Corte Costituzionale, sentenza 10 novembre 2023, n. 203
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 96, comma 1, della legge della Regione Puglia 29 dicembre 2022, n. 32, recante «Disposizioni per la formazione del Bilancio di previsione 2023 e Bilancio pluriennale 2023-2025 della Regione Puglia (legge di stabilità regionale 2023)», nella parte in cui introduce il terzo e il quarto periodo nell’art. 5, comma 2, della legge della Regione Puglia 28 gennaio 2005, n. 2 (Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale).
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 14 del 2023), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 96, comma 1, della legge reg. Puglia n. 32 del 2022, in riferimento agli artt. 123 – in relazione all’art. 22, comma 4, dello statuto reg. Puglia – e 126, terzo comma, Cost.
2.– Tale disposizione regionale sostituisce il secondo periodo dell’art. 5, comma 2, della legge reg. Puglia n. 2 del 2005 con tre distinti periodi, i quali stabiliscono che: a) «[n]ei casi di scioglimento anticipato del Consiglio regionale previsti dallo Statuto, a esclusione delle ipotesi previste dal primo comma d[e]ll’articolo 126 della Costituzione, si procede all’indizione delle nuove elezioni del Consiglio e del Presidente della Regione Puglia entro sei mesi» (art. 5, comma 2, secondo periodo); b) tale termine «decorre dalla presa d’atto da parte del Consiglio regionale» (art. 5, comma 2, terzo periodo); c) «quando lo scioglimento è conseguenza delle dimissioni del Presidente della Regione, la presa d’atto deve avvenire entro trenta giorni dalla presentazione delle stesse» (art. 5, comma 2, quarto periodo).
3.– Ad avviso del ricorrente, il terzo e il quarto periodo del novellato art. 5, comma 2, pregiudicherebbero il principio simul stabunt, simul cadent – enunciato dall’art. 126, terzo comma, Cost. e dall’art. 22, comma 4, dello statuto reg. Puglia – in forza del quale le sorti del Consiglio regionale debbono seguire quelle del Presidente della Regione ove questo, come accade nella Regione Puglia, sia eletto a suffragio diretto.
L’Avvocatura generale evidenzia, in particolare, che il terzo periodo del citato art. 5, comma 2, introduce, al fine della decorrenza del termine per indire le elezioni a seguito dello scioglimento anticipato del Consiglio regionale, la «presa d’atto» consiliare senza, tuttavia, stabilire alcun termine per la sua adozione.
Il quarto periodo della medesima disposizione, d’altro canto, prevede sì, in relazione alla specifica fattispecie in cui lo scioglimento derivi dalle dimissioni del Presidente della Giunta, che entro trenta giorni dalla loro presentazione debba essere assunta la suddetta delibera, ma in ogni caso non disciplina l’ipotesi in cui questa non intervenga.
In tal modo, le disposizioni oggetto di doglianza introdurrebbero un meccanismo – finalizzato alla celebrazione delle elezioni conseguenti allo scioglimento anticipato del Consiglio regionale – non previsto dai parametri evocati e determinerebbero l’impossibilità di «individuare un termine ragionevole» per l’adozione della delibera di «presa d’atto», comportando un differimento «indeterminato e indeterminabile dell’indizione delle elezioni» stesse, rendendone incerta la data e riducendo i poteri del Presidente della Regione.
4.– In via preliminare, deve rilevarsi che le questioni sottoposte all’esame di questa Corte investono, in realtà, la novella impugnata limitatamente all’introduzione, nell’art. 5, comma 2, della legge reg. Puglia n. 2 del 2005, del terzo e del quarto periodo, che sono gli unici in relazione ai quali il ricorso svolge le proprie censure: il riferimento al parimenti novellato secondo periodo è infatti svolto nell’atto introduttivo in funzione meramente descrittiva delle modifiche recate dall’art. 96, comma 1, della legge reg. Puglia n. 32 del 2022.
5.– Nel merito, le censure statali sono fondate.
La Regione Puglia ha adottato la forma di governo consistente nell’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale: l’art. 41, comma 1, del proprio statuto, infatti, ne stabilisce l’elezione «a suffragio universale dai cittadini, donne e uomini, iscritti nelle liste elettorali dei comuni della Puglia, con voto diretto, personale, eguale, libero e segreto, contestualmente alla elezione del Consiglio».
L’art. 126, terzo comma, Cost. stabilisce, come tratto caratterizzante e indefettibile di tale forma di governo, il principio funzionale aut simul stabunt aut simul cadent, in forza del quale, da un lato, l’approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente eletto direttamente, al pari della rimozione, dell’impedimento permanente, della morte e delle dimissioni volontarie del Presidente stesso, comporta le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio; dall’altro, i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei consiglieri regionali.
Tale principio ricalca quanto già previsto per l’elezione dei sindaci e dei presidenti delle province (normativa che risale alla legge 25 marzo 1993, n. 81, recante «Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale»).
In questo modo, nella forma di governo regionale prefigurata come «“normale”» dall’art. 122, quinto comma, Cost. (sentenza n. 372 del 2004), si è escluso che possano essere «introdotti circuiti fiduciari collaterali ed accessori rispetto alla presuntiva unità di indirizzo politico derivante dalla contemporanea investitura popolare di Presidente e Consiglio. L’approvazione di una mozione di sfiducia da parte del secondo o le dimissioni del primo fanno venir meno la presunzione di consonanza politica derivante dalla consultazione elettorale e rendono necessario, in modo coerente, un nuovo appello al popolo, al quale si chiede di restaurare il presupposto fondamentale della omogeneità di indirizzo politico che deve caratterizzare i programmi e le attività sia del Presidente che del Consiglio» (sentenza n. 12 del 2006).
Si tratta indubbiamente di un principio caratterizzante, non solo perché, tra l’altro, ha consegnato al Presidente della Regione il potere di determinare, tramite le dimissioni volontarie, lo scioglimento anticipato del Consiglio regionale in caso di crisi extra consiliari, ma anche perché ha imposto il ritorno alle urne pur quando la cessazione dalla carica del Presidente sia causata da eventi non imputabili a comportamenti politici, bensì a fatti naturali quali la morte o il grave impedimento: anche in queste ipotesi, come rilevato criticamente dalla maggior parte della dottrina, lo scioglimento del Consiglio è una conseguenza automatica.
All’aprirsi della nuova stagione statutaria alcune regioni hanno cercato di mitigare la rigidità di tale principio, ma questa Corte ha sempre respinto siffatti tentativi, evidenziando che si è al cospetto di un «vincolo costituzionale» (sentenza n. 304 del 2002) e che, in ultima analisi, la forma di governo caratterizzata dall’elezione diretta del Presidente della Giunta non è imposta alle Regioni come l’unica possibile, potendo essere «legittimamente sostituita da altri modelli di organizzazione dei rapporti fra corpo elettorale, consiglieri regionali e Presidente della Giunta, che in sede di elaborazione statutaria possano essere considerati più idonei a meglio rappresentare le diverse realtà sociali e territoriali delle nostre regioni o anche più adatti per alcuni sistemi politici regionali» (sentenza n. 2 del 2004).
5.1.– Le disposizioni impugnate mirano a eludere il suddetto principio funzionale, come del resto esplicita la stessa relazione illustrativa all’emendamento con cui è stato introdotto l’art. 96, comma 1, della legge reg. Puglia n. 32 del 2022, dove si precisa: «l’automatico scioglimento del Consiglio regionale per intervenute dimissioni volontarie del Presidente apparirebbe eccessivamente gravoso per il proseguimento del programma di governo condiviso in sede di insediamento del Consiglio regionale», anche perché «gli elettori si aspettano venga rispettata» la «durata quinquennale» della legislatura.
Va peraltro chiarito che il meccanismo della «presa d’atto» previsto dalle disposizioni impugnate non mette in discussione l’effetto, che discende direttamente dall’art. 126, terzo comma, Cost. e dall’analoga disposizione prevista dall’art. 22, comma 4, dello statuto reg. Puglia, dell’automatico scioglimento del Consiglio regionale nel caso di cessazione del mandato del Presidente della Giunta; è tuttavia funzionale a procrastinare il termine di sei mesi, già sensibilmente lungo, entro cui, ai sensi dell’art. 5, comma 2, secondo periodo, della legge reg. Puglia n. 2 del 2005, devono essere indette le nuove elezioni.
La «presa d’atto» ha infatti una duplice natura, al tempo stesso dichiarativa, dell’automatico scioglimento del Consiglio regionale, e costitutiva, perché produce l’effetto di far decorrere il termine per il conseguente procedimento elettorale.
Essendo configurata quale dies a quo del termine per l’indizione delle elezioni, dunque, condiziona e differisce il ritorno al corpo elettorale, ovvero l’esito naturale dello scioglimento anticipato del Consiglio.
Le disposizioni impugnate, in altre parole, introducendo un atto presupposto non contemplato dall’art. 126, terzo comma, Cost., generano un effetto dilatorio e consentono che, sia pure in regime di prorogatio, il Consiglio rimanga in carica, nonostante il suo scioglimento e la cessazione del mandato del Presidente della Giunta, per un periodo di tempo aggiuntivo, ovvero quello che intercorre fino all’adozione della delibera di «presa d’atto», rispetto a quello naturale.
In particolare, il terzo periodo del novellato art. 5, comma 2 – applicabile alle ipotesi di scioglimento diverse da quelle derivanti dalle dimissioni del Presidente – non si cura nemmeno di prevedere un termine entro cui tale delibera deve essere adottata, che quindi potrebbe essere approvata anche a distanza di un notevole lasso temporale dallo scioglimento del Consiglio regionale.
Il successivo quarto periodo del medesimo art. 5, comma 2, d’altro canto, stabilisce sì un termine di trenta giorni dalle dimissioni (peraltro immediatamente efficaci, posto che lo statuto reg. Puglia non dispone diversamente, al pari – contrariamente a quanto sostenuto dalla resistente – della stessa norma in esame) entro cui il Consiglio deve adottare la delibera di «presa d’atto», ma non regola l’ipotesi in cui questa non intervenga, vuoi per scelta del Consiglio medesimo, vuoi per il mancato raggiungimento del quorum strutturale o di quello funzionale, con la conseguenza che anche in tal caso il termine per l’indizione delle elezioni risulta incerto.
Inoltre, gli eventuali rimedi giurisdizionali ipotizzabili a fronte di tale omissione comunque si tradurrebbero in un ulteriore ampliamento dello iato temporale tra lo scioglimento e le nuove elezioni.
In definitiva, entrambe le disposizioni impugnate possono risultare funzionali, per il descritto effetto dilatorio che determinano con riguardo alla indizione delle elezioni, a consentire al Consiglio regionale di condurre a termine, proprio come afferma la richiamata relazione illustrativa, la legislatura regionale nonostante la fine del mandato presidenziale.
Non appare quindi convincente l’argomento della difesa regionale per cui, ove il Consiglio dovesse omettere o ritardare l’adozione della delibera di «presa d’atto», soccorrerebbe lo scioglimento sanzionatorio ai sensi dell’art. 126, primo comma, Cost.: la frizione con il vincolo costituzionale del simul stabunt, simul cadent non deriva infatti dal mancato scioglimento, che comunque consegue ipso iure alla cessazione del mandato del Presidente e rispetto al quale la «presa d’atto» ha funzione meramente ricognitiva, quanto piuttosto dal consentire di evitare il tempestivo ritorno alle urne, permettendo alla legislatura, a dispetto di quel vincolo, di proseguire in un’anomala prorogatio.
5.2.– Né conduce a conclusioni diverse il richiamo, operato dalla difesa regionale al fine di sostenere la legittimità costituzionale delle disposizioni impugnate, alla disciplina delle dimissioni del Presidente della Giunta delle Regioni Toscana e Umbria. Non solo tale disciplina è posta dai rispettivi statuti e non dalla legge regionale, ma essa differisce profondamente da quella dettata dalle norme pugliesi oggetto dell’odierno scrutinio: lo statuto reg. Toscana prevede, infatti, all’art. 33, comma 4, che le dimissioni diventino (comunque) efficaci decorsi venti giorni dalla loro presentazione; lo statuto reg. Umbria, in termini analoghi, sancisce che, in caso di dimissioni non dettate da ragioni personali, il Consiglio può invitare a ritirarle e che il Presidente, entro quindici giorni, è tenuto a comunicare se intende o meno confermarle (art. 64, comma 3).
6.– Devono quindi ritenersi fondate le censure statali: sia quelle sviluppate in riferimento all’art. 126, terzo comma, Cost., sia quelle relative alla violazione dell’art. 123 Cost., per contrasto con l’art. 22, comma 4, dello statuto reg. Puglia, a mente del quale «[l]’approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta regionale, nonché la rimozione, l’impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. In ogni caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio».
Anche l’evocata norma statutaria, infatti, non contempla alcun atto presupposto che condizioni lo svolgimento delle elezioni conseguenti allo scioglimento anticipato del Consiglio, in sostanza limitandosi a riprodurre il disposto dell’art. 126, terzo comma, Cost.
Privo di fondamento è, pertanto, l’assunto della difesa regionale secondo cui il suddetto art. 22, comma 4, avrebbe «rinvia[to] alla legge regionale la disciplina delle modalità di attuazione del principio del simul stabunt simul cad[e]nt».
Né un siffatto rinvio può in alcun modo essere desunto dal successivo art. 41, comma 8, dello statuto reg. Puglia, parimenti richiamato in tale direzione dalla resistente, giacché tale disposizione si limita a stabilire che, in caso di dimissioni volontarie, rimozione, impedimento permanente o morte del Presidente della Giunta, le sue funzioni sono esercitate dal vice Presidente e che la Giunta rimane in carica per l’ordinaria amministrazione, «fino all’elezione, così come prevista dalla legge elettorale, del nuovo Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale».
È del tutto evidente che la locuzione «fino all’elezione, così come prevista dalla legge elettorale», non fa riferimento a previsioni concernenti le modalità di attuazione del vincolo del simul stabunt, simul cadent.
Anche in rapporto al dedotto contrasto con l’art. 22, comma 4, dello statuto valgono, quindi, le medesime argomentazioni illustrate in riferimento alla violazione dell’art. 126, terzo comma, Cost., che conducono all’accoglimento pure della censura di violazione dell’art. 123 Cost.; questa Corte, infatti, «ha più volte affermato la illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 123 Cost., di leggi regionali che adottino discipline difformi dal dettato statutario o comunque regolino materie riservate alla fonte statutaria» (così, ex plurimis, sentenza n. 201 del 2008).
6.1.– Va quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 96, comma 1, della legge reg. Puglia n. 32 del 2022, nella parte in cui introduce il terzo e il quarto periodo nell’art. 5, comma 2, della legge reg. Puglia n. 2 del 2005, per violazione degli artt. 123, in relazione all’art. 22, comma 4, dello statuto reg. Puglia, e 126, terzo comma, Cost.