Corte di Cassazione, II sezione civile, Ordinanza n. 7620 del 16/03/2023.
COMMENTO
La pronuncia in commento si riferisce, più latamente, alla vexata quaestio circa la configurabilità nel nostro ordinamento della servitù di parcheggio. Quest’ultima ha costituito una tipologia problematica di servitù ed è stata per lungo tempo ritenuta astrattamente non configurabile poiché carente del requisito della “realità” (o “predialità”), ossia l’inerenza al fondo dominante dell’utilità, così come al fondo servente del peso. Si soleva infatti riferire la comodità di parcheggiare l’auto, per specifiche persone che accedono al fondo, non già come un’utilità del fondo stesso bensì come un vantaggio del tutto personale dei proprietari. Stando a tale opzione interpretativa, attesa la natura personale del diritto di parcheggio, il suo esercizio non sarebbe utile ai fini del possesso ad usucapionem (o di altro acquisito a titolo originario) e neppure potrebbe sorgere per via negoziale (stante la nullità per impossibilità dell’oggetto) dovendosi piuttosto declinare come diritto d’uso o come oggetto di altro tipo contrattuale (locazione, affitto, comodato).
La Suprema Corte ha tuttavia superato tale rigidità interpretativa già a partire dalle sentenze nn. 16698/2017 e 7561/2019, escludendo un’assoluta preclusione alla configurabilità della servitù volontaria di parcheggio sulla scorta del dato per cui la relativa utilità può essere legittimamente prevista dal titolo a diretto vantaggio del fondo dominante (per una sua migliore utilizzazione) anziché come utilitas propria delle persone che concretamente ne beneficino.
In tal caso, ove le parti abbiano inteso costituire una vera e propria servitù, il diritto è trasmissibile unitamente alla cessione dei fondi secondo il principio di ambulatorietà delle servitù prediali (la trasmissione della servitù avviene unitamente alla cessione del fondo cui inerisce).
La pronuncia in commento, dunque, capitalizzando l’insegnamento “inaugurato” a partire dalle predette sentenze, afferma la compatibilità della tutela possessoria di cui all’art. 1168 c.c. (azione di reintegrazione o spoglio) in relazione allo spoglio del possesso sul bene oggetto di una servitù volontaria di parcheggio.
PRINCIPI DI DIRITTO
“Ai fini della tutela possessoria ex art. 1168 c.c. lo spoglio può avere ad oggetto anche il possesso corrispondente ad una signoria di fatto sul bene corrispondente ad una servitù di parcheggio e, dunque, può realizzarsi con modalità tali da precludere al possessore la possibilità di transito attraverso un passaggio a ciò destinato indipendentemente dalla sussistenza o meno della titolarità del corrispondente diritto reale”.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
“1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 112 c.p.c.
Secondo i ricorrenti la sentenza della Corte d’Appello di Firenze sarebbe affetta dal vizio di extra petizione. La domanda da loro spiegata aveva ad oggetto la tutela del possesso sull’area prospiciente l’edificio di cui l’appartamento da essi acquistato faceva parte, ciò a fronte della lesione perpetrata dai convenuti mediante la chiusura della sbarra precedentemente apposta che impediva il transito veicolare sino a quel momento esercitato.
I ricorrenti avevano chiesto al Tribunale di disporre la reintegrazione o comunque la manutenzione nel possesso delle aree mediante la consegna degli strumenti necessari all’apertura della sbarra che impediva l’accesso, il transito e la sosta veicolare. Tale domanda accolta sia in fase interdittale, sia all’esito del relativo giudizio di merito è stata accolta dalla Corte d’Appello solo quanto all’accesso e al transito e non al parcheggio.
La sentenza della Corte d’Appello di Firenze a fronte di domanda di reintegra e manutenzione nel possesso avrebbe pronunciato una sentenza dichiarativa dell’esistenza del possesso corrispondente al diritto degli appellati all’accesso e al transito e non al parcheggio così alterandosi sia la causa petendi che il petitum.
- Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: in via subordinata violazione dell’art. 345 c.p.c.
Secondo i ricorrenti il giudizio aveva ad oggetto solo lo spoglio e non erano mai state introdotte domande di carattere petitorio sicché la pretesa di accertamento dell’insussistenza di una servitù o di diritti personali di parcheggio sarebbe tardiva e dunque inammissibile.
2.1 I primi due motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.
La Corte d’Appello con una motivazione a tratti incomprensibile ha parzialmente accolto l’appello di F.L. e R.A. senza chiarire le ragioni di tale accoglimento e limitando il riconoscimento dello spoglio solo in relazione all’accesso e al transito e non al parcheggio nell’area in esame.
Il fondamento della decisione sembra doversi cogliere nella condivisione della tesi degli allora appellanti secondo cui il diritto di parcheggiare le autovetture su uno spazio di proprietà altrui è espressione di un possesso a titolo di proprietà del suolo, ma non di un potere di fatto riconducibile al contenuto di un diritto di servitù, in quanto privo delle caratteristiche tipiche di detto diritto, ovverosia della realitas, intesa come inerenza dell’utilitas al fondo dominante e, corrispondentemente, del peso al fondo servente, costituendo sempre estrinsecazione di una mera comodità e di un vantaggio del tutto personali per le persone accedenti al preteso fondo servente (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 1551/2009, Rv. 606484 – 01).
In base a questo orientamento, si è affermato che il diritto di parcheggio, in quanto avente natura personale, non soltanto non è suscettibile di possesso ad usucapionem e, conseguentemente, di acquisto a titolo originario (in tal senso, Sez. 2, Sentenza n. 8137/2004, Rv. 572413-01; Sez. 2, Sentenza n. 5769/2013, Rv. 625685-01), ma non può neppure essere costituito per via negoziale, essendo il relativo contratto nullo per impossibilità dell’oggetto e dovendosi piuttosto inquadrare siffatta convenzione nell’ambito dei negozi costitutivi di un diritto d’uso o in altro schema contrattuale tipico – locazione, affitto, comodato (Sez. 2, Sentenza n. 23708/2014, Rv. 633110-01).
La Corte d’Appello di Firenze, tuttavia, non ha tenuto conto del fatto che la giurisprudenza di questa Corte ha superato tale indirizzo interpretativo ritenendo, invece, configurabile una servitù volontaria di parcheggio, in quanto il titolo costitutivo può ancorare tale utilità a vantaggio direttamente del fondo dominante, al fine di garantirne la migliore utilizzazione, piuttosto che delle persone che concretamente ne beneficino, e che, in tali casi, la trasmissione del relativo diritto avvenga unitamente alla cessione dei fondi secondo il principio di ambulatorietà.
Si è detto, infatti, che “In tema di servitù, lo schema previsto dall’art. 1027 c.c. non preclude in assoluto la costituzione di servitù aventi ad oggetto il parcheggio di un’autovettura su un immobile di proprietà altrui, a condizione che, in base all’esame del titolo, tale facoltà risulti essere stata attribuita a diretto vantaggio del fondo dominante, per la sua migliore utilizzazione, quale utilitas di carattere reale” (Sez. 2, Sent. n. 7561 del 2019, Sez. 2, Sent. n. 16698 del 2017).
Tale orientamento che il collegio intende seguire, essendosi oramai consolidato e non riscontrandosi pronunce successive di segno contrario, si fonda sul disposto di cui all’art. 1027 c.c. e sulla considerazione che tale norma non tipizza tassativamente le utilità suscettibili di concretizzare il contenuto della servitù volontaria, ma si limita a stabilire le condizioni che consentono di distinguere le stesse dai rapporti di natura personale, e che, connettendosi il principio di tassatività dei diritti reali alle caratteristiche strutturali della situazione di vantaggio esercitabile erga omnes, indipendentemente dal suo contenuto, resti indifferente la natura dell’utilitas prevista dal titolo, rilevando invece l’istituzione, per via convenzionale, del rapporto di strumentalità e di servizio tra immobili che, incidendo sulla qualitas fundi, attribuisce all’utilità carattere di realità, così da poter essere fruita da qualunque proprietario del fondo dominante senza essere imprescindibilmente legata ad una attività personale del singolo beneficiario.
Deve ribadirsi che: In tema di servitù, lo schema previsto dall’art. 1027 c.c. non preclude in assoluto la costituzione di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un’autovettura su fondo altrui, a condizione che, in base all’esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione.
Dunque, anche il possesso può consistere in un potere sulla cosa corrispondente ad una servitù di parcheggio, mentre la sentenza in esame, con un percorso argomentativo che, come si è detto, è tortuoso e poco intellegibile, ha riconosciuto la tutela possessoria ai ricorrenti solo in relazione all’accesso e al transito dei veicoli negandola per il parcheggio con un riferimento del tutto ultroneo al presupposto del possesso “continuato” e “consentito”.
In conclusione, deve affermarsi il seguente principio di diritto: Ai fini della tutela possessoria ex art. 1168 c.c. lo spoglio può avere ad oggetto anche il possesso corrispondente ad una signoria di fatto sul bene corrispondente ad una servitù di parcheggio e, dunque, può realizzarsi con modalità tali da precludere al possessore la possibilità di transito attraverso un passaggio a ciò destinato indipendentemente dalla sussistenza o meno della titolarità del corrispondente diritto reale.
Si impone pertanto la cassazione della sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione che in applicazione dei principi sopra esposti dovrà riesaminare la questione della tutela possessoria anche in relazione all’accertamento del possesso in relazione al parcheggio sull’area in contestazione.
- Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 112 e 100 c.p.c.
La sentenza violerebbe anche il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato nella parte in cui non ha deciso sulla questione afferente alla consegna da parte degli appellanti del congegno di apertura della sbarra, affermando che sarebbe intervenuta la cessazione della materia del contendere. La causa della cessazione sarebbe derivata dall’esecuzione di un’altra sentenza del Tribunale di Grosseto senza tuttavia che fosse venuta meno la contestazione della pretesa possessoria spiegata dai ricorrenti. La sbarra infatti era stata tolta in esecuzione della suddetta sentenza prevedendosi l’istallazione al suo posto di dissuasori. Peraltro, R.E. occupava un posto auto per effetto della sentenza del Tribunale di Grosseto e una chiave di dissuasori era stata consegnata anche a lui in attesa dell’esito dell’appello interposto da F. e R.A. Pertanto, il fatto rappresentato dagli appellanti non poteva ritenersi venuto meno a seguito della sentenza permanendo l’interesse alla pronuncia che dichiarasse l’intervenuta lesione possessoria e ordinasse per l’effetto la reintegra o la cessazione della turbativa.
3.1 Il terzo motivo di ricorso è assorbito dall’accoglimento dei primi due spetterà al giudice del rinvio rivalutare la sussistenza o meno dell’attualità dell’interesse alla tutela possessoria degli originari attori.
- La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità”.
Avv. Eugenio Adabbo