Corte di Giustizia UE, sentenza 3 aprile 2025 (causa C-807/23)
PRINCIPIO DI DIRITTO
Una normativa di uno Stato membro, che impone che una parte determinata del praticantato necessario all’accesso alla professione di avvocato sia svolta presso un avvocato stabilito in tale Stato membro, costituisce effettivamente una restrizione alla libertà di circolazione garantita dall’articolo 45 TFUE.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 45 TFUE.
- Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra K.P. e la Rechtsanwaltskammer Wien (Ordine degli avvocati di Vienna, Austria) (in prosieguo: la «RAK») in merito al rigetto della domanda della sig.ra P. volta ad ottenere, da un lato, la sua iscrizione nel registro dei praticanti avvocati e, dall’altro, l’emissione di un certificato dal quale risulta il suo potere limitato di rappresentanza in giudizio, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, della Rechtsanwaltsordnung (regolamento relativo alla professione forense), del 15 luglio 1868 (RGBl. n. 96/1868), nella versione del 20 aprile 2023 (BGBl. I 39/2023) (in prosieguo: la «RAO»). Contesto normativo Diritto dell’Unione.
3 L’articolo 45 TFUE dispone quanto segue: «1. La libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione [europea] è assicurata. 2. Essa implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. (…)».
4 Il considerando 1 della direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica (GU 1998, L 77, pag. 36), recita: «considerando che, secondo l’articolo [26 TFUE], il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne e che, a norma dell’articolo [4, paragrafo 2, lettera a), TFUE], l’eliminazione fra gli Stati membri degli ostacoli alla libera circolazione delle persone e dei servizi costituisce uno degli obiettivi dell[’Unione]; che, per i cittadini degli Stati membri, essa comporta, in particolare, la facoltà di esercitare, nell’ambito di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato, una professione in uno Stato membro diverso da quello in cui essi hanno acquisito le loro qualifiche professionali».
5 L’articolo 1, paragrafo 1, di detta direttiva prevede quanto segue: «Scopo della presente direttiva è di facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato, come libero professionista o come lavoratore subordinato, in uno Stato membro diverso da quello nel quale è stata acquisita la qualifica professionale». […]
Diritto austriaco
7 Ai sensi dell’articolo 2 della RAO: «1) Il praticantato necessario ai fini dell’esercizio della professione di avvocato deve consistere in un’attività giuridica in seno a un organo giurisdizionale o a una procura e presso un avvocato; esso può altresì consistere in un’attività giuridica presso un notaio o, qualora l’attività sia utile per l’esercizio della professione di avvocato, presso un organo amministrativo, un’università, un revisore dei conti o un consulente fiscale. (…) Il praticantato presso un avvocato può essere preso in considerazione solo qualora sia svolto come attività professionale principale e senza essere ostacolato dall’esercizio di un’altra attività professionale; (…) 2) Il praticantato ai sensi del paragrafo 1 dura cinque anni, di cui almeno sette mesi in seno a un organo giurisdizionale o a una procura, e almeno tre anni presso un avvocato in Austria. 3) Ai fini del periodo del praticantato che non deve essere necessariamente svolto in seno a un organo giurisdizionale, a una procura o presso un avvocato in Austria, vengono presi in considerazione: (…) 2. un praticantato, ai sensi del paragrafo 1, della medesima natura svolto all’estero, qualora l’attività sia stata utile ai fini dell’esercizio della professione di avvocato; 3. ogni altra attività giuridica pratica svolta sul territorio nazionale o all’estero, qualora tale attività sia stata utile ai fini dell’esercizio della professione di avvocato e sia stata svolta sotto la responsabilità di una persona o di un ente adeguatamente qualificato. La commissione dell’ordine degli avvocati deve stabilire linee guida relative alle condizioni e alla misura in cui vengono presi in considerazione i praticantati ai sensi dei paragrafi 2 e 3; (…) Le linee guida sono pubblicate sul sito Internet dell’ordine degli avvocati e vi figurano in modo permanente. (…)».
8 L’articolo 15, paragrafi 3 e 4, di tale regolamento dispone quanto segue: «3) Qualora la legge non prescriva la rappresentanza in giudizio da parte di un avvocato, l’avvocato può anche farsi rappresentare dinanzi a tutti gli organi giurisdizionali e amministrativi, assumendosene la responsabilità, da un praticante avvocato che svolga il praticantato presso di lui; un praticante avvocato non può tuttavia firmare memorie rivolte a organi giurisdizionali o amministrativi. 4) La commissione dell’ordine degli avvocati è tenuta a rilasciare un certificato di abilitazione ai praticanti avvocati che svolgano il praticantato presso un avvocato, da cui risulti (…) il loro potere [limitato] di rappresentanza, ai sensi del paragrafo 3».
9 L’articolo 30, paragrafo 1, di detto regolamento è così formulato: «Ai fini dell’iscrizione nel registro dei praticanti avvocati, al momento dell’assunzione nello studio legale occorre presentare una dichiarazione alla commissione, allegando prova della cittadinanza austriaca, della cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea o di un altro Stato contraente dell’accordo sullo Spazio economico europeo o della Confederazione svizzera, nonché prova del conseguimento di un titolo accademico in diritto austriaco (…). Il periodo di praticantato presso un avvocato viene preso in considerazione solo a partire dalla data di ricezione di detta dichiarazione. (…)».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
10 La sig.ra P. è stata assunta, a partire dal gennaio 2022, come lavoratrice subordinata nello studio legale J.D., a Francoforte sul Meno (Germania), ove svolgeva un praticantato presso K. , avvocato austriaco avente lo status di associato in seno a tale studio legale. Con messaggio di posta elettronica del 14 gennaio 2022, ella ha chiesto alla RAK di essere iscritta al registro dei praticanti avvocati nonché l’emissione di un certificato da cui risulti il suo potere limitato di rappresentanza in giudizio ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, dello statuto degli avvocati.
11 Su richiesta della RAK, la sig.ra P. ha fornito, con lettera del 7 marzo 2022, le seguenti precisazioni. Il suo domicilio e la sua residenza abituale si trovavano a Francoforte sul Meno ed ella disponeva di una residenza secondaria a Vienna (Austria). La sua attività avrebbe riguardato esclusivamente il diritto austriaco. Il supervisore del suo praticantato, K. , il solo abilitato a fornirle istruzioni in merito alle cause vertenti sul diritto austriaco, avrebbe esercitato un’attività di consulenza in materia di diritto austriaco per clienti austriaci e stranieri dello studio legale J.d., e li avrebbe rappresentati dinanzi agli organi amministrativi e giurisdizionali austriaci. Nel corso del suo praticantato, la sig.ra P. sarebbe entrata dunque in contatto più volte alla settimana con organi amministrativi e giurisdizionali austriaci nell’ambito della rappresentanza dei clienti di K. .
12 Con decisione del 14 giugno 2022, il servizio competente della RAK, in forza dell’articolo 30, paragrafo 1, della RAO, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 2, di quest’ultima, ha respinto la domanda della sig.ra P., con la motivazione che il suo praticantato non era svolto presso un avvocato stabilito in Austria.
13 Il 31 agosto 2022 la sig.ra P. ha lasciato lo studio legale J.d..
14 Con decisione del 6 settembre 2022, il consiglio della RAK ha respinto il reclamo proposto contro la decisione del 14 giugno 2022. Tale decisione del 6 settembre 2022 indica, tra l’altro, che K. è membro della commissione d’esame per le prove di accesso alla professione di avvocato in Austria e che egli interviene in qualità di avvocato designato per rappresentare individui in Austria a norma del meccanismo di ammissione al gratuito patrocinio. A tale titolo, oltre allo studio legale situato a Francoforte sul Meno, K. dispone di un altro studio a Vienna, per il quale egli ha designato come sostituta un’altra avvocata austriaca, conformemente alla RAO. Egli è stato poi dichiarato assente dal 15 novembre 2016 a causa di un soggiorno duraturo all’estero.
15 La sig.ra P. e K. hanno impugnato la decisione del 6 settembre 2022 dinanzi all’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria), giudice del rinvio, chiedendo che tale decisione venga annullata e che sia ordinato alla RAK di iscrivere la sig.ra P. al registro dei praticanti avvocati per il periodo dal 14 gennaio 2022 al 31 agosto 2022.
16 Il giudice del rinvio precisa che l’oggetto della controversia di cui è investito riguarda soltanto la questione se, ed eventualmente per quanto tempo, i requisiti per l’iscrizione al registro dei praticanti avvocati fossero stati soddisfatti dalla sig.ra P., allorché quest’ultima ha lasciato lo studio J.d. il 31 agosto 2022. Inoltre, poiché K. non aveva un proprio interesse a che la sig.ra P. fosse iscritta retroattivamente nel registro dei praticanti avvocati, il giudice del rinvio ha respinto il suo appello in quanto irricevibile.
17 Il giudice del rinvio rileva che dall’articolo 2, paragrafo 2, della RAO, in combinato disposto con l’articolo 30, paragrafo 1, di quest’ultima, risulta che, su un periodo complessivo di cinque anni di praticantato obbligatorio per diventare avvocato, deve essere compiuto sul territorio austriaco un periodo di almeno tre anni e sette mesi, di cui almeno tre anni presso un avvocato. Tale giudice rileva che, qualora il luogo di lavoro di un praticante avvocato si trovi al di fuori dell’Austria, l’ordine degli avvocati austriaco competente non può accedere allo studio in cui lavora tale praticante avvocato per espletare il proprio compito previsto dalla legge di controllare quest’ultimo e l’avvocato supervisore del praticantato, il quale ha l’obbligo di garantire che detto praticante avvocato riceva una formazione completa per la professione forense.
18 Il giudice del rinvio sottolinea che, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, punto 2, della RAO, la parte del praticantato della sig.ra P. svolta presso K. può, per contro, essere presa in considerazione come parte del praticantato che può essere effettuata all’estero.
19 Per quanto riguarda i fatti della controversia di cui è investito, il giudice del rinvio rileva che il praticantato della sig.ra P. non è stato svolto in Austria, sebbene ella abbia lavorato sotto la direzione di un avvocato iscritto ad un ordine degli avvocati austriaco e nel settore del diritto austriaco.
20 Il giudice del rinvio ritiene che si ponga la questione di chiarire se disposizioni nazionali che prevedono che una parte del periodo di formazione pratica di un candidato alla professione di avvocato debba obbligatoriamente compiersi sul territorio nazionale siano incompatibili con la libera circolazione dei lavoratori, allorché un’altra parte di tale periodo può essere compiuta all’estero.
21 Esso ritiene che siffatte disposizioni siano, in ogni caso, adeguate e conformi ai valori tutelati dal diritto dell’Unione. A tal riguardo, detto giudice sottolinea, in particolare, che l’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 98/5 subordina l’accesso alla professione di avvocato in uno Stato membro ospitante di un avvocato che eserciti con il titolo professionale rilasciato dal suo Stato membro d’origine ad una comprovata attività effettiva e regolare della durata di almeno tre anni in tale primo Stato membro. Se detto requisito di esperienza pratica in uno Stato membro ospitante è applicabile agli avvocati che dispongono già di un titolo che li abilita a esercitare la loro professione nel loro Stato membro d’origine e che già vi hanno esercitato in concreto, l’accesso dei praticanti avvocati alla professione di avvocato potrebbe, a fortiori, essere subordinato ad un siffatto requisito.
22 Inoltre, il giudice del rinvio rileva che un’attività come quella svolta dalla sig.ra P. a Francoforte sul Meno non può, neppure tenendo conto dei moderni mezzi di comunicazione, presentare il grado di intensità dei contatti con gli organi giurisdizionali e amministrativi austriaci garantito da una formazione in uno studio legale con sede in Austria. D’altronde, sarebbe poco realistico supporre che la sig.ra P. abbia inteso spostarsi appositamente da Francoforte sul Meno per partecipare a udienze dinanzi agli organi giurisdizionali e amministrativi austriaci, in considerazione del fatto che il certificato che ella intendeva ottenere conferisce solamente un diritto di rappresentanza molto limitato, ossia circoscritto alle controversie di diritto civile essenzialmente di competenza dei Bezirksgerichte (tribunali circoscrizionali, Austria). Infine, l’avvocato responsabile del praticantato della sig.ra P. avrebbe principalmente praticato il diritto austriaco dell’arbitrato, allorché gli avvocati supervisori del praticantato sono obbligati, in forza della RAO, a fornire una formazione completa ai praticanti avvocati.
23 In tale contesto, l’Oberster Gerichtshof (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se l’articolo 45 TFUE, relativo alla libera circolazione dei lavoratori, debba essere interpretato nel senso che tale disposizione osta a una normativa nazionale secondo la quale, quale presupposto per l’iscrizione nel registro dei praticanti avvocati austriaci, una parte del praticantato (periodo di formazione) dev’essere obbligatoriamente svolta come praticante avvocato presso un avvocato in Austria, ossia sul territorio nazionale […] e per tale parte di praticantato (periodo di formazione) non è sufficiente un’attività svolta presso un avvocato in un altro Stato membro dell’[Unione europea], anche se detta attività viene ivi svolta nel settore del diritto austriaco sotto la supervisione di un avvocato abilitato in Austria».
Sulla questione pregiudiziale
24 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 45 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che impone lo svolgimento di una parte determinata di un praticantato, necessario per l’accesso alla professione di avvocato e nel corso del quale il praticante avvocato dispone di un certo potere di rappresentanza dinanzi agli organi giurisdizionali di tale Stato membro, presso un avvocato stabilito in detto Stato membro, escludendo che essa possa essere svolta presso un avvocato stabilito in un altro Stato membro, sebbene tale avvocato sia iscritto a un ordine degli avvocati del primo Stato membro e le attività effettuate nell’ambito di tale praticantato riguardino il diritto di tale primo Stato membro.
25 A tal riguardo, va ricordato che, in mancanza di un’armonizzazione dei requisiti per l’accesso a una professione, gli Stati membri hanno il diritto di definire le conoscenze e le qualifiche necessarie per l’esercizio di tale professione (sentenza del 17 dicembre 2020, Onofrei, C-218/19, EU:C:2020:1034, punto 24 e giurisprudenza citata).
26 Dal momento che i requisiti per l’accesso alla professione forense di una persona non abilitata in nessuno Stato membro all’esercizio di tale professione non costituiscono, a tutt’oggi, oggetto di un’armonizzazione a livello dell’Unione, gli Stati membri rimangono competenti per definire detti requisiti (sentenza del 17 dicembre 2020, Onofrei, C-218/19, EU:C:2020:1034, punto 25).
27 Ne discende che il diritto dell’Unione non osta a che la normativa di uno Stato membro subordini l’accesso alla professione forense al possesso delle conoscenze e delle qualifiche ritenute necessarie (sentenza del 17 dicembre 2020, Onofrei, C-218/19, EU:C:2020:1034, punto 26), il che può includere il compimento di un periodo di praticantato.
28 Tuttavia, gli Stati membri debbono esercitare i loro poteri in tale settore nel rispetto delle libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE, e le norme nazionali in materia non possono costituire un ostacolo ingiustificato all’esercizio effettivo della libertà fondamentale garantita segnatamente dall’articolo 45 TFUE (sentenza del 17 dicembre 2020, Onofrei, C-218/19, EU:C:2020:1034, punto 27 e giurisprudenza citata).
29 Si deve ritenere che una normativa di uno Stato membro come quella di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 45 TFUE, anche se disciplina un praticantato che fa parte della formazione che consente l’accesso alla professione di avvocato, dal momento che i giuristi interessati esercitano la loro attività di praticante in qualità di lavoratori subordinati che percepiscono un salario (v., per analogia, sentenza del 13 novembre 2003, Morgenbesser, C-313/01, EU:C:2003:612, punto 60). Nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che la sig.ra P. è stata retribuita nel corso del suo praticantato presso lo studio J.d..
30 Da una giurisprudenza costante risulta che l’insieme delle disposizioni del Trattato FUE relative alla libera circolazione delle persone, tra cui l’articolo 45 TFUE, mira ad agevolare, per i cittadini dell’Unione, l’esercizio di attività professionali di qualsivoglia natura sul territorio dell’Unione ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora intendano svolgere un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro [sentenza del 16 novembre 2023, Commissione/Paesi Bassi (Trasferimento del valore di diritto a pensione), C-459/22, EU:C:2023:878, punto 29 e giurisprudenza citata].
31 Dunque, disposizioni nazionali che ostacolino o dissuadano un lavoratore, cittadino di uno Stato membro, dall’abbandonare il suo Stato di origine per esercitare il suo diritto alla libera circolazione costituiscono ostacoli a questa libertà anche qualora esse si applichino indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati (sentenza dell’11 luglio 2019, A, C-716/17, EU:C:2019:598, punto 17 e giurisprudenza citata).
32 Inoltre, la Corte ha già statuito che l’articolo 45 TFUE osta, in linea di principio, a una misura nazionale, riguardante i requisiti per prendere in considerazione un’esperienza professionale ai fini dell’accesso alla professione forense, acquisita in uno Stato membro diverso dallo Stato membro autore di tale misura, che sia in grado di ostacolare o rendere meno attraente l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE da parte dei cittadini dell’Unione, ivi compresi i cittadini dello Stato membro autore della misura in parola (sentenza del 17 dicembre 2020, Onofrei, C-218/19, EU:C:2020:1034, punto 30). Lo stesso vale per una normativa nazionale che esclude che sia presa in considerazione l’esperienza professionale che deve essere acquisita nell’ambito di una parte determinata di un praticantato necessario all’accesso alla professione di avvocato per il solo motivo che tale parte del praticantato è svolta presso un avvocato stabilito in un altro Stato membro.
33 Ne consegue che una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che impone che una parte determinata del praticantato necessario all’accesso alla professione di avvocato sia svolta presso un avvocato stabilito in tale Stato membro, costituisce effettivamente una restrizione alla libertà di circolazione garantita dall’articolo 45 TFUE, dal momento che essa può ostacolare o rendere meno attraente l’esercizio di tale libertà di circolazione, limitando la possibilità, per tali cittadini, di esercitare la loro attività professionale, in qualità di praticanti avvocati, presso un avvocato stabilito in un altro Stato membro.
34 Tale constatazione non è inficiata, contrariamente a quanto sostiene il governo austriaco nelle sue osservazioni scritte, dal fatto che, in forza di tale normativa, un praticantato di diversi mesi all’estero può essere riconosciuto come costituente un’altra parte del praticantato. Infatti, poiché si ritiene che i tre anni di praticantato presso un avvocato, che corrispondono alla parte del praticantato di cui trattasi nel procedimento principale, debbano essere obbligatoriamente compiuti presso un avvocato stabilito in Austria, detta normativa impedisce ai giuristi che intendono accedere alla professione di avvocato di avvalersi del loro diritto alla libera circolazione garantito dall’articolo 45 TFUE durante quest’ultima parte del praticantato.
35 Una siffatta restrizione alla libertà di circolazione può essere ammessa solo a condizione, in primo luogo, di essere giustificata da un motivo imperativo di interesse generale e, in secondo luogo, di rispettare il principio di proporzionalità, il che implica che essa sia idonea a garantire, in modo coerente e sistematico, la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per raggiungerlo (sentenza del 17 dicembre 2020, Onofrei, C-218/19, EU:C:2020:1034, punto 32 e giurisprudenza citata).
36 Il giudice del rinvio rileva, in sostanza, che la normativa di cui trattasi nel procedimento principale persegue obiettivi di tutela dei destinatari dei servizi legali e di buona amministrazione della giustizia. Tali obiettivi rientrano tra quelli che possono essere ritenuti motivi imperativi di interesse generale in grado di giustificare una restrizione della libera prestazione dei servizi (sentenza del 17 dicembre 2020, Onofrei, C-218/19, EU:C:2020:1034, punto 34 e giurisprudenza citata).
37 Inoltre, una normativa di uno Stato membro che subordini l’ottenimento dell’iscrizione nel registro dei praticanti avvocati al requisito dello svolgimento di una parte del praticantato presso un avvocato stabilito in tale Stato membro non risulta, in quanto tale, inidonea a garantire il conseguimento di detti obiettivi.
38 Da un lato, una siffatta normativa può contribuire a garantire che il giurista che intende diventare avvocato in uno Stato membro acquisisca, prima di poter esercitare tale professione, una reale esperienza della pratica del diritto in tale Stato membro nonché delle norme che si applicano agli avvocati e degli usi che disciplinano i loro rapporti con gli organi giurisdizionali e le autorità di detto Stato membro. Dall’altro, le autorità competenti saranno in tal modo in grado, di norma, di controllare agevolmente le condizioni di svolgimento di un tale praticantato e, in particolare, l’adeguatezza del contenuto di quest’ultimo ai requisiti risultanti dal diritto nazionale. In particolare, una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale è tale, come rilevato dal giudice del rinvio, da consentire all’ordine degli avvocati austriaco competente, nell’ambito del suo compito legale di controllo sul praticante avvocato e sull’avvocato supervisore del praticantato, di accedere allo studio di quest’ultimo al fine di assicurarsi che la formazione del praticante avvocato soddisfi i requisiti specifici dell’esercizio della professione di avvocato.
39 Tuttavia, è giocoforza constatare che, poiché essa mira a garantire, come risulta dal fascicolo di cui dispone la Corte, che l’avvocato abbia acquisito un’esperienza soddisfacente della pratica del diritto nazionale e dei contatti con le autorità e gli organi giurisdizionali austriaci al fine di garantire il conseguimento degli obiettivi di tutela dei destinatari dei servizi giuridici e di buona amministrazione della giustizia perseguiti dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, il requisito secondo cui un giurista deve svolgere una parte determinata del praticantato presso un avvocato stabilito nello Stato membro in questione eccede quanto necessario per raggiungere tali obiettivi.
40 Infatti, lo svolgimento da parte di giuristi di un praticantato presso un avvocato iscritto ad un ordine degli avvocati austriaco, ma stabilito in un altro Stato membro, corredato dall’obbligo di provare alle autorità nazionali competenti che detto praticantato è tale da assicurare l’accesso ad un’esperienza equivalente a quella fornita da un praticantato presso un avvocato stabilito in Austria, costituisce una misura idonea a conseguire gli obiettivi perseguiti da una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale, misura che risulta meno stringente rispetto alla restrizione imposta da tale normativa.
41 A tal proposito, occorre rilevare, in primo luogo, che non si può presumere, in maniera generale, che un giurista che svolga un praticantato presso un avvocato iscritto ad un ordine degli avvocati austriaco, ma stabilito in un altro Stato membro, non possa ricevere una formazione adeguata né acquisire un’esperienza sufficiente in ciò che riguarda la pratica del diritto austriaco equivalente a quelle di cui beneficerebbe un giurista che svolga il suo praticantato in Austria. In tale contesto, un obbligo di fornire prove sufficienti del fatto che le attività effettivamente svolte nel corso di un siffatto praticantato sono tali da assicurare una formazione e un’esperienza equivalenti a quelle fornite da un praticantato presso un avvocato stabilito in Austria risulta idoneo a garantire che gli obiettivi di tale praticantato siano stati effettivamente raggiunti.
42 In secondo luogo, nell’ambito di una normativa come quella menzionata al punto 40 della presente sentenza, le autorità competenti sono comunque in grado di operare controlli effettivi sulle condizioni di svolgimento del praticantato.
43 Anzitutto, esse possono, qualora lo ritengano utile alla luce degli elementi di cui dispongono, convocare il praticante avvocato e il suo supervisore al fine di ottenere spiegazioni sullo svolgimento del praticantato, eventualmente ordinando l’interruzione di quest’ultimo o rifiutando che venga preso in considerazione in caso di rifiuto di rispondere a tale convocazione. Risulta del resto dalle dichiarazioni della RAK, all’udienza tenutasi dinanzi alla Corte, che essa procede a tali convocazioni qualora sussistano dubbi giustificati sul rispetto, in casi particolari, dei requisiti imposti dalla formazione dei praticanti avvocati relativi all’esercizio della professione di avvocato.
44 Inoltre, dato che, nell’ipotesi considerata dal giudice del rinvio, sia il praticante avvocato sia il supervisore del praticantato sono iscritti ad un ordine degli avvocati dello Stato membro cui inerisce la formazione alla professione di avvocato, le autorità professionali sono di norma competenti ad infliggere loro sanzioni disciplinari qualora questi cerchino di ingannare le autorità competenti quanto al contenuto del praticantato o di non conformarsi alle misure di controllo istituite per assicurarsi del corretto svolgimento di tale praticantato.
45 Infine, sebbene nell’ambito di una normativa come quella menzionata al punto 40 della presente sentenza, le autorità competenti non siano necessariamente in grado di accedere allo studio del supervisore del praticantato a fini di controllo, un siffatto accesso non può essere considerato indispensabile per soddisfare gli obiettivi della normativa di cui trattasi nel procedimento principale. Risulta del resto dalle informazioni fornite dalla RAK in udienza che essa si avvale, in concreto, di misure di controllo meno restrittive rispetto al controllo in loco negli studi legali per verificare se gli obiettivi del praticantato siano raggiunti.
46 La circostanza che, nel diritto austriaco, il praticante avvocato disponga, dopo un periodo di 18 mesi di praticantato presso un avvocato stabilito in Austria, di un’abilitazione alla rappresentanza in giudizio molto estesa non può mettere in discussione quanto precede, in quanto, in applicazione di una normativa come quella menzionata al punto 40 della presente sentenza, l’esperienza che un giurista acquisirebbe dopo aver compiuto tale periodo di praticantato presso un avvocato stabilito in un altro Stato membro sarebbe equivalente a quella acquisita al termine dello stesso periodo da un praticante avvocato che effettui il suo praticantato presso un avvocato stabilito in Austria.
47 Peraltro, poiché il giudice del rinvio ritiene che la normativa di cui trattasi nel procedimento principale si fondi su una ratio analoga a quella sancita all’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 98/5, occorre constatare che la scelta operata dal legislatore dell’Unione per quanto riguarda le misure che gli Stati membri sono autorizzati ad adottare nei confronti degli avvocati che, avendo acquisito la loro qualifica professionale in un altro Stato membro, intendono esercitare la loro professione sul loro territorio, quando ha adottato tale direttiva, non è tale da circoscrivere l’applicazione delle disposizioni del Trattato FUE a una situazione non rientrante nell’ambito di applicazione di detta direttiva.
48 Tenuto conto dell’insieme delle precedenti considerazioni, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 45 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che impone lo svolgimento di una parte determinata di un praticantato – necessario per l’accesso alla professione di avvocato e nel corso del quale il praticante avvocato dispone di un certo potere di rappresentanza dinanzi agli organi giurisdizionali di tale Stato membro – presso un avvocato stabilito in detto Stato membro, escludendo che essa possa essere svolta presso un avvocato stabilito in un altro Stato membro, sebbene tale avvocato sia iscritto ad un ordine degli avvocati del primo Stato membro e le attività effettuate nell’ambito di tale praticantato riguardino il diritto di tale primo Stato membro, e non consentendo quindi ai giuristi interessati di svolgere tale parte di detto praticantato in un altro Stato membro a condizione che essi provino alle autorità nazionali competenti che, così come sarà svolta, essa è idonea ad assicurare loro una formazione e un’esperienza equivalenti a quelle che fornisce un praticantato presso un avvocato stabilito nel primo Stato membro.
Sulle spese
49 Nei confronti delle parti nel procedimento principale, la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.