L’ordinanza in parola, tratta dei criteri da accertare per l’attribuzione ad un coniuge dell’assegno divorzile con funzione perequativo-compensativa. Il giudice deve, prima di tutto, accertare se vi sia una rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all’atto dello scioglimento del matrimonio e, poi, verificare se tale disparità sia dipendente dalle scelte relative alla vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio.
In particolare, il giudice dovrà tenere conto se risultino negoziati accordi tra i coniugi, che hanno comportato attribuzioni patrimoniali o elargizioni in denaro, destinate ad operare un riequilibrio tra le rispettive condizioni economiche.
Dovrà, inoltre, accertare, se al momento del divorzio, vi sia ancora un significativo squilibrio patrimoniale e reddituale riconducibile al sacrificio di uno dei due, oppure no, proprio alla luce degli accordi negoziati tra i coniugi, che tendono a riequilibrare la situazione con attribuzioni economiche, potendosi giustificare la previsione dell’assegno solo in caso di evidente squilibrio.
Cassazione Civile, ordinanza 29 luglio 2024, n. 21111
PRINCIPIO DI DIRITTO
Va valutato dal giudice, in tema di definizione giudiziale della crisi coniugale per l’attribuzione dell’assegno divorzile richiesto in funzione perequativo-compensativa, se nel corso della vita matrimoniale siano stati negoziati accordi coniugali recanti attribuzioni patrimoniali o elargizioni in denaro, così da aver operato un riequilibrio tra le rispettive condizioni economiche.
Va, in alternativa, valutato se, al momento del divorzio, permanga ancora un significativo divario patrimoniale e reddituale riconducibile al sacrificio, o meno, di uno di essi durante la vita coniugale, potendosi infatti giustificare – solo nel primo caso – l’attribuzione giudiziale dell’assegno divorzile.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, l. n. 898 del 1970con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere il giudice di secondo grado del tutto errato la sua indagine sulla sussistenza dei presupposti previsti dalla legge per il riconoscimento dell’assegno divorzile […], in riferimento alla sussistenza di un divario reddituale tra le parti e alla mancanza di mezzi adeguati della ex moglie.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere il giudice di secondo grado errato nell’applicazione della normativa sulle presunzioni semplici, avendo sussunto fatti concreti che non rispondono ai requisiti di gravità, precisione e concordanza previsti dalla legge.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione degli artt. 115,116 c.c., oltre che dell’art. 111, comma 6, Cost., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere il giudice di secondo grado ritenuto provate in causa le maggiori disponibilità economiche in capo all’odierno ricorrente con una motivazione solo apparente che integra violazione di legge costituzionalmente rilevante in quanto attiene appunto alla stessa esistenza della motivazione.
Con il quarto motivo di ricorso è dedotto l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c, per avere il giudice di secondo grado omesso di valutare, nella formulazione della valutazione presuntiva, la decozione finanziaria […] e la sostanziale parità reddituale ed economica esistente fra le parti.
Veniva omessa dunque la valutazione di fatti decisivi per il giudizio al punto da inficiare la plausibilità e ragionevolezza dell’argomentazione presuntiva svolta.
- Il primo motivo di ricorso è fondato, sia pure nei termini di seguito evidenziati.
2.1. […]
2.2. Com’è noto, ai sensi dell’art. 5, comma 6, l. 898 del 1970:
«Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.»
La giurisprudenza più recente di questa Corte (a partire da Cass., Sez. U, Sentenza n. 18287 dell’11/07/2018) ha affermato che il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante.
Richiede, inoltre, l’accertamento dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, da effettuarsi tenendo conto dei criteri equiordinati di cui alla prima parte dell’articolo appena riportato, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sull’attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno.
La statuizione sull’assegno divorzile non dipende, tuttavia, dal tenore di vita goduto durante il matrimonio, costituendo lo squilibrio economico-patrimoniale tra i coniugi solo una precondizione fattuale, il cui accertamento è necessario per l’applicazione dei parametri di cui all’art. 5, comma 6, prima parte, l. n. 898 del 1970, in ragione della finalità composita assistenziale e perequativo-compensativa di detto assegno (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 32398 del 11/12/2019).
In particolare, l’assegno di divorzio deve essere adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per avere rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali (che il coniuge richiedente ha l’onere di dimostrare), al fine di contribuire ai bisogni della famiglia.
Deve essere, altresì adeguato ad assicurare, in funzione perequativa (sempre previo accertamento probatorio dei fatti posti a base della disparità economico-patrimoniale conseguente allo scioglimento del vincolo) un livello reddituale adeguato al contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e, conseguentemente, alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge.
In tale caso, rimane assorbito l’eventuale profilo prettamente assistenziale (così Cass., Sez. 1, Sentenza n. 35434 del 19/12/2023).
Sciolto il vincolo coniugale, in linea di principio, ciascun ex coniuge deve provvedere al proprio mantenimento, ma tale principio è derogato, in base alla disciplina sull’assegno divorzile, oltre che nell’ipotesi di obiettiva non autosufficienza di uno degli ex coniugi, cui sovviene la funzione assistenziale dell’assegno, anche nel caso in cui il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale dall’uno all’altro coniuge.
Detto spostamento patrimoniale diviene ingiustificato in conseguenza del fallimento del progetto di vita in comune, che deve essere corretto attraverso l’attribuzione di un assegno in funzione compensativo-perequativa (v. ancora Cass., Sez. 1, Sentenza n. 35434 del 19/12/2023).
2.3. In sintesi, ai fini dell’attribuzione dell’assegno divorzile con funzione perequativo-compensativa, il giudice deve prima di tutto accertare se vi sia una rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all’atto dello scioglimento del vincolo e, poi, verificare se tale disparità sia dipendente dalle scelte relative alla vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio.
Si ribadisce che non è sufficiente accertare se sussiste uno squilibrio economico tra le parti, essendo necessario verificare che lo squilibrio, presente al momento del divorzio, sia l’effetto del sacrificio da parte del coniuge più debole a favore delle esigenze familiari.
Ciò giustifica il riconoscimento di un assegno tendente a colmare tale divario reddituale o patrimoniale e a dare ristoro, in funzione riequilibratrice, al contributo dato dall’ex coniuge all’organizzazione della vita familiare.
L’accertamento, ovviamente, deve essere effettuato guardando alla vita della coppia durante tutto il tempo della convivenza matrimoniale e non può prescindere dalla considerazione di eventuali attribuzioni o introiti che abbiano compensato il sacrificio delle aspettative professionali del richiedente l’assegno e realizzato l’esigenza perequativa sopra evidenziata (v. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 4215 del 17/02/2021).
2.4. Nel caso di specie, il giudice di merito, pur richiamando le statuizioni di questa Corte in materia non risulta aver dato corretta attuazione ai principi affermati.
La Corte territoriale ha, infatti, ritenuto provato il contributo familiare e lavorativo della donna[…]
Il ricorrente ha dedotto l’erroneità di tali valutazioni, ma si tratta di critiche ad accertamenti in fatto che, in quanto tali, non sono suscettibili di essere riesaminati in sede di legittimità.
A tale valutazione è, poi, seguito il giudizio sulla sussistenza o meno di mezzi adeguati da parte dell’ex coniuge richiedente l’assegno […].
La menzionata Corte ha, dunque, ritenuto esistente uno squilibrio economico patrimoniale non ingente, ma in grado di giustificare allo stato la conservazione dell’assegno di divorzio.
Come sopra evidenziato, tuttavia, tale accertamento non è sufficiente ai fini dell’attribuzione dell’assegno con funzione perequativo-compensativa, poiché lo squilibrio economico-patrimoniale tra gli ex coniugi giustifica l’attribuzione dell’assegno solo se si tratta di uno squilibrio significativo, che sia conseguenza del ruolo endofamiliare assunto dall’ex coniuge economicamente più debole durante la vita matrimoniale.
Pertanto, quando, come nella specie, nel corso della vita matrimoniale risultino negoziati accordi tra i coniugi, che hanno comportato attribuzioni patrimoniali o elargizioni in denaro, destinate ad operare un riequilibrio tra le rispettive condizioni economiche, occorre tenere conto delle stesse.
Occorre, inoltre, accertare se, al momento del divorzio, vi sia ancora un significativo squilibrio patrimoniale e reddituale riconducibile al sacrificio di uno dei due, oppure no, potendosi giustificare l’attribuzione dell’assegno solo nel primo caso.
Nel presente giudizio, la stessa Corte d’appello ha accertato l’esistenza di un accordo intercorso tra i coniugi nel 2011, e dunque prima del divorzio, avente il dichiarato fine di definire tutti i rapporti tra pendenti tra i separati, ove è stato dato espresso rilievo al ruolo svolto e alla collaborazione prestata dalla donna all’attività del marito, sicché, in applicazione dei principi sopra evidenziati, il giudice avrebbe dovuto verificare se, tenuto conto delle attribuzioni effettuate con la menzionata scrittura privata, vi fosse ancora un significativo squilibrio patrimoniale o reddituale riconducibile al ruolo svolto dalla donna durante il matrimonio, verificando, in particolare se, quanto ottenuto in sede di accordo transattivo, avesse già svolto quella funzione riequilibratrice, che altrimenti avrebbe dovuto essere demandata alla previsione dell’assegno divorzile.
- L’accoglimento del motivo summenzionato rende superfluo l’esame degli altri, che devono ritenersi assorbiti.
- […]