Corte di Cassazione, VI-3 Sezione Penale, sentenza 01 aprile 2022, n. 12013
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)
- Il ricorso è manifestamente infondato, e quindi inammissibile, perché, per, dominante giurisprudenza di questa Suprema Corte (Sez. 7, n. 13379 del 12/01/2017, Boetti, Rv. 269406-01; Sez. 3, n. 48315 del 11/10/2016, Quaranta, Rv. 268498-01; Sez. 3, n. 30134 del 05/04/2017, Dentice, Rv. 270255-01; Sez. 3, n. 48318 del 11/10/2016, Halilovic, Rv. 268566-01; v. anche Sez. 5, n. 14845 del 28/02/2017, A., Rv. 270021-01), con cui parte impugnante omette totalmente di confrontarsi, la causa di non punibilità, integrata dalla particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p., non può essere applicata, secondo previsione testuale, ai reati necessariamente abituali ed a quelli eventualmente abituali che siano stati posti in essere mediante reiterazione della condotta tipica.
La causa di non punibilità, precisa la Corte, non può dunque trovare applicazione neppure in relazione al reato di cui all’art. 660 c.p., che in concreto (cfr. Sez. 1, n. 19631 del 12/06/2018, dep. 2019, Rv. 276309-01) abbia assunto, per il susseguirsi delle condotte moleste, l’anzidetto carattere di abitualità, come è incontestato essere avvenuto nella specie; e ciò senza necessità di esplicita motivazione sul punto da parte del giudice di merito (Sez. 1, n. 1523 del 05/11/2018, dep. 2019, Morreale, Rv. 274794-01).
- Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte Cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in tremila Euro.