Corte di Cassazione, Sezione VI, sentenza 1° agosto 2024, n. 31598
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il ricorso è inammissibile.
- Sotto un primo profilo, è utile evidenziare come, in ragione del tempo di commissione del reato, il tema, a lungo evocato nel ricorso, relativo ai rapporti tra il reato di traffico di influenze illecite, nel testo vigente dopo le modifiche apportate alla fattispecie dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3, e quello di millantato credito non assume rilievo.
I fatti sono stati correttamente ricondotti da entrambi i Giudici di merito al delitto di cui all’art. 346-bis cod. pen. nel testo originario introdotto con la legge 6 novembre 2012, n. 190; la pena è stata determinata da entrami i giudici di merito facendo riferimento al testo vigente prima delle modifiche apportate nel 2019.
Sul punto è chiarissimo il Tribunale a pag.28 della sentenza, ma nello stesso senso si pone la Corte di appello che, al di là del richiamo contenuto a pag. 3 alla “nuova” formulazione della norma incriminatrice, ha continuato a fare riferimento alla fattispecie vigente prima delle modifiche apportate nel 2019, e, in particolare, alla configurabilità di una mediazione illecita onerosa tra A.A. e C.C. fondata su relazioni esistenti tra l’imputato e pubblici agenti.
Dunque, nessun riferimento in punto di fatto è stato compiuto ai profili giuridici che hanno assunto rilievo, ai fini della configurabilità del reato, solo dopo il 2019, come, ad esempio, la prova di relazioni anche solo asserite tra il mediatore e il pubblico ufficiale; ne consegue che nessuna valenza assume il tema, su cui a lungo si è soffermato il ricorrente, della continuità normativa tra il “nuovo” art. 346-bis cod. pen. nella parte in cui attribuisce rilievo anche alle relazioni asserite e il “vecchio” art. 346, comma 2, cod. pen., nella parte in cui detta norma faceva riferimento al “pretesto di dover comprare il favore di un pubblico ufficiale”.
I Giudici di merito hanno ritenuto configurabile il reato contestato all’epoca della commissione del fatto e hanno applicato la pena in “quel” momento prevista dalla legge.
II tema della continuità normativa tra il nuovo art. 346 bis cod. pen. e il vecchio art. 346, comma 2, cod. pen., evocato in realtà solo dal ricorrente, è dunque esterno rispetto all’oggetto del processo.
- Depurato da tale profilo, il ricorso rivela la sua strutturale inammissibilità.
Nella configurazione genetica, il delitto di traffico di influenze illecite era imperniato sullo “sfruttamento di relazioni esistenti”, tramite le quali un intermediario indebitamente si fosse fatto dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, promettendo a sua volta l’intercessione (mediazione) illecita presso un pubblico agente o la sua remunerazione in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio. La materialità del fatto incriminato dall’art. 346-bis cod. pen. descriveva due condotte tra loro alternative, che differivano in ordine alla causa ed alla giustificazione della promessa/dazione del compratore di influenze.
Nella prima ipotesi, l’erogazione indebita costituiva il corrispettivo della mediazione illecita presso il pubblico agente; nella seconda, la corresponsione illecita era effettuata all’intermediario affinché questi, a sua volta, remunerasse il soggetto pubblico; in entrambi i casi la mediazione illecita avrebbe dovuto essere finalizzata al compimento da parte del pubblico agente di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o ritardo di un atto del suo ufficio.
Si configurava, dunque, un reato-accordo e una tutela marcatamente anticipata, rispetto a condotte realmente pericolose per i beni del buon andamento o dell’imparzialità dell’attività amministrativa.
Si volle punire, con questo delitto ostacolo, il pre-accordo corruttivo o comunque prodromico ad altre condotte antigiuridiche che rientrano nella sfera di competenza di un soggetto pubblico che potrebbe, però, restare del tutto all’oscuro dell’altrui pattuizione illecita, in quanto neppure avvicinato dal trafficante di influenza.
Quanto alla c.d. mediazione onerosa, quella cioè in cui la prestazione del committente costituisce solo il corrispettivo per la mediazione illecita promessa dall’intermediario nei confronti del pubblico agente, l’utilità corrisposta dall’acquirente dell’influenza non è diretta, neppure in parte, a retribuire il pubblico agente, bensì costituisce il prezzo per l’intercessione promessa dal “faccendiere”. In tali casi, la questione attiene alla individuazione delle condizioni in presenza delle quali può dirsi ” illecita” una mediazione onerosa che – in assenza di pressioni estorsive o, più in generale, condizionamenti corruttivi – sia finalisticamente rivolta ad ottenere, un provvedimento contrario ai doveri di ufficio ovvero un qualsiasi atto favorevole.
Nel caso di mediazione onerosa la punibilità viene fatta discendere dal mero accordo tra committente e intermediario, originato, sul piano dei motivi, dalla possibilità di sfruttare una relazione reale con il pubblico agente: un accordo che, nella prospettiva dualistica del committente e del mediatore, deve tuttavia essere diretto ad ” influenzare” l’operato del “pubblico agente-bersaglio”, al di là dell’effettivo esercizio di una ingerenza inquinante e del conseguimento del risultato desiderato.
La mediazione onerosa è illecita in ragione della proiezione “esterna” del rapporto dei contraenti, dell’obiettivo finale dell’influenza compravenduta, nel senso che la mediazione è illecita se è volta alla commissione di atto contrario ai doveri di ufficio o comunque favorevole e non dovuto, idoneo a produrre vantaggi al committente.
Un reato oggetto del programma contrattuale che permea la finalità del committente e giustifica l’incarico al mediatore.
Una mediazione espressione della intenzione di inquinare l’esercizio della funzione del pubblico agente, di condizionare, di alterare la comparazione degli interessi, di compromettere l’uso del potere discrezionale.
- I giudici di merito hanno fatto corretta applicazione dei principi indicati.
Si sono ricostruiti i fatti e valutato le prove, sono stati chiariti i rapporti tra A.A. e C.C., sono state descritte le relazioni esistenti tra A.A. e i pubblici ufficiali, si è chiarito quale fosse l’oggetto illecito della mediazione onerosa, si è spiegato perché nella specie sono configurabili i requisiti strutturali.
Nulla di specifico è stato dedotto; non è chiaro perché non sarebbero attendibili le dichiarazioni assunte, perché la mediazione non sarebbe stata illecita, perché non sarebbe configurabile il reato; perché non rileva la promessa di mediazione, atteso il tenore letterale della disposizione incriminatrice.
[…]