Consiglio di Stato, Sez. VII, ordinanza 06 settembre 2023 n. 8184
QUESTIONE RIMESSA
Viene rimessa alla CGUE la seguente questione pregiudiziale: “Se gli artt. 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza Laezza (C- 375/14) ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’art. 49 cod. nav. nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo”.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
I- Con l’ordinanza n. 8010 del 15 settembre 2022, questa Sezione ha rimesso alla CGUE, ai sensi dell’art. 267 TFUE, la seguente questione pregiudiziale: “Se gli artt. 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza Laezza (C- 375/14) ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’art. 49 cod. nav. nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo”.
II- Al fine di vagliare la ricevibilità del rinvio, la Corte ha richiesto al giudice rimettente documentati chiarimenti in ordine a taluni fatti del giudizio principale.
Per maggiore chiarezza espositiva, si riporteranno via via i singoli chiarimenti richiesti dalla Corte, corredati dalle relative risposte.
III- Sul primo chiarimento.
- Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che, nella sentenza impugnata dinanzi al Consiglio di Stato, il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha chiaramente dichiarato la decadenza della SIIB. Quest’ultimo organo giurisdizionale ha infatti evidenziato che «sia il testimoniale del 1958, sia la concessione del 2009, hanno prodotto effetti che si sono consolidati nel tempo, in quanto la [SIIB] mai li aveva contestati in parte qua prima della proposizione dei ricorsi in esame». Orbene, il Consiglio di Stato ha riprodotto la posizione del giudice di primo grado, senza smentire né confermare tale elemento.
- Ciò posto, il Consiglio di Stato considera che la devoluzione al demanio marittimo abbia avuto luogo e, in caso affermativo, in quale data? La determinazione della data in cui le opere non amovibili costruite dal concessionario sono state incamerate nel demanio marittimo è cruciale in quanto comporta determinate conseguenze sul diritto applicabile ratione temporis (si vedano i quesiti 3 e 4).
- La SIIB dispone ancora di un interesse ad agire contro la devoluzione al demanio marittimo delle opere non amovibili da essa costruite? In altri termini, la SIIB è tuttora legittimata a contestare tale devoluzione, in via diretta oppure indiretta, mediante un ricorso avverso la decisione del concedente che le impone il pagamento di canoni maggiorati?
La Sezione risponde al detto chiarimento nel senso che l’affermazione contenuta nella sentenza di primo grado, secondo cui «sia il testimoniale del 1958, sia la concessione del 2009, hanno prodotto effetti che si sono consolidati nel tempo, in quanto la [SIIB] mai li aveva contestati in parte qua prima della proposizione dei ricorsi in esame», va smentita.
Inoltre, sempre ad avviso della Sezione, va affermato che la SIIB dispone ancora di un interesse ad agire contro la devoluzione al demanio marittimo delle opere non amovibili da essa costruite, e ciò mediante un ricorso avverso la decisione del concedente che le impone il pagamento di canoni maggiorati, alla luce delle considerazioni che di seguito si espongono.
L’art. 49, comma 1, cod. nav. prevede che “Salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato”.
Nell’ordinamento italiano, in forza di detta disposizione, la proprietà delle opere non amovibili realizzate dal concessionario sull’area demaniale viene acquistata dallo Stato automaticamente nel momento in cui viene a cessare l’efficacia del titolo concessorio.
L’effetto devolutivo, che è previsto dalla legge, si produce, dunque, non al momento in cui viene rilasciato il titolo concessorio o in quello in cui viene stipulata fra le parti l’eventuale convenzione accessiva al provvedimento amministrativo, ma solo e soltanto al momento in cui spira l’efficacia del titolo concessorio medesimo.
Ciò significa che l’eventuale ricognizione in via amministrativa o l’accertamento giurisdizionale del diritto di proprietà in capo allo Stato ha effetti soltanto dichiarativi e accertativi di una situazione giuridica già costituitasi per effetto della disposizione di legge.
Se non spiega efficacia ai fini dell’acquisto del diritto di proprietà, la ricognizione dello stato effettivo di consistenza spiega tuttavia effetto ai fini della determinazione e quantificazione del canone dovuto per l’occupazione del suolo pubblico.
Nel caso all’esame, detta ricognizione in via amministrativa non si è mai verificata: dagli atti processuali, invero, risulta che un procedimento amministrativo sia stato iniziato in tal senso, ma lo stesso non si è mai concluso con un provvedimento amministrativo formale ed espresso.
Inoltre, in sede giurisdizionale è stata oggetto di contestazione proprio la consistenza delle aree acquisite al demanio, non soltanto per quel che riguarda in generale l’aspetto della perdita del diritto di proprietà (a titolo non oneroso e senza indennizzo, come si è illustrato nell’ordinanza di rimessione), ma soprattutto per ciò che concerne la questione della determinazione dei canoni dovuti.
In particolare, come risulta dal ricorso di primo grado, la SIIB ha censurato il fatto che l’Amministrazione, con l’impugnata determina del 26 novembre 2014, abbia rimesso in discussione l’estensione dell’area di sedime di cui alla propria precedente determina del 3 febbraio 2014, ritirata in via di autotutela senza previo avviso alla società interessata e senza che la stessa abbia preso parte al procedimento, chiedendo maggiorazioni di canone (retroattivamente, dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2014) sia sulla base degli incrementi di superficie determinatisi a seguito della scadenza della concessione n. 27/2003 (scaduta in data 31 dicembre 2008), sia sulla base di quelli avvenuti a seguito della scadenza della concessione n. 181/2009 (questa concessione è scaduta in data 31 dicembre 2014, ma è stata poi prorogata ex lege fino al 31 dicembre 2020).
Ad avviso di chi scrive, la lesione alla sfera giuridica che fonda l’interesse personale, concreto ed attuale al ricorso, non può essere ricondotta né al testimoniale del 1958, né alla concessione del 2003, né tantomeno alla concessione del 2009, non essendosi mai cristallizzato alcun consolidamento circa l’effettiva consistenza delle aree acquisite al demanio, come è dimostrato dal comportamento della stessa Amministrazione, che per prima ha smentito le risultanze di cui alla propria determina del 3 febbraio 2014 (con cui aveva qualificato le opere come amovibili e dunque non acquisibili al demanio), ritirandola e dichiarandola “nulla”.
Ciò posto, in definitiva, la Sezione ritiene che la SIIB disponga ancora di un interesse personale, concreto ed attuale a censurare la devoluzione delle opere non amovibili al patrimonio dello Stato, in quanto la qualificazione circa la non amovibilità delle opere, che rappresenta il presupposto fattuale e giuridico per la esatta quantificazione dei canoni dovuti, è stata rimessa in discussione proprio dalla stessa Amministrazione con il provvedimento da ultimo tempestivamente gravato (la nota del 26 novembre 2014, sulla cui base si sono poi innestate tutte le successive richieste di pagamento).
Per quanto riguarda, invece, la data in cui è avvenuta la devoluzione, la Sezione ritiene che la stessa sia il 31 dicembre 2008, ossia la data in cui è scaduta la concessione n. 27/2003. Ciò in quanto la rideterminazione dei canoni dovuti riguarda le annualità dal 2009 al 2014, e dunque lo stato di consistenza è quello che coincide con l’area di sedime rappresentata dall’originario demanio e da tutte le opere inamovibili via via successivamente acquisite fino all’annualità che precede quella richiesta in pagamento.
IV- Sul secondo chiarimento.
- La domanda di pronuncia pregiudiziale espone che l’articolo 49 del codice della navigazione «è stato interpretat[o] dalla giurisprudenza amministrativa maggioritaria nel senso che l’acquisto[, a titolo gratuito, da parte dello Stato, delle opere costruite dal concessionario] si verifica ipso iure, al termine del periodo di concessione, e va applicalo] anche in caso di rinnovo della concessione stessa, implicando il rinnovo – a differenza della proroga – una nuova concessione in senso proprio, dopo l’estinzione della concessione precedente alla relativa scadenza, con automatica produzione degli effetti di cui al predetto articolo] 49 (cfr. Cons. Stato n. 626/2013 e n. 6852/2018)». Può la Corte assumere che ciò rappresenti lo stato del diritto positivo italiano? La devoluzione al demanio marittimo avviene, di conseguenza, automaticamente alla scadenza di una precedente concessione, cosicché il procedimento per l’incameramento delle pertinenze demaniali non ancora acquisite ha carattere meramente ricognitivo (o dichiarativo), oppure tale devoluzione ha carattere costitutivo, e con quali conseguenze?
La Sezione risponde al detto chiarimento in senso affermativo, ovverossia nel senso che in forza dell’art. 49, cod. nav. la devoluzione al demanio marittimo avviene automaticamente alla scadenza della concessione, cosicché il procedimento per l’incameramento delle pertinenze demaniali non ancora acquisite ha carattere meramente ricognitivo e dichiarativo.
La giurisprudenza amministrativa ha interpretato detta disposizione (e tale è dunque lo stato del diritto positivo italiano) nel senso che siffatto meccanismo opera sia all’atto del rilascio e della scadenza della prima concessione, sia quando, dopo la sua prima scadenza, sia rilasciata una nuova concessione anche identica alla precedente, anche innumerevoli volte.
In questo caso, trattandosi di nuovo rilascio, si parla di rinnovo, che si contraddistingue per il fatto che c’è una soluzione di continuità fra i titoli, nel senso che un rapporto cessa e un altro, nuovo, inizia subito dopo a decorrere, disciplinato dal titolo successivo. Questo è ciò che è accaduto nel caso all’esame fra la concessione n. 27/2003 (scaduta il 31 dicembre 2008) e la concessione n. 181/2009 (che è iniziata a decorrere il giorno seguente, e cioè in data 1° gennaio 2009).
Diverso è invece il caso in cui tra i titoli non sussista una soluzione di continuità, il che accade quando un titolo rappresenta la prosecuzione dell’altro sul solo piano dell’efficacia, e tale rapporto viene definito proroga (è ciò che è accaduto alla concessione n. 181/2009, che sarebbe dovuta scadere il 31 dicembre 2014, ed invece è stata prorogata ex lege fino al 31 dicembre 2020). Nella sostanza, l’atto-fonte che disciplina il rapporto è sempre quello originario, che viene modificato soltanto per quanto attiene il termine di durata.
La Sezione aggiunge che, sulla base di questo meccanismo, che opera con effetto automaticamente costitutivo del diritto in favore dello Stato al cessare dell’efficacia della concessione, le conseguenze sul piano della tutela dei diritti sono cruciali.
In particolare, ad avviso di chi scrive, si ritiene che la compatibilità europea di siffatto meccanismo debba misurarsi, oltre che con gli elementi che sono stati già illustrati dall’ordinanza di rimessione (e cioè con il fatto che la devoluzione in favore dello Stato avviene a titolo non oneroso e senza alcun indennizzo), anche con i presupposti processuali e le condizioni dell’azione, non potendo l’accesso alla giustizia essere così difficile da divenire praticamente impossibile.
È quello che è accaduto nel caso all’esame: il primo giudice ha escluso la sussistenza dell’interesse a ricorrere in capo alla SIIB, tanto da far dubitare anche la Corte della ricevibilità del rinvio pregiudiziale e richiedere il chiarimento n. 1, in quanto sembrava che la SIIB non avesse contestato la devoluzione delle opere da essa realizzate in favore dello Stato.
In realtà, dipende dal diritto positivo italiano e dalla prassi amministrativa la difficoltà per il concessionario di rendersi conto di qual è il momento preciso in cui si produce l’effetto sfavorevole nella sua sfera giuridica.
L’art. 49, cod. nav. prevede infatti l’acquisto automatico e costitutivo del diritto sulle opere inamovibili in capo allo Stato, senza al contempo prevedere uno strumento, anche amministrativo, per determinare e accertare in modo congruo, adeguato, ragionevole e proporzionato l’effettiva consistenza delle opere che vengono acquisite al patrimonio dello Stato.
Proprio quella consistenza che, in definitiva, rappresenta il presupposto fattuale e giuridico per richiedere le maggiorazioni di canone.
Dal canto loro, le concessioni amministrative, ad ogni successivo rilascio o rinnovo, si limitano a riprodurre il testo dell’art. 49, cod. nav., senza accertare previamente in modo chiaro e comprensibile qual è l’area demaniale concessa e, nell’ambito di questa, quella frutto dell’incremento devolutivo.
In definitiva, si tende sempre a spostare in avanti il momento in cui viene accertata l’effettiva consistenza dell’acquisizione, che quasi sempre coincide, esattamente come è accaduto nel caso all’esame, con il momento in cui l’Amministrazione si convince a richiedere maggiori canoni.
Ecco perché, a parere di chi scrive, seppure è vero che non occorre alcun provvedimento amministrativo che accerti la consistenza della devoluzione ai fini dell’acquisto in capo allo Stato, non essendo tale elemento previsto ai fini costitutivi dalla norma, è pure corretto sostenere, allora, che proprio perché manca un provvedimento acquisitivo formale ed espresso da impugnare, è ragionevole non impedire o rendere eccessivamente gravosa la tutela dei diritti, consentendo ai concessionari di censurare le richieste di pagamento delle maggiorazioni di canone a far data da quando le richieste stesse sono formulate, senza addurre, ad impedimento processuale, il preteso consolidamento delle concessioni al tempo rilasciate.
Peraltro, a ben vedere, tale preteso consolidamento appare più astratto che reale, dal momento che quando viene stipulata la concessione le opere non sono ancora realizzate e dunque nessuno (né l’Amministrazione, né tantomeno il concessionario) sarebbe in grado di determinare se e quale sarà l’oggetto dell’acquisizione.
Si consideri, inoltre, che nella prassi amministrativa questo accertamento è altresì complicato dal fatto che le opere non facilmente amovibili sono equiparate a quelle inamovibili, ragion per cui l’accertamento rischia di divenire davvero complesso.
Nel caso all’esame, inoltre, come si è già detto, nemmeno l’Amministrazione ha serbato un comportamento univoco, perché dapprima con la determina del 3 febbraio 2014 ha detto che si trattava di opere amovibili, e poi poco dopo, con la determina del 26 novembre 2014, ne ha invece sostenuto l’inamovibilità.
Si ritiene, in definitiva, che laddove la Corte dubiti della sussistenza dei presupposti per la ricevibilità del rinvio pregiudiziale in considerazione del suddetto preteso consolidamento, la medesima Corte possa valutare la ricevibilità del rinvio per ragioni di certezza giuridica ed effettività della tutela, potendo il meccanismo contenuto nell’art. 49, cod. nav. precludere la tutela dei diritti, in quanto:
- a) manca un provvedimento formale ed espresso da impugnare sullo stato di consistenza delle opere che si perdono in capo al privato e si acquistano da parte dello Stato;
- b) perché rappresenta un principio giuridico generale quello secondo cui l’oggetto di ogni rapporto giuridico, sia che esso abbia la propria fonte nel negozio, nel contratto o nell’atto amministrativo, dovrebbe caratterizzarsi per la possibilità di essere determinato fin dalla sua origine o comunque di esserlo in seguito, determinabile, con un ragionevole grado di certezza;
- c) perché la chiarezza sullo stato di consistenza delle opere da acquisire non è una questione che riguarda solo il concessionario uscente e lo Stato, ma tutti gli operatori economici che aspirano a divenire concessionari, in quanto la entità del canone dipende concretamente dagli incrementi che via via subisce nel tempo il bene demaniale.
V- Sul terzo chiarimento.
- a) Se la devoluzione al demanio marittimo è intervenuta prima del 28 dicembre 2009, è applicabile l’articolo 49 TFUE, relativo alla libertà di stabilimento, ove la concessione presenti un «interesse transfrontaliere certo». Spetta nondimeno al giudice del rinvio accertare la sussistenza di tale «interesse transfrontaliero certo», prima di adire la Corte. Orbene, allo stato degli atti, la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene alcun elemento che permetta di constatare l’esistenza di un siffatto interesse transfrontaliero certo. Il Consiglio di Stato è quindi pregato di fornire alla Corte indizi della sussistenza di un tale interesse transfrontaliero certo.
- b) In assenza di un tale «interesse transfrontaliero certo» e conformemente alla sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C-268/15, EU:C:2016:874, punti da 50 a 53), l’articolo 49 TFUE sarebbe comunque applicabile al procedimento principale qualora:
- il codice della navigazione sia applicabile indistintamente agli operatori economici italiani e a quelli provenienti da altri Stati membri;
- il diritto nazionale imponga al giudice del rinvio di riconoscere a un cittadino dello Stato membro cui detto giudice appartiene gli stessi diritti di cui il cittadino di un altro Stato membro, nella stessa situazione, beneficerebbe in forza del diritto dell’Unione; oppure
iii. qualora il diritto italiano abbia reso il diritto dell’Unione applicabile a situazioni puramente interne.
Spetta, se del caso, al giudice del rinvio indicare se nella presente causa ricorra una delle situazioni di cui ai punti i), ii) o iii).
La Sezione, come si è già precisato in risposta al chiarimento n. 1, ritiene che la devoluzione sia avvenuta in data 31 dicembre 2008 e che pertanto sia applicabile l’articolo 49, TFUE, relativo alla libertà di stabilimento.
La concessione demaniale in questione, ad avviso della Sezione, presenta un «interesse transfrontaliero certo» in quanto la risorsa materiale è scarsa e il mercato di riferimento, caratterizzato dall’impiego strumentale del bene per la prestazione di servizi dietro remunerazione, attrae gli investimenti sia degli operatori economici nazionali, sia di quelli degli altri Stati membri, divenendo il bene demaniale, nella sostanza, uno degli elementi dell’azienda e, dunque, dell’impresa economica.
Pertanto, al di là del fatto che nel giudizio principale l’operatore economico ricorrente sia un’impresa italiana, nulla sarebbe mutato se invece si fosse trattato di un operatore di un altro Stato membro, essendo il diritto positivo applicabile il medesimo.
VI- Sul quarto chiarimento.
- Se la devoluzione al demanio marittimo è intervenuta dopo il 28 dicembre 2009, nella presente causa è applicabile la direttiva 2006/1233. Il giudice del rinvio è allora invitato a indicare le disposizioni di tale direttiva che gli sembrino pertinenti nell’ambito del procedimento principale».”.
La Sezione ha già risposto al punto precedente e dunque riconferma il fatto che la devoluzione non è avvenuta dopo il 28 dicembre 2009.
VII- I richiesti chiarimenti, resi nei sensi così illustrati, sono trasmessi ai sensi della Nota informativa riguardante la proposizione di domande di pronuncia pregiudiziale da parte dei giudici nazionali» 2011/C 160/01 in G.U.C.E. 28 maggio 2011 e delle nuove Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale 2019/C 380/01 in G.U.C.E. 8.11.2019, alla Cancelleria della Corte mediante plico raccomandato gli atti del giudizio in copia, comprensivi della presente ordinanza.