducendosi in una gratuita aggressione alla persona del M.
- A maggior ragione tali conclusioni devono essere estese all’articolo pubblicato sul periodico “Proposte”, in riferimento al quale all’imputato viene contestato esclusivamente di aver bollato, in un passaggio incidentale, la citata Accademia, come “relativa”. Espressione che nemmeno può ritenersi offensiva della reputazione della persona offesa, ma semmai, in astratto considerato, della stessa Accademia e che comunque appare manifestazione del diritto di critica.
- La sentenza impugnata deve dunque essere annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato e conseguentemente deve essere disposta la revoca delle statuizioni civili.