<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 30 dicembre 2020 n. 29822</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione sollevata nel controricorso dell’ANAS con riferimento agli artt. 111 Cost. e 201 e 204 r.d. n. 1775 del 1933. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa erariale, infatti, le doglianze del ricorrenti non sarebbe state veicolabili mediante l’istanza di rettificazione ex art. 204 r.d. n. 1775/1933, non riferendosi le stesse al vizio di omessa pronuncia; sotto altro aspetto, il ricorso per cassazione ai sensi del numero 5 dell’articolo 360 c.p.c. è ammesso, alla stregua dell’ultimo comma dello stesso articolo (nel testo modificato dalla legge n. 40 del 2006), avverso tutte le sentenze contro cui sia ammesso il ricorso per cassazione per violazione di legge e, quindi, anche contro le sentenze pronunciate in unico grado dal T.S.A.P. (cfr. Cass. SSUU 28547/08).</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="18"> <li style="font-weight: 400;"><em> Con il primo motivo di ricorso, riferito al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., i sigg. Nino e Carlo Lambertucci denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 49 D.P.R. n. 327/2001 e 7 e ss. I. n. 241/90 in cui il T.S.A.P. sarebbe incorso giudicando tardiva l’impugnazione da loro proposta nei confronti degli atti del procedimento di occupazione antecedenti all’ atto di restituzione dell’area.</em></li> </ol> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>18.1. Secondo i ricorrenti la nota del 10 ottobre 2007 con cui l’ANAS aveva comunicato «l’avvio del procedimento ai fini dell’approvazione del progetto e della dichiarazione di pubblica utilità delle aree interessate dai lavori» non manifestava l’intenzione dell’Amministrazione di procedere ad una occupazione meramente temporanea ma, al contrario, induceva nel destinatario il convincimento che si trattasse dell’ esproprio dell’immobile; convincimento rafforzato – si argomenta nel mezzo di ricorso – dal richiamo contenuto nella suddetta nota del 10 ottobre 2007 agli artt. 16 e 17 del D.P.R. n. 327/2001 concernenti l’invio dell’avviso di procedimento e, rispettivamente, della notizia dell’avvenuta approvazione del progetto definitivo, al proprietario dell’area ove è prevista la realizzazione dell’opera. Solo con il provvedimento di riconsegna dell’area del 17.01.2012, sostengono i ricorrenti, il loro dante causa, sig. Rolando Lambertucci, avrebbe potuto comprendere concretamente che il proprio terreno era stato oggetto di occupazione temporanea e non di esproprio; donde l’errore del T.S.A.P. nel giudicare intempestiva la loro impugnativa. 18.2. Il motivo è inammissibile sotto due concorrenti profili.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>18.2.1. Sotto un primo profilo la doglianza risulta formulata senza il rispetto del requisito della specificità imposto dall’ articolo 366 n. 4 c.p.c… 18.2.1.1. Per un verso, infatti, ( ricorrentEt denunciAn vizio di violazione di legge senza, tuttavia, indicare quali sarebbero le regole di giudizio applicate dal T.S.A.P. in contrasto col disposto delle norme di cui lamenta la violazione; mente, secondo il fermo insegnamento di questa Corte, di recente ribadito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 23745/20, in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>18.2.1.2. Per altro verso, ricorrentet deduceún vizio di «difetto di motivazione su un profilo essenziale della controversia» (ultimo capoverso di pag. 10 del ricorso), che non è riconducibile ad alcuno dei motivi di impugnazione tassativamente previsti dall’articolo 360 c.p.c. ed è palesemente difforme dal paradigma di cui al numero 5 di tale articolo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>18.2.2. In secondo luogo, comunque, il motivo non risulta pertinente alle motivazioni svolte nella sentenza impugnata, con le quali A ricorrento non si confronta!/’Nel motivo di ricorso, infatti, si sostiene che la comunicazione di avvio di procedimento del 10 ottobre 2007 non manifestava in alcun modo l’intento dell’Amministrazione di procedere ad una occupazione meramente temporanea e si argomenta che, al contrario, tale atto avrebbe lasciato presagire un esproprio dell’area (pag. 11 del ricorso). Nel mezzo di impugnazione in esame, tuttavia, non vengono specificamente censurate: – né l’ affermazione che si legge a pag. 8, primo capoverso, della sentenza impugnata, secondo cui il ricorrente, «riferendosi alle osservazioni presentate al progetto ai fini della determinazione dell’indennità di occupazione temporanea spettante per terreno “non preordinata all’esproprio”», aveva riconosciuto di aver partecipato al procedimento di occupazione della particella n. 313 conoscendone la dichiarata finalità temporanea; – né l’affermazione della sentenza impugnata alla cui stregua il ricorrente era consapevole della presenza del muro spondale di cui lamenta la presenza quanto meno dal 22 dicembre 2011, data di una nota inviata dal medesimo ricorrente al Comune di La Spezia per lamentarsi dei lavori di realizzazione di tale muro.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="19"> <li style="font-weight: 400;"><em> Con il secondo motivo di ricorso, riferito al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., i sigg. Nino e Carlo Lambertucci deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 49 del D.P.R. n. 327/2001 in cui il T.S.A.P. sarebbe incorso considerando l’atto di restituzione dell’area del 17.1.12 un atto di natura non provvedimentale, privo di effetto lesivo. Al riguardo i ricorrenti argomentano che solo con tale atto essi avevano compreso che l’area occupata per la realizzazione dei lavori non era soggetta ad esproprio ma ad occupazione temporanea e che pertanto la stessa, terminati i lavori, sarebbe stata riconsegnata ai suoi proprietari alla stregua del disposto del suddetto articolo 49 del D.P.R. n. 327/2001. Secondo i ricorrenti, quindi, il T.S.A.P. avrebbe travisato la portata dell’atto del 17.1.12, attribuendo al medesimo – di senso contrario rispetto agli atti precedenti – carattere meramente esecutivo e non, invece, provvedimentale. Parte ricorrente inoltre, dopo aver sottolineato che l’occupazione temporanea di aree non soggette al procedimento espropriativo è strettamente funzionale alla corretta esecuzione dei lavori previsti, dovendo le opere realizzate risultare compatibili con la persistenza del diritto dominicale sull’area temporaneamente e strumentalmente occupata – argomenta come la realizzazione di una parete di cemento armato alta oltre 3 metri, ad una distanza variabile da 1.50 m a 2.50 m. dalle finestre dell’immobile di proprietà dei ricorrenti, comprometterebbe irrimediabilmente la fruibilità, godibilità e salubrità del detto immobile.</em></li> </ol> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>19.1. Il secondo motivo deve giudicarsi inammissibile per ragioni analoghe a quella che su cui si fonda la statuizione di inammissibilità del primo motivo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>19.2. In primo luogo, nel secondo motivo il, ricorrente non denunciato alcuna regola di giudizio applicata dal tribunale in contrasto con la disposizione di cui lamenta la violazione, ma svolgedfloglianze di merito, imputando al giudice un travisamento del contenuto dell’atto di restituzione dell’area del 17.1.12 (senza, tuttavia, indicare la violazione delle regole di ermeneutica contrattuale in cui il giudice sarebbe incorso, cfr. Cass. n. 10271/16) e sviluppando argomentazioni di fatto che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità (vedi pag. 15, terzultimo capoverso, dove si legge «solo con provvedimento in data 17/01/2012 … i ricorrenti comprendevano che l’immobile … sarebbe stato riconsegnato, così come previsto dall’articolo 49 del d.p.r. 327/2001»);</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>19.3. In secondo luogo, il ricorrentg, quando lamenta» che l’occupazione temporanea aveva di fatto «irrimediabilmente e definitivamente compromesso la fruibilità, la godibilità e la salubrità dell’immobile da parte del signor Lambertucci» (pag. 16, terzultimo capoverso, del ricorso) non si confrontarPhn la motivazione della sentenza gravata, nella quale si afferma che è «priva di fondamento giuridico la connessione che parte ricorrente stabilisce fra l’asserita illegittimità dell’occupazione temporanea dell’area di sua proprietà e il danno originato alla realizzazione del contestato muro spondale, essendo stato quest’ultimo eseguito, come già osservato, su area diversa dalla prima né, per quanto emerge dagli atti, di proprietà di parte ricorrente» (pag. 10, secondo capoverso, del ricorso).</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="20"> <li style="font-weight: 400;"><em> Con il terzo motivo di ricorso, riferito al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., i sigg. Nino e Carlo Lambertucci lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 49 e 50 del D.P.R. n. 327/2001 svolgendo promiscuamente tre distinte censure.</em></li> </ol> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>20.1. Con la prima censura si pone la questione della non contestualità tra l’emissione del decreto di occupazione temporanea e la liquidazione della relativa indennità (pag. 17 del ricorso); i ricorrenti, infatti, attingono la statuizione con cui il T.S.A.P. ha escluso che l’ANAS fosse incorsa in una illegittimità procedimentale quantificando l’indennità di occupazione non contestualmente all’emissione del provvedimento di occupazione bensì con un atto distinto, adottato il giorno successivo alla data del provvedimento di occupazione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>20.2. Con la seconda censura i ricorrenti attingono l’affermazione del T.S.A.P. secondo cui – insistendo il muro spondale in una particella diversa da quella occupata (n. 313) – non ci sarebbe connessione tra l’asserita illegittimità dell’occupazione e il danno derivante dalla realizzazione di detto muro; nel mezzo di ricorso si argomenta che, contrariamente a quanto ritenuto nell’impugnata sentenza, l’ANAS avrebbe restituito l’area occupata in condizioni di sostanziale inutilizzabilità, in ragione della presenza di una intercapedine coperta, conseguente alla presenza del menzionato muro spondale, che ne impedisce l’aerazione e l’illuminazione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>20.3. Con la terza censura i ricorrenti deducono che gli impugnati provvedimenti dell’ANAS sarebbero privi di una specifica e adeguata motivazione in ordine alla necessità dell’occupazione temporanea dell’area di proprietà Lambertucci, non essendo rilevante, al riguardo, la particolare urgenza dei lavori da eseguire e del loro avvio.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="21"> <li style="font-weight: 400;"><em> Il terzo motivo di ricorso è inammissibile. In disparte il rilievo che anche tale motivo difetta di specificità – giacché, al pari dei primi due mezzi di impugnazione, deduce un vizio di violazione di legge senza enucleare la regola di diritto esplicitamente enunciata o implicitamente applicata nella sentenza impugnata che si porrebbe in contrasto con la portata dispositiva delle disposizioni di cui lamenta la violazione – è assorbente la considerazione che le censure mosse alla sentenza impugnata concernono il mancato riconoscimento della illegittimità del provvedimento di occupazione temporanea, perché non contenente la liquidazione dell’indennità di occupazione, perché preordinato alla realizzazione di un’opera pregiudizievole per la loro proprietà e perché privo di adeguata motivazione; l’interesse del ricorrente a dolersi del mancato riconoscimento, da parte del T.S.A.P., dell’illegittimità del provvedimento di occupazione temporanea è tuttavia cessato con il passaggio in giudicato, conseguente al rigetto del primo motivo di ricorso, della statuizione dell’impugnata sentenza concernete la tardività dell’impugnazione avverso gli atti presupposti al decreto di riconsegna dell’area. Disattesa l’impugnazione contro la statuizione che aveva accertato l’intervenuta definitività degli “atti presupposti”, infatti, qualunque doglianza in ordine alla legittimità del decreto di occupazione del 14 gennaio 2008 risulta non supportata dal necessario interesse a ricorrere, restando l’accertamento dell’eventuale illegittimità di tale decreto preclusa dalla definitività dal medesimo acquisita per non essere stato impugnato nei termini.</em></li> </ol> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>21.1. Queste Sezioni Unite ritengono peraltro opportuno chiarire che le doglianze sviluppate nel mezzo di ricorso in esame non erano comunque suscettibili di accoglimento.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>21.2. Quanto alla doglianza relativa alla non contestualità tra l’emissione del decreto di occupazione temporanea e la liquidazione della relativa indennità, sopra riportata nel § 19.1, va qui richiamata la giurisprudenza amministrativa che ha chiarito che la legittimità dei provvedimenti espropriativi e di occupazione d’urgenza non è inficiata dalla inesatta o inesistente liquidazione della giusta indennità, essendo l’emanazione di tali atti sganciata da quest’ultima (così, Cons. Stato sent. n. 1545/2003; nello stesso senso, più recentemente, Cons. Stato sent. n. 4564/2014).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>21.3. Quanto alla doglianza relativa alla connessione tra l’asserita illegittimità dell’occupazione e il danno derivante dalla realizzazione del muro spondale, sopra riportata nel § 19.2, è sufficiente rilevare che il ricorrente non contestati l’affermazione del T.S.A.P. che detto muro è stato costruito su un terreno che non era in proprietà di Rolando Lambertucci; ineccepibile è dunque il rilievo dell’impugnata sentenza secondo cui il pregiudizio da costui patito a causa dell’edificazione del muro prescindeva totalmente dalla circostanza che, per tale edificazione, era stata temporaneamente occupata un’area di proprietà del medesimo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>21.4. Quanto, infine, alla doglianza relativa al difetto di motivazione dei provvedimenti dell’ANAS di occupazione temporanea della particella di proprietà di Rolando Lambertucci, sopra riportata nel § 19.3, la stessa è inammissibile in quanto la censura ivi svolta attinge non la sentenza del T.S.A.P., bensì direttamente gli impugnati provvedimenti amministrativi, peraltro senza riportare, nemmeno sommariamente, la relativa motivazione.</em></p> <strong><em>Emilio Barile La Raia</em></strong>