Con la pronuncia in esame, la Suprema Corte – accogliendo la seconda censura del quinto motivo di ricorso e cassando la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello competente – ha affermato il seguente principio:
«(…) la cancellazione delle copie cache relative a una informazione accessibile attraverso il motore di ricerca, in quanto incidente sulla capacità, da parte del detto motore di ricerca, di fornire una risposta all’interrogazione posta dall’utente attraverso una o più parole chiave, non consegue alla constatazione della sussistenza delle condizioni per la deindicizzazione del dato a partire dal nome della persona, ma esige una ponderazione del diritto all’oblio dell’interessato col diritto avente ad oggetto la diffusione e l’acquisizione dell’informazione, relativa al fatto nel suo complesso, attraverso parole chiave anche diverse dal nome della persona».
Cassazione civile, sez. I, sentenza n. 3952/2022