TAR ABRUZZO – L’AQUILA, I – sentenza 20.06.2024 n. 312
PRINCIPIO DI DIRITTO
Indipendentemente dall’esistenza di specifiche norme che impongano ai pubblici uffici di pronunciarsi su ogni istanza non palesemente abnorme dei privati, non può dubitarsi che, in regime di trasparenza e partecipazione, il relativo obbligo sussiste ogniqualvolta esigenze di giustizia sostanziale impongano l’adozione di un provvedimento espresso, in ossequio al dovere di correttezza e buona amministrazione (art. 97 Cost.), in rapporto al quale il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa ad un’esplicita pronuncia.
L’art. 42-bis ha introdotto nell’ordinamento una facoltà di valutazione della fattispecie da parte dell’Amministrazione “che utilizza il bene” correlata all’eventuale acquisizione in via di sanatoria della proprietà sulle aree precedentemente da essa occupate, che fonda in capo ai proprietari medesimi una posizione di interesse legittimo autonomamente tutelabile mediante il rimedio processuale deputato alla rimozione del silenzio illegittimamente serbato. Conseguentemente, la P.A. ha l’obbligo giuridico di esaminare le istanze dei proprietari volte ad attivare il procedimento di cui all’art. 42-bis del d.P.R. 327/2001, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto e facendo comunque venir meno la situazione di occupazione “sine titulo” dell’immobile con il ripristino della legalità.
Ancorché l’art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001 non preveda un avvio del procedimento ad istanza di parte, il privato può comunque sollecitare l’Amministrazione ad avviare il relativo procedimento con conseguente obbligo per la stessa di provvedere al riguardo, ai sensi dell’art. 2 l. n. 241/1990, essendo l’eventuale sua inerzia configurabile quale silenzio-inadempimento.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.§. I ricorrenti sono proprietari pro indiviso per un quarto ciascuno di aree nell’ambito del Piano Insediamenti Produttivi – P.I.P. di Pineto (TE), destinate a viabilità e parcheggi a servizio dei lotti che lo compongono, quali aventi causa per successione legittima in data 10/9/1996.
In particolare, l’odierna controversia riguarda le vicende relative alla part. 239 di mq. 4.737.
I ricorrenti, nel 2017, effettuavano una ricognizione tecnica attraverso cui è emerso che il Comune con D.D. del 7/9/2009 n. 301 e del 27/11/2012 n. 23109 aveva acquisito le aree identificate rispettivamente con l’intera particella n. 239 di mq. 4.737.
Riguardo alla part. n. 239, destinata alla viabilità del P.I.P., la D.D. n. 301 del 7/9/2009 premetteva che, a seguito di appalto per la realizzazione di opere di urbanizzazione, “in data 9 febbraio 2006, i lavori di che trattasi sono stati regolarmente ultimati ed in tale data si è pertanto realizzata l’irreversibile trasformazione dell’area sopra indicata”.
Nessun provvedimento di espropriazione è stato adottato in relazione alla part. 239 che è risultata occupata in via di mero fatto e come tale acquisita in assenza di atto ablativo, a seguito della realizzazione di opera pubblica della quale dà atto la D.D. n. 301 del 7/9/2009, avente ad oggetto “acquisizione per irreversibile trasformazione dell’area interessata dall’opera pubblica denominata ‘lavori di realizzazione delle opere di urbanizzazione nel P.I.P. di Borgo S. Maria – viabilità principale’ ditta Sorricchio Francesco, Guido e Velia”.
Ritenendo che la D.D. n. 301 del 7/9/2009 costituisse atto sostanzialmente espropriativo, i ricorrenti adivano la Corte di Appello di l’Aquila che con sentenza n. 1480 del 5-17/10/2023 resa nel giudizio r.g. n. 1160/2001, notificata a cura del Comune di Pineto il 7/11/2023 e passata in giudicato, ha statuito:
– che “La domanda proposta dai ricorrenti, che ha ad oggetto la determinazione delle indennità di espropriazione e di occupazione della sola p.lla 239 …, deve essere dichiarata inammissibile, non essendo ravvisabile, nella specie, alcun atto idoneo a determinare l’espropriazione del diritto di (com)proprietà vantato dai germani Arlini sull’immobile identificato dalla suindicata particella catastale e l’acquisto di quel diritto in capo all’ente pubblico che quell’immobile ha solo occupato ed irreversibilmente trasformato, senza portare a termine con un decreto ablatorio la procedura espropriativa”;
– con riferimento alla D.D. n. 301/2009, che “…un provvedimento amministrativo unilaterale, a contenuto asseritamente dichiarativo, non può costituire uno dei modi di acquisto della proprietà …”;
– che “… la occupazione e la irreversibile trasformazione dell’immobile non poteva essere ‘sanata’ mediante un provvedimento amministrativo unilaterale …che … non ha potuto produrre ex se l’effetto traslativo della proprietà del bene in capo all’amministrazione comunale”, effetto che potrà eventualmente prodursi in forza di un decreto conforme all’attuale art. 42-bis dpr 327/2001.
Sulla base del giudicato come sopra formatosi i ricorrenti hanno inoltrato al Comune di Pineto istanza del 12/1/2024 ai sensi dell’art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001, acquisita con prot. n. 1298 del 15/1/2024, “affinchè provveda ad adottare una determinazione espressa ai sensi dell’art. 42-bis del D.P.R. 8/6/2001 n. 327 in ordine alla quota di loro proprietà di metà indivisa dell’area in catasto al foglio 18 e part. 239 di complessivi mq. 4.737, occupata senza titolo, e per l’effetto provveda secondo l’alternativa di acquisirla al patrimonio indisponibile, in tal caso corrispondendo gli indennizzi di legge, ovvero di restituirla, in ogni caso con provvedimento da adottare entro e non oltre trenta giorni dalla presente istanza con riserva, in caso contrario, di azione per l’annullamento del silenzio rifiuto che risulterà formatosi e per ogni conseguente condanna”.
Non avendo avuto riscontro i ricorrenti insorgono per la dichiarazione di illegittimità e l’annullamento del silenzio formatosi sull’istanza del 12/01/2023, acquisita con prot. n. 1298 del 15/1/2024, concernente l’area di metà indivisa di proprietà dei ricorrenti in catasto terreni di Pineto al foglio 18 e part. 239 di complessivi mq. 4.737, ad oggi detenuta senza titolo dall’Amministrazione come statuito con sentenza della Corte di Appello di L’Aquila n. 1480 del 17/10/2023, nonchè per l’accertamento dell’obbligo di provvedere ai sensi dell’art. 42-bis del D.P.R. 8/6/2001 n. 327 secondo l’alternativa di acquisirla al patrimonio indisponibile, in tal caso corrispondendo gli indennizzi di legge, ovvero di restituirla.
Il Comune di Pineto non si è costituito.
Alla camera di consiglio del 5 giugno 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2.§. Il ricorso è fondato e deve essere accolto limitatamente alla dichiarazione dell’obbligo del Comune di concludere il procedimento amministrativo con provvedimento espresso.
Secondo quanto disposto dall’articolo 2, L. 241/1990, la P.A. ha l’obbligo di concludere il procedimento, avviato d’ufficio o su istanza di parte, con un provvedimento espresso.
Tale obbligo trova il suo fondamento nel generale dovere di buona amministrazione e di correttezza che deve orientare l’attività amministrativa e dal quale sorge un’aspettativa in capo al privato di ottenere una risposta esplicita all’istanza presentata.
Ormai da tempo, inoltre, la giurisprudenza e la dottrina prevalenti, partendo dal principio generale della doverosità dell’azione amministrativa, e integrandolo con le regole di ragionevolezza e buona fede, tendono ad ampliare l’ambito delle situazioni in cui vi è obbligo di provvedere, al di là di quelle espressamente riconosciute dalla legge.
Si afferma, cosi, che “esiste l’obbligo di provvedere, oltre che nei casi stabiliti dalla legge, in fattispecie ulteriori nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongono l’adozione di un provvedimento.
Si tende, in tal modo, ad estendere le possibilità di protezione contro le inerzie della Amministrazione pur in assenza di una norma ad hoc che imponga un dovere di provvedere.
Espressione di tale orientamento è, ad esempio, Cons. Stato, sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 7975 secondo cui “indipendentemente dall’esistenza di specifiche norme che impongano ai pubblici uffici di pronunciarsi su ogni istanza non palesemente abnorme dei privati, non può dubitarsi che, in regime di trasparenza e partecipazione, il relativo obbligo sussiste ogniqualvolta esigenze di giustizia sostanziale impongano l’adozione di un provvedimento espresso, in ossequio al dovere di correttezza e buona amministrazione (art. 97 Cost.), in rapporto al quale il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa ad un’esplicita pronuncia” (Cons. Stato Sez. VI, 11 maggio 2007, n. 2318).
Inoltre, l’art. 1, comma 38, L. 190/2012, ha introdotto al comma 1 dell’art. 2, L. 241/90, la seguente disposizione: “Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può’ consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo“.
La novella normativa, espressamente prevedendo forme semplificate del provvedimento in ipotesi di manifesta infondatezza o inammissibilità dell’istanza proposta, implicitamente impone alla P.A. di esprimersi sempre e in ogni caso sulle richieste dei cittadini anche se queste, appunto, si rappresentino manifestamente infondate o inammissibili.
Per quanto concerne, nello specifico, la fattispecie in giudizio, rileva il collegio che l’art. 42-bis ha introdotto nell’ordinamento una facoltà di valutazione della fattispecie da parte dell’Amministrazione “che utilizza il bene” correlata all’eventuale acquisizione in via di sanatoria della proprietà sulle aree precedentemente da essa occupate, che fonda in capo ai proprietari medesimi una posizione di interesse legittimo autonomamente tutelabile mediante il rimedio processuale deputato alla rimozione del silenzio illegittimamente serbato.
Conseguentemente, la P.A. ha l’obbligo giuridico di esaminare le istanze dei proprietari volte ad attivare il procedimento di cui all’art. 42-bis del d.P.R. 327/2001, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto e facendo comunque venir meno la situazione di occupazione “sine titulo” dell’immobile con il ripristino della legalità.
Ancorché l’art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001 non preveda un avvio del procedimento ad istanza di parte, il privato può comunque sollecitare l’Amministrazione ad avviare il relativo procedimento con conseguente obbligo per la stessa di provvedere al riguardo, ai sensi dell’art. 2 l. n. 241/1990, essendo l’eventuale sua inerzia configurabile quale silenzio-inadempimento.
La regolarizzazione dell’utilizzazione del bene ai sensi dell’art. 42 bis del DPR 327/2001, non è rimessa alla sola iniziativa della pubblica amministrazione, ma può essere stimolata anche dall’interessato che, quindi, può esso stesso agire in prima persona per ottenere la definizione della situazione proprietaria.
3.§. Per quanto esposto, quindi, sussiste l’obbligo dell’Amministrazione di concludere il procedimento con un provvedimento espresso che deve essere adottato nel termine 90 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza.
In caso di inottemperanza si provvederà, su istanza di parte, alla nomina di un commissario ad acta il cui compenso sarà posto in capo all’Amministrazione comunale con ogni conseguenza in materia di danno erariale.
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