Corte Costituzionale, sentenza 23 gennaio 2025 n. 3
PRINCIPIO DI DIRITTO
Vanno dichiarati costituzionalmente illegittimi gli artt. 9, terzo comma, della legge n. 108 del 1968 e 2, comma 6, CAD, nella parte in cui non prevedono per l’elettore, che non sia in grado di apporre una firma autografa per certificata impossibilità derivante da un grave impedimento fisico o perché si trova nelle condizioni per esercitare il voto domiciliare, la possibilità di sottoscrivere un documento informatico con firma elettronica qualificata, cui è associato un riferimento temporale validamente opponibile ai terzi.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.– Con ordinanza del 25 marzo 2024 (reg. ord. n. 158 del 2024), il Tribunale ordinario di Civitavecchia, sezione civile, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, terzo comma, della legge 17 febbraio 1968, n. 108 (Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale) e 2, comma 6, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale) – d’ora in avanti, anche: CAD –, in riferimento agli artt. 2,3,48 e 49 della Costituzione.
L’ordinanza di rimessione riferisce che il giudizio a quo è stato promosso, con ricorso depositato in data 8 febbraio 2023 ai sensi dell’art. 702-bis del codice di procedura civile, da C. G., cittadino italiano iscritto nelle liste elettorali di un comune della Provincia di Viterbo, affetto da sclerosi laterale amiotrofica, malattia che, tra le altre attività, gli preclude di apporre una firma autografa.
Egli, volendo esercitare il proprio diritto di sottoscrivere una lista di candidati alle elezioni del Consiglio regionale della Regione Lazio, utilizzando la firma digitale di cui dispone e che usa autonomamente, si era rivolto al gruppo politico organizzato denominato «Referendum e Democrazia».
Veniva così a conoscenza della preclusione all’impiego di tale strumento, affermata da vari uffici elettorali in occasione delle elezioni politiche del settembre del 2022, sulla base della interpretazione data all’art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 82 del 2005, che esclude dall’ambito di applicazione del codice dell’amministrazione digitale le attività e le funzioni relative alle «consultazioni elettorali».
In data 22 novembre 2022, C. G. ha quindi invitato formalmente la Regione Lazio a dichiarare la possibilità di utilizzare la firma digitale per apporre la sottoscrizione di una lista di candidati alle elezioni regionali, prevista dall’art. 9, terzo comma, della legge n. 108 del 1968.
Pur non avendo avuto riscontro a tale istanza, egli ha tuttavia avuto notizia che la Regione, rispondendo a un’«analoga richiesta», «presentata anche dall’Associazione Luca Coscioni – Per la libertà di ricerca scientifica», ha confermato l’impossibilità di raccogliere le sottoscrizioni delle liste dei candidati attraverso la firma digitale.
Nel giudizio a quo il ricorrente ha dunque chiesto:
- di accertare e dichiarare il diritto di sottoscrivere con la propria firma digitale una lista di candidati alle elezioni del Consiglio regionale;
in via subordinata, tra l’altro:
- di sollevare questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, terzo comma, della legge n. 108 del 1968 e 2, comma 6, del d.lgs. n. 82 del 2005;
- di ordinare la cessazione della condotta discriminatoria e l’adozione dei provvedimenti idonei alla rimozione degli effetti della stessa;
- di disporre la condanna al risarcimento del danno non patrimoniale subìto in conseguenza della discriminazione.
1.1.– Il Tribunale rimettente ritiene anzitutto che l’avvenuto svolgimento delle elezioni del Consiglio regionale della Regione Lazio, il 12 e 13 febbraio 2023, non osti alla rilevanza della questione di legittimità costituzionale, essendo quest’ultima pregiudiziale alla definizione del giudizio con una sentenza che accerti la portata del diritto azionato dal ricorrente e lo ripristini, per il tramite della pronuncia di questa Corte, nella pienezza della sua espansione.
Richiamando la sentenza n. 1 del 2014 di questa Corte, lo stesso osserva che nel giudizio a quo verrebbero in rilievo disposizioni concernenti l’elezione del Consiglio regionale, idonee a porre restrizioni dei «poteri» in capo, tra gli altri, al ricorrente medesimo, l’accertamento delle quali sarebbe oggetto dell’azione promossa nel giudizio principale. Tale azione rappresenterebbe, pertanto, l’unica strada percorribile per la protezione di diritti fondamentali, di cui, altrimenti, non sarebbe possibile una tutela efficace e diretta.
1.2.– Il giudice a quo motiva la rilevanza sul presupposto che, non avendo la Regione Lazio introdotto una propria disciplina per le modalità di presentazione delle liste dei candidati per l’elezione del Consiglio regionale, sia applicabile l’art. 9, terzo comma, della legge n. 108 del 1968, ai sensi del quale:
«[l]a firma degli elettori deve avvenire su apposito modulo recante il contrassegno di lista, il nome e cognome, il luogo e la data di nascita dei candidati, nonché il nome, cognome, luogo e data di nascita del sottoscrittore e deve essere autenticata da uno dei soggetti di cui all’art. 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53; deve essere indicato il comune nelle cui liste l’elettore dichiara di essere iscritto».
2.– Ciò premesso, l’ordinanza di rimessione ritiene che le disposizioni censurate si pongano in contrasto, anzitutto, con l’art. 2 Cost., laddove quest’ultimo prevede che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, tra i quali rientrerebbero, nell’ambito dei rapporti politici, i diritti di elettorato dei cittadini, tutelati dagli artt. 48 e 49 Cost.; infatti, in ragione della condizione fisica del ricorrente, le stesse finirebbero per precludergli, o comunque limitare, l’esercizio del diritto di sottoscrivere una lista di candidati alle elezioni.
2.1.– Inoltre, gli artt. 9, terzo comma, della legge n. 108 del 1968 e 2, comma 6, del d.lgs. n. 82 del 2005, «richiamati espressamente o implicitamente» dalla legge della Regione Lazio 13 gennaio 2005, n. 2 (Disposizioni in materia di elezione del Presidente della Regione e del Consiglio regionale e in materia di ineleggibilità e incompatibilità dei componenti della Giunta e del Consiglio regionale), interpretati nel senso di impedire l’utilizzo della firma digitale, violerebbero il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., determinando «una discriminazione in danno di chi, come il ricorrente, in ragione della propria condizione non potrebbe apporre una sottoscrizione autografa».
Il giudice a quo esclude che tale contrasto possa venire meno applicando in via analogica l’art. 28, quarto comma, secondo e terzo periodo, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), in forza del quale «[i] presentatori che non sappiano o non siano in grado di sottoscrivere per fisico impedimento possono fare la loro dichiarazione in forma verbale, alla presenza di due testimoni, innanzi ad un notaio o al segretario comunale o ad altro impiegato all’uopo delegato dal Sindaco. Della dichiarazione è redatto apposito verbale, da allegare alla lista».
In primo luogo, infatti, tale previsione, applicabile alle elezioni comunali, sarebbe stata estesa a quelle regionali soltanto per effetto di circolari interpretative della legge n. 108 del 1968, «senza alcuna certezza per la persona interessata».
Inoltre, essa non distinguerebbe tra la sottoscrizione autografa e quella digitale, potendosi quindi sostenere «che quando il presentatore sappia o sia in grado di sottoscrivere con una qualsiasi delle modalità previste dall’ordinamento la previsione in questione non possa trovare applicazione».
In ogni caso, la imposizione delle richiamate specifiche modalità anche «per chi sarebbe capace di sottoscrivere potrebbe ritenersi oggettivamente lesiv[a] della dignità e della sfera di vita privata».
2.2.– L’art. 3 Cost. sarebbe inoltre violato «dalla irragionevole scelta del legislatore di distinguere tra procedimento referendario», nel quale la possibilità di utilizzare la firma digitale è ormai stata riconosciuta, «e procedimento elettorale», essendo identiche le ragioni di garanzia dell’identità del sottoscrittore sottese alle due discipline, e potendosi altresì ritenere che, tanto la sottoscrizione di una lista di candidati, quanto la firma di una proposta referendaria o di una legge di iniziativa popolare, siano rappresentative «di diritti politici aventi lo stesso rilievo nell’architettura dell’impianto costituzionale».
2.3.– Infine, è denunciata la violazione degli artt. 48 e 49 Cost. e dei diritti dagli stessi riconosciuti anche nel procedimento elettorale preparatorio (è richiamata la sentenza n. 48 del 2021 di questa Corte), in relazione «a una qualsiasi delle possibilità» consentite al cittadino elettore per incidere in tale fase.
Rientrando, tra queste, la facoltà di contribuire alla formazione di una lista di candidati, le disposizioni censurate precluderebbero o, comunque, limiterebbero il diritto del cittadino di concorrere «alla formazione dell’offerta elettorale», individuando candidati espressione di un indirizzo politico a lui congeniale.
Al riguardo, il giudice a quo richiama la sentenza n. 62 del 2022 di questa Corte, che, con riferimento alla composizione delle liste dei candidati alle elezioni nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, ha rilevato come «[n]emmeno la pur ampia descritta discrezionalità del legislatore in materia sfugge, tuttavia, ai limiti generali del rispetto dei canoni di non manifesta irragionevolezza e di necessaria coerenza rispetto alle finalità perseguite».
2.4.– In conclusione, il Tribunale rimettente chiede di dichiarare l’illegittimità costituzionale degli artt. 9, terzo comma, della legge n. 108 del 1968 e 2, comma 6, del d.lgs. n. 82 del 2005, nella parte in cui «non indicano come alternativa la firma digitale per gli elettori affetti da disabilità tali da impedirgli di apporre la firma autografa».
3.– Si è costituito, con memoria del 30 settembre 2024, C. G., segnalando che, con la firma digitale di cui dispone, utilizzata, tra l’altro, per sottoscrivere in modo autonomo la procura speciale al difensore nel presente giudizio, egli riesce a ovviare all’impedimento, derivante dalla malattia da cui è affetto, di apporre la propria firma autografa.
Ad avviso della parte, le questioni sollevate sarebbero certamente rilevanti per la decisione del giudizio a quo, dal momento che solo la dichiarazione d’illegittimità costituzionale delle previsioni censurate consentirebbe la piena soddisfazione del diritto, in quella sede azionato, di sottoscrivere, con la propria firma digitale, una lista di candidati per la presentazione della stessa alle elezioni regionali.
3.1.– Nel merito, sarebbe evidente il contrasto di tali disposizioni con i principi di uguaglianza e di libero sviluppo della personalità umana, di cui agli artt. 2 e 3 Cost., tanto più considerando che, nella specie, «la limitazione di cui si discute colpisce in particolare persone in ragione di una loro disabilità».
Al riguardo, la parte richiama la sentenza n. 258 del 2017 di questa Corte, che ha rimarcato l’obbligo dello Stato di garantire «il principio di eguaglianza a prescindere dalle “condizioni personali”», tra cui «si colloca indubbiamente la condizione di disabilità».
In relazione alla condizioni di disabilità la legge 5 febbraio 1992, n. 104, recante «Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone con disabilità» – titolo così riformulato secondo quanto stabilito dall’art. 4, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62 (Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato) – fornisce un quadro normativo volto «anche a favorire l’integrazione sociale del disabile», consentendogli «la “massima autonomia possibile” […] e il pieno esercizio dei diritti fondamentali».
Inoltre, secondo la parte, la necessità di adottare misure attive per garantire l’uguaglianza nella materia elettorale in favore delle persone con disabilità sarebbe confermata dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, sottoscritta dall’Italia il 30 marzo 2007 e ratificata con la legge 3 marzo 2009, n. 18 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità).
Sarebbe dunque evidente la gravità della discriminazione prodotta dalle disposizioni censurate in danno di chi, in ragione della propria condizione, non potrebbe apporre una sottoscrizione autografa, pur essendo in grado di sottoscrivere la lista dei candidati con una modalità, quella digitale, che l’ordinamento riconosce del tutto equivalente alla prima nei settori diversi da quello elettorale.
Inoltre, a escludere che tale discriminazione sia superabile applicando in via analogica l’art. 28, quarto comma, del d.P.R. n. 570 del 1960, la parte precisa che tale modalità costituirebbe «un inutile e discriminatorio aggravamento del procedimento di sottoscrizione della lista», che, rispetto all’epoca in cui la previsione fu introdotta, sarebbe divenuto «certamente del tutto sproporzionato e irragionevole oggi», potendo le finalità perseguite essere agevolmente raggiunte mediante l’utilizzo del dispositivo di firma digitale in totale autonomia da parte del firmatario, in particolare quando lo stesso sia affetto da disabilità.
3.2.– Ugualmente fondate sarebbero le censure in riferimento agli artt. 48 e 49 Cost., considerato che l’apposizione di una firma con modalità digitale anziché autografa non scalfirebbe in alcun modo la ratio di dimostrare la «seria consistenza» o il «minimo di consenso» (richiamati dalla parte attraverso la sentenza di questa Corte n. 83 del 1992) della lista di candidati, sottostante la necessità che questa sia presentata da un certo numero di elettori.
4.– Si è costituito in giudizio, con atto del 1° ottobre 2024, anche il gruppo politico organizzato, «Referendum e Democrazia», parte del giudizio a quo, concludendo per la fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate.
4.1.– A sostegno della rilevanza delle suddette questioni la parte rileva che, nel caso in cui fossero accolte, permarrebbe in capo al giudice del giudizio principale uno spazio decisionale autonomo, dovendo questi accertare la sussistenza degli altri requisiti richiesti dalla legge per il riconoscimento del diritto alla sottoscrizione di una lista, nonché, comunque, determinare le concrete misure da adottare al fine di porre rimedio alla discriminazione accertata.
Nel merito, l’associazione aggiunge agli argomenti contenuti nell’ordinanza di rimessione la considerazione che dalla giurisprudenza costituzionale non emergerebbero «limiti alla modalità di raccolta delle firme».
5.– Il Presidente del Consiglio dei ministri non è intervenuto in giudizio, né si è costituita la Regione Lazio, parte resistente in quello principale.
6.– È pervenuta, poi, un’opinione scritta, depositata in qualità di amicus curiae dall’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica APS (di seguito, anche solo: Associazione Luca Coscioni), ammessa con decreto presidenziale del 23 ottobre 2024, in senso adesivo alle sollevate questioni di legittimità costituzionale.
7.– Con una memoria depositata in prossimità dell’udienza, C. G., a ulteriore sostegno della rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale, ritiene che queste possano essere introdotte in un giudizio principale di accertamento della portata di un diritto politico, anche quando l’azione «non sia legata all’indizione di una specifica tornata elettorale».
In particolare, l’incertezza in ordine alle modalità di esercizio del diritto di sottoscrivere una lista di candidati alle elezioni regionali sarebbe derivata, «peraltro in termini di vero e proprio diniego», dalla nota della Regione Lazio indirizzata all’Associazione Luca Coscioni, di conferma dell’impossibilità di utilizzare al suddetto fine la firma digitale, e, in ogni caso, dall’interpretazione data all’art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 82 del 2005 dall’Ufficio centrale elettorale nazionale, in occasione delle elezioni politiche del 2022.
Pertanto, a fronte dell’effetto discriminatorio subìto, il ricorrente nel giudizio principale avrebbe l’interesse all’accertamento del diritto di utilizzare la firma digitale nella fase elettorale preparatoria, attinente all’esercizio di un diritto politico costituzionalmente garantito.
Inoltre, la parte rileva che il giudizio a quo sarebbe «l’unica via» per chiedere l’accertamento del suddetto diritto, «non esistendo un diverso rimedio giuridico approntato dall’ordinamento per situazioni analoghe», e che oggetto delle domande spiegate in tale giudizio sono anche le «conseguenti misure di risarcimento del danno e di cessazione delle condotte e rimozione degli effetti», ciò che dimostrerebbe la non sovrapponibilità con l’oggetto del giudizio di costituzionalità.
Nel merito, la parte segnala che la preclusione dall’impiego della firma digitale per le persone con disabilità sarebbe «in contrasto con la più recente evoluzione legislativa», rappresentata dalla legge 22 dicembre 2021, n. 227 (Delega al Governo in materia di disabilità) e dai relativi provvedimenti attuativi, finalizzata ad agevolare a tali persone l’accesso in ogni settore, in condizioni di uguaglianza sostanziale. Pertanto, la materia elettorale non potrebbe ritenersi esclusa da tale tendenza.
Considerato in diritto
1.– Il Tribunale ordinario di Civitavecchia, sezione civile, con ordinanza del 25 marzo 2024 (reg. ord. n. 158 del 2024), dubita della legittimità costituzionale degli artt. 9, terzo comma, della legge n. 108 del 1968 e 2, comma 6, del d.lgs. n. 82 del 2005.
Il citato art. 9, dopo avere previsto che le liste di candidati per la elezione dei Consigli regionali devono essere presentate da un determinato numero di elettori iscritti nelle liste elettorali dei comuni della circoscrizione, richiede, al censurato terzo comma, che la firma degli stessi:
«deve avvenire su apposito modulo recante il contrassegno di lista, il nome e cognome, il luogo e la data di nascita dei candidati, nonché il nome, cognome, luogo e data di nascita del sottoscrittore e deve essere autenticata da uno dei soggetti di cui all’art. 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53; deve essere indicato il comune nelle cui liste l’elettore dichiara di essere iscritto».
Ai sensi della seconda disposizione censurata, le disposizioni del CAD – tra le quali quelle che definiscono e disciplinano la firma elettronica qualificata (art. 28) e la firma digitale (artt. 1, comma 1, lettera s, e 24) – non si applicano «all’esercizio delle attività e funzioni di […] consultazioni elettorali […]».
1.1.– L’ordinanza di rimessione riferisce che il giudizio a quo è stato introdotto, con ricorso ai sensi dell’art. 702-bis cod. proc. civ., da un cittadino italiano iscritto nelle liste elettorali di un comune della Regione Lazio, intenzionato a sostenere la presentazione di una lista di candidati alle elezioni regionali, ma impossibilitato ad apporre la propria firma autografa a causa della sclerosi laterale amiotrofica da cui è affetto.
Nel giudizio principale il ricorrente ha allegato di disporre di una firma digitale, che utilizza in modo autonomo, segnalando, tuttavia, che la possibilità di impiegarla per esercitare il proprio diritto politico di sottoscrivere una lista di candidati sarebbe, allo stato, preclusa, come dimostrerebbero sia la risposta fornita dalla Regione Lazio a una istanza su tale specifico quesito, sia l’orientamento assunto da vari uffici elettorali in occasione delle elezioni politiche del 2022, nel senso della invalidità della sottoscrizione in modalità elettronica di liste di candidati, non consentita dall’art. 2, comma 6, CAD.
Su tali premesse, il ricorrente ha dunque chiesto al giudice a quo l’accertamento del diritto di sottoscrivere con la propria firma digitale una lista di candidati alle elezioni del Consiglio regionale, oltre alle conseguenti misure di risarcimento del danno, di cessazione della condotta discriminatoria e di rimozione degli effetti della stessa.
1.2.– Secondo il Tribunale rimettente, le disposizioni censurate violerebbero gli artt. 2,3,48 e 49 Cost. nella parte in cui «non indicano come alternativa la firma digitale per gli elettori affetti da disabilità tali» da impedire loro «di apporre la firma autografa».
In ragione della condizione fisica della persona, le previsioni censurate finirebbero, infatti, per ostacolare l’esercizio dei diritti politici di sottoscrivere una lista di candidati alle elezioni, riconosciuti nel procedimento elettorale preparatorio per consentire di concorrere «alla formazione dell’offerta elettorale», determinando altresì «una discriminazione in danno di chi, come il ricorrente, in ragione della propria condizione non potrebbe apporre una sottoscrizione autografa».
Inoltre, sarebbe irragionevole, essendo identiche le ragioni di garanzia dell’identità del sottoscrittore, la diversità di disciplina esistente tra il procedimento elettorale e quelli referendari e di iniziativa legislativa popolare, per i quali il legislatore, a differenza del primo, ha riconosciuto la possibilità di utilizzare la firma digitale.
2.– Le questioni di legittimità costituzionale sollevate sono ammissibili.
Il giudizio principale, riguardando le modalità di sottoscrizione di una lista di candidati alle elezioni regionali, ha ad oggetto l’accertamento della portata dei diritti politici, essendo la sottoscrizione della lista strumentale alla formazione dell’offerta elettorale.
Su tale domanda il giudice ordinario è fornito di giurisdizione (Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 20 ottobre 2016, n. 21262; Consiglio di Stato, sezione seconda, sentenza 22 maggio 2024, n. 4577) e ciò consente di ritenere sussistente il relativo presupposto del giudizio a quo.
Inoltre, non risulta implausibile la valutazione del rimettente, secondo cui la portata (e la stessa esistenza) del diritto dell’elettore con disabilità di sottoscrivere una lista di candidati con la firma digitale può essere accertata nel contesto di una specifica consultazione elettorale anche quando il procedimento di presentazione delle liste sia ormai concluso (sentenze n. 35 del 2017 e n. 1 del 2014).
Infatti, poiché le disposizioni censurate si frappongono in modo continuativo a tale modalità di esercizio del diritto da parte di una persona con disabilità, l’asserita lesione dei parametri costituzionali assume «un carattere permanente» (sentenza n. 240 del 2021).
2.1.– Quanto, poi, alla necessità di fare applicazione delle disposizioni censurate, si deve constatare che nell’ordinamento elettorale della Regione Lazio, in effetti, mancano disposizioni specifiche per la sottoscrizione delle liste di candidati, per cui risulta applicabile – in forza del rinvio stabilito dall’art. 1, comma 2, della legge reg. Lazio n. 2 del 2005 – l’art. 9, terzo comma, della legge n. 108 del 1968.
L’interpretazione di tale disposizione – tanto letterale, quanto sistematica, alla luce dell’ambito di applicazione del CAD – operata dal giudice a quo sorregge, quindi, più che plausibilmente la rilevanza delle sollevate questioni di legittimità costituzionale.
Non vi è dubbio, infine, che l’oggetto del giudizio principale non coincide con quello del giudizio incidentale, dovendo il giudice comune sia determinare il contenuto del diritto azionato dal ricorrente – in particolare, le modalità di esercizio della facoltà di sottoscrivere una lista di candidati – sia valutare la fondatezza delle ulteriori domande, di risarcimento del danno e di cessazione delle condotte e rimozione degli effetti, connesse alla eventuale sussistenza della discriminazione prodotta dalle disposizioni censurate.
3.– Le questioni sollevate in riferimento agli artt. 2,3,48 e 49 Cost. sono fondate.
3.1.– Ormai da tempo l’ordinamento riconosce le potenzialità dell’utilizzo delle nuove tecnologie digitali anche nell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche.
Il CAD, al comma 1 dell’art. 2, prevede, infatti: «[l]o Stato, le Regioni e le autonomie locali assicurano la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale e si organizzano ed agiscono a tale fine utilizzando con le modalità più appropriate e nel modo più adeguato al soddisfacimento degli interessi degli utenti le tecnologie dell’informazione e della comunicazione».
Tuttavia, dal generale ambito di applicazione del CAD restano esclusi alcuni settori particolari, come esplicitato dal comma 6 del sopra citato art. 2, che, per quanto qui rileva, pone una preclusione all’utilizzo delle tecnologie digitali nelle «consultazioni elettorali».
Ciò ha portato gli organi preposti ai controlli nel procedimento elettorale a escludere la possibilità di utilizzare la firma elettronica per sottoscrivere liste di candidati, in quanto la equiparazione prevista dal CAD tra documento e firma analogica, da una parte, e documento e firma digitale, dall’altra, «non opera nella materia elettorale», data la chiara ed esplicita esclusione di cui all’art. 2, comma 6 (Ufficio elettorale centrale nazionale presso la Corte di cassazione, decisioni 26 agosto 2022, n. 49 e n. 53 e decisioni 27 agosto 2022, n. 92 e n. 120).
Alcuni anni prima, peraltro, la categoricità di tale divieto era sembrata destinata a cadere con l’art. 3, comma 7, della legge 3 novembre 2017, n. 165 (Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Delega al Governo per la determinazione dei collegi elettorali uninominali e plurinominali) che, al fine di «consentire in via sperimentale la raccolta con modalità digitale delle sottoscrizioni necessarie per la presentazione delle candidature e delle liste in occasione di consultazioni elettorali, anche attraverso l’utilizzo della firma digitale e della firma elettronica qualificata», aveva previsto la definizione delle relative modalità con decreto interministeriale, da adottare entro sei mesi.
Tale decreto, tuttavia, non è stato mai emanato e, pertanto, la norma è rimasta inattuata.
Su un fronte diverso da quello della raccolta delle sottoscrizioni per la presentazione delle candidature, invece, un’evoluzione si è realizzata, perché con l’art. 1, comma 341, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023).
In particolare «[a]l fine di contribuire a rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena inclusione sociale delle persone con disabilità e di garantire loro il diritto alla partecipazione democratica», è stato istituito un fondo «destinato alla realizzazione di una piattaforma di raccolta delle firme digitali» per la raccolta delle sottoscrizioni relative alle iniziative referendarie.
La disposizione è stata poi modificata, e, in base alla disciplina vigente, l’utilizzo di tale piattaforma è stato esteso anche alla raccolta delle firme necessarie per i progetti di legge di iniziativa popolare e per i referendum di cui all’art. 138 Cost.
La piattaforma è divenuta operativa il 25 luglio 2024, in forza del d.P.C.m. 18 luglio 2024 (Attestazione dell’operatività della Piattaforma per la raccolta delle firme espresse nell’ambito dei referendum, di cui all’articolo 1, commi 341 e seguenti, della legge 30 dicembre 2020, n. 178), e, fino a tale data, l’art. 1, comma 344, della legge n. 178 del 2020, come sostituito dall’art. 38-quater, comma 1, lettera c), del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 (Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure), convertito, con modificazioni, nella legge 29 luglio 2021, n 108, ha previsto che le firme degli elettori, per le ipotesi prima ricordate, oltre che con la tradizionale sottoscrizione autografa:
«possono essere raccolte anche mediante documento informatico, sottoscritto con firma elettronica qualificata, a cui è associato un riferimento temporale validamente opponibile ai terzi», precisando che le firme così raccolte non sono soggette all’autenticazione richiesta dall’art. 8, terzo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo).
3.2.– Nonostante la descritta evoluzione, la possibilità di utilizzare la firma digitale per le sottoscrizioni funzionali all’ammissione delle liste di candidati alle consultazioni elettorali è rimasta, quindi, preclusa.
È opportuno, peraltro, ricordare che la previsione dell’obbligo di raccogliere un certo numero di sottoscrizioni a corredo delle candidature è funzionale ad evitare il rischio di una eccessiva «dispersione di voti», dovuta alla polverizzazione di candidature che non riflettono una «seria consistenza» e un «minimo di consenso» (sentenza n. 83 del 1992 e, analogamente, sentenza n. 48 del 2021).
In questi termini, si è ravvisato il fondamento di tali previsioni nell’esigenza di tutelare beni «di rango particolarmente elevato, anche sul piano della rilevanza costituzionale», in quanto funzionali al principio democratico di rappresentatività popolare e alla governabilità, evitando «un’abnorme proliferazione di candidature palesemente prive di seguito o, peggio, volte artatamente a disorientare l’elettorato» (sentenza n. 394 del 2006).
L’utilizzo della firma digitale, invero, non porta, di per sé, a contraddire tale esigenza, anche considerando che non è predicabile, nel caso del procedimento elettorale preparatorio, quale è la raccolta di firme, quel bisogno di segretezza che connota l’espressione del voto, essendo al contrario prevista la pubblicità della manifestazione di supporto alla lista di candidati.
Tuttavia, la materia elettorale, per sua natura, è caratterizzata da un alto tasso di politicità, per cui, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, al legislatore deve essere riconosciuta una ampia discrezionalità, con il solo limite della manifesta irragionevolezza (ex plurimis, sentenze n. 62 del 2022, n. 35 del 2017, n. 193 del 2015, n. 275 e n. 1 del 2014).
Su un piano generale, quindi, i tempi e le modalità di un eventuale, generalizzato, superamento del divieto derivante dalla previsione dell’art. 2, comma 6, CAD, rimangono rimessi alla valutazione discrezionale del legislatore.
Questi, infatti, è chiamato a bilanciare le opportunità offerte dalla modernizzazione non solo con i rischi che questa può, in ipotesi, comportare, ma anche con l’esigenza di una partecipazione politica il più possibile meditata e consapevole: principi che, nelle forme più tradizionali in cui si svolgono le operazioni elettorali, sono favoriti anche attraverso il coinvolgimento dei cittadini in una sorta di “liturgia repubblicana”.
È però significativo che, in un contesto caratterizzato dalla crescente disaffezione all’esercizio del diritto di voto, le indubbie facilitazioni che potrebbero essere garantite dall’applicazione della tecnologia digitale stanno progressivamente ponendosi all’attenzione delle istituzioni europee e nazionali.
Con riguardo alle prime va segnalata, da ultimo, la comunicazione COM (2021) 118 final, del 9 marzo 2021 (Bussola per il digitale 2030: il modello europeo per il decennio digitale), con cui la Commissione europea ha presentato gli indirizzi per l’evoluzione digitale dell’Europa entro il 2030, anche in riferimento alla vita democratica.
Con riguardo alle seconde va considerato il libro bianco «Per la partecipazione dei cittadini. Come ridurre l’astensionismo e agevolare il voto», del 14 aprile 2022, elaborato dalla Commissione istituita con decreto del Ministro per i rapporti con il Parlamento del 22 dicembre 2021, diretto a proporre la digitalizzazione di alcuni aspetti del processo elettorale allo scopo di rimuovere gli ostacoli che si frappongono, in particolare, al cosiddetto astensionismo involontario, dovuto in particolare alle difficoltà, nei momenti elettorali, di spostamento dai luoghi di lavoro o di studio a quelli di residenza.
4.– Neppure la pur ampia, descritta, discrezionalità del legislatore in materia elettorale sfugge, tuttavia, al vaglio della non manifesta irragionevolezza (ancora, sentenza n. 62 del 2022) e al rispetto del nucleo essenziale di quelle garanzie che, per quanto qui espressamente interessa, riguardano le situazioni caratterizzate da particolare vulnerabilità.
Questa Corte ha costantemente affermato che la condizione giuridica della persona con disabilità è il punto di confluenza di un complesso di principi «che attingono ai fondamentali motivi ispiratori del disegno costituzionale» (ex plurimis, sentenza n. 42 del 2024, che richiama la sentenza n. 83 del 2019, e, nello stesso senso, sentenza n. 110 del 2022).
In riferimento a queste situazioni, in particolare con riguardo alle persone che non sono in grado di apporre una firma autografa ma risultano capaci, utilizzando le moderne tecnologie, di apporne una digitale, la preclusione derivante dall’art. 2, comma 6, CAD, incide sui loro diritti politici di cui agli artt. 48 e 49 Cost., tra cui senz’altro rientra quello di sottoscrivere una lista di candidati che possa essere sottoposta al voto degli elettori; si tratta, infatti, di una attività che, concorrendo alla formazione dell’offerta elettorale, attiene direttamente al diritto di elettorato.
4.1.– Tale incisione non può più, oggi, ritenersi adeguatamente compensata dallo strumento, risalente a quando non esisteva la possibilità della firma digitale, che l’ordinamento ha tradizionalmente messo a disposizione per queste specifiche situazioni, ovvero quello previsto dall’art. 28, quarto comma, secondo e terzo periodo, del d.P.R. n. 570 del 1960 – applicabile anche alle elezioni dei Consigli regionali ai sensi dell’art. 1, ultimo comma, della legge n. 108 del 1968 –.
In forza dell’art. 28: «[i] presentatori che non sappiano o non siano in grado di sottoscrivere per fisico impedimento possono fare la loro dichiarazione in forma verbale, alla presenza di due testimoni, innanzi ad un notaio o al segretario comunale o ad altro impiegato all’uopo delegato dal Sindaco. Della dichiarazione è redatto apposito verbale, da allegare alla lista».
Questa procedura presuppone, infatti, che la dichiarazione verbale venga resa nei luoghi pubblici o aperti al pubblico dove ordinariamente sono raccolte le sottoscrizioni della lista di candidati, oppure, nel caso la persona sia impossibilitata a muoversi, che i soggetti abilitati a ricevere la dichiarazione verbale e i testimoni si rechino nel domicilio della persona con disabilità, con la conseguenza che a quest’ultima è imposto di attivarsi al fine di ottenere tale presenza, di sostenere gli eventuali oneri economici, e, se del caso, di tollerare una interferenza sulla propria riservatezza.
La suddetta procedura non appare, oggi, sufficiente a impedire una violazione dei parametri costituzionali dedotti dal giudice a quo.
4.2.– Nel caso in esame, infatti, il soggetto, grazie allo sviluppo tecnologico, id est la firma digitale, ben potrebbe autonomamente apporre la sottoscrizione necessaria alla presentazione delle candidature, se non incontrasse la preclusione derivante dall’art. 2, comma 6, CAD, che invece lo trasforma, sotto la prospettiva in oggetto, in inabile, costringendolo a dover ricorrere alla più gravosa e complessa dichiarazione verbale resa davanti a due testimoni e a un soggetto abilitato a verbalizzarla, secondo quanto previsto dall’art. 28, quarto comma, del d.P.R. n. 570 del 1960.
Questa dinamica normativa contrasta con il principio personalista (art. 2 Cost.), che impone di rilevare che la dignità umana è compromessa ogni volta in cui è lo stesso ordinamento giuridico che trasforma, in forza di un suo divieto o di una sua previsione, in inabile e bisognosa di assistenza una persona che, invece, sarebbe in grado, con propri mezzi, di provvedere a compiere una determinata attività.
In questi termini, la suddetta preclusione, oltretutto, determina «un aggravio procedimentale» (sentenza n. 15 del 2024) irragionevole e non proporzionato, che si risolve anche in uno di quegli ostacoli, ripetutamente censurati da questa Corte (sentenze n. 186 del 2020 e n. 254 del 2019), il cui effetto, in questo caso in riferimento agli artt. 48 e 49 Cost., è quello di discriminare alcune categorie di persone (sentenza n. 9 del 2021), in violazione quindi anche dell’art. 3 Cost., compreso il profilo della stessa eguaglianza sostanziale.
È infatti compito della Repubblica proprio quello di rimuovere gli ostacoli che, «limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione» all’«organizzazione politica», in questo caso, del Paese.
Anziché rimuovere l’ostacolo è, paradossalmente, l’ordinamento stesso che finisce, nella fattispecie qui considerata, per introdurre un aggravio né necessario, né proporzionato rispetto all’esigenza di verificare l’autenticità e la genuinità della sottoscrizione della lista di candidati, parimenti conseguibile consentendo all’elettore con disabilità di utilizzare la modalità elettronica per sostenere la lista di candidati.
Sussiste, quindi, la violazione degli artt. 2,3,48 e 49 Cost.
4.3.– In questa prospettiva, l’ambito soggettivo del descritto vulnus deve essere definito con riferimento senz’altro a quelle persone che si trovano nelle specifiche condizioni per il voto domiciliare, come riconosciute dall’art. 1 del decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1 (Disposizioni urgenti per l’esercizio domiciliare del voto per taluni elettori, per la rilevazione informatizzata dello scrutinio e per l’ammissione ai seggi di osservatori OSCE, in occasione delle prossime elezioni politiche), convertito, con modificazioni, nella legge 27 gennaio 2006, n. 22.
Al comma 1, tale disposizione prevede che «[g]li elettori affetti da gravissime infermità, tali che l’allontanamento dall’abitazione in cui dimorano risulti impossibile, anche con l’ausilio dei servizi di cui all’articolo 29 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e gli elettori affetti da gravi infermità che si trovino in condizioni di dipendenza continuativa e vitale da apparecchiature elettromedicali tali da impedirne l’allontanamento dall’abitazione in cui dimorano, sono ammessi al voto nelle predette dimore».
Al comma 3, lettera b), la stessa prescrive poi che tali elettori facciano pervenire al sindaco del comune nelle cui liste elettorali sono iscritti «un certificato, rilasciato dal funzionario medico, designato dai competenti organi dell’azienda sanitaria locale, in data non anteriore al quarantacinquesimo giorno antecedente la data della votazione, che attesti l’esistenza delle condizioni di infermità di cui al comma 1, con prognosi di almeno sessanta giorni decorrenti dalla data di rilascio del certificato, ovvero delle condizioni di dipendenza continuativa e vitale da apparecchiature elettromedicali».
Ai fini che qui rilevano, ferma rimanendo la necessità della suddetta certificazione che attesti la condizione di infermità, la possibilità dell’utilizzo della firma digitale per la sottoscrizione delle liste non può, tuttavia, essere limitata alla ristretta cerchia di queste persone.
Tale possibilità deve essere, infatti, riconosciuta anche a tutti i casi in cui, pur a prescindere dalle particolarissime condizioni indicate nella richiamata disposizione, sussista comunque l’impossibilità certificata, per un grave impedimento fisico, di apporre una firma autografa; è dato, infatti, riscontrare una eadem ratio che accomuna tali situazioni e che, di conseguenza, rivela il carattere non necessario e non proporzionato dell’obbligo di rendere la dichiarazione verbale solenne.
4.4.– Ciò chiarito, sul piano oggettivo, va considerato che, in riferimento alla presentazione delle liste dei candidati, sussiste l’esigenza sia di assicurare pari condizioni tra i soggetti che aspirano alla competizione elettorale, sia di evitare abusi e contraffazioni nella raccolta delle sottoscrizioni necessarie all’ammissione delle liste.
È per questo motivo che l’ordinamento prevede che le firme necessarie a supporto delle liste medesime debbano essere raccolte in un arco di tempo predeterminato e che ne siano certe la provenienza e la genuinità; ciò che si realizza mediante adempimenti posti in capo a un soggetto terzo, che attesti formalmente di avere proceduto a identificare l’elettore e che la firma è avvenuta in sua presenza.
Tali esigenze vengono però adeguatamente tutelate anche attraverso quella stessa «firma elettronica qualificata, a cui è associato un riferimento temporale validamente opponibile ai terzi» che, come si è ricordato, il legislatore ha previsto in riferimento alla raccolta delle firme per il referendum e per i progetti di legge di iniziativa popolare nell’art. 1, comma 344, della legge n. 178 del 2020, dove, peraltro, ha espressamente escluso la necessità della autenticazione della firma dell’elettore, ritenendo che tale modalità soddisfi l’esigenza di avere certezza della provenienza della sottoscrizione dal titolare di quella firma elettronica.
In effetti, l’art. 32, comma 1, CAD pone in capo al titolare del certificato di firma, connesso alla sola firma elettronica qualificata, l’obbligo di «assicurare la custodia del dispositivo di firma o degli strumenti di autenticazione informatica per l’utilizzo del dispositivo di firma da remoto» e quello di «utilizzare personalmente» il suddetto dispositivo.
4.5.– Gli artt. 9, terzo comma, della legge n. 108 del 1968 e 2, comma 6, CAD, in conclusione, devono essere dichiarati costituzionalmente illegittimi nella parte in cui non prevedono per l’elettore, che non sia in grado di apporre una firma autografa per certificata impossibilità derivante da un grave impedimento fisico o perché si trova nelle condizioni per esercitare il voto domiciliare, la possibilità di sottoscrivere un documento informatico con firma elettronica qualificata, cui è associato un riferimento temporale validamente opponibile ai terzi.
Resta assorbito l’ulteriore profilo di censura prospettato in riferimento all’art. 3 Cost.