Corte Costituzionale, sentenza, 15 novembre 2024, n. 180
PRINCIPIO DI DIRITTO
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 35, comma 5, della legge della Regione Sardegna 22 novembre 2021, n. 17 (Disposizioni di carattere istituzionale-finanziario e in materia di sviluppo economico e sociale).
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.– Con ricorso iscritto al n. 12 del registro ricorsi 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale di diverse disposizioni della legge reg. Sardegna n. 17 del 2021.
Decise con separate pronunce le altre impugnative promosse con il ricorso indicato, sono oggetto dell’odierno scrutinio le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 35, comma 5, della legge reg. Sardegna n. 17 del 2021.
2.– Il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di coordinamento della finanza pubblica, in relazione all’art. 2, comma 1, lettera b), del d.l. n. 174 del 2012, come convertito, nonché la violazione degli artt. 3 e 97 Cost., con riguardo ai principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, e degli artt. 5 e 120 Cost., relativamente al principio di leale collaborazione.
L’art. 35, comma 5, della legge reg. Sardegna n. 17 del 2021 introduce, dopo il comma 5 dell’art. 2 della legge reg. Sardegna n. 2 del 2014, i commi 5-bis e 5-ter i quali stabiliscono: «5-bis. Le indennità e i rimborsi spese previsti dal presente articolo sono rivalutati annualmente in misura pari alla variazione rilevata dall’ISTAT, se positiva, dell’indice dei prezzi al consumo (FOI). 5-ter. La rivalutazione di cui al comma 5-bis decorre dalla XV Legislatura».
2.1.– Successivamente, con l’art. 3, comma 1, della legge della Regione Sardegna 19 maggio 2023, n. 6 (Disposizioni in materia di indebitamento delle aziende del Sistema sanitario, di attuazione di programmi europei e abrogazione di norme) i citati commi 5-bis e 5-ter della legge reg. Sardegna n. 2 del 2014, sono stati abrogati.
L’abrogazione di una disposizione impugnata – per costante giurisprudenza costituzionale – determina la cessazione della materia del contendere quando ricorrano, in pari tempo, due condizioni: il carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e il fatto che la disposizione impugnata non abbia avuto medio tempore applicazione (ex multis, sentenza n. 68 del 2024).
Nel caso in esame, come affermato dalla Regione autonoma Sardegna nel corso dell’udienza, la normativa impugnata ha trovato applicazione prima dell’intervento abrogativo e ciò non consente di dichiarare la cessazione della materia del contendere.
3.– Nel merito, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 35, comma 5, della legge reg. Sardegna n. 17 del 2021 promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. con riguardo al principio di coordinamento della finanza pubblica, in relazione all’art. 2, comma 1, lettera b), del d.l. n. 174 del 2012, come convertito, è fondata.
3.1.– La disposizione regionale impugnata, che prevede, con efficacia retroattiva (a decorrere dal 2014), la rivalutazione delle indennità e dei rimborsi spese per i consiglieri regionali e per i componenti della Giunta regionale che non siano consiglieri, si pone in contrasto con le disposizioni statali finalizzate al contenimento della spesa pubblica e in particolare con l’art. 2 del d.l. n. 174 del 2012, evocato come norma interposta.
L’art. 2 del d.l. n. 174 del 2012, come convertito, dispone che «1. Ai fini del coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica, a decorrere dal 2013 una quota pari all’80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni, […] è erogata a condizione che la regione, con le modalità previste dal proprio ordinamento, entro il 23 dicembre 2012, ovvero entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto qualora occorra procedere a modifiche statutarie: […] b) abbia definito l’importo dell’indennità di funzione e dell’indennità di carica, nonché delle spese di esercizio del mandato, dei consiglieri e degli assessori regionali, spettanti in virtù del loro mandato, in modo tale che non ecceda complessivamente l’importo riconosciuto dalla regione più virtuosa. La regione più virtuosa è individuata dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano entro il 10 dicembre 2012. Decorso inutilmente tale termine, la regione più virtuosa è individuata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, di concerto con i Ministri dell’interno, per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dell’economia e delle finanze, adottato nei successivi quindici giorni […]».
I successivi commi da 2 a 5 del medesimo art. 2 del d.l. n. 174 del 2012, come convertito, dispongono che «2. Ferme restando le riduzioni di cui al comma 1, alinea, in caso di mancato adeguamento alle disposizioni di cui al comma 1 entro i termini ivi previsti, a decorrere dal 1° gennaio 2013 i trasferimenti erariali a favore della regione inadempiente sono ridotti per un importo corrispondente alla metà delle somme da essa destinate per l’esercizio 2013 al trattamento economico complessivo spettante ai membri del consiglio regionale e ai membri della giunta regionale. 3. Gli enti interessati comunicano il documentato rispetto delle condizioni di cui al comma 1 mediante comunicazione da inviare alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell’economia e delle finanze entro il quindicesimo giorno successivo alla scadenza dei termini di cui al comma 1. […] 4. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare i propri ordinamenti a quanto previsto dal comma 1 compatibilmente con i propri statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione. 5. Qualora le regioni non adeguino i loro ordinamenti entro i termini di cui al comma 1 ovvero entro quelli di cui al comma 3, alla regione inadempiente è assegnato, ai sensi dell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, il termine di novanta giorni per provvedervi. Il mancato rispetto di tale ulteriore termine è considerato grave violazione di legge ai sensi dell’articolo 126, primo comma, della Costituzione».
La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano ha individuato, nella seduta del 30 ottobre 2012, quali regioni più virtuose, l’Umbria per le indennità corrisposte ai presidenti, l’Emilia-Romagna per le indennità corrisposte ai consiglieri e l’Abruzzo per le indennità corrisposte ai gruppi consiliari, e ha stabilito gli importi mensili degli emolumenti onnicomprensivi nella seguente misura: euro 13.800 lordi per i presidenti delle regioni e dei consigli regionali; euro 11.100 lordi per i consiglieri regionali; euro 5.000 lordi per ogni consigliere regionale a titolo di contributo per il finanziamento dei gruppi consiliari.
La linea di intervento tendente a definire limiti massimi agli emolumenti regionali era già stata tracciata dal decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2 (Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni), convertito con modificazioni nella legge 26 marzo 2010, n. 42, che all’art. 3 stabilisce che le indennità a qualunque titolo percepite dai consiglieri regionali in virtù del loro mandato non possono eccedere complessivamente l’indennità massima spettante ai membri del Parlamento, nonché dal decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, il quale prevede all’art. 1 che il trattamento economico omnicomprensivo annualmente corrisposto, in funzione della carica ricoperta o dell’incarico svolto, ai titolari di cariche elettive e incarichi di vertice, compresi quelli regionali, non può superare la media ponderata rispetto al prodotto interno lordo (PIL) degli analoghi trattamenti economici percepiti annualmente dai titolari di omologhe cariche e incarichi negli altri sei principali Stati dell’area euro.
3.2.– Il d.l. n. 174 del 2012, come convertito, costituisce dunque espressione di una scelta di fondo, diretta a connotare la disciplina settoriale degli incarichi conferiti ai titolari delle cariche elettive e a ridurre gli oneri della finanza pubblica e introduce, tra l’altro, principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, la cui determinazione è riservata alla legislazione dello Stato ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. (sentenza n. 151 del 2012).
Lo Stato, nella determinazione dei predetti principi, adempie anche alla sua funzione di custode della finanza pubblica allargata e richiede «comportamenti imparziali e coerenti per evitare che eventuali patologie nella legislazione e nella gestione dei bilanci da parte delle autonomie territoriali possano riverberarsi in senso negativo sugli equilibri complessivi della finanza pubblica» (sentenza n. 107 del 2016).
Le prescrizioni dell’art. 2, comma 1, del d.l. n. 174 del 2012, come convertito, sono espressione di tali principi e le conseguenze previste dal legislatore statale per il mancato adeguamento da parte delle regioni non possono considerarsi una irragionevole limitazione dell’autonomia finanziaria regionale.
Questa Corte ha già evidenziato che con i commi 1 e 2 dell’art. 2 del d.l. n. 174 del 2012, come convertito, lo Stato ha posto «obiettivi di contenimento senza prevedere in modo esaustivo strumenti e modalità per il loro perseguimento, in modo che rimanga uno spazio aperto all’esercizio dell’autonomia regionale (sentenza n. 182 del 2011); che i vincoli così imposti con tali norme possono “considerarsi rispettosi dell’autonomia delle Regioni e degli enti locali quando stabiliscono un ‘limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa’ (sentenza n. 182 del 2011, nonché sentenze n. 297 del 2009; n. 289 del 2008; n. 169 del 2007)” (sentenza n. 236 del 2013); e che la disciplina dettata dal legislatore non deve ledere il canone generale della ragionevolezza e proporzionalità dell’intervento normativo rispetto all’obiettivo prefissato (sentenze n. 236 del 2013 e n. 326 del 2010)» (sentenza n. 23 del 2014).
Come precisato nella sentenza n. 23 del 2014, l’art. 2, comma 1, del d.l. n. 174 del 2012, come convertito, «pur contenendo alcune previsioni puntuali, le configura non come obblighi bensì come oneri. Esso non utilizza, dunque, la tecnica tradizionale d’imposizione di vincoli alla spesa ma un meccanismo indiretto che lascia alle Regioni la scelta se adeguarsi o meno, prevedendo, in caso negativo, la conseguenza sanzionatoria del taglio dei trasferimenti erariali».
In definitiva, la disposizione statale non limita il potere discrezionale della regione di procedere nel tempo alla determinazione-adeguamento delle indennità in parola, ma prevede un tetto massimo, affidando alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano l’individuazione della regione più virtuosa quale termine di relazione per fissare la misura massima dell’indennità e del numero dei consiglieri.
Il meccanismo così delineato realizza il duplice obiettivo di indurre a tagli qualitativamente determinati e di garantire il contenimento della spesa pubblica.
Le regioni, comprese quelle a statuto speciale, e le Province autonome sono tenute dunque ad applicare le norme statali di contenimento della spesa pubblica, pena la decurtazione dei trasferimenti erariali prevista dall’art. 2 del d.l. n. 174 del 2012, come convertito.
3.3.– Non può essere, del resto, condivisa l’eccezione formulata dalla difesa regionale secondo cui la Regione autonoma Sardegna avrebbe rispettato complessivamente il limite individuato in sede di Conferenza permanente Stato, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, avendo diminuito l’importo totale delle indennità dei consiglieri regionali attraverso la riduzione del numero dei medesimi, in quanto detta riduzione rientra anch’essa tra le misure previste dal comma 1, lettera a), dell’art. 2 del d.l. n. 174 del 2012, come convertito.
Neppure può essere condivisa l’eccezione formulata in udienza dalla difesa regionale, secondo cui alla Regione autonoma Sardegna non si applicano le norme statali che prevedono norme di contenimento della spesa pubblica avendo la Regione sottoscritto due accordi con il Governo: il primo in data 7 novembre 2019, recepito nell’art. 1, commi 868 e seguenti, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022); l’altro, sottoscritto in data 14 dicembre 2021 e recepito nell’art. 1, commi 543 e seguenti, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024).
Si tratta di due accordi che non riguardano gli obiettivi di contenimento dei costi della politica nelle regioni: il primo accordo chiude quella che è stata definita la “vertenza entrate” e determina l’ammontare del contributo alla finanza pubblica della Regione per gli anni 2018-2020; il secondo stabilisce la misura del concorso della Regione alla finanza pubblica e attribuisce un contributo per la compensazione degli svantaggi strutturali legati alla condizione di insularità.
Questa Corte ha già affermato che il legislatore statale può discostarsi dal modello consensualistico nella determinazione delle modalità del concorso delle autonomie speciali alle manovre di finanza pubblica, fermo restando il necessario rispetto della sovraordinata fonte statutaria (ancora sentenza n. 23 del 2014), e pertanto i vincoli di finanza pubblica previsti dalla legislazione statale «si applicano, di regola, anche ai soggetti ad autonomia speciale (sentenza n. 36 del 2004; in seguito, sentenze n. 54 del 2014, n. 229 del 2011, n. 169 e n. 82 del 2007, n. 417 del 2005 e n. 353 del 2004), poiché funzionali a prevenire disavanzi di bilancio, a preservare l’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche e a garantire l’unità economica della Repubblica (sentenza n. 82 del 2015), dato che la finanza delle Regioni a Statuto speciale è parte della finanza pubblica allargata (sentenza n. 80 del 2017)» (sentenza n. 231 del 2017). Ciò anche in considerazione del rispetto dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (in tal senso, sentenza n. 145 del 2024).
3.4.– Nella fattispecie in esame, la Regione autonoma Sardegna ha disatteso le misure di contenimento della spesa pubblica con una norma dotata di efficacia retroattiva che consente la rivalutazione delle indennità degli organi politici fin dalla XV legislatura, e cioè fin dal 2014, discostandosi da quanto previsto dalla norma interposta e determinando in tal modo un illegittimo incremento della spesa.
Difatti, a partire dal momento in cui la Regione ha disposto gli incrementi delle indennità in modo retroattivo lo Stato non ha potuto operare le riduzioni dei trasferimenti statali, così eludendo le misure volte al contenimento della spesa pubblica previste dall’art. 2 del d.l. n. 174 del 2012, come convertito.
Il contrasto della disposizione regionale impugnata con la norma statale interposta determina la lesione dell’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di coordinamento della finanza pubblica; essa va pertanto dichiarata costituzionalmente illegittima.
4.– Restano assorbite le restanti questioni promosse in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost. con riguardo ai principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione e agli artt. 5 e 120 Cost. relativamente al principio di leale collaborazione.