Corte Costituzionale, sentenza 7 febbraio 2025, n. 10
PRINCIPIO DI DIRITTO
La possibilità di scelta, cioè il proprium dell’istituto referendario, viene meno quando la libertà di voto dell’elettore venga coartata. Ed essa è coartata, non già solo, nel caso limite della violenza fisica, come in quelli, meno irreali, più subdoli e multiformi di violenza morale, ma altresì nei casi di formulazione, né semplice, né chiara. Nelle consultazioni referendarie, in cui non è concepibile una risposta articolata, la nettezza della scelta postula la nettezza del quesito, la sua semplicità, cioè essenzialità, la sua chiarezza, cioè la sua inconfondibilità.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.La richiesta di referendum su cui questa Corte deve pronunciarsi in base all’art. 75, secondo comma, Cost., dichiarata conforme a legge con ordinanza del 12 dicembre 2024 dell’Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, riguarda l’abrogazione della legge n. 86 del 2024, come risultante all’esito della sentenza n. 192 del 2024 di questa Corte.
1.1. A seguito del procedimento svoltosi di fronte all’Ufficio centrale per il referendum, il quesito unificato è il seguente: «Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Cost., come risultante a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 192/2024”?». […]
- Per costante giurisprudenza costituzionale, il giudizio sull’ammissibilità della richiesta referendaria è volto a «verificare che non sussistano eventuali ragioni di inammissibilità sia indicate, o rilevabili in via sistematica, dall’art. 75, secondo comma, della Costituzione, attinenti alle disposizioni oggetto del quesito referendario; sia relative ai requisiti concernenti la formulazione del quesito referendario, come desumibili dall’interpretazione logico-sistematica della Costituzione (sentenze n. 174 del 2011, n. 137 del 1993, n. 48 del 1981 e n. 70 del 1978): omogeneità, chiarezza e semplicità, completezza, coerenza, idoneità a conseguire il fine perseguito, rispetto della natura ablativa dell’operazione referendaria» (sentenze n. 59 del 2022 e n. 17 del 2016).
- Occorre in proposito rilevare che non sussiste alcuna delle cause di inammissibilità indicate nell’art. 75, secondo comma, Cost., poiché l’oggetto del quesito non è riconducibile alle categorie di leggi ivi elencate, neppure in via di interpretazione logico-sistematica.[…]
- Restano da esaminare i limiti di ammissibilità che riguardano il quesito referendario. La richiesta referendaria in esame presenta caratteri peculiari, in quanto l’originaria disciplina contenuta nella legge n. 86 del 2024 è stata profondamente incisa dalla sentenza n. 192 del 2024, sopravvenuta alla presentazione della stessa richiesta. […]. A fronte di questo intervento, l’Ufficio centrale presso la Corte di cassazione – chiamato a decidere sulla necessità di arrestare la procedura referendaria, ovvero di trasferire l’oggetto del referendum sulla legge n. 86 del 2024, «come risultante a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 192/2024» – ha ritenuto che, nonostante il «massiccio effetto demolitorio» determinato da tale pronuncia, fosse ancora vigente un «fondo regolativo» idoneo «a concretare la permanenza [della] materia referendaria».
- Spetta ora a questa Corte valutare se – nonostante il «massiccio effetto demolitorio» – la permanenza del suddetto «fondo regolativo», ritenuto sufficiente ad assicurare la conformità a legge della richiesta referendaria, costituisca una condizione altrettanto sufficiente a consentire l’ammissibilità del referendum, quanto alla possibilità di esprimere un voto libero e consapevole. È necessario, in sostanza, interrogarsi se l’elettore sia posto nelle condizioni di comprendere quale sia l’oggetto della richiesta di abrogazione, quali le sue conseguenze e quali le finalità che con essa si intendono perseguire. Occorre rammentare che è il principio di libertà del voto e, dunque, il rispetto degli artt. 1 e 48 Cost., a imporre la chiarezza del quesito referendario.
5.1. Al riguardo, questa Corte ha affermato che «[i]l referendum nel suo significato, prima ancora che nella sua disciplina, nella sua collocazione e valore nel sistema, consiste in una scelta […]. Ora, la possibilità di scelta, cioè il proprium dell’istituto referendario, viene meno quando la libertà di voto dell’elettore venga coartata. Ed essa è coartata, non già solo, ovviamente, nel caso limite della violenza fisica, come in quelli, meno irreali, più subdoli e multiformi di violenza morale, ma altresì nei casi di formulazione, né semplice, né chiara. […] Nelle consultazioni popolari, e perciò anche in quelle referendarie, in cui non è concepibile una risposta articolata, la nettezza della scelta postula la nettezza del quesito, la sua semplicità, cioè essenzialità, la sua chiarezza, cioè la sua inconfondibilità» (sentenza n. 27 del 1981). Per questi motivi è stata esclusa l’ammissibilità della richiesta allorché «il quesito, creando disorientamento, risulta privo di quella chiarezza, che assicura l’espressione di un voto consapevole» (sentenza n. 28 del 1987).
- Ciò premesso, il giudizio di ammissibilità sul quesito referendario deve tenere in considerazione molteplici aspetti, al fine di evitare usi impropri – e irragionevoli – di un importante strumento di democrazia. Il quesito qui in esame appare formalmente lineare, poiché consiste nel richiedere se si voglia abrogare integralmente la legge n. 86 del 2024, non più nel suo contenuto originario, ma per quanto risulta dalla sentenza n. 192 del 2024 di questa Corte.
6.1. Occorrono, tuttavia, valutazioni anche in ordine all’oggetto e alla finalità del quesito. Nella giurisprudenza costituzionale, infatti, è stato precisato che il quesito deve essere chiaro e univoco quanto al suo oggetto (sentenza n. 49 del 2022). E, inoltre, che chiarezza e univocità sono «desumibili dalla finalità incorporata nel quesito, cioè dalla finalità obiettivamente ricavabile in base alla sua formulazione e all’incidenza del referendum sul quadro normativo di riferimento» (sentenza n. 59 del 2022; nello stesso senso sentenze n. 28 del 2017, n. 17 del 2016 e n. 24 del 2011). Tutto ciò per garantire la libera e consapevole espressione del voto da parte dell’elettore, al fine di assicurare il rispetto degli artt. 1 e 48 Cost.
- Il quesito in esame si dimostra – sotto il profilo sostanziale – privo di chiarezza quanto al suo oggetto, che, come più volte sottolineato, riguarda l’abrogazione della legge n. 86 del 2024, quale risultante a seguito della sentenza n. 192 del 2024.
7.1. Questa sentenza, innanzitutto, ha stabilito che l’attribuzione di ulteriore autonomia alle regioni debba riguardare «specifiche funzioni» e non «materie o ambiti di materie» e che la richiesta di funzioni debba essere adeguatamente motivata dalle regioni. […] Questa Corte, in particolare, ha stabilito che «l’art. 116, terzo comma, Cost., richiede che il trasferimento riguardi specifiche funzioni, di natura legislativa e/o amministrativa, e sia basato su una ragionevole giustificazione, espressione di un’idonea istruttoria, alla stregua del principio di sussidiarietà».
7.2. La sentenza n. 192 del 2024 ha poi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di gran parte dell’art. 3 della legge n. 86 del 2024, che disciplina l’individuazione dei LEP, censurando sia la delega legislativa per la determinazione dei LEP sulla base di “nuovi” criteri non specificati, sia i criteri vigenti alla data di entrata in vigore della stessa legge, ossia quelli previsti dalla precedente legge n. 197 del 2022. Per effetto di tale duplice dichiarazione di illegittimità costituzionale non c’è modo, attualmente, di individuare i LEP di cui alla suddetta legge n. 86 del 2024: i “nuovi” criteri non ci sono e quelli vigenti non hanno più efficacia […]
7.3. Residuano – è vero – le materie “no-LEP”. Ma in realtà anche queste sono incise dall’interpretazione fornita dalla sentenza n. 192 del 2024, là dove ha affermato che «[a]lla luce delle considerazioni sopra esposte, cioè della necessità di determinare il relativo LEP (e costo standard) qualora si trasferisca una funzione attinente ad un diritto civile o sociale, l’art. 3, comma 3, va interpretato in senso conforme a Costituzione: nel momento in cui il legislatore qualifica una materia come “no-LEP”, i relativi trasferimenti non potranno riguardare funzioni che attengono a prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Se, invece, lo Stato intende accogliere una richiesta regionale relativa a una funzione rientrante in una materia ‘‘no-LEP” e incidente su un diritto civile o sociale, occorrerà la previa determinazione del relativo LEP (e costo standard)».
7.4. Questa Corte ha inoltre rilevato «che vi sono delle materie, cui pure si riferisce l’art. 116, terzo comma, Cost., alle quali afferiscono funzioni il cui trasferimento è, in linea di massima, difficilmente giustificabile secondo il principio di sussidiarietà. Vi sono, infatti, motivi di ordine sia giuridico che tecnico o economico, che ne precludono il trasferimento». Tra queste materie non trasferibili ve ne sono anche due “no-LEP”: il «commercio con l’estero» e le «professioni». […]
- In definitiva, la sentenza n. 192 del 2024 ha eliminato gran parte del disposto normativo di cui alla legge n. 86 del 2024, incisa nella sua architettura essenziale, lasciando in vita un contenuto minimo. Tale contenuto è di difficile individuazione e ciò si riflette sulla comprensibilità del quesito da parte del corpo elettorale, oltreché sul fine ultimo, o ratio, della stessa richiesta referendaria.
8.1. Di conseguenza, risulta obiettivamente oscuro per l’elettore l’oggetto del quesito, che originariamente riguardava la legge n. 86 del 2024 nel suo testo iniziale e ora riguarda quel che resta della legge a seguito delle numerose e complesse modifiche apportate dalla citata sentenza di questa Corte. Un oggetto sostanzialmente non decifrabile. L’elettore si verrebbe a trovare in una condizione di disorientamento, rispetto sia ai contenuti, sia agli effetti di quel che resta della legge n. 86 del 2024. Con la conseguenza che tale disorientamento impedirebbe l’espressione di un voto libero e consapevole, che la chiarezza e la semplicità del quesito mirano ad assicurare. Come rilevato da tempo, «quando il quesito non risulti contrassegnato dalla semplicità, chiarezza e coerenza, è illusorio credere che la campagna referendaria valga a rendere veramente e pienamente semplice quello che è complesso, chiaro quello che è oscuro, coerente quello che è contraddittorio. Infatti, […] la possibilità di scelta degli elettori può apparire fittizia, non essendo in realtà ad essi data altra possibilità di scelta, che o esprimere un voto non genuino, o scegliere di non scegliere» (sentenza n. 27 del 1981; nello stesso senso anche le sentenze n. 49 del 2022 e n. 26 del 1987).
- Il quesito è inoltre privo di chiarezza quanto alla sua finalità. Questa Corte ha sempre sottolineato che occorre considerare non la finalità soggettiva dei promotori, bensì quella obiettiva della richiesta referendaria (da ultimo, sentenze n. 59 e n. 51 del 2022). Al riguardo, è necessario ripartire da ciò che è divenuto l’oggetto del quesito, che concerne la legge n. 86 del 2024, come risultante dalla sentenza n. 192 del 2024. Quel che resta della legge dopo questa pronuncia – lo si è detto – è obiettivamente oscuro per l’elettore. Dall’oscurità dell’oggetto del quesito deriva un’insuperabile incertezza sulla stessa finalità obiettiva del referendum.
9.1. Con il rischio che esso si risolva in altro: nel far esercitare un’opzione popolare non già su una legge ordinaria modificata da una sentenza di questa Corte, ma a favore o contro il regionalismo differenziato. La consultazione referendaria verrebbe ad avere una portata che trascende quel che i Costituenti ritennero fondamentale, cioè l’uso corretto – e ragionevole – di questo importante strumento di democrazia. Deve infatti evitarsi che il referendum abrogativo si trasformi «in un distorto strumento di democrazia rappresentativa, mediante il quale si vengano in sostanza a proporre plebisciti o voti popolari di fiducia, nei confronti di complessive inscindibili scelte politiche dei partiti o dei gruppi organizzati che abbiano assunto e sostenuto le iniziative referendarie» (sentenza n. 16 del 1978, richiamata anche dalla sentenza n. 56 del 2022). Se si ammettesse la richiesta in esame, si avrebbe una radicale polarizzazione identitaria sull’autonomia differenziata come tale, e in definitiva sull’art. 116, terzo comma, Cost., che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo di revisione costituzionale.
- La richiesta referendaria, pertanto, deve dichiararsi inammissibile.